Destra di Popolo.net

CASO FLI GENOVA, UN CASO NAZIONALE: DIECI DOMANDE A ITALO BOCCHINO

Agosto 2nd, 2011 Riccardo Fucile

LA SEDE ERA GRATIS, MA IL SEGRETARIO REGIONALE DI FLI ENRICO NAN SOSTENEVA CON I DIRIGENTI LOCALI DI PAGARE 3.000 EURO AL MESE DI AFFITTO… DOPO LA SCOPERTA CHE ANCHE LA SEDE DI FLI ERA STATA MESSA A DISPOSIZIONE GRATUITAMENTE DA UN AFFARISTA INDAGATO, E’ ORA CHE QUALCUNO SI ASSUMA LE PROPRIE RESPONSABILITA’

Ecco le dieci domande che rivolgiamo a Italo Bocchino, segretario nazionale di Futuro e Libertà , colui che ha designato Enrico Nan quale coordinatore regionale della Liguria.

1) Il 29 luglio del 2010, alle 21.57,   la Casa della Legalità  di Genova aveva segnalato all’on. Angela Napoli di Fli, responsabile Legalità  del partito e da lungo tempo stimata componente della commissione Antimafia, l’intenzione di Enrico Nan di entrare in Generazione Italia con ruoli direttivi e aveva segnalato i legami del Nan stesso con personaggi pluri-indagati. Per quale motivo la segnalazione, girata dall’on Napoli a chi di dovere, non è stata tenuta nella dovuta considerazione?

2) Per quali meriti o appoggi personali, nonostante tale premessa, Enrico Nan è stato nominato segretario regionale della Liguria, consegnandogli di fatto il partito in tutta la Regione, con le tragiche conseguenze a   tutti evidenti?

3) Per quali ragioni, di fronte a circostanziate denunce e segnalazioni, Bocchino per lungo tempo ha risposto ai vertici del partito che in fondo Nan “era solo l’avvocato” di tanti discutibili personaggi, ignorando o sottovalutando i rapporti societari tra il suddetto e personaggi sotto processo?

4) E’ certamente normale che un   avvocato difenda persone con precedenti penali e accuse anche pesanti. Ma è forse una prassi di tanti penalisti entrare pure in società  con loro?

5) E’ da ritenersi un “fatto privato” (come sostenuto da Nan) che un segretario regionale di Fli si faccia dare in comodato gratuito da tale affarista indagato, con diverse società  chiuse o fallite, un ampio locale quale sede di Fli e soprattutto tenga la cosa nascosta agli iscritti? Se non c’era nulla di male, perchè nascondere persino ai dirigenti locali il fatto?

6) E’ normale che un segretario regionale dichiari il falso ad altri dirigenti sostenendo di pagare 3.000 euro di affitto al mese per quei locali, quando invece li ha avuti gratis? Aspettiamo con ansia querela così facciamo sfilare decine di testimoni di tali pubbliche affermazioni.

7) E’ normale che al giornalista del Secolo XIX che gli chiede spiegazioni, risponda definendo un “fatto privato” la locazione dell’immobile del partito, come se si trattasse di una “cosa sua”? Si è mai vista una situazione del genere nell’ambito della gestione politica e quindi pubblica di un partito?

8 ) E’ normale che, nonostante queste premesse, Nan abbia avuto l’incarico nazionale dei rapporti con le banche? E’ normale essersi affidati a lui per la scelta della   sede nazionale di Fli?

9) E’ normale che non si tenga conto dei problemi precedenti creati da personaggi accredidati da Nan anche in Lombardia e che poi sono stati allontanati?

10) E’ normale che il responsabile nazionale giovanile di Generazione Futuro non abbia mai preso una posizione a difesa dei dirigenti giovanili locali che denunciavano tali   fatti,   limitandosi solo a raccomandare un accordo con un suo referente locale over 50? E’ questo il compito di un dirigente giovanile?

