TRUMP LASCIA MANO LIBERA A PUTIN, LO SCONFINAMENTO DEI DRONI RUSSI IN UN PAESE NATO, LA POLONIA, È UN EFFETTO DEL DISIMPEGNO AMERICANO
SENZA LO “ZIO SAM” A CONTROLLARE, MOSCA È LIBERA DI ALLARGARE IL SUO RAGGIO D’AZIONE – L’AMBASCIATORE STEFANINI: “È ORA, PER L’EUROPA DI COMINCIARE A TENER TESTA A TRUMP. ABBIAMO UN PRESIDENTE DI UN PAESE ALLEATO DELL’EUROPA CHE NON È AMICO DELL’EUROPA. ADULAZIONE E SERVILISMO NEI SUOI CONFRONTI SERVONO SOLO A FARGLI RINCARARE LA DOSE DI PREPOTENZA, NON A GARANTIRCI CHE SARÀ DALLA NOSTRA PARTE NEL MOMENTO DEL BISOGNO” (HAI CAPITO, GIORGIA?)
Netanyahu colpisce, Putin ferisce, Trump subisce. Rifugiandosi nella geografia. Non aveva finito di sentirsi male circa il luogo («feel badly about the the location») dell’attacco israeliano in Qatar, quando è arrivata la notizia dei droni russi abbattuti in Polonia.
Cosa combina la Russia con i droni che violano lo spazio aereo polacco, si è domandato il presidente americano, lasciando l’interrogativo in sospeso su Truth Social. Per avere la risposta sarebbe bastato telefonare, come fa spesso, all’amico Vladimir e chiedergli: perché hai mandato quei droni sulla Polonia?
Tranquillo Donald. Non volevo far nulla di male ai polacchi – i droni erano disarmati. Ma volevo vedere come l’avresti presa tu, gli avrebbe detto il Presidente russo, prendendoti di sorpresa, scusami per quello. Adesso lo so. Facendo finta di niente o quasi.
Come facesti quando ad Anchorage – e grazie ancora della bellissima accoglienza che mi hai fatto – ti spiegai che non avevo alcuna intenzione di mettere fine alla guerra in Ucraina, come pur gentilmente tu mi chiedevi, fino a che non ne avessi risolto le “cause alla radice”, cioè l’esistenza dell’Ucraina libera e
indipendente.
Quella telefonata non c’è stata. Trump ha invece chiamato il presidente polacco, Karol Nawrocki, al quale avrà sicuramente espresso solidarietà. Null’altro. Non è più tornato sull’argomento.
A parziale alibi, stava succedendo molto altro. L’assassinio di Charlie Kirk rischia di far precipitare l’America in una spirale di violenza.
Ieri era l’anniversario, quasi dimenticato, dell’11 settembre, quando tutti ci sentimmo americani e un presidente, George Bush, si elevò al di sopra dei partiti per unificare la nazione. Oggi si chiede a Donald Trump di essere un unificatore, oltre che mettere le bandiere a mezz’asta per un suo alleato politico
È pertanto comprensibile che in questo momento l’attenzione di Trump sia rivolta all’interno. Ma meno, molto meno, che ignori il confronto con la sfida russa nel bel mezzo dell’Europa. No, Putin non ha in animo un attacco all’Alleanza Atlantica, non ancora almeno.
Ma ove percepisse un disimpegno americano l’escalation della guerra contro l’Ucraina e la tracimazione oltre i confini Nato, non fosse altro che per “punire” i Paesi che sostengono Kiev, diventano un’opzione realistica per un presidente russo alla ricerca di punti deboli dell’avversario. I pretesti, come le minoranze russofone in Lettonia o Estonia, o le minacce, persino contro la “statualità” della Finlandia del solito cane sciolto Dmitry Medvedev, non mancano.
E domani comincia, come ogni anno, la grande esercitazione militare russo-bielorussa “Zapad” (Occidente), un nome che è
tutto un programma. Ai confini della Polonia.
Lo sconfinamento di una manciata di droni nello spazio aereo polacco non aveva finalità immediatamente aggressive. Non c’erano armi o esplosivi a bordo, almeno nelle otto carcasse finora recuperate. Il che conferma che erano destinati proprio alla Polonia, non all’Ucraina. Intenzionalmente, allo scopo di mettere alla prova Varsavia, la Nato… e Donald Trump.
La risposta dei primi due è stata netta e puntuale: droni subito abbattuti con partecipazione all’operazione di vari alleati, fra cui un Awacs italiano. La prima cosa da fare, per qualsiasi Paese europeo che si veda improvvisamente sorvolato da droni di provenienza ostile, è prima eliminare la minaccia poi domandarsi come hanno fatto ad arrivarci.
Questo richiede difese antiaeree adeguate, Roma avvertita. Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, e i leader nazionali, fra i quali il presidente Sergio Mattarella, hanno immediatamente espresso sostegno alla Polonia e condannato Mosca. Donald Trump, con la sicurezza europea a rischio, ha risposto al test di Putin con una banalità sui droni russi nei cieli di Varsavia.
Gli ormai otto mesi della seconda presidenza Trump sono stati lunghi, ma istruttivi.
Ne mancano 40. Tanti. A quello che succederà in America pensino gli americani. Auguriamogli buona fortuna non fosse altro che per il debito di gratitudine nei loro confronti da Wilson a Roosvelt, da Eisenhower a Reagan.
Quello che conta per noi però è la politica estera di Trump 2.0. Abbiamo imparato tre cose. Uno, la via libera a Benjamin
Netanyahu e a Vladimir Putin. Che fanno quello che vogliono, checché gli dicano Trump o i suoi. Le loro guerre continuano e si intensificano, altro che finire.
Due, abbiamo un presidente di un Paese alleato dell’Europa, che ne ha storicamente difeso le nostre libertà, che non è amico dell’Europa. Tre, adulazione e servilismo nei suoi confronti servono solo a fargli rincarare la dose di prepotenza non a garantirci che sarà dalla nostra parte nel momento del bisogno.
È ora, per l’Europa, di cominciare a tener testa a Donald Trump. Per gli stessi valori in nome dei quali, ventiquattro anni fa, ci sentimmo “tutti americani”.
Stefano Stefanini
per “la Stampa”
Leave a Reply