Dicembre 11th, 2010 Riccardo Fucile
E’ UN DOVERE CIVICO, PERCHE’ IL PAESE HA BISOGNO DI ENTRARE NEL FUTURO
Nessuna trattativa con Silvio Berlusconi. 
Sto scrivendo queste poche righe di getto, con l’impeto di chi ha la memoria che corre a questi ultimi mesi di polemiche politiche.
Nessuna trattativa con chi, un bel giorno, ha deciso di cacciare il cofondatore di un partito che doveva essere liberale ed è diventato totalitario.
Nessuna trattativa con chi ha sguinzagliato i suoi “bravi” a mezzo stampa per massacrare mediaticamente l’avversario.
Con chi ha trasformato il dibattito politico in un’ordalia medievale.
Nessuna trattativa con chi è convinto che le istituzioni siano un affare privato. E che un partito possa essere proprietà privata.
Nessuna trattativa che chi crede che la democrazia sia qualcosa che si possa manovrare a piacimento.
Con chi pretende solo sudditanza e obbedienza.
Con chi paga invece di convincere.
Nessuna trattativa con chi ha trasformato l’Italia in uno zimbello mondiale. Nessuna trattativa con chi dice che “Putin è un dono di Dio” e trasforma il suo paese nel parco giochi di Gheddafi.
Nessuna trattativa con chi pensa che la politica sia un jingle pubblicitario. Nessuna trattativa con chi ha distrutto la speranza di una destra moderna, laica ed europea.
Nessuna trattativa con che si atteggia a salvatore della patria e invece ha tradito il sogno degli italiani nel riscatto nazionale.
Nessuna trattativa con chi cerca di comprare il consenso.
Con chi usa i suoi manganelli mediatici per sbattere il traditore in prima pagina.
Nessuna trattativa con chi ha detto che Eluana Englaro poteva avere ancora figli.
Con chi va in giro a fare le corna e il dito medio, o a dire barzellette con bestemmia finale.
Con chi pensa ancora che esistano i comunisti.
Con chi pensa che un mafioso possa essere un eroe.
Nessuna trattativa con chi ha attaccato Roberto Saviano.
Nessuna trattativa con s’inventa di avere il consenso della maggioranza degli italiani.
Nessuna trattativa con Silvio Berlusconi.
Nessuna trattativa. È un dovere civico. E patriottico.
Perchè l’Italia ha bisogno di altro.
Ha bisogno di fare finalmente un passo avanti.
Ed entrare nel futuro.
Filippo Rossi
Farefuturoweb
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Dicembre 11th, 2010 Riccardo Fucile
L’INTERVISTA DI LUCA TELESE AL “FALCO” FINIANO: “NON E’ QUESTA L’IDEA DELLA DESTRA PER CUI LA GENTE HA VOTATO”…”SE NON LO AVESSE FATTO DI PIETRO, LUNEDI SAREI ANDATO IO IN PROCURA”… “METTONO IN GIRO FALSE NOTIZIE: MA I FUTURISTI SARANNO COMPATTI”
Intervisti Fabio Granata in una di queste interminabili giornate di crisi in cui la Camera sarebbe teoricamente chiusa, e in cui invece, il tam tam sulla battaglia parlamentare del 14 continua a tambureggiare per tutta la sera come un bollettino di guerra.
L’ultima notizia, a tarda sera, la regala uno dei transfughi che ha cambiato idea, l’onorevole Catone (una vita da politicone democristiano), che rivela: c’è una lettera in cui nove deputati di Futuro e libertà chiedono a Fini la libertà di coscienza, per non votare la sfiducia in cambio di un reincarico a Berlusconi (senza dimissioni).
Sofismi da tattica parlamentare a parte, sarebbe l’immagine di uno schieramento in rotta, dopo il grave colpo dei deputati dipietristi e del Pd passati nel limbo del possibile appoggio. E invece il deputato di Futuro e libertà non ci sta: “Sono tutte balle”.
Onorevole Granata, ne è davvero convinto?
Sì. Stanno facendo contro-informazione. Provano a confondere le acque. Otterranno l’effetto contrario.
Lei è ottimista.
È una presa di coscienza che sta avvenendo prima di tutto nella coscienza di tantissimi elettori di centrodestra, schifati dallo spettacolo osceno di questo crepuscolo berlusconiano.Si avverte, dentro e fuori da Montecitorio, il tono della cupio dissolvi. Il mercato delle vacche non lo aiuta.
