Destra di Popolo.net

GOVERNO BATTUTO CINQUE VOLTE ALLA CAMERA: LA LEGA RIESCE A VOTARE ANCHE CONTRO IL SUO RELATORE ALESSANDRI

Settembre 20th, 2011 Riccardo Fucile

PASSANO A MONTECITORIO GLI EMENDAMENTI DELL’OPPOSIZIONE, VIENE BOCCIATA LA RICHIESTA DELLA MAGGIORANZA DI RINVIARE IL PROCEDIMENTO IN COMMISSIONE… COLPO DI SCENA SULL’ART. 2: IL CARROCCIO VOTA CONTRO SE STESSO…PISANU: “IL GOVERNO NON REGGE”….FINI: “ESECUTIVO DEBOLISSIMO”

Pomeriggio difficile per il governo.
Battuto per ben cinque volte sulla legge sullo sviluppo degli spazi verdi urbani, alla fine alza bandiera bianca e si rimette all’Aula su tutti gli emendamenti al testo, “evidenziando che si vota qualcosa che non ha copertura finanziaria”.
Ad ammettere la resa è stato il sottosegretario all’Ambiente Elio Belcastro dopo l’ennesima sconfitta della maggioranza, andata sotto per ben quattro volte sugli emendamenti di Pd e Radicali e battuta anche al momento di votare la richiesta di rinvio del testo in Commissione avanzata dal relatore, il leghista Angelo Alessandri.
A permettere il blitz dell’opposizione, le assenze nei banchi della maggioranza e lo stato di confusione che regna nel centrodestra che neppure la richiesta di sospensione di Alessandri è riuscita a risolvere.
Le correzioni al testo chieste da Pd e Radicali sono relative ad aspetti giudicati poco “pesanti”, vista anche la materia della legge all’esame di Montecitorio, ma l’aspetto clamoroso di quanto accaduto oggi pomeriggio in Aula è che sul secondo articolo della legge, comunque approvato, ha votato contro solo il gruppo della Lega.
Una circostanza che il democratico Roberto Giachetti ha commentato così. “Visto che il relatore del testo è della Lega, vuol dire che nella Lega ci sono problemi”.
E che la maggioranza non sia più in grado di reggere alle pressioni economiche e giudiziarie è tornato ribadirlo anche un esponente di spicco del Pdl come Giuseppe Pisanu.
“Nel nostro paese – ha detto – si è stabilito un intreccio perverso tra la crisi economica e la crisi politica, l’una alimenta l’altra”.
L’ex ministro dell’Interno, dopo aver chiesto già  nei giorni scorsi un segnale di rottura da parte della maggioranza, ha spiegato che “a mio avviso la debolezza politica è dovuta al fatto che abbiamo un governo che non è in grado di reggere il peso dei problemi che incombono e abbiamo un Parlamento che non è in grado di cambiare un governo che pur avendo la maggioranza numerica” non è in grado di tenere la situazione.
“L’Italia non è stata mai stata così a rischio”.
Un giudizio condiviso dal presidente della Camera Gianfranco Fini che cita proprio quanto accaduto oggi a Montecitorio.
Il presidente Pisanu, ha confermato Fini, “fotografa un dato di realtà . Il governo è debolissimo ed è stato battuto quattro volte (poi diventate cinque, ndr) in Aula”.

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IL PDL STA PER PERDERE UN DEPUTATO: GERARDO SOGLIA VERSO FUTURO E LIBERTA’

Settembre 20th, 2011 Riccardo Fucile

L’INTERESSATO: “NON CONFERMO E NON SMENTISCO”, MA IL PASSAGGIO E’ COSA FATTA…ERA STATO DATO IN PRESTITO DAL PDL AI RESPONSABILI PER POTER RAGGIUNGERE LA QUOTA MINIMA RICHIESTA

