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TRUMP, IL VERO SUCCESSO DEI SUOI PRIMI 100 GIORNI: L’ARRICCHIMENTO PERSONALE

I GUADAGNI SULLE CRIPTOVALUTE

A nascondersi dietro al culto della personalità, all’accentramento di potere, alle intimidazioni e vendette politiche, alle deportazioni extraterritoriali, all’uso sistematico della menzogna e alle altalene sui dazi, è la trasformazione dell’Ufficio Ovale in un centro di arricchimento personale senza precedenti storici.
Solo dieci anni fa, nel settimo anno di amministrazione Obama, gli Stati Uniti erano al 16° posto nella classifica dei Paesi con la minore corruzione percepita al mondo. Quest’anno sono destinati a scendere sotto il 27° posto a cui li avevano relegati i primi quattro anni di amministrazione Trump, perché molto di ciò che the Donald sta facendo in questa seconda amministrazione (incluso i dazi, che gli conferiscono un potere straordinario), non sembra avere alcuna logica economico-finanziaria se non quella di favorire i suoi affari.
Molto di ciò che the Donald sta facendo in questa seconda amministrazione (non sembra avere alcuna logica economico-finanziaria se non quella di favorire i suoi affari.
Le crypto Trump
Partiamo dalla passione per le cryptovalute, denunciate per anni dallo stesso Trump come rifugio per truffatori e spacciatori. Oggi ha cambiato idea: è attratto soprattutto dai memecoin che, al contrario dei Bitcoin (investimento reso credibile da una capitalizzazione che ormai sfiora i duemila miliardi di dollari), tendono a essere un’illusione sostenuta solo dal «pompaggio» social e dalla propaganda. Pura speculazione dove pochi guadagnano e moltissimi perdono.
Il 17 gennaio, tre giorni prima dell’insediamento alla Casa Bianca, Trump lancia il $TRUMP. Oggi sulla carta capitalizza 2,5 miliardi di dollari e l’80% delle società anonime che hanno creato quel memecoin (CIC Digital LLC e Fight Fight Fight LLC) sono attribuite alla famiglia del presidente. È vero che quel denaro smetterà di essere virtuale solo quando i Trump decideranno di vendere, ma il reddito prodotto finora dagli scambi ha già reso centinaia di milioni sonanti. E come il meme scende di valore e gli scambi diminuiscono, Trump li rivitalizza. Per esempio, il 23 aprile scorso, ha annunciato che i 200 investitori che entro il prossimo 12 maggio avranno comprato più $TRUMP riceveranno «l’invito più esclusivo al mondo» e cioè «una cena privata» con il Presidente Trump nel suo golf club della Virginia, seguita da un tour della Casa Bianca. Nelle 48 ore successive a quell’annuncio, il valore del meme è schizzato di oltre il 60% e gli scambi hanno generato commissioni per quasi un milione di dollari.
«In buona sostanza è come se Trump avesse aperto un conto svizzero e avesse annunciato di voler premiare chi vi depositerà più soldi. Mai visto nulla di simile» ha commentato alla CNN Scott Galloway, professore di marketing della Stern School of Business della New York University. In realtà è molto peggio, perché il conto svizzero, seppure segreto, lascia tracce mentre la moneta virtuale è per sua natura impalpabile.
Le operazioni a strascico
Scoperto quindilo straordinario potenziale delle criptovalute, tutta la famiglia si
è buttata a pesce. Il 22 aprile la Trump Media & Technology Group ha annunciato di aver firmato un accordo con la piattaforma Crypto.com per la quotazione del valore di un paniere di criptovalute, in partnership con Yorkville Advisors che, nel frattempo, ha acquistato oltre 17 milioni di azioni della stessa Trump Media. Il secondogenito Eric Trump ha invece annunciato il lancio di American Bitcoin, una nuova società di mining che punta a diventare «il più grande ed efficiente miner di Bitcoin al mondo». Invece Il 24 febbraio scorso la DTTM Operations LLC, la società che controlla tutti i marchi della Trump Organization, ha presentato domanda di registrazione di un marchio da utilizzare per commercializzare il cognome del presidente in piattaforme di Non-Fungible Tokens, i beni per le speculazioni virtuali.
Gli accordi in corso
Il Wall Street Journal e altri media americani hanno riportato che i Trump stanno negoziando due accordi con la ben più grande piattaforma di crypto-trading, Binance. Il primo riguarda l’acquisizione di una partecipazione nel suo braccio statunitense, la Binance.us; il secondo la quotazione di una nuova criptovaluta agganciata al dollaro emessa da World Liberty Financial, altra società della famiglia del presidente, che tra i fondatori ha Steve Witkoff, il super-mediatore per la pace che da mesi sta negoziando con Vladimir Putin. Tutto questo mentre Binance sta trattando con il Dipartimento del Tesoro un’applicazione più morbida delle leggi sul segreto bancario, primo passo per un rientro sul mercato Usa. Binance, infatti, ne era uscita nel novembre del 2023, dopo aver ammesso la violazione di quelle leggi e pagato una multa record di 4,3 miliardi di dollari al Dipartimento di Giustizia e una di 2,7 miliardi di dollari alla Commodity Futures Trading Commission. Il fondatore di Binance, Changpeng Zhao, dopo essersi dimesso dalla carica di amministratore delegato e scontato quattro mesi in un carcere statunitense, conta ora di strappare la grazia dal Presidente (suo possibile socio).