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IL PREMIER COMMMISSARIA TREMONTI: “PRENDO IO IN MANO LA SITUAZIONE”

Agosto 2nd, 2011 Riccardo Fucile

BERLUSCONI RISPONDERA’ IN PARLAMENTO SULLA CRISI DEI MERCATI….TREMONTI E BOSSI FURIBONDI: “UN SUICIDIO POLITICO”… SACCONI POSSIBILE SOSTITUTO PER L’ECONOMIA

Alla fine, obtorto collo, il Cavaliere si è convinto a tornare in Parlamento prima delle ferie. “Perchè Tremonti è talmente debole – ha spiegato motivando il suo cambio di linea – che sono costretto a prendere io stesso la situazione in mano”.
Sono stati i “giovani turchi” del Pdl – Alfano, Romani, Fitto, Sacconi, Frattini – a prevalere, a convincerlo che non era nemmeno pensabile che il governo stesse zitto mentre l’Italia è vittima di una gigantesca ondata di sfiducia.
Un immobilismo che avrebbe dato ulteriori motivazioni a chi lavora per un governo tecnico che scalzi il centrodestra.
Alfano & Co. si sono imposti anche contro il parere di quanti, come Letta e Bonaiuti, temevano (temono) un terribile “effetto boomerang” contro il premier se, nonostante l’intervento di Berlusconi, la Borsa continuerà  a scendere e lo spread con i Bund tedeschi frantumerà  nuovi record dopo quello di ieri (354 punti, mai successo prima d’ora).
“A quel punto – ragiona sconsolato uno che ha lavorato fino all’ultimo perchè il premier restasse ad Arcore – sarà  come se Berlusconi si fosse disegnato da solo un bersaglio sulla schiena”.
Ma il più contrario di tutti al dibattito parlamentare era proprio Giulio Tremonti. All’ora di colazione ieri a via Bellerio il ministro dell’Economia è in riunione con Umberto Bossi e Roberto Calderoli.
Quello stesso Calderoli che, un paio d’ore prima, ha dichiarato in tv che “Berlusconi alle Camere adesso sarebbe poco credibile”.
Quando le agenzie battono la notizia che il premier ha deciso di intervenire, i tre si guardano increduli.
Nessuno li ha avvisati, nessuno si è soprattutto premurato di avvertire Tremonti.
Berlusconi, come dice un suo collaboratore, sta scrivendo addirittura un “discorso sullo stato dell’Unione” e non ne informa prima il titolare dell’Economia.
Partono immediate le telefonate ad Arcore. Bossi è lapidario: “Silvio, stai facendo una cazzata”.
Tremonti è gelido: “Così diventa un suicidio politico, ti stai mettendo da solo la testa nel cappio. E se le cose vanno male sui mercati a chi daranno la colpa? Indovina un po’?”.
Niente da fare, la decisione è presa.
Compresa quella di sbloccare investimenti al Cipe per sette miliardi di euro.
Un’altra scelta che Tremonti non avrebbe condiviso.
Così nel governo, in questa tempesta finanziaria, si va affacciando un nuovo equilibrio. La debolezza di Tremonti ha ieri incoraggiato Berlusconi a seguire la strada del “ci metto la faccia io”, anche se non sono previsti annunci clamorosi o nuovi tagli.
Di fatto si tratta di un commissariamento “soft” del ministro dell’Economia, preparato e incoraggiato da tutti i ministri del Pdl, che mandano avanti il premier a sostenere l’impatto mediatico dell’operazione.
E già  s’intravede il possibile sostituto, l’uomo che in queste ore sta emergendo come protagonista sia con le parti sociali che sui giornali: Maurizio Sacconi.
Forte dei suoi rapporti con il Vaticano e della rete costruita con Cisl, Uil e Confindustria, il ministro del Lavoro è il vero regista dell’operazione.
Non si tratta di cacciare Tremonti, ma di operare come se non ci fosse più. “Se poi vorrà  andarsene – spiega uno dei “congiurati” – sarà  stata una scelta sua, nessuno glielo chiederà . Ma si è visto che non è lui il garante della stabilità , visto che la sua presenza al governo non scongiura affatto l’attacco speculativo contro l’Italia”.
Il discorso del premier in Parlamento.
Ci stanno lavorando in molti, ma il premier ha già  anticipato in via riservata che “non c’è da aspettarsi grandi annunci”.
Anche perchè il capo del governo continua a non dirsi “preoccupato”, nonostante quello che sta accadendo in Borsa.
Dirà  quindi che “i fondamentali del paese – dall’export agli ordinativi industriali, dalla patrimonializzazione delle banche all’occupazione giovanile – sono tutti positivi.
E comunque migliori rispetto a molti altri paesi europei”.
Quanto al famoso taglio delle province, invocato da più parti, per Berlusconi si tratta di un falso problema: “I servizi li dovremmo comunque spostare alle regioni e i risparmi sarebbero insignificanti”.

