Settembre 19th, 2010 Riccardo Fucile
SE NON TI PIACCIONO I NOSTRI ARTICOLI DIMMELO A VOCE, INVECE CHE SABOTARE IL SITO…. QUANDO LA POLIZIA POSTALE VERRA’ A BUSSARE A CASA TUA TI DIVERTIRAI MOLTO MENO, TI ASSICURO
Da qualche giorno il ns. sito è oggetto ad attacchi informatici da parte di uno squallido figuro che pensa di tapparci la bocca, facendo saltare temporaneamente qualche articolo a lui scomodo.
Il suo concetto di libertà di pensiero è evidentemente inversamente proporzionale alla sua intelligenza.
Quando la polizia postale busserà alla sua porta, si divertirà molto meno e con lui i suoi congiunti per i danni che gli chiederemo.
Dato che è un sistema tipico dei vigliacchi quello di nascondersi dietro l’anonimato, apprezzerà sicuramente i manifesti personali che affiggeremo dove abita perchè anche i suoi vicini conoscano le sue qualità .
Le tracce che hai lasciato sono sufficienti.
Il mio telefono è 334-3308075, qualora avessi qualcosa da dire: così per una volta nella vita farai una cosa alla luce del sole.
Ci scusiamo con i ns. lettori per i disagi, ma è il prezzo che paghiamo a difendere la libertà di pensiero nel nostro Paese.
Riccardo Fucile
argomento: denuncia, destradipopolo | 4 commenti presenti »
Settembre 19th, 2010 Riccardo Fucile
LA LOTTA DI 200.000 GIOVANI PREPARATI, MA RIFIUTATI DAL SISTEMA PRODUTTIVO DI UN PAESE IN CUI SI STA SFASCIANDO LA SCUOLA PUBBLICA…. RICERCATORI GIOVANI E DI TALENTO IN FUGA IN UN’ITALIA DI VECCHI AGGRAPPATI ALLE LEVE DI COMANDO DOVE HANNO SPAZIO SOLO I CONDANNATI AL SILENZIO
C’è stato un tempo in cui essere docente voleva dire ricoprire un ruolo reputato socialmente di rilievo.
Oggi la scuola italiana è allo sfacelo e cade a pezzi, letteralmente a pezzi. Così mentre il Paese geme, disastrato ed indebitato all’inverosimile, ed i poveri sono sempre più poveri, sullo sfondo di una lotta tra forze politiche che hanno perso il contatto con la realtà , un’intera generazione di giovani docenti, di lavoratori onesti, un esercito di disperati fatto di 200 mila persone, è pronta a tutto per tentare di salvare lo stipendio e non finire sul lastrico.
Per un osservatore attento, è interessante notare come si possano cogliere nel Paese i segnali, per il momento sporadici, di un’insofferenza e di un disagio sociale profondo che partono dal basso, dai fischi a dell’Utri, e poi a Schifani, fino al fumogeno lanciato contro Bonanni, c’è un’altra Italia che non ne può più.
In questo quadro si colloca la protesta dei precari, che ha la faccia pulita di tanti giovani coraggiosi e di talento, con alla spalle un lungo ed inutile percorso di studi.
Questi giovani sono tra quelli indicati da Fini nella piazza di Mirabello, di quelli che fa davvero male al cuore vederne i volti consumati dalle privazioni del cibo essenziale per la vita.
Ma dov’è l’ Italia del precariato?
Non la trovi certo in TV, perchè fa notizia solo se si tenta il suicidio, eppure è una realtà che si estende a macchia d’olio, che toglie ogni diritto sociale e taglia fuori dal futuro, in un Paese schizofrenico in cui è più facile trovare lavoro se sei ex detenuto da collocare in un programma di reinserimento. L’Italia è un Paese di vecchi, anzi di supervecchi avidamente aggrappati ai ruoli di comando, camuffati da sempre giovani con i sapienti trucchi che la medicina estetica consente e che quando lasciano uno spiraglio aperto ai giovani lo fanno solo e se appartieni alla cerchia familiare-amicale.