Un segnale che invertirebbe la tendenza degli ultimi mesi.
La maggioranza che perde un deputato, l’opposizione che guadagna un parlamentare.
Anche in vista dei delicati passaggi delle prossime settimane e dei rischi numerici che la maggioranza si potrebbe trovare ad affrontare nel caso in cui qualche deputato decidesse di non sostenere più il governo.
Il deputato in questione è Gerardo Soglia, Pdl salernitano e attualmente ‘in prestito’ nella componente dei Responsabili (Popolo e territorio), in tempi non sospetti già  critico con il Popolo della libertà .
Soglia è prossimo ad annunciare il suo passaggio a Fli e al gruppo parlamentare che fa riferimento a Gianfranco Fini.
Di fatto, riferiscono fonti parlamentari, il passaggio è cosa fatta, sancito da diversi contatti con i vertici finiani.
Lui però non si sbilancia. “Non confermo e non smentisco”, si limita a dire.
Di certo c’è che il segnale è importante, perchè segna l’inversione di un trend e assottiglia il margine già  ridotto del centrodestra a Montecitorio.
E se la situazione precipitasse altri sono pronti a lasciare la barca che affonda.

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LA MERCEGAGLIA ALZA I TONI: “SIAMO STUFI DI ESSERE LO ZIMBELLO INTERNAZIONALE”

Settembre 20th, 2011 Riccardo Fucile

LA PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA DICE SI’ ALLA PATRIMONIALE…”IL GOVERNO FACCIA LE RIFORME O VADA A CASA”

«L’Italia è un paese serio e siamo stufi di essere lo zimbello internazionale».
Salgono i toni di Emma Marcegaglia dopo il taglio al rating dell’Italia.
La presidente di Confindustria chiede ormai con regolarità  quotidiana al governo le riforme che consentano al Paese di evitare il baratro.
« Ci siamo resi disponibili ad accettare nuove tasse sui patrimoni e altre cose purchè si abbassino le tasse su lavoratori e imprese per recuperare competitività  e capacità  di crescita» ha detto Marcegaglia parlando a una platea di imprenditori a Bologna.
Marcegaglia ha raccontato del malessere dell’imprenditori italiani quando vanno all’estero con i loro prodotti «di vederci considerati con il sorrisino perchè siamo gente seria che vuole essere giudicata su quello che fa e sui prodotti» che presenta.
«Non vogliamo essere derisi – ha concluso la presidente di Confindustria – per colpe che non abbiamo. Non va bene per l’orgoglio nazionale e non va bene neanche per le esportazioni e la nostra capacità  di vendita».
O il governo vara «riforme serie e impopolari» nell’immediato «oppure questo governo deve andare a casa: non ho paura di dirlo, è evidente che è così» ha insistito Marcegaglia.

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INDAGINE TRASFERITA A ROMA: CADE L’ACCOMPAGNAMENTO, RESTA UN PREMIER COATTO

Settembre 20th, 2011 Riccardo Fucile

L’INCHIESTA DEI PM DI NAPOLI SULLA PRESUNTA ESTORSIONE A BERLUSCONI PASSA AI GIUDICI ROMANI PER COMPETENZA TERRITORIALE: LA DAZIONE DI DENARO E’ AVVENUTA NELLA CAPITALE

L’inchiesta sul presunto ricatto ai danni di Berlusconi dovrà  passare a Roma.
Il gip di Napoli, Amelia Primavera, si è dichiarata incompetente a decidere sulla scarcerazione di Gianpaolo Tarantini, chiesta dai difensori dell’imprenditore pugliese Alessandri Diddi e Ivan Filippelli.
Il provvedimento recita: “In ordine al reato di estorsione, la competenza è dell’autorità  giudiziaria di Roma”.
E’ dunque accaduto quanto temevano alla procura di Napoli dove, nelle ultime ore, avevano lavorato per blindare la competenza territoriale dell’inchiesta.
Il gip, quindi, non ha deciso la revoca o l’attenuazione della misura, limitandosi a trasmettere gli atti al pm di Napoli che dovrà  a sua volta inviarli alla procura romana. E’ stata proprio la difesa di Tarantini a chiedere di trasferire il fascicolo (secondo indiscrezioni, la procura napoletana aveva espresso parere favorevole ai domiciliari). Sfuma così anche l’ipotesi di accompagnamento coatto del premier, che aveva agitato negli ultimi giorni i rapporti tra pm e palazzo Chigi.
I legali di Berlusconi e il centrodestra avevano sempre contestato la competenza della procura napoletana.
Nello stesso memoriale difensivo di Berlusconi, si sottolineava che la consegna del denaro a Lavitola era sempre avvenuto nella capitale, a palazzo Grazioli: “Si tenga presente – era scritto nel memoriale del premier – che tali dazioni sono sempre avvenute in Roma presso la mia abitazione così come gli incontri con Lavitola che soltanto una volta, mi sembra, si sia recato ad Arcore”.
Il gip si è basato su queste dichiarazioni: “La stessa vittima del reato – si legge nell’ordinanza – ha confermato di aver corrisposto le somme di denaro sempre a Roma traendole da proprie disponibilità  liquide che teneva presso la sua abitazione di Palazzo Grazioli. Dichiarazioni credibili con riferimento al luogo della dazione del denaro oggetto dell’attività  estorsiva ipotizzata».
A confermare queste affermazioni, è stata anche la storica segretaria del premier Marinella Brambilla, sentita dai magistrati napoletani nelle scorse settimane