E Catone?
Era con noi da pochissimo tempo. Ed è uno che viene da una cultura politica del tutto diversa.
È millantato credito, guerra psicologica.
Io credo alle facce dei miei colleghi.
Ma la storia della libertà di coscienza è vera?
No. E per spiegarglielo le racconto la nostra bellissima riunione di ieri. Abbiamo parlato tutti. E tutti, serenamente, eravamo d’accordo. A parte Moffa, la cui cristallina moralità impedisce qualsiasi dubbio e sospetto.
Ma allora perchè Catone lo dice?
Un’operazione di disturbo che mira a intorbidire le acque. Lo hanno contattato, ha meno anticorpi degli altri.
Non avete regalato troppo tempo a Berlusconi? C’è stata qualche ingenuità ?
Più d’una. Io, se devo dirla tutta, penso che sia stato un errore, anche se commesso in ottima fede, quello di sperare, da parte nostra, che Berlusconi potesse avere un gesto di responsabilità . È impossibile e ormai è chiaro.
C’è stato calciomercato, secondo lei?
(Ride). Secondo me? Rubo ai miei studi giovanili una formula: quella dei gravi, precisi e concordanti indizi di colpevolezza.
Un termine da tribunale.
E infatti io sono convinto che sia stata giusta la denuncia di Di Pietro. Sarei andato io stesso dai magistrati, lunedì , a fare la stessa cosa.
E con quali prove?
Io credo che la conferenza stampa dei tre porcellini che si stanno farsescamente avvicinando alla fiducia — Calearo, Scilipoti e Cesario — sia una delle immagini più volgari di questa crisi. La prova che si è toccato il fondo. Quanto al secondo dipietrista… Razzi… La sua intervista in cui dice che voterà contro Berlusconi e che è stato avvicinato con la proposta di pagargli il mutuo, dopo questo voltafaccia repentino e inspiegabile, diventa un elemento di prova.
Ora Razzi dice che scherzava… Non ci crede?
Altro che scherzo. Stiamo vivendo un reality della compravendita.
Diversi politici che detestano il mercato delle vacche non amano che si metta di mezzo la magistratura.
Le dirò esattamente il contrario. Il fatto che sia stato aperto un fascicolo, probabilmente avrà una funzione deterrente. Quando ci sono di mezzo i reati la gente cerca di stare attenta, perchè sa che alla fine il conto si paga.
La Santanchè oggi gridava un bollettino di guerra trionfante. Siete stati ingenui?
Noi possiamo offrire solo l’adesione a un percorso politico. Loro possono offrire personali di cui noi non disponiamo e non vogliamo disporre. È una sfida impari, che siamo orgogliosi di combattere.
Parole dure, onorevole Granata.
Parole chiare. La direzione in cui portano tutti questi gesti di cui siamo testimoni è una sola.
Quale?
Quella della corruzione. A meno che qualche anima bella non voglia credere alla balla che ci sono state conversioni miracolose sulla via di Damasco e improvvise e travagliate crisi di coscienza. Parliamo di colleghi che un giorno firmano il documento contro Berlusconi e il giorno dopo si rimangiano la fiducia.
Cosa dice agli elettori che incontra, da stasera?
Non è questa l’idea della destra per cui la gente ha votato.
Luca Telese
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 11th, 2010 Riccardo Fucile
L’INDEGNO MERCATO DEI VOTI, INDAGA LA PROCURA
Solo nel tragicomico fumetto di Berluscopoli la doverosa e persino tardiva apertura di
un’inchiesta sullo scandalo del mercato dei voti può diventare “un’ingerenza gravissima della magistratura” sull’autonomia delle Camere. Solo nella grottesca manipolazione semantica dei fatti, quotidianamente praticata dai “volonterosi carnefici” del Cavaliere, il patto scellerato tra un parlamentare dell’Idv e tre “colleghi” del Pdl (che gli offrono di passare nelle file della maggioranza in cambio dell’estinzione del suo mutuo per la casa) può diventare esercizio di “una libera dialettica parlamentare”.
A tanto ci ha ridotto, il collasso dell’etica pubblica di questi anni.
Siamo ai “saldi di fine legislatura”.
Gli operosi apparatciki del presidente del Consiglio, per consentirgli di raggiungere la fatidica “quota 316” nella conta sulla fiducia di martedì prossimo a Montecitorio, offrono alle anime perse dell’altra sponda non più solo incarichi ministeriali e poltrone di sottogoverno, ma addirittura denaro sonante.