Francesco Bei
(da “La Repubblica“)

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CASA TREMONTI, LAVORI OMAGGIO DA 200MILA EURO

Agosto 2nd, 2011 Riccardo Fucile

IL PROPRIETARIO INCASTRA MILANESE: “COSI’ AVEVANO L’ALLOGGIO GRATIS”

Eccolo il verbale che inchioda Marco Milanese e che imbarazza Giulio Tremonti.
Porta la data del 7 luglio e contiene le dichiarazioni di un cinquantenne nato a Città  di Castello che in molti conoscono nei palazzi romani.
Si chiama Alfredo Lorenzoni ed è il segretario generale del Pio Sodalizio dei Piceni, l’uomo incaricato di gestire le pratiche di affitto dei pregiati immobili romani di questa antica Confraternita di marchigiani.
Lorenzoni ha raccontato tre cose importanti al pm Vincenzo Piscitelli che indaga su Marco Milanese a Napoli.
Innanzitutto ha detto chiaramente che i lavori di ristrutturazione effettuati e mai pagati dal deputato Pdl nella casa di via Campo Marzio 24 a Roma valgono più di 200 mila euro e non 52 mila come sostengono all’unisono Milanese e il costruttore Angelo Proietti, indagati a Roma per corruzione dal pm Paolo Ielo proprio per la ristrutturazione a sbafo.
Inoltre Lorenzoni ha ricordato che il primo preventivo presentato dalla società  di Proietti, la Edil Ars, ammontava addirittura al doppio: 400 mila euro. Questa somma mostruosa anche per il rifacimento di un appartamento d’epoca al centro di Roma, nella logica accusatoria, sarebbe stata utile a prolungare la permanenza gratuita nell’appartamento di Tremonti e Milanese. Se fosse stata accettata da Lorenzoni, Marco Milanese avrebbe potuto offrire gratis al ministro la sua magione romana senza tirare fuori un euro per tre anni e non per i 17 mesi ottenuti.
La terza cosa che ha detto Lorenzoni al pm Piscitelli è che per lui quella casa in cerca di autore era destinata non a Milanese ma a Tremonti.
Una dichiarazione che mette in serio imbarazzo il ministro e rende sempre urgente la sua convocazione come testimone davanti ai pm che indagano su Milanese.
Sono troppi i dubbi e le incongruenze tra le sue dichiarazioni e i verbali di testimoni e indagati.
A partire da quelli di Alfredo Lorenzoni. Il segretario generale dei Piceni viene convocato la prima volta a Napoli da Piscitelli il 28 giugno.
Al pm che gli chiede conto della casa di via Campo Marzio risponde: “Il contratto è stato stipulato il primo febbraio 2009. Il canone di locazione è stato stabilito in 8.500 euro mensili (…) concordammo contrattualmente con il Milanese l’esecuzione a suo carico di lavori per una cifra complessiva di 200 mila euro (conteggiati secondo il nostro prezzario ) dal cui ammontare andava mensilmente scomputato il canone di locazione fino al raggiungi mento di quell’ importo. Mi consta che i lavori siano stati effettivamente eseguiti”.
Peccato che i lavori non siano mai stati pagati da Milanese.
Come scoprono i magistrati che convocano il costruttore Proietti per chiedergli perchè.
Anche perchè la società  Edil Ars ha fatto lavori senza gara per 5 milioni di euro con la Sogei, una società  informatica controllata dal Ministero dell’economia, solo nel 2010.