Eppure, a volte, persino in tali casi, si può notare come si radicano sentimenti di rivalsa, cosicchè gli stessi “figli di” raccontano spesso di sentirsi schiacciati dal peso di un ascendente che non vuole saperne di allentare la presa dal potere.
Questo è l’emblema che rappresenta bene la mentalità italiota corrente, la quale si è espressa attraverso scelte politiche che hanno condannato all’esilio i nostri più brillanti giovani ricercatori, che si ricostruiscono all’esterno un’identità negata in Patria.
Perchè, è bene capirlo, se da giovane sei considerato inutile, demansionato, rifiutato dal ciclo produttivo di un Paese in cui fa moda lo stile giovanilistico dei vecchi, che si riciclano eternamente, allora entra in discussione l’identità stessa dei nostri giovani, che si fa confusa ed incerta, mentre i modelli per le nuove generazioni di italiani, che il sultanato Berlusconi sta producendo, sono agghiaccianti.
Se si è una donna si è più fortunati perchè ci si può ispirare alle gheddafine, recentissimo modello del prototipo intramontabile della Velina, le abbiamo viste sfilare robotiche ed inespressive, addestrate al silenzio, mentre scarsi sono stati i riflettori per i giovani precari della scuola, che nell’indifferenza generale, sfidano la morte con la lotta estrema dello sciopero della fame ed ai quali un’altra donna, una Gelmini in versione Crudelia De Mon, dice di arrendersi senza condizioni, in un Paese in cui da sempre persino con i rapinatori che assaltano le banche si tratta la resa.
E allora, i precari si affamano, si sfiniscono perchè sanno che oltre la lotta non c’è orizzonte, perchè sanno che essere precario è peggio di tutto, si deve imparare a pensare in piccolo, i pensieri si fanno striminziti e ti ricordano che non puoi osare, perchè si perdono le prerogative stesse della giovane età , il desiderio di conoscenza di sè e del mondo.
Una condizione da giovane “senza lavoro” si traduce in un limbo senza vie d’uscita, e rispetto a tale condizione lo sciopero della fame, quale forma pacifica di protesta, eleva questi uomini sconosciuti dalle vite comuni e tranquille al di sopra di tutti noi.
Vittoria Operato
Coordinamento Regione Campania Generazione Italia
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Settembre 19th, 2010 Riccardo Fucile
UN EMBLEMA EUROASIATICO DIVENTATO SIMBOLO DELLA LEGA, MA PRESENTE IN TANTE PARTI D’ITALIA: DALLA TOSCANA ALLA PUGLIA, DA ROMA AD ISCHIA….UNA MITOLOGIA TIRATA PER I CAPELLI PER INVENTARSI UNA PEZZA D’APPOGGIO STORICA PER UNA TESI CHE DI STORICO NON HA NULLA
Il simbolo è molto antico, il nome decisamente recente: il fiore stilizzato a sei
petali racchiuso in un cerchio, oggi noto per lo più come Sole delle Alpi, è un arcaico emblema eurasiatico, che è stato, nel tempo e nello spazio, differentemente chiamato anche rosa celtica, fiore a sei petali, rosa dei pastori e, in età medievale, anche rosa carolingia.
Evocativo del sole e del suo potere vivifico, è sempre stato inteso come stemma bene augurante e inciso su costruzioni, abitazioni, portali e chiese, su pietra, legno o metallo. Diffuso dall’India alla Scandinavia e assunto, con piccole variazioni formali, come simbolo di varie comunità di tutto il contesto euroasiatico, in Italia fa la sua comparsa già dalla fine del VI secolo a. C.