Questo, oggi, è l’ulteriore “salto di qualità ” nell’indecente compravendita in corso tra i deputati: i soldi.
Questo, oggi, dichiarano senza pudore pseudo dipietristi come Antonio Razzi e finti democratici come Massimo Calearo.
Il primo, in un’intervista radiofonica su Radio 24 al programma “La zanzara” del 16 settembre: “Sono stato avvicinato da cinque, tre del Pdl. Le offerte più concrete che mi hanno fatto sono state la ricandidatura e la rielezione sicura, ma questa volta in un collegio italiano. Ho comprato casa a Pescara, devo pagare ancora un mutuo da 150 mila euro. Io gli ho detto che avevo questo mutuo e loro: “Ma che problema c’è? Lo estinguiamo”…”.
Il secondo, in un’intervista al “Riformista” di martedì scorso: “Dai 350mila al mezzo milione di euro. E pensi che la quotazione, nei prossimi giorni, può ancora salire. Soprattutto al Senato. I prezzi, quelli per convincere un indeciso a votare la fiducia al governo, per adesso sono questi… Io sono un caso a parte… Sa cosa mi ha detto Berlusconi, quando ci siamo incontrati di recente: “Calearo, io non ho nulla da offrirle perchè lei, come me, vive del suo”…”.
Cos’altro sembra di scorgere, in tutto questo, se non un tentativo di corruzione (secondo l’articolo 319 del codice penale) che non ha nulla da spartire con il diritto del parlamentare di esercitare la propria funzione “senza vincolo di mandato” (secondo l’articolo 67 della Costituzione)?
E di fronte a queste parole, che pesano come pietre e contengono a tutti gli effetti una possibile “notitia criminis”, cos’altro deve fare una procura della Repubblica, se non aprire un’inchiesta e verificare la fondatezza delle gravissime dichiarazioni rese da questi deputati?
Questo è lo scandalo.
Un Parlamento, tempio sacro della democrazia rappresentativa, trasformato in un hard discount, luogo profano della politica mercificata.
Così si compie il capolavoro berlusconiano: prima la personalizzazione, poi l'”aziendalizzazione” della politica, che si riduce a una variante del marketing mentre le Camere si sviliscono in una “fabbrica” di voti. In questo orizzonte, tecnicamente a-morale e puramente economicista, tutto si può vendere e comprare.
Una candidatura o un mutuo, una fiducia o una sfiducia.
Perchè nella logica del tycoon della televisione commerciale tutti gli uomini hanno un prezzo. Si tratta solo di individuare quello giusto, e al momento giusto.
Eppure, per i Cicchitto e i Verdini, i Bondi e gli Alfano, non è questo lo scandalo. Questa è, appunto, la “libera dialettica parlamentare”.
Questa è, appunto, la politica fatta di “sangue e merda”, per usare una vecchia formula cara a Rino Formica ai tempi della Prima Repubblica.
Non è la compravendita, che indigna questo centrodestra trasformato in appendice del cda Mediaset.
Perchè secondo le guardie azzurre del Cavaliere o non è vera: e dunque non c’è nulla da cercare tra le bancarelle del suk di Montecitorio.
O si è sempre fatta, anche ai tempi del governo Prodi: e dunque “todos caballeros”, tutti colpevoli, nessun colpevole, come da requisitoria parlamentare di Bettino Craxi all’epoca di Tangentopoli.
Il vero scandalo, per le truppe del Popolo della Libertà che si preparano alla battaglia di martedì prossimo, è ancora una volta la magistratura che indaga. Le toghe che turbano il “normale confronto” del Parlamento, alla vigilia di un voto decisivo per il futuro del governo.
Anche questa, dunque, sarebbe giustizia a orologeria.
Ci vuole una certa impudenza, per sostenere una tesi del genere.
Proprio nel giorno in cui la Consulta annuncia il rinvio a gennaio della sentenza sulla costituzionalità del legittimo impedimento.
La verità è che questa penosa Votopoli è l’altra faccia, l’ultima, di un potere sempre più debole e disperato, e per questo sempre più temerario e velleitario.
“Ora inizia il calciomercato…”, dice Gianfranco Fini, commettendo un errore di metodo (perchè è il presidente della Camera, e se sa qualcosa deve denunciarlo ai pm) e di merito (perchè le trattative sono cominciate da un pezzo, e semmai il calciomercato sta per finire).
