PAROLIN È ENTRATO PAPA ED È USCITO CARDINALE, PERCHÉ I CARDINALI HANNO IMPALLINATO PAROLIN?
UN SUO EVENTUALE PAPATO NON SAREBBE STATO TROPPO IN CONTINUITÀ CON BERGOGLIO, VISTO IL PROFILO PIU’ MODERATO … HA PESATO IL SUO “SBILANCIAMENTO” VERSO LA CINA? È STATO IL FAUTORE DELL’ACCORDO CON PECHINO SUI VESCOVI
Questa volta più che mai, vale il detto “Chi entra Papa al conclave esce cardinale”. Nei giorni scorsi il nome di Pietro Parolin è stato accreditato da tutti come il più probabile come nuovo pontefice.
Analisti, esperti, persino cardinali dalla lingua di legno si sono sbilanciati sostenendo che il Segretario di Stato di Bergoglio fosse l’unico in grado di ottenere il favore tanto dei porporati conservatori che di quelli progressisti.
Un clima di consenso quasi unanime culminato dopo la fumata bianca: il “Sole 24 Ore” si è sbilanciato al punto da titolare sul sito “Flash: anticipazione
Parolin in arrivo”, mentre il direttore, Fabio Tamburini, su Radio24 si diceva praticamente certo che il cardinale vicentino fosse il prossimo pontefice (“Tutto fa convergere verso di lui, il nuovo Papa sarà Parolin”).
Non certo una “previsione” isolata: secondo i vaticanisti interpellati dai sondaggisti di Youtrend, Parolin aveva il 38% di possibilità di essere il futuro Papa, seguito dagli altri italiani Zuppi e Pizzaballa.
I segnali che il fine diplomatico del Vaticano potesse essere il successore di Francesco sul Soglio di Pietro erano molti.
L’ultimo, certo il meno “autorevole”, il fatto che la notizia della fumata bianca ha fatto irruzione a “La Vita in Diretta” mentre si parlava dei biscotti preferiti da Parolin, con una diretta da Schiavon, il paese natale del porporato.
Il primo “endorsement” pesante, però, risale a 24 ore prima, quando il cardinal Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio e grande sponsor di Parolin, durante la messa “pro eligendo pontefice” ha fatto i “doppi auguri” al collega. Una frase che con il senno di poi vince il premio per “miglior gufata”.
Anche analisi predittive avevano dato per certa l’elezione di Parolin: dopo la fumata bianca, su Polymarket, il cardinale italiano era dato Papa con una probabilità del 70%.
La velocità con cui si è arrivati alla decisione, le supposizioni dei vaticanisti, tutto sembrava convergere sull’elezione a Papa del Segretario di Stato. E invece, è sbucato l’americano Robert Francis Prevost.
Cosa sia successo davvero nella Cappella Sistina, solo lo Spirito Santo lo sa. Di certo, bisogna osservare i pensieri, le simpatie, le antipatie, i calcoli, umani troppo umani, dei 133 cardinali elettori. E si può ipotizzare qualche ricostruzione.
Parolin partiva con una 40ina di voti (più o meno come Scola nell’elezione del 2013, quando vinse Jorge Mario Bergoglio). Probabile che quel bottino sia rimasto praticamente fermo nella seconda e terza elezione, non riuscendo a
sfondare le preferenze dei porporati. Secondo Alberto Melloni, esperto di Conclavi, alla terza votazione Parolin aveva 49 voti e Prevost 38.
Il nome del cardinale americano-peruviano si è via via consolidato (all’inizio solo tra i nordamericani, poi pian piano anche tra gli africani francofoni, che avrebbero guardato a lui con simpatia perché figlio di genitori francesi).
Nel momento in cui Parolin ha deciso di fare un passo indietro, chiamandosi fuori e vedendosi “tradito” dagli altri cardinali, i suoi voti sono confluiti su Prevost, portandosi dietro a cascata qualche decina di indecisi.
A favorire il travaso, la spaccatura tra gli europei, e tra gli italiani, il gruppo più nutrito del Conclave (17 cardinali) che pure stavolta non è riuscito ad avere voce in capitolo. Una sconfitta politica rilevante.
Come scrive oggi “la Stampa”: “Il flop della delegazione italiana al Conclave si fonda su una constatazione.
«Se hai quattro candidati e gli americani uno, perdi– rileva il diplomatico vaticano di lungo corso. Essersi presentati all’elezione pontificia con quattro papabili (Pietro Parolin, Matteo Zuppi, Pierbattista Pizzaballa, Giseppe Betori) non deponeva a favore del ritorno del pontificato in Italia dopo tre stranieri».”
Come raccontato qualche giorno fa da “El Pais”: “Le possibilità dei cardinali italiani” erano “esagerate da una distorsione ottica della stampa italiana”
La domanda è: perché i cardinali hanno impallinato Parolin? Un suo eventuale papato non sarebbe stato troppo in continuità con Bergoglio, visto che Parolin ha un profilo molto più moderato. Né si può pensare che gli si sia ritorto contro il suo scarso carisma visto che anche il “mite” Leone XIV non sembra provvisto dei crismi del leader trascinatore di folle.
Ha pesato, agli occhi dei porporati nordamericani, il suo “sbilanciamento” verso la Cina (è stato il fautore dell’accordo con Pechino sui vescovi)?
(da Dagoreport)
Leave a Reply