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VOTO SUI PM DI NAPOLI A CASO MILANESE: LA FIFA NERA DI BERLUSCONI

Settembre 20th, 2011 Riccardo Fucile

IL FILO ROSSO TRA ACCOMPAGNAMENTO COATTO E L’ARRESTO DELL’UOMO DI TREMONTI

Come per Bettino Craxi. Ecco l’incubo del Pdl.
Difficile dire che cosa in queste ore sia temuto di più nel centrodestra: da una parte Silvio Berlusconi costretto a testimoniare davanti ai giudici di Napoli.
Dall’altra il Parlamento chiamato a salvarlo con un voto che rischia di scatenare l’opinione pubblica.
L’unica via di fuga si aprirebbe se il Riesame di Napoli decidesse di attribuire a un altro Tribunale la competenza dell’inchiesta.
Roma, per esempio, come hanno chiesto gli avvocati del premier.
A Napoli intanto si attende.
Potrebbe essere sentito di nuovo Gianpaolo Tarantini, mentre è attesa l’udienza del Riesame (la sentenza sulla competenza arriverà  entro pochi giorni).
Domenica è scaduto “l’ultimatum” della Procura che aveva chiesto a Berlusconi una data per la testimonianza. Ma ormai è certo: il premier non verrà , almeno spontaneamente.
I pm partenopei allora hanno deciso di attendere la decisione sulla competenza. Poi, se l’inchiesta resterà  a Napoli, si penserà  all’accompagnamento coatto. I tempi allora per Berlusconi potrebbero essere stretti. Molto stretti.
Perchè la procedura è semplice, questione di giorni, al massimo di settimane.
In un clima come questo, di fatto, manca solo il botto finale.
Che cioè, come dicono i deputati Pdl, allo “show mediatico” delle intercettazioni si unisca il momento in cui “la vittima designata (Berlusconi, ndr) viene accompagnata in modo coatto nella trappola tesa da una procura più brava di altre, nel senso che è riuscita a sviluppare un ingegno portentoso” e a mettere il Cavaliere con le spalle al muro.
Uomini di Berlusconi, alla Camera, raccontavano di un premier in preda “all’arrabbiatura più feroce”, ma anche alla paura più nera; il timore è che l’eventuale richiesta di accompagnamento coatto possa arrivare alla Camera proprio giovedì, giorno del giudizio finale per Marco Milanese, per giunta con un voto segreto temuto sia dal Cavaliere — per via dei malumori contro Tremonti interni al partito — che nella Lega.
Che potrebbe spaccarsi definitivamente in due.
Insomma, un corto circuito per la maggioranza che ha mosso tutto il Pdl a far quadrato intorno a Berlusconi con Cicchitto a suonare la carica.
Perchè, di fatto, si tratta di una dichiarazione di guerra: “Se i magistrati di Napoli chiederanno l’accompagnamento coatto di Silvio Berlusconi — ecco le parole del capogruppo alla Camera — noi lo rimanderemo subito indietro; sarebbe un atto gravemente irresponsabile e marcatamente destabilizzante, ma se questo accadesse, tutto il Parlamento dovrebbe rispondere. In ogni caso non credo che verranno a prenderlo i Carabinieri, non siamo ancora ai tempi di Pinochet”.
Una scena che, comunque, qualcuno deve aver rappresentato al Cavaliere se ieri, parlando con i figli a pranzo dopo l’udienza Mills, ha parlato chiaramente della “voglia matta” di “abbattere i pm” che lo stanno stringendo in una morsa.
“Non mi avranno mai, nè ora, nè dopo, una richiesta come quella di Napoli è aberrante…”.
La paura, però, è tanta, ma se dovesse accadere il peggio “io chiederò un voto della Camera — avrebbe detto Berlusconi — in modo da respingerli con perdite; non ce la faranno mai”.
Dichiarazioni forti che però nascondono una paura: in questo momento, è poi così certo che un eventuale voto di Montecitorio per “salvare” il soldato Silvio dall’aggressione dei pm darebbe un risultato così ampio in positivo?
Visto come si sta logorando la tenuta della maggioranza, di qui a un mese lo scenario potrebbe essere radicalmente diverso.
E poi, appunto, come reagirebbe l’opinione pubblica?
Dal Quirinale, intanto, continuano a osservare l’evoluzione della faccenda, non senza preoccupazione.
Anche ieri Giorgio Napolitano avrebbe sentito Gianni Letta per capire quali sono ancora i margini per trovare un accordo con la procura.
La risposta, com’è evidente, è stata negativa.