Tuttavia non sappiamo quanto abbia inciso la campagna acquisti del Cavaliere, proprio nelle file dei futuristi, molti dei quali si professano malpancisti.
Non sappiamo quanto peseranno martedì prossimo gli anatemi del premier contro gli eventuali “traditori”, che saranno “fuori per sempre dal centrodestra”.
Può anche darsi che l’aritmetica salvi il presidente del Consiglio.
Ma se anche fosse, la politica lo ha già condannato.
Non si governa un Paese instabile come l’Italia, con un paio di voti di maggioranza.
Per quanto ben remunerati, restano comunque voti a perdere.
Massimo Giannini
(da “la Repubblica“)
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Dicembre 11th, 2010 Riccardo Fucile
I DATI OCSE NON LASCIANO SPAZIO A DUBBI: SENZA LE PARITARIE, L’ITALIA SALIREBBE DI DIECI POSIZIONI NELLA CLASSIFICA DI LETTERE, MATEMATICA E SCIENZE…LA SCUOLA PUBBLICA ITALIANA STA RECUPERANDO POSIZIONI NEL RAKING MONDIALE…LE PRIVATE SONO PARI AL MONTENEGRO E ALLA TUNISIA
Nella scuola pubblica si impara di più. L’Italia in basso per colpa delle private.
La scuola pubblica italiana sta meglio di quello che sembra, basta leggere correttamente i dati.
Sono le private la vera zavorra del sistema.
Almeno stando agli ultimi dati dell’indagine Ocse-Pisa sulle competenze in Lettura, Matematica e Scienze dei quindicenni di mezzo mondo.
Insomma: a fare precipitare gli studenti italiani in fondo alle classifiche internazionali sono proprio gli istituti non statali.
Senza il loro “contributo”, la scuola italiana scalerebbe le tre classifiche Ocse anche di dieci posizioni.
La notizia arriva nel bel mezzo del dibattito sui tagli all’istruzione pubblica e sui finanziamenti alle paritarie, mantenuti anche dall’ultima legge di stabilità , che hanno fatto esplodere la protesta studentesca.
“Nonostante i 44 miliardi spesi ogni anno per la scuola statale i risultati sono scadenti. Meglio quindi tagliare ed eliminare gli sprechi”, è stato il leitmotiv del governo sull’istruzione negli ultimi due anni.
E giù con 133 mila posti e otto miliardi di tagli in tre anni.
Mentre alle paritarie i finanziamenti statali sono rimasti intonsi.
Ed è proprio questo il punto: le scuole private italiane che ricevono copiosi finanziamenti da parte dello Stato fanno registrare performance addirittura da terzo mondo.
I dati Ocse non lasciano spazio a dubbi.
Numeri che calano come una mazzata sulle richieste avanzate negli ultimi mesi dalle associazioni di scuole non statali e da una certa parte politica. Questi ultimi rivendicano la possibilità di una scelta realmente paritaria tra pubblico e privato nel Belpaese.
In altri termini: più soldi alle paritarie.
Un mese fa, nel corso della presentazione del XII rapporto sulla scuola cattolica, la Conferenza episcopale italiana ha detto a chiare lettere che in Italia manca una “cultura della parità intesa come possibilità di offrire alla famiglia un’effettiva scelta tra scuole di diversa impostazione ideale”.
Il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata, ha anche sottolineato come, da un punto di vista economico, “la presenza delle scuole paritarie faccia risparmiare allo Stato italiano ogni anno cinque miliardi e mezzo di euro, a fronte di un contributo dell’amministrazione pubblica di poco più di 500 milioni di euro” e ricorda che “in Europa la libertà effettiva di educazione costituisce sostanzialmente la regola”.
Sì, ma con quali risultati?
Il quadro delineato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico attraverso l’indagine Pisa (Programme for International Student Assessment) è impietoso.
Il punteggio medio conseguito dai quindicenni italiani delle scuole pubbliche in Lettura e comprensione dei testi scritti è pari alla media Ocse: 489 punti, che piazzano la scuola pubblica italiana al 23° posto.
Con le scuole private scivoliamo al 30° posto.
Discorso analogo per Matematica e Scienze, dove il gap con la media dei paesi Ocse è di appena 5 punti: 492 per le statali italiane, che ci farebbero risalire fino al 25° posto, e 497 per i paesi Ocse.