Le norme presidenziali: tutte violate
Siamo di fronte ad un caso unico nella storia americana dalla fine della Seconda Guerra mondiale. Le norme di comportamento intese a ridurre i rischi di corruzione, e osservate da tutti i presidenti, impongono di liberarsi dei propri asset finanziari e di rendere pubblica la dichiarazione dei redditi. Per Harry
Truman non ce ne fu bisogno, tant’è che lasciò la Casa Bianca senza un soldo – unica sua entrata la pensione di 112 dollari al mese dell’esercito. La sopravvivenza post-presidenziale si fece per lui così difficile che, come rimedio, il Congresso decise di conferire una pensione di 25.000 dollari all’anno a tutti gli ex presidenti.
Dopo Truman venne Dwight D. Eisenhower, il quale istituì la tradizione del blind trust. Così fu anche per John F. Kennedy e Lyndon B. Johnson. Richard Nixon non fece un blind trust, ma vendette tutti i suoi beni finanziari per investirli solo in proprietà immobiliari. Il presidente Jimmy Carter invece mise in un blind trust il suo unico bene: una piantagione di arachidi. Da allora tutti i presidenti eletti, democratici e repubblicani, hanno sempre fatto lo stesso. Fino al 2016, quando Trump decise di non fare né il blind trust né la dichiarazione dei redditi. Non l’ha fatto neppure in questo secondo mandato, che ha subito iniziato monetizzando. Ma come è possibile che ciò avvenga sotto agli occhi di tutti, magistratura compresa? Non è per caso. Pur essendo infatti un cultore dell’impulsività, su questo fronte Trump ha avuto modo di pianificare.
Durante la sua prima amministrazione Trumpha accumulato oltre 3.400 casi di conflitti di interesse.
La pianificazion
Secondo la Citizens for Responsibility and Ethics in Washington (CREW), durante la sua prima amministrazione Trump ha accumulato oltre 3.400 casi di conflitti di interesse. La minoranza democratica alla Camera ha inoltre denunciato il fatto che, nei primi due anni di quel mandato, vari governi stranieri (tra i quali quelli di Cina, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Kuwait e Malesia) hanno speso quasi 20 milioni di dollari nelle varie proprietà immobiliari di Trump al fine di coltivare il favore del presidente. I calcoli sui secondi due anni sono stati bloccati nel 2022 dalla maggioranza repubblicana. Ma il primo mandato è stato solo il giro di prova del secondo. Appena insediato si è premurato di avere un’amministrazione popolata principalmente da esecutori delle sue volontà, dopodiché Trump si è liberato di ogni possibile posto di blocco.
Leggi sospese e dirigenti sostituiti
Il 25 gennaio ha licenziato in tronco gli ispettori generali (cioè i controllori indipendenti) di 17 dei maggiori enti governativi. Quindici giorni dopo ha rimosso il direttore dell’Office of Government Ethics, David Huitema, il cui mandato di cinque anni era stato ratificato dal Senato appena un mese prima. Huitema veniva da decenni di carriera legale costruita attorno a questioni di etica nel governo. Al suo posto Trump ha scelto Jamieson Greer, un avvocato esperto di commercio estero che aveva fatto parte della sua prima amministrazione, grande sostenitore dei dazi e assolutamente privo di esperienza in materia. Poi, con un ordine esecutivo, Trump ha istruito il Dipartimento di Giustizia a sospendere l’applicazione del Foreign Corrupt Practices Act, la legge che vieta alle aziende americane di pagare tangenti per fare affari all’estero. Il 2 marzo, il Dipartimento del Tesoro ha annunciato che non avrebbe più applicato il Corporate Transparency Act, la normativa approvata per combattere il riciclaggio di denaro, l’evasione fiscale e le violazioni della legge da parte di investitori anonimi. Il 7 aprile, lo stesso Dipartimento della Giustizia si è fatto sentire sulla materia che sta più a cuore al presidente annunciando di aver sciolto il National Cryptocurrency Enforcement Team, l’unità che si occupa delle frodi cripto-valutarie. Con l’occasione il Dipartimento ha fatto sapere che non è più materia penale e quindi «non perseguirà più contenziosi o azioni giudiziarie riguardanti asset digitali».