Sara Nicoli e Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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STANDARD & POOR’S DECLASSA L’ITALIA E TAGLIA IL RATING DEL DEBITO ITALIANO, PER BERLUSCONI E’ SOLO COLPA DEI MEDIA

Settembre 20th, 2011 Riccardo Fucile

CRESCITA DEBOLE E GOVERNO TROPPO FRAGILE, QUESTE LE MOTIVAZIONI DEL DECLASSAMENTO DEL DEFICIT… IL MINISTERO DEL TESORO MINIMIZZA, MA IL PROVVEDIMENTO HA COLTO DI SORPRESA

Il rating italiano viene tagliato e Silvio Berlusconi ha subito la soluzione in tasca: “E’ tutta colpa della stampa italiana”.
Inizia così la mattinata che segue la decisione dell’agenzia americana di declassare il nostro paese.
Inizia con una nota di palazzo Chigi nella quale si legge come il governo ha sempre ottenuto la fiducia dal Parlamento, dimostrando così la solidità  della propria maggioranza”.
Per questo “le valutazioni di Standard & Poor’s sembrano dettate più dai retroscena dei quotidiani che dalla realtà  delle cose e appaiono viziate da considerazioni politiche”.
E quindi “vale la pena di ricordare che l’Italia ha varato interventi che puntano al pareggio di bilancio nel 2013 e il governo sta predisponendo misure a favore della crescita, i cui frutti si vedranno nel breve-medio periodo”.
La scure di Standard and Poor’s così si abbatte sull’Italia.
Mentre tutti gli occhi erano infatti puntati su Moody’s — che giorni fa ha rinviato la sua decisione sul nostro paese — S&P ha deciso a sorpresa di tagliare il rating sulla capacità  dello Stato di far fronte all’elevatissimo debito pubblico.
Motivo: una crescita economica sempre più debole e una situazione di incertezza politica che ostacola la ripresa.
Incertezza che — secondo gli analisti di S&P — rende molto difficile raggiungere gli obiettivi fissati nel programma di austerity.
In particolare il rating di lungo termine viene abbassato da A+ ad A, ma con outlook negativo. Ciò significa che in futuro il rating potrà  ulteriormente essere tagliato.
Anche perchè le previsioni per il debito sono decisamente peggiorate: il picco — spiegano gli analisti dell’agenzia — è atteso più in là  nel tempo e raggiungerà  un livello ancor più elevato del previsto.
Nel rapporto di Standard and Poor’s non si usano mezzi termini: “La fragilità  della coalizione di governo in Italia — si legge — limita la capacità  di risposta dello Stato” nell’affrontare una crisi economica e finanziaria che sta colpendo il nostro Paese come altri dell’Eurozona.