Mescolando i dati con quelli degli studenti che siedono tra i banchi delle private siamo costretti ad accontentarci in Scienze di un assai meno lusinghiero 35° posto.
Ma c’è di più: la scuola pubblica italiana, rispetto al ranking 2006, recupera 20 punti in Lettura, 16 in Scienze e addirittura 24 in Matematica.
Le private, nonostante i finanziamenti, invece crollano.
L’Ocse, tra gli istituti privati, distingue quelli che “ricevono meno del 50 per cento del loro finanziamento di base (quelli che supportano i servizi d’istruzione di base dell’istituto) dalle agenzie governative” e quelli che ricevono più del 50 per cento.
E sono proprio i quindicenni di questi ultimi istituti che fanno registrare performance imbarazzanti: 403 punti in Lettura, contro una media Ocse di 493 punti, che li colloca tra i coetanei montenegrini e quelli tunisini.
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Dicembre 11th, 2010 Riccardo Fucile
LA CONSULTA PRECISA: “NON E’ UN REGALO AL PREMIER”… LO SLITTAMENTO PERMETTERA’ ANCHE LA PARTECIPAZIONE DEI DUE DIFENSORI DEL PREMIER, ALTRIMENTI IMPEGNATI NELLA VOTAZIONE IN PARLAMENTO…SI AVVICINA IL MOMENTO DELL’UDIENZA A QUELLO DELLA DECISIONE
La Corte Costituzionale ha intenzione di far slittare l’udienza sul legittimo impedimento,
fissata inizialmente il 14 dicembre.
Lo scopo del rinvio, ha spiegato il neopresidente della Consulta Ugo De Siervo, è quello di esaminare lo «scudo processuale» temporaneo varato per proteggere il premier e i ministri fino a ottobre del 2011 e poter quindi giudicare «in un clima più tranquillo», evitando un «eccessivo sovraccarico mediatico in un clima esterno infuocato» che deriverebbe dalla concomitanza con il voto di fiducia al governo in Parlamento.
«I casi della vita – ha sottolineato De Siervo – hanno voluto che si verificasse questa curiosa coincidenza.
Al di là della indisponibilità dei due difensori di Berlusconi che per il 14 dicembre dovranno votare, probabilmente la soluzione migliore è proprio quella di spostare la discussione a gennaio per avere anche un clima esterno lievemente meno infuocato».
Di qui la decisione di spostare la discussione sul legittimo impedimento all’11 gennaio o al successivo 25.
E non si tratta, ha chiarito lo stesso De Siervo, di «regali al presidente del Consiglio, noi non regaliamo nulla. La nostra decisione sarà significativa ma presa nella più assoluta indipendenza. Giudicheremo tranquillamente e mi auguro non ci saranno letture politicizzate».
Inoltre ha assicurato De Siervo, «entro l’11 gennaio non ci saranno leggi costituzionali su questo delicato tema quindi non ci sarà nessun impatto».
Il rinvio formale dell’udienza pubblica sul legittimo impedimento sarà deciso dai quindici giudici della Corte il prossimo 14 dicembre, quando il collegio si riunirà per la prima volta sotto la guida dei De Siervo.
Tuttavia il neopresidente ha già anticipato che lo slittamento sarà probabilmente per la data dell’11 gennaio o per quella del 25.
Duplice il beneficio che si avrebbe da questo rinvio: da una parte consentire agli avvocati – parlamentari del premier Berlusconi, Niccolò Ghedini e Piero Longo – di partecipare all’udienza pubblica, visto che il 14 dicembre sono impegnati alle Camere per il voto di fiducia al governo.
Inoltre, in questo modo «si avvicina il momento dell’udienza pubblica a quello della decisione» della stessa corte.
Infine, sottolinea De Siervo, «ci allontaniamo da un clima politico abbastanza surriscaldato». nel suo primo discorso da presidente della Consulta, De Siervo ha anche voluto precisare che è «inaccettabile», oltre che «sbagliato e particolarmente offensivo» dire che la Corte Costituzionale «abbia orientamenti precostituiti».
De Siervo è stato eletto nuovo presidente della Corte Costituzionale per un solo voto di vantaggio su Alfonso Quaranta.
Professore di diritto costituzionale, è stato eletto alla Consulta dal Parlamento nel 2020 su indicazione del centrosinistra ed è pertanto il giudice con maggiore anzianità .
Il suo mandato sarà breve poichè decadrà da giudice nell’aprile del prossimo anno.
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Dicembre 11th, 2010 Riccardo Fucile
UNA INTERESSANTE ANALISI DI UNO STUDIOSO ROMENO SULLA STORIA DEGLI ZINGARI IN ITALIA E IN EUROPA… PER CONOSCERE MEGLIO ORIGINI , MENTALITA’ E CULTURA DELLA COMUNITA’ ROM
Gli zingari in Italia, come nel resto del mondo, rappresentano una comunità eterogenea, dalle mille sfumature e dalle mille espressioni.
Mille sono anche gli anni della storia degli zingari divisi essenzialmente in tre gruppi principali: Rom, Sinti e Kalè (gitani della penisola iberica).
A questi gruppi principali si ricollegano tanti gruppi e sottogruppi, affini e diversificati, ognuno con proprie peculiarità .
Essi hanno un’origine comune, l’India del nord e una lingua comune, il romanès o romani, divisa in svariati dialetti.
L’opinione pubblica, che dei Rom e Sinti conosce poco o niente, tende a massificare e a confondere i diversi gruppi zingari, soprattutto tende a condannare e ad emarginare senza capire.
La popolazione zingara in Italia rappresenta lo 0,16% circa dell’intera popolazione nazionale essendo stimati in un numero di persone compreso fra le 80.000 e le 110.000 unita.
Sono presenti solo Sinti e Rom con i loro sottogruppi. I Sinti sono soprattutto insediati nel nord dell’Italia e i Rom nell’Italia centro-meridionale. Essi rappresentano gli zingari di antico insediamento a cui hanno aggiunti vari gruppi zingari di recente e di recentissima immigrazione.
Circa l’80% degli zingari che vivono nel nostro Paese hanno la cittadinanza italiana, il 20% circa è rappresentato da zingari extracomunitari, soprattutto provenienti dai territori della ex-Jugoslavia.
Circa il 75% e di religione cattolica, il 20% di religione musulmana e il 5% raggruppa: ortodossi, testimoni di Geova e pentecostali.
L’origine indiana degli zingari si è scoperta nel XVIII secolo attraverso lo studio della lingua zingara.
Con lo studio filologico si è potuto ricostruire ipoteticamente l’itinerario seguito dagli zingari nel loro lungo cammino in quanto essi prendevano a prestito parole dai popoli con cui venivano a contatto.
Dall’India del nord sono arrivati in Europa attraverso la Persia, l’Armenia e l’Impero Bizantino. Dai Balcani si sono diramati in tutta Europa, arrivando anche in Russia e, con le deportazioni, nelle Americhe e in Australia.
Sono molti gli studiosi che credono che i Rom abruzzesi, fra i primi gruppi zingari arrivati in Italia, siano arrivati attraverso l’Adriatico provenienti dalle coste albanesi e greche, probabilmente per sfuggire alla repressione dei turchi ottomani.
A sostegno di tale tesi si e fatto riferimento all’assenza nella parlata dei Rom abruzzesi di termini tedeschi e slavi.
Ma si può obiettare: i turchi ottomani conquistarono tutta la Grecia e l’attuale Albania fra il 1451 e il 1520 (L. Piasere), mentre i Rom in Italia arrivarono molto tempo prima (il primo documento che attesta l’arrivo degli zingari e del 1422 ma ci sono molti indizi che inducono a credere che i Rom arrivarono ancora prima); i Rom abruzzesi hanno nella loro parlata sia termini tedeschi come tià’, glà se, brèg (ted. tià’ch = tavolo, glas = bicchiere, berg = montagna), sia termini serbo croati come plaxtà = lenzuola (s.c. phahta), nià’te = nulla (s. c. nista), a à’tar = catturare, afferrare (s.c. staviti), nikt (nikkete) = nessuno (s.c. nikto), a pukav. = fare la spia, denunciare (s.c. bukati), po (pro) = per (s.c. po); inoltre, perchè i Rom con le loro carovane avrebbero dovuto viaggiare per via mare, via a loro scomoda, inusuale e all’epoca minacciata dai turchi, se per secoli avevano dimostrato di spostarsi con sicurezza e rapidità per via terra?
Tutto ciò induce a credere che il grosso dei Rom abruzzesi sia arrivato in Italia dal nord per via terra, proveniente, dall’Albania o dalla Grecia, attraversando la ex-Jugoslavia e territori di lingua tedesca. Continua »
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