SE FALLISCE IL PNRR PERDIAMO TUTTI: TRIBUNALI LENTI, ASILI INSUFFICENTI E CANTIERI FERMI
MANCANO 14 MESI ALLA FINE DEL PNRR E DEI 194,4 MILIARDI DI EURO TOTALI A DICEMBRE NE AVEVAMO SPESI SOLO 64, OVVERO IL 35.6% DEL TOTALE
Mancano 14 mesi alla fine del Pnrr e dei 194,4 miliardi di euro totali, al 31 dicembre 2024 ne avevamo spesi 64, il 35,6% (dati Sesta Relazione del Governo sull’attuazione).
Secondo un’analisi della Banca d’Italia, 42,4 miliardi non sono nemmeno stati identificati i soggetti attuatori, come ad esempio gran parte della dotazione della Missione 7, quella per aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili e potenziare le reti di distribuzione.
Solo su questo capitolo, che vale 11,2 miliardi, a fine 2024 la spesa è praticamente zero. In sostanza il 40% dei cantieri avviati è in ritardo, un altro 40% è completato, ma si tratta di cantieri piccoli, mentre per quelli sopra i 5 milioni di euro la percentuale scende al 3%. Per quel che riguarda i progetti affidati ai Comuni, è in fase di esecuzione il 74,4% delle gare.
Dove siamo più indietro
Nel 2024 abbiamo mancato uno degli obiettivi più importanti legato alla riforma della giustizia: la riduzione dell’arretrato nel processo civile. Al 31 dicembre doveva scendere del 95%, ma ci siamo fermati al 91,7%. Il motivo è che a fine 2024 erano stati assunti solo 8.804 addetti all’ufficio per il processo, contro i 16.500 previsti. La carenza di personale ha di conseguenza comportato un aumento della durata media dei procedimenti civili, che invece deve essere ridotta del 40% entro giugno 2026. Obiettivo quasi impossibile da centrare. Siamo indietro anche sul fronte dell’edilizia giudiziaria: la spesa è ferma al 19,73%. Male gli studentati. Il Pnrr puntava a creare 60 mila nuovi posti letto, ma abbiamo ridotto la stima a 23 mila. Colpa del vincolo posto dal ministero dell’Università del 70% di stanze singole che ha limitato il numero dei soggetti interessati alla costruzione alloggi per studenti: solo 209 ad oggi. Scelta che favorisce il mercato privato, dove gli investimenti in studentati è cresciuto del 18% nel 2024 (386,8 milioni di euro), di cui l’80% provenienti dall’estero.
Male anche gli asili nido, nonostante il taglio di oltre 100 mila posti durante la prima rimodulazione del Pnrr: abbiamo speso solo il 25,2% dei 3,24 miliardi di euro totali. Secondo i dati dell’Ufficio parlamentare di bilancio, al 9 dicembre 2024 risultavano attivi 3.199 progetti, ma solo 88 erano stati completati.
Transizione energetica
Non riusciremo a completare nemmeno il capitolo della Transizione 5.0, quella dei crediti di imposta per investimenti con risparmio energetico. Fondo disponibile: 6,23 miliardi, ma finora sono stati spesi solo 13 milioni per progetti completati.
Sulle comunità energetiche, cioè la creazione di gruppo di soggetti organizzati per produrre e condividere localmente l’energia prodotta da fonti rinnovabili, abbiamo speso 44,98 milioni dei 2,2 miliardi previsti (2%). Praticamente fermi al sud i lavori per la realizzazione di 45 mila km di reti idriche per ridurre le perdite di acqua. Su questo punto la Corte dei Conti scrive che bisogna «prendere atto dell’impossibilità di raggiungere l’obiettivo». Nel programma sulle politiche attive ci sono sette Regioni (Abruzzo, Basilicata, Molise, Puglia, Sicilia, Valle d’Aosta e provincia autonoma di Bolzano) che non sono in linea con gli standard minimi previsti per i centri per l’impiego. Il governo alza bandiera bianca anche
sulle colonnine elettriche: nella relazione sul Pnrr scrive che a causa delle difficoltà di mercato non si può garantire il conseguimento degli obiettivi. Così come sulle stazioni di rifornimento a idrogeno: l’obiettivo era di crearne 40, ma sono arrivate domande solo per 18.
Il perché dei ritardi
Le ragioni sono sempre le stesse: ogni ministero ha imposto le proprie procedure, senza una cabina di regia che uniformasse i processi burocratici. Tutto questo si scarica su maggiori costi e lentezza dei lavori. Poi c’è il caro materiali: circa 6.000 progetti, tra cui infrastrutture strategiche come l’alta velocità Salerno-Reggio Calabria e la Palermo-Catania-Messina, rischiano di rimanere incompleti perché non ci sono risorse per coprire gli extracosti.