E i vari tentativi che hanno caratterizzato la messa a punto da parte del governo Berlusconi della manovra ‘lacrime e sanguè da 60 miliardi di euro lasciano intravedere come non sarà  per nulla facile attuare in maniera efficace il programma di consolidamento di bilancio.
Anche perchè — evidenzia Standard and Poor’s — le autorità  italiane appaiono “riluttanti” nell’affrontare quelle che vengono considerate le “questioni chiave” della crisi economica italiana: dagli ostacoli strutturali che da sempre rallentano la crescita al basso tasso di partecipazione al lavoro, alla eccessiva rigidità  sia del mercato del lavoro sia di quello dei servizi.
Il dito viene puntato non solo sul governo e sulle lotte intestine alla coalizione di maggioranza, ma anche sulle divisioni all’interno del Parlamento “che — sottolinea S&P — continueranno a limitare la capacità  del governo di rispondere in maniera decisa alle sfide macroeconomiche interne ed esterne”.
Di qui l’outlook, con la possibilità  di abbassare ulteriormente il rating dell’Italia nelle settimane a venire.
Tutto questo, però, non sembra preoccupare il governo (beati loro).
Fonti del Tesoro, infatti, fanno sapere che la decisione di S&P era prevista.
Mentre il presidente del Consiglio chiude (momentaneamente) la partita sostenendo che “L’Italia ha varato interventi che puntano al pareggio di bilancio nel 2013 e il governo sta predisponendo misure a favore della crescita, i cui frutti si vedranno nel breve-medio periodo”.
In realtà  la scelta di Standard & Poor’s – che all’inizio di agosto aveva per la prima volta declassato gli Stati Uniti, negando la «tripla A» al debito americano – è giunta inattesa nel panorama già  molto complicato della finanza internazionale: ci si attendeva, per la verità , un declassamento da parte di Moody’s, un’altra, e più piccola, agenzia di rating.
La decisione è destinata a produrre effetti per nulla leggeri sui mercati del Vecchio continente, già  duramente provati dallo spettro del contagio dell’effetto Grecia, considerata da molti pericolosamente vicina al default, ovvero dalla dichiarazione di insolvenza.
Un quadro fosco, in cui il cancelliere tedesco, Angela Merkel, era stata costretta a uscire allo scoperto in difesa della moneta unica e dello stesso progetto di Unione monetaria europea: «Se crolla l’euro, crolla anche l’Europa».

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IL FEROCE TRAMONTO DI SILVIO ASSEDIATO: DAI DIOSCURI A CONFINDUSTRIA, IL CONSENSO SI SGRETOLA

Settembre 20th, 2011 Riccardo Fucile

FERRARA E MINZOLINI COME I RISERVISTI MANDATI AL FRONTE QUANDO ORMAI LA BATTAGLIA E’ PERSA… ADESSO NESSUNO PIU’ SOGNA, NEL BUNKER NON SI RESPIRA