Ne restano antiche reminiscenze disseminate lungo tutta la penisola: sull’urna etrusca di Civitella Paganico in Toscana; in Puglia sulle cosiddette Stele daunie, monumenti funerari in pietra calcarea proveniente dal Gargano, in uso presso l’antica civiltà dei Dauni; in Val Camonica; nell’arte celtica; nell’iconografia longobarda; nell’area di influenza celtoligure; sul pavimento del santuario di Saronno; nei rosoni absidali della chiesa dei santi Giovanni e Paolo a Venezia; a Roma nella basilica di san Clemente.
Lo stesso simbolo è diffuso anche in Campania, in particolare sull’isola di Ischia, dove è una tipica decorazione degli architravi degli antichi edifici del centro storico di Forio.
Compare anche, privo della circonferenza di contorno, nella parte superiore dello stemma della provincia di Lecco.
E lo si può ritrovare pure su banchi, cartelli, vetrate, cestini e zerbini del nuovo polo scolastico della cittadina di Adro, qui rigorosamente in uno sgargiante colore verde.
Tra queste più recenti comparse e le più antiche, il fiore a sei petali inscritto in un cerchio è stato inserito nel proprio simbolo dalla Lega Nord, che lo ha proposto anche come eventuale bandiera della Padania, scegliendo naturalmente per lo stemma il colore verde, rappresentativo del partito.
E battezzando definitivamente il simbolo con il nome di Sole delle Alpi, termine coniato negli anni Novanta da alcuni intellettuali, con il contributo particolare di Gilberto Oneto.
È precisamente da quegli anni che l’immagine in contesto italiano è legata al partito della Lega Nord.
Emblema, soprattutto, della sua caricaturale rincorsa all’appropriazione indebita di simboli, storia, tradizione.
Dell’affannoso quanto goffo bisogno di forgiare una mitologia tirata per i capelli e una memoria raffazzonata ad arte, nel tentativo di fornire una pezza d’appoggio ad affermazioni, prese di posizione e proclami politici e no che di legittimazioni storiche, però, ne hanno ben poche.
Con buona pace del sindaco di Adro.
Cecilia Moretti
Farefuturoweb
argomento: Bossi, Costume, denuncia, LegaNord, Politica, radici e valori | Commenta »
Settembre 19th, 2010 Riccardo Fucile
LA LOTTA DI 200.000 GIOVANI PREPARATI, MA RIFIUTATI DAL SISTEMA PRODUTTIVO DI UN PAESE IN CUI SI STA SFASCIANDO LA SCUOLA PUBBLICA…. RICERCATORI GIOVANI E DI TALENTO IN FUGA IN UN’ITALIA DI VECCHI AGGRAPPATI ALLE LEVE DI COMANDO DOVE HANNO SPAZIO SOLO I CONDANNATI AL SILENZIO
C’è stato un tempo in cui essere docente voleva dire ricoprire un ruolo reputato socialmente di rilievo.
Oggi la scuola italiana è allo sfacelo e cade a pezzi, letteralmente a pezzi. Così mentre il Paese geme, disastrato ed indebitato all’inverosimile, ed i poveri sono sempre più poveri, sullo sfondo di una lotta tra forze politiche che hanno perso il contatto con la realtà , un’intera generazione di giovani docenti, di lavoratori onesti, un esercito di disperati fatto di 200 mila persone, è pronta a tutto per tentare di salvare lo stipendio e non finire sul lastrico.
Per un osservatore attento, è interessante notare come si possano cogliere nel Paese i segnali, per il momento sporadici, di un’insofferenza e di un disagio sociale profondo che partono dal basso, dai fischi a dell’Utri, e poi a Schifani, fino al fumogeno lanciato contro Bonanni, c’è un’altra Italia che non ne può più.
In questo quadro si colloca la protesta dei precari, che ha la faccia pulita di tanti giovani coraggiosi e di talento, con alla spalle un lungo ed inutile percorso di studi.