Virata della Sec
Per quel che riguarda l’altra autorità di controllo dei mercati finanziari, ovvero la Securities and Exchange Commission (SEC, equivalente alla nostra Consob), Trump ha scelto come presidente Paul S. Atkins, ex consigliere di operatori cripto. E poche settimane dopo la SEC ha annunciato di aver archiviato una dozzina di cause o indagini aperte sulle società emittenti di criptovalute. La prima a beneficiarne è stata la Crypto.com, la piattaforma partner di Trump Media & Technology Group. Il 26 febbraio la SEC ha comunicato la probabile chiusura dell’indagine a carico di Justin Sun, un imprenditore di criptovalute divenuto noto per aver speso 6 milioni di dollari per comprare la banana di Maurizio Cattelan.Il fatto che Sun abbia investito almeno 75 milioni di dollari nella cripto-moneta $WLFI, lanciata dalla società dalla World Liberty Financial (società dei Trump),è ovviamente una semplice coincidenza.
Nel mondo criptovalutario, in cui si è gettato a capofitto Trump, di controllo
non c’è neppure l’odore.
Affari opachi
Qui però emerge un altro aspetto: sia Justin Sun che il boss di Binance, Changpeng Zhao, non hanno la cittadinanza americana e, quindi, se emergesse un loro collegamento con un governo straniero si entrerebbe nel campo degli «emolumenti», specificatamente vietati dalla costituzione americana. Due casi di enti governativi stranieri che hanno investito in società di Trump prive di solidità economica si sono già verificati. La SEC ha infatti reso noto che, nel quarto trimestre dello scorso anno, la Banca nazionale svizzera possedeva azioni di Trump Media per un valore di 5,37 milioni di dollari e che la Zürcher Kantonalbank ne possedeva per un valore di 237.000 dollari. Il capitale di entrambe le banche è detenuto dai cantoni e da enti pubblici. Questi investimenti sono emersi perché la Trump Media è una società quotata, quindi sotto il controllo (più o meno attento) dalla SEC. Ma nel mondo criptovalutario, in cui si è gettato a capofitto Trump, di controllo non c’è neppure l’odore. Un’analisi condotta per conto del New York Times ha rivelato che molti degli investitori della cripto-moneta della World Liberty Financial hanno sede proprio all’estero, in luoghi come Singapore, Corea del Sud, Hong Kong ed Emirati Arabi Uniti.
Gli incontri di Mar-a-Lago
Il 4 aprile scorso quando Trump ha improvvisamente lasciato Washington era un venerdì, non un giorno festivo, ma non è andato in Delaware ad accogliere le salme dei quattro militari americani uccisi in un incidente in Lituania. Si è recato in Florida dove ha partecipato a un torneo della LIV golf, la lega di golf creata dal Public Investment Fund, il fondo sovrano della Arabia Saudita da 925 miliardi di dollari. Poi ha soggiornato nel suo club di Mar-a-Lago, dove alloggiavano anche gli sponsor del torneo. Tra i numerosi ospiti c’erano Yasir al-Rumayyan, gestore del fondo saudita, i dirigenti della Riyadh Air, la compagnia aerea saudita, e quelli dell’Aramco, la compagnia petrolifera statale. Tutti soggetti direttamente legati a governi stranieri. L’associazione CREW ha calcolato che nei quattro anni di questo secondo mandato, le società di Trump saranno impegnate in 19 progetti sparsi per il mondo, legati ai governi di quei Paesi.
In affari con i governi stranieri
In Oman, la Trump Organization ha un hotel, un campo da golf e residenze private in fase di realizzazione su un terreno di proprietà del governo. In Serbia, Affinity Global Development, la società immobiliare del genero del presidente, Jared Kushner, sta costruendo un hotel con il brand Trump su un terreno di proprietà del governo. In Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti, Trump è in partenariato con la filiale internazionale di una società saudita legata al governo, la Dar Global. Il primo maggio la Trump Organization ha firmato un accordo per un nuovo campo da golf in partnership con una società controllata dal governo del Qatar (Qatari Diar). E poi ci sono otto progetti in India (per lo più con la società Trump Towers e Trump Organization) e altri in Vietnam (Trump International Vietnam) e Uruguay (Trump Tower Punta del Este). Da presidente Trump potrà prendere decisioni su questioni che interessano quei Paesi, valutando l’impatto che avrebbero sui suoi profitti. Da parte loro i governanti di quegli stessi Paesi saranno nelle condizioni di scegliere se applicare alla lettera le normative vigenti oppure riservargli un trattamento speciale.
Una «feccia umana»
Da anni Trump definisce i giornalisti proprio così e la stampa è «nemica del popolo», «corrotta», «fake news». Dopo aver chiesto 20 miliardi di danni alla prestigiosa emittente Tv CBS per aver editato in modo da lui non apprezzato un’intervista a Kamala Harris, due giorni fa, con un ordine esecutivo presidenziale, ha tagliato tutti i finanziamenti (già stanziati dal Congresso) alle emittenti pubbliche NPR e PBS. Il motivo dichiarato: «Non presentano ai contribuenti un quadro equo, accurato o imparziale dell’attualità». Il legittimo sospetto: esercitano il diritto di critica verso un Presidente che nei suoi primi 100 giorni ha certamente centrato un obiettivo, quello di gonfiare il portafogli di famiglia.
Milena Gabanelli e Claudio Gatti
(da corriere.it)

This entry was posted on lunedì, Maggio 5th, 2025 at 15:16 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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