Proietti ha la risposta pronta: “i lavori sono stati fatti solo per 52 mila euro, come contabilizzato nel mio bilancio”.
E perchè non sono stati pagati?
“Milanese mi diceva che avrebbe pagato tutto alla fine dell’intervento complessivo di 200 mila euro. Quando il responsabile del Pio Sodalizio, Lorenzoni”, precisa Proietti al Fatto, “venne a vedere i lavori eseguiti, io gli feci notare che valevano solo 52 mila euro, ma lui disse che avremmo ultimato l’intervento dopo”.
Evidentemente le due versioni erano dissonanti.
E quella di Proietti puntella perfettamente la difesa di Milanese alla Camera: “i lavori di restauro effettivamente eseguiti ammontano a soli 50.000 euro; l’affitto che io avrei dovuto corrispondere avrebbe dovuto essere scalato dall’ammontare delle spese per il restauro, peraltro effettuato solo in minima parte; il Ministro ha corrisposto, quale partecipazione all’affitto dell’immobile, a partire dalla seconda metà  del 2008, la somma mensile di circa 4 mila euro, corrispostemi settimanalmente”.
Insomma, l’importo dei lavori effettivamente realizzati è determinante.
Ecco perchè il 7 luglio Alfredo Lorenzoni viene riconvocato da Piscitelli.
”In relazione ai lavori di via Campo Marzio 24 confermo che la stima di quelli necessari, da effettuare secondo il nostro prezziario, ammontava a circa 250 /260 mila euro”, spiega ai pm Lorenzoni “in precedenza l’Edil Ars aveva presentato per quell’appartamento, su incarico del nuovo inquilino, un preventivo per circa 400 mila euro che noi non prendemmo neanche in considerazione perchè sproporzionato. Non erano previsti lavori di consolidamento statico ma di manutenzione ordinaria. Questo preventivo di fatto rifiutato fu restituito all’Edil Ars. (…) lo ho verificato che i lavori -per quel che ricordo durati circa quattro mesi -sono stati effettivamente realizzati anche a un livello medio alto (di fattura e di materiali impegnati). l
n sostanza la tipologia di lavori per noi ritenuti necessari e conteggiati secondo quel computo prima descritto è stata integralmente realizzata senza trascurarne o differirne nessuno degli stessi. lo ci sono stato più volte (sei o sette volte) e comunque l’appartamento è venuto molto bene”.
Altro che “romanella” come aveva definito in dialetto romanesco il lavoro fatto alla bell’e meglio Proietti.
Ma chi era il beneficiario di tutti questo giro di lavori, canoni scomputati e contratti?
Anche su questo Lorenzoni parla chiaro: “Confermo che fu Proietti a dirmi per la prima volta che l’appartamento era destinato ad essere abitato dal Ministro Tremonti. Fu lo stesso Milanese a confermarmi la circostanza e poi io stesso in diverse occasione dei miei accessi all’interno dello stabile, ne ho avuto conferma anche perchè la presenza del Ministro non passa inosservata per la presenza della scorta”.

Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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DA UNIPOL-BNL ALLA STRAGE DI VIAREGGIO: LE CAUSE A RISCHIO PER I TESTIMONI INFINITI