Assediato in casa, chiuso nel bunker, braccato: povero Silvio.
Guardi sovrapporsi sullo schermo della serata informativa del Tg1 il faccione solare e tonitruante di Giuliano Ferrara e i tentativi di lettura del gobbo, tentati dal diafano Augusto Minzolini.
Ferrara è pirotecnico, Minzolini sempre accompagnato da un che di vagamente dislessico.
Ferrara chiama alla battaglia per la difesa del voto popolare con la lingua fluente e gli occhiali inforcati per recitare Lincoln; Minzolini è lugubre, con gli occhi in giù, la fronte corrugata, e le parole che si sfarinano in bocca, assieme agli enjambement stentati di una lettura da dettato di scuole elementari.
Guardi Minzolini e Ferrara, nella loro stupefacente complementarità , come i riservisti mandati al fronte a fine battaglia.
Capisci che i due editoriali sono scritti con la carta carbone del mantra rassicurante: “Berlusconi non si deve dimettere”.
Li guardi, in questa fine epoca catodica. E capisci che le due interpretazioni divergenti si annullano al grado zero.
Un tempo gli editoriali sparati dalle corazzate orientavano le masse a difesa del leader, come dei manzoniani squilli di tromba: adesso sembrano accompagnare la sua disfatta con il contrappunto dell’adrenalina e rendere visibile il suo accerchiamento.
Il premier è solo, gli manca l’aria.
Il voto sull’autorizzazione a procedere di Marco Milanese trasformerà  ancora una volta Montecitorio in una roulette russa al cardiopalma, in cui il tamburo gira con un colpo in canna.
Guardi anche quello che nessun tg riesce più a occultare.
C’è un sindaco del nord che dice: “Se passa questa manovra il governo porterà  i comuni al fallimento”.
Non è un primo cittadino del Pd, ma il sindaco di Verona Flavio Tosi.
C’è un altro uomo in fascia tricolore che grida: “Roma è in pericolo, è un errore se Berlusconi si ricandida!”.
Non si tratta di Walter Veltroni o di Francesco Rutelli, ma di Gianni Alemanno.
C’è un presidente di Regione con i capelli brizzolati che si indigna: “Così non va, con queste risorse saremo costretti a tagliare i servizi per giovani e anziani”.
E chi è, Vasco Errani? Macchè, è Roberto Formigoni, un altro che ha già  archiviato l’era del Cavaliere .
C’è un importante banchiere che dice: “Attenzione, non c’è da scherzare: per l’Italia c’è un rischio default”.
Eppure non è il banchiere prediletto della Quercia, Giovanni Consorte, ma l’amministratore delegato del più importante istituto di credito italiano, Corrado Passera (numero uno di Banca Intesa San Paolo).
C’è una donna che grida: “È stata minata la credibilità  dell’Italia!”. E non è mica Susanna Camusso, nè una dama con palloncino rosa del comitato di “Se non ora quando”, ma la confindustriale Emma Marcegaglia.
Poi ci sono i giornali internazionali (tutti), poi ci sono le procure che vogliono processare il premier e quelle che lo vogliono ascoltare come testimone (e lui deve rifuggire da entrambe).
Poi il processo Mills che ritorna incombente perchè il collegio ha accettato di tagliare i testimoni superflui, vanificando la grottesca controriforma de “il processo lungo”. Curiosa beffa: promulgare una legge che compromette mezzo milione di processi, per salvarne uno solo.
E per giunta senza riuscirci.
Ogni giorno che passa, in questo infinito, iridato e feroce tramonto dell’età  azzurra, un frammento del blocco di consenso che costituiva il cuore del berlusconismo si sgretola.
C’è la Banca d’Italia che rifà  i conti con la matita rossa e blu, c’è la Banca centrale europea che detta ultimatum via lettera, ci sono alleati pulviscolari che pongono veti, c’è Umberto Bossi che proclama per l’ennesima volta la fine dello Stato nazione (il fatto che sia una panzana non diminuisce la gravità  e la comicità  dei vaniloqui secessionistici), e ci sono i dioscuri di un tempo, oggi annichiliti.
Il sorriso da faina di Denis Verdini, che fu spacciato per l’emblema di un banchiere mediceo, e per l’orgoglio di un solido capo di partito, è tornato il ghigno un ex macellaio prestato alla politica.
L’eminenza cotonata di Gianni Letta, che fu celebrata come il vessillo di un illuminato di Palazzo, e tornata oggi invisibile; l’eroe dei due mondi Guido Bertolaso si è tolto il maglioncino inutilmente a girocollo, ha finito di dare lezioni agli Usa, e si è accoccolato nel silenzio delle proprie strategie difensive.
L’iracondia dentata di Renato Brunetta prima raccoglieva solo applausi, adesso catalizza solo pernacchie. Il ciuffo bianco di Giulio
Tremonti ieri si era ammantato di carisma profetico, quando il suo best-seller da aspirante sciamano,
La paura e la speranza, scalava le classifiche.
Adesso la speranza si è spenta nel balbettio delle paghette versate a Milanese per pagare appartamenti con soffitti affrescati.
È rimasta solo la paura.
Finire braccato vuol dire correre da Giorgio Napolitano trafelato per annunciare un decreto risolutivo che il capo dello Stato non firmerà  mai.