A questo si sommano i tempi dei controlli che fanno capo a diversi soggetti (Commissione Europea, Anac, Prefetture, Guardia di Finanza): anche qui manca una cabina di regia. Ma questo vale soprattutto per i soggetti pubblici, mentre i privati sfuggono con una certa facilità, come ha dimostrato la vicenda del Superbonus edilizio (per 14 miliardi finanziato dal Pnrr).
Quando i controlli li fai alla fine ti accolli anche il rischio di scoprire che quei progetti non sono conformi, o potrebbero non essere stati realizzati del tutto, ma a quel punto sarà difficile avere indietro i soldi anticipati.
Soluzione: posticipo dei controlli
Ad oggi, secondo Openpolis, sono stati rendicontati meno di 5 mila progetti: il ministero del Lavoro ci ha messo quasi 8 mesi per un solo rendiconto, quello delle Infrastrutture oltre 6 per 38 rendiconti, quello della salute più di 3 mesi per 89 rendiconti. Secondo la Corte dei Conti è colpa della forte carenza di personale e dell’inadeguatezza della documentazione. Per tagliare la testa al toro il Governo ha deciso lo scorso agosto (decreto legge 113/24) di autorizzare le amministrazioni titolari ad erogare fino al 90% del costo dei lavori entro 30 giorni dalla presentazione della richiesta, posticipando verifiche e controlli nella fase finale, prima dell’erogazione del saldo. La Corte dei Conti fa notare che il decreto accelera certamente il finanziamento dei progetti del Pnrr, però quando i controlli li fai alla fine ti accolli anche il rischio di scoprire che quei progetti non sono conformi, o
potrebbero non essere stati realizzati del tutto, ma a quel punto sarà difficile avere indietro i soldi anticipati.
Ormai è certo che non spenderemo tutto e per questo il Governo sta trattando con Bruxelles in due direzioni: da una parte dirottare le risorse sui fondi di coesione, dall’altra creare strumenti finanziari dove far confluire i soldi non spesi per utilizzarli in seguito.
Per non rischiare, su molti capitoli abbiamo messo a bando numeri maggiori di quelli previsti dai target europei. Per esempio il target di parchi e giardini riqualificati e resi fruibili è di 170, ma ne abbiamo ammessi al finanziamento 814. L’obiettivo degli interventi infrastrutturali nelle Zone Economiche Speciali era di almeno 22 interventi entro 31 dicembre 2024: i lavori sono stati avviati in 50 interventi. Il target delle Centrali Operative territoriali (le strutture che coordinano l’assistenza sanitaria) è di 480, ma i progetti in corso sono 800. Nonostante questo ormai è certo che non spenderemo tutto e per questo il Governo sta trattando con Bruxelles in due direzioni: da una parte dirottare le risorse dei progetti in ritardo sui fondi di coesione, dall’altra creare strumenti finanziari dove far confluire i soldi non spesi per utilizzarli in seguito. Però la Commissione ha posto limiti: le risorse non potranno essere usate per completare progetti in ritardo, ma dovranno finanziare nuove iniziative. Il resto sarà a carico nostro.
I ritardi pesano sull’economia
Secondo una recente indagine di OReP, il 41% dei 263 soggetti attuatori intervistati teme di non riuscire a completare i propri investimenti e auspica una riprogrammazione. Il Pnrr è stato già modificato ben quattro volte, posticipando o rivedendo al ribasso gli obiettivi. Revisioni che, secondo Openpolis, hanno permesso al nostro Paese di rispettare le scadenze. Sono stati posticipati al secondo semestre 2025 la riforma degli appalti pubblici e concessioni per ridurre il tempo medio tra l’aggiudicazione dell’appalto e la realizzazione di un’infrastruttura, l’aumento del numero di ispezioni sul lavoro per ridurre il lavoro sommerso e l’avvio dell’hub nazionale del turismo digitale, mentre l’inizio degli interventi infrastrutturali nelle Zone Economiche Speciali, previsto per giugno 2024 era stato spostato di sei mesi. È importante sapere che gli effetti del Pnrr si vedono sul Pil: più 0,2% nel 2022, più 0,5% nel 2023, ma
nel 2024 ci si è fermati ad un più 0,1%. Il ministero dell’Economia stima per il 2025 una crescita dello 0,6% e nel 2026 un più 0,8%. In linea con lo studio della Banca Centrale Europea pubblicato il 3 dicembre 2024: l’impatto totale del Pnrr sul Pil italiano (cioè entro il 2026) potrebbe oscillare tra l’1,3% e l’1,9%. A condizione però che si raggiungano tutti gli obiettivi. Al momento, purtroppo, non sembra probabile.
(da agenzie)
Leave a Reply