Agosto 2nd, 2011 Riccardo Fucile

LA NORMA CONCEPITA PER SALVARE IL PREMIER AVRA’ CONSEGUENZE SU UNA MOLTITUDINE DI ALTRI PROCESSI

Per un Berlusconi libero dai processi, che di dibattimenti in primo grado, perchè solo a quelli si applica la nuova legge, ne vadano pure in malore a migliaia.
Nomi? I più famosi, in questo momento, nelle aule giudiziarie italiane. Eccoli.
A Milano la famosa scalata Unipol alla Bnl. Quella dei furbetti del quartierino.
Ma pure i meno noti, ma assai gravi crac Burani e Cit.
Clamoroso a Torino: potrebbero tornare i 9.841 testimoni chiesti dai difensori per i morti dei veleni della Eternit.
I giudici ne hanno concessi due a persona, ma adesso tutto potrebbe riaprirsi.
A Viareggio. Ancora di scena il dibattimento per la strage del treno deragliato in stazione. Stimano i pm che i 38 indagati delle Ferrovie potrebbero pretendere di sentire decine di testimoni a testa.
E a Roma? Potrebbe andare in crisi il processo Cucchi, il detenuto morto per le percosse ricevute, perchè gli avvocati sarebbero legittimati a presentare una lista testi in cui figurano tutti coloro che si trovavano nel penitenziario e in questura e in ospedale in quei drammatici momenti.
A Palermo sarebbe la fine dei processi di mafia.
Un esempio? Franco Mineo, deputato regionale del transfuga Pdl Miccichè, indagato per essere un prestanome dei boss dell’Acquasanta, potrebbe far chiedere dai suoi avvocati una sfilza di testi che comprende l’intero quartiere dove ha vissuto.
E a Bari rischierebbero l’impasse inchieste ormai in aula o prossime ad esserlo come quelle sul ministro Raffaele Fitto e sul re della sanità  pugliese Giampaolo Tarantini. Idem a Bologna per la bancarotta fraudolenta della società  Victoria 2000 che controllava la squadra di calcio o per le morti all’ospedale Sant’Orsola.
Potrebbero essere davvero “devastanti”, come da due giorni vanno dicendo disperati i vertici dell’Anm Luca Palamara e Giuseppe Cascini, gli effetti concreti della legge sul “processo lungo”.
Com’è sempre avvenuto nelle leggi cucite addosso a Berlusconi, ritagliate dai suoi casi giudiziari, praticamente scritte sopra con l’antica carta carbone, i guai cominciano quando si applica la norma a tutto il resto.
A tutti gli altri processi in corso in Italia.
È accaduto, appena qualche mese fa, con la prescrizione breve per gli incensurati.
Si calcolò che potevano finire al macero 15mila dibattimenti.
Adesso il drammatico calcolo ricomincia.
Ma stavolta, di primo acchito, con gli uffici che sono già  o stanno per andare in ferie, l’impressione è che l’impatto, proprio per la natura della norma, potrebbe essere ben più invasivo e devastante.
In queste ore, si stanno facendo le prime valutazioni.
Ci ragionano l’Anm, ma anche il Csm. Pronti, a settembre, a dare battaglia con i dati alla mano.
L’opposizione già  scopre la sua strategia.
“Impatto”, magica parola, da cui in questa legislatura si sono tenuti sempre lontano gli strateghi giudiziari del premier. E il governo con l’ex Guardasigilli Alfano.
Fanno le leggi, ma non danno i numeri. Perchè sanno che sono catastrofi.
Di Berlusconi e dei suoi processi s’è detto.
“Morte” certa per Mills, “morituro” Mediaset, in zona salvezza Mediatrade, senza rischi Rubuy.
Questa previsione la ammette pure Niccolò Ghedini, l’avvocato del Cavaliere, che parla del “processo lungo” come di “una norma di civiltà  giuridica” e di “semplice traduzione dell’articolo 111 della Costituzione”.
Abbiamo visto che effetti produce in giro per l’Italia questa norma.
Un primo sondaggio attraverso gli uffici rivela una prossima e sicura catastrofe.
Un “colpo mortale per la giustizia italiana”, come dice il segretario di Md Piergiorgio Morosini.
Quello per cui un omicidio come quello del tifoso laziale Gabriele Sandri sull’autostrada giustificherebbe la convocazione di centinaia di automobilisti in veste di testimoni.