Questi giovani sono tra quelli indicati da Fini nella piazza di Mirabello, di quelli che fa davvero male al cuore vederne i volti consumati dalle privazioni del cibo essenziale per la vita.
Ma dov’è l’ Italia del precariato?
Non la trovi certo in TV, perchè fa notizia solo se si tenta il suicidio, eppure è una realtà che si estende a macchia d’olio, che toglie ogni diritto sociale e taglia fuori dal futuro, in un Paese schizofrenico in cui è più facile trovare lavoro se sei ex detenuto da collocare in un programma di reinserimento. L’Italia è un Paese di vecchi, anzi di supervecchi avidamente aggrappati ai ruoli di comando, camuffati da sempre giovani con i sapienti trucchi che la medicina estetica consente e che quando lasciano uno spiraglio aperto ai giovani lo fanno solo e se appartieni alla cerchia familiare-amicale.
Eppure, a volte, persino in tali casi, si può notare come si radicano sentimenti di rivalsa, cosicchè gli stessi “figli di” raccontano spesso di sentirsi schiacciati dal peso di un ascendente che non vuole saperne di allentare la presa dal potere.
Questo è l’emblema che rappresenta bene la mentalità italiota corrente, la quale si è espressa attraverso scelte politiche che hanno condannato all’esilio i nostri più brillanti giovani ricercatori, che si ricostruiscono all’esterno un’identità negata in Patria.
Perchè, è bene capirlo, se da giovane sei considerato inutile, demansionato, rifiutato dal ciclo produttivo di un Paese in cui fa moda lo stile giovanilistico dei vecchi, che si riciclano eternamente, allora entra in discussione l’identità stessa dei nostri giovani, che si fa confusa ed incerta, mentre i modelli per le nuove generazioni di italiani, che il sultanato Berlusconi sta producendo, sono agghiaccianti.
Se si è una donna si è più fortunati perchè ci si può ispirare alle gheddafine, recentissimo modello del prototipo intramontabile della Velina, le abbiamo viste sfilare robotiche ed inespressive, addestrate al silenzio, mentre scarsi sono stati i riflettori per i giovani precari della scuola, che nell’indifferenza generale, sfidano la morte con la lotta estrema dello sciopero della fame ed ai quali un’altra donna, una Gelmini in versione Crudelia De Mon, dice di arrendersi senza condizioni, in un Paese in cui da sempre persino con i rapinatori che assaltano le banche si tratta la resa.
E allora, i precari si affamano, si sfiniscono perchè sanno che oltre la lotta non c’è orizzonte, perchè sanno che essere precario è peggio di tutto, si deve imparare a pensare in piccolo, i pensieri si fanno striminziti e ti ricordano che non puoi osare, perchè si perdono le prerogative stesse della giovane età , il desiderio di conoscenza di sè e del mondo.
Una condizione da giovane “senza lavoro” si traduce in un limbo senza vie d’uscita, e rispetto a tale condizione lo sciopero della fame, quale forma pacifica di protesta, eleva questi uomini sconosciuti dalle vite comuni e tranquille al di sopra di tutti noi.
Vittoria Operato
Coordinamento Regione Campania Generazione Italia
argomento: denuncia, economia, emergenza, Gelmini, governo, PdL, Politica, scuola | Commenta »
Settembre 19th, 2010 Riccardo Fucile
LA LOTTA DI 200.000 GIOVANI PREPARATI, MA RIFIUTATI DAL SISTEMA PRODUTTIVO DI UN PAESE IN CUI SI STA SFASCIANDO LA SCUOLA PUBBLICA…. RICERCATORI GIOVANI E DI TALENTO IN FUGA IN UN’ITALIA DI VECCHI AGGRAPPATI ALLE LEVE DI COMANDO DOVE HANNO SPAZIO SOLO I CONDANNATI AL SILENZIO
C’è stato un tempo in cui essere docente voleva dire ricoprire un ruolo reputato socialmente di rilievo.
Oggi la scuola italiana è allo sfacelo e cade a pezzi, letteralmente a pezzi. Così mentre il Paese geme, disastrato ed indebitato all’inverosimile, ed i poveri sono sempre più poveri, sullo sfondo di una lotta tra forze politiche che hanno perso il contatto con la realtà , un’intera generazione di giovani docenti, di lavoratori onesti, un esercito di disperati fatto di 200 mila persone, è pronta a tutto per tentare di salvare lo stipendio e non finire sul lastrico.
Per un osservatore attento, è interessante notare come si possano cogliere nel Paese i segnali, per il momento sporadici, di un’insofferenza e di un disagio sociale profondo che partono dal basso, dai fischi a dell’Utri, e poi a Schifani, fino al fumogeno lanciato contro Bonanni, c’è un’altra Italia che non ne può più.
In questo quadro si colloca la protesta dei precari, che ha la faccia pulita di tanti giovani coraggiosi e di talento, con alla spalle un lungo ed inutile percorso di studi.
Questi giovani sono tra quelli indicati da Fini nella piazza di Mirabello, di quelli che fa davvero male al cuore vederne i volti consumati dalle privazioni del cibo essenziale per la vita.
Ma dov’è l’ Italia del precariato?
Non la trovi certo in TV, perchè fa notizia solo se si tenta il suicidio, eppure è una realtà che si estende a macchia d’olio, che toglie ogni diritto sociale e taglia fuori dal futuro, in un Paese schizofrenico in cui è più facile trovare lavoro se sei ex detenuto da collocare in un programma di reinserimento. L’Italia è un Paese di vecchi, anzi di supervecchi avidamente aggrappati ai ruoli di comando, camuffati da sempre giovani con i sapienti trucchi che la medicina estetica consente e che quando lasciano uno spiraglio aperto ai giovani lo fanno solo e se appartieni alla cerchia familiare-amicale.
Eppure, a volte, persino in tali casi, si può notare come si radicano sentimenti di rivalsa, cosicchè gli stessi “figli di” raccontano spesso di sentirsi schiacciati dal peso di un ascendente che non vuole saperne di allentare la presa dal potere.
Questo è l’emblema che rappresenta bene la mentalità italiota corrente, la quale si è espressa attraverso scelte politiche che hanno condannato all’esilio i nostri più brillanti giovani ricercatori, che si ricostruiscono all’esterno un’identità negata in Patria.
Perchè, è bene capirlo, se da giovane sei considerato inutile, demansionato, rifiutato dal ciclo produttivo di un Paese in cui fa moda lo stile giovanilistico dei vecchi, che si riciclano eternamente, allora entra in discussione l’identità stessa dei nostri giovani, che si fa confusa ed incerta, mentre i modelli per le nuove generazioni di italiani, che il sultanato Berlusconi sta producendo, sono agghiaccianti.
Se si è una donna si è più fortunati perchè ci si può ispirare alle gheddafine, recentissimo modello del prototipo intramontabile della Velina, le abbiamo viste sfilare robotiche ed inespressive, addestrate al silenzio, mentre scarsi sono stati i riflettori per i giovani precari della scuola, che nell’indifferenza generale, sfidano la morte con la lotta estrema dello sciopero della fame ed ai quali un’altra donna, una Gelmini in versione Crudelia De Mon, dice di arrendersi senza condizioni, in un Paese in cui da sempre persino con i rapinatori che assaltano le banche si tratta la resa.
E allora, i precari si affamano, si sfiniscono perchè sanno che oltre la lotta non c’è orizzonte, perchè sanno che essere precario è peggio di tutto, si deve imparare a pensare in piccolo, i pensieri si fanno striminziti e ti ricordano che non puoi osare, perchè si perdono le prerogative stesse della giovane età , il desiderio di conoscenza di sè e del mondo.
Una condizione da giovane “senza lavoro” si traduce in un limbo senza vie d’uscita, e rispetto a tale condizione lo sciopero della fame, quale forma pacifica di protesta, eleva questi uomini sconosciuti dalle vite comuni e tranquille al di sopra di tutti noi.
Vittoria Operato
Coordinamento Regione Campania Generazione Italia
argomento: denuncia, destra, economia, emergenza, Fini, Gelmini, governo, Lavoro, PdL, Politica, radici e valori, scuola | Commenta »
Settembre 19th, 2010 Riccardo Fucile
UN EMBLEMA EUROASIATICO DIVENTATO SIMBOLO DELLA LEGA, MA PRESENTE IN TANTE PARTI D’ITALIA: DALLA TOSCANA ALLA PUGLIA, DA ROMA AD ISCHIA….UNA MITOLOGIA TIRATA PER I CAPELLI PER INVENTARSI UNA PEZZA D’APPOGGIO STORICA PER UNA TESI CHE DI STORICO NON HA NULLA
Il simbolo è molto antico, il nome decisamente recente: il fiore stilizzato a sei
petali racchiuso in un cerchio, oggi noto per lo più come Sole delle Alpi, è un arcaico emblema eurasiatico, che è stato, nel tempo e nello spazio, differentemente chiamato anche rosa celtica, fiore a sei petali, rosa dei pastori e, in età medievale, anche rosa carolingia.
Evocativo del sole e del suo potere vivifico, è sempre stato inteso come stemma bene augurante e inciso su costruzioni, abitazioni, portali e chiese, su pietra, legno o metallo. Diffuso dall’India alla Scandinavia e assunto, con piccole variazioni formali, come simbolo di varie comunità di tutto il contesto euroasiatico, in Italia fa la sua comparsa già dalla fine del VI secolo a. C.
Ne restano antiche reminiscenze disseminate lungo tutta la penisola: sull’urna etrusca di Civitella Paganico in Toscana; in Puglia sulle cosiddette Stele daunie, monumenti funerari in pietra calcarea proveniente dal Gargano, in uso presso l’antica civiltà dei Dauni; in Val Camonica; nell’arte celtica; nell’iconografia longobarda; nell’area di influenza celtoligure; sul pavimento del santuario di Saronno; nei rosoni absidali della chiesa dei santi Giovanni e Paolo a Venezia; a Roma nella basilica di san Clemente.
Lo stesso simbolo è diffuso anche in Campania, in particolare sull’isola di Ischia, dove è una tipica decorazione degli architravi degli antichi edifici del centro storico di Forio.
Compare anche, privo della circonferenza di contorno, nella parte superiore dello stemma della provincia di Lecco.
E lo si può ritrovare pure su banchi, cartelli, vetrate, cestini e zerbini del nuovo polo scolastico della cittadina di Adro, qui rigorosamente in uno sgargiante colore verde.
Tra queste più recenti comparse e le più antiche, il fiore a sei petali inscritto in un cerchio è stato inserito nel proprio simbolo dalla Lega Nord, che lo ha proposto anche come eventuale bandiera della Padania, scegliendo naturalmente per lo stemma il colore verde, rappresentativo del partito.
E battezzando definitivamente il simbolo con il nome di Sole delle Alpi, termine coniato negli anni Novanta da alcuni intellettuali, con il contributo particolare di Gilberto Oneto.
È precisamente da quegli anni che l’immagine in contesto italiano è legata al partito della Lega Nord.
Emblema, soprattutto, della sua caricaturale rincorsa all’appropriazione indebita di simboli, storia, tradizione.
Dell’affannoso quanto goffo bisogno di forgiare una mitologia tirata per i capelli e una memoria raffazzonata ad arte, nel tentativo di fornire una pezza d’appoggio ad affermazioni, prese di posizione e proclami politici e no che di legittimazioni storiche, però, ne hanno ben poche.
Con buona pace del sindaco di Adro.
Cecilia Moretti
Farefuturoweb
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