Liana Milella
(da “La Repubblica“)

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ALLUVIONE IN VALTELLINA, SI COMMEMORA LA TRAGEDIA E SI INTASCANO I SOLDI

Agosto 2nd, 2011 Riccardo Fucile

SPESE GONFIATE, FONDI SCOMPARSI E PRESUNTE MAZZETTE SULLE INIZIATIVE PER IL VENTENNALE DELLA TRAGEDIA CHE COSTO’ LA VITA A 53 PERSONE… INQUISITO ANCHE PONZONI DEL PDL…IL CASO IREALP, ENTE A GUIDA LEGHISTA CREATO COI FONDI PER LA CATASTROFE E FINITO IN UN BUCO MILIONARIO

Dopo il terremoto dell’Aquila, l’alluvione della Valtellina.
Il malaffare non si ferma neppure davanti alle catrastrofi naturali e alle loro tragiche conseguenze.
E riesce ad approfittare persino delle commemorazioni.
La tragedia valtellinese, che alla fine di luglio del 1987 provocò la morte di 53 persone e la cancellazione di interi paesi (qui le immagini dell’epoca), è protagonista di due inchieste che ora sembrano trovare un punto di contatto: quella della Procura della Repubblica di Monza contro l’ex assessore regionale del Pdl Massimo Ponzoni, svelata pochi giorni fa, e quella della Procura di Sondrio, che ha già  portato alla richiesta di rinvio a giudizio di diversi amminstratori locali, anche loro di centrodestra.
Tutto parte dalle iniziative indette in provincia di Sondrio nel luglio 2007 per ricordare la strage: un grande convegno, delle mostre e una esercitazione in grande stile della Protezione civile, denominata “Valtellina 2007″, alla presenza dell’allora direttore Guido Bertolaso.
A Ponzoni, recordman di preferenze in Brianza, già  inquisito per corruzione e bancarotta fraudolenta, citato a ripetizione nelle carte dell’inchiesta Crimine-Infinito sulla ‘ndrangheta in Lombardia, la Procura di Monza contesta diversi episodi, tra i quali la corruzione e il peculato in merito all’organizzazione dell’esercitazione e di altre attività  collaterali.
Come parte offesa figura la Fondazione Irealp (Istituto di ricerca per l’ecologia e l’economia applicate alle aree alpine).
Fondi Irealp per 250 mila euro sarebbero stati stanziati, per iniziativa dell’allora assessore alla protezione civile, per la realizzazione del convegno.
Soldi ricevuti dalla Comunità  montana di Morbegno, che a sua volta aveva incaricato degli aspetti organizzativi un’altra società  pubblica, Eventi valtellinesi.
Qui appare il nesso con l’inchiesta della Procura di Sondrio, che ha chiesto il rinvio a giudizio del presidente della comunità  montana, Silvano Passamonti (già  coordinatore provinciale di Forza Italia), e del project manager di Eventi Valtellinesi Luca Spagnolatti.
Con loro, il 15 giugno 2010, finirono in carcere o agli arresti domiciliari per ordine del gip Pietro Della Pona, altri quattro amministratori locali e una professionista: uno shock per la politica della provincia lombarda, una sorta di Tangentopoli in versione alpina.
Secondo l’accusa, le spese erano state gonfiate.
A fronte di un costo reale intorno ai 100 mila euro, Eventi valtellinesi inserì ulteriori costi fittizi, come l’utilizzo di spazi che in realtà  erano nella disponibilità  della Comunità  montana, e spese abnormi per l’acquisto di sedie (11 mila euro), pulizie (7 mila euro), impianto audio e video (19 mila euro).
L’inchiesta valtellinese si è limitata alle presunte malversazioni nell’utilizzo dei fondi. Ora quella della Procura di Monza, condotta dal pm Giordano Baggio, apre un nuovo fronte, relativo all’origine dello stanziamento.
Come racconta un investigatore   non tutti i rivoli di quei 250 mila euro sono stati tracciati, e una parte della somma potrebbe anche essere “tornata” in modo occulto verso gli uffici regionali.
E non è finita.
La Procura di Monza contesta a Ponzoni e ad altre tre persone il “reato di corruzione commesso in relazione all’affidamento di lavori da parte di Irealp a beneficio della società  Instudios srl”, a quanto si sa sempre in riferimento alla manifestazione valtellinese.
La Instudio fa capo a Sergio Pennati, il commercialista di Desio, in provincia di Monza, che curava le società  immobiliari che Ponzoni possedeva insieme ad altri big del Pdl in Regione Lombardia: l’assessore Massimo Buscemi, il consigliere Giorgio Pozzi e Rosanna Gariboldi (moglie del deputato azzurrro Giancarlo Abelli), che nel 2010 ha patteggiato una condanna a due anni di reclusione per riciclaggio, in relazione alle vicende del “re delle bonifiche” Giuseppe Grossi. Società  che poi sono fallite, dando origine all’accusa di bancarotta fraudolenta per Ponzoni.
Quanto agli enti pubblici coinvolti, anche loro hanno fatto una brutta fine.
La Fondazione Irealp era stata istituita proprio grazie ai i fondi straordinari stanziati per l’alluvione in Valtellina con la legge 102 del 1990, anche se aveva visto la luce soltanto alla fine del 2006.
Guidata dall’ex consigliere regionale leghista Fabrizio Ferrari (con 6.500 euro al mese di retribuzione da commissario straordinario), ha chiuso il suo ultimo bilancio con un buco da un milione e mezzo di euro e il primo marzo di quest’anno è stata accorpata a un altro ente, l’Ersaf (Ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste). “Vogliamo sapere come mai sono esplose le spese per lavori affidati a terzi proprio nell’ultimo anno e la ragione stessa di certe consulenze assegnate a una sola persona”, chiede un’interrogazione su Irealp presentata dal Pd in Consiglio regionale nell’aprile scorso.
Quattro mesi dopo non è pervenuta alcuna risposta.
Quanto a Eventi valtellinesi, definita dalla Procura di Sondrio una “società  bancomat” per le spese folli dei suoi amministratori, da un anno a questa parte è in fase di smantellamento.

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LA SCOMUNICA SINISTRA

Agosto 2nd, 2011 Riccardo Fucile

FAI INCHIESTE SUI LEADER DEL PD? O SEI “DISONESTO”, O “IN MALA FEDE” OPPURE GAY

Chi tocca il centrosinistra   muore. “La macchina del fango comincia a girare ”.
Dopo aver ascoltato   le parole di Pierluigi Bersani, gli accenti berlusconiano-vittimisti del segretario Pd, sento che per una volta posso contravvenire a una delle regole auree del cronista: mai parlare di se stessi.
E così racconterò dell’amara esperienza di diventare una specie di paria, un intoccabile nella mia città  perchè ho osato scrivere inchieste sul centrosinistra.
Ma prima faccio una premessa.
Nel corso degli anni ho parlato di decine di politici di entrambi gli schieramenti: Alemanno, Formigoni, Moratti, Storace, Berlusconi, Matteoli, Galan, Romani, Romano, Scajola, Grillo (Luigi), Calderoli, Bossi, D’Alema, Bersani, Penati, Burlando.
Tanto per fare alcuni nomi.
Gli esponenti di centrodestra sono la maggioranza. Però dopo vent’anni di lavoro (prima di approdare al Fatto sono stato al Messaggero, La Repubblica, Il Secolo XIX e La Stampa) una cosa posso dirla: i fastidi che mi hanno procurato le inchieste sul centrosinistra non hanno uguali.
Certo, il centrodestra è più duro, diretto, usa nei confronti dei giornalisti una logica proprietaria.
Un certo centrosinistra no, non ti schiaccia direttamente, preferisce la calunnia, l’insulto, la telefonata a direttori ed editori.
Con un’aggravante: l’arroganza del centrodestra, seppur più violenta, non pretende di essere “giusta”, ha lo scopo manifesto di metterti a tacere.
Il centrosinistra è diverso: si sente investito di una missione, chi osa metterlo in discussione è “disonesto”, “in mala fede”, “vendicativo”, “scorretto”.
Tutte accuse che mi sono state rivolte, sempre in forma anonima e senza lo straccio di una prova.
Ma veniamo ai fatti.
Mi capita anni fa, mentre seguivo lo scandalo Antonveneta, di raccontare i rapporti di Gianpiero Fiorani con noti esponenti politici.
Per giorni descriviamo i legami della Lega con il re delle scalate bancarie. Non succede nulla.
Poi ecco che arriva la prima notizia su un esponente del centrosinistra: il contratto di leasing dello yacht di Massimo D’Alema è stato stipulato con una società  legata alla Banca di Lodi.
Niente di illegale, ma una storia che è giusto approfondire e magari riferire ai lettori.
Risultato: mezzora dopo il mio colloquio con D’Alema arriva al giornale una telefonata che annuncia, in caso di pubblicazione, una denuncia per violazione del segreto bancario.
Il giorno dopo D’Alema diffonde un comunicato e racconta “spontaneamente” l’episodio.
Piccolezze, si dirà , come decine di altri episodi. Ma i guai seri vengono quando decido di scrivere degli intrecci tra politica (di centrosinistra, come di centrodestra) e affari che stanno dietro alla cementificazione della Liguria.
Non arriva una riga di smentita o querela, del resto sarebbe stato difficile, visto che ogni parola dell’inchiesta è documentata.
Ma quando compare il primo articolo subito mi chiamano dal mio giornale: “Ferruccio, una persona ai vertici del centrosinistra ha fatto una telefonata ai massimi livelli. Dice che hai scritto un articolo pieno di falsità . Noi non ne teniamo conto, ma tu sappilo”.
Era l’inizio.
Quando con il collega Marco Preve scrissi il libro, “Il partito del cemento”, dedicato alla passione bipartisan dei politici liguri per il mattone, mi dichiararono guerra aperta.
Si parlava, tra l’altro, con anni di anticipo rispetto all’inchiesta della Procura di   Roma, dei legami dei vertici del partito nazionale e ligure con Vincenzo Morichini, Franco Pronzato e i loro soci.
Ancora nessuna replica. Un muro di silenzio.
Finchè mi venne offerto un posto di rilievo in un grande giornale.
Dopo mesi venni a sapere che proprio nel periodo della trattativa i vertici del Pd nazionale avevano fatto arrivare il messaggio che l’incarico non era gradito al partito. Insomma, la mia carriera ha rischiato.
E anche il clima che respiravo in città  è cambiato.
Quando mi presentai nella sede del Pd genovese per scrivere un articolo sulle elezioni regionali del 2010 uno dei massimi dirigenti locali mi accolse così: “Ecco l’amico di Berlusconi.
Vergogna, vattene”, e via con accuse e insulti.
Ma agli insulti, soprattutto se deliranti, è facile rispondere.
Peggio sono le calunnie: non hai un interlocutore cui replicare.
Di più: se ribatti dai dignità  alle accuse che ti sono rivolte, le ingigantisci, dai loro concretezza. Insomma, devi subire.
E lascio perdere gli episodi più pittoreschi, come quando mi avvertirono che qualcuno nel Pd faceva circolare l’immancabile voce che ero omosessuale, anzi, “buliccio” come si dice a Genova.
Ne parlai con mia moglie, sorridemmo sorpresi: per me ovviamente non era un insulto, ma mi stupiva che qualcuno in un partito che si dice progressista lo considerasse tale.
Lentamente la tenaglia, però, si stringeva.
Difficile vivere nella vostra città  quando venite condannati all’ostracismo dal partito che governa da decenni, che guida gli enti locali da cui arrivano milioni di euro in pubblicità  istituzionale a puntellare i bilanci di tutti gli organi di informazione (un’altra inchiesta poco gradita dal Pd).
Si finisce cancellati, pesantemente insultati a incontri pubblici (è toccato perfino alla mia famiglia, colpevole di avermi messo al mondo).
Insomma, intoccabili.
Finchè sono arrivato al Fatto, che per fortuna è impermeabile   a certi interventi.
Mai nessuno, però, che abbia risposto alle nostre inchieste in modo documentato. Bersani, tengo a dirlo, non è mai stato coinvolto negli episodi che ho citato.
Ma forse sarebbe bene che li conoscesse, prima di invocare la macchina del fango e vestire i panni della vittima.
P.S. Non ho fatto volutamente i nomi dei protagonisti e dei testimoni di questi episodi. Posso scegliere di affrontare una battaglia, ma non posso trascinarci anche gli altri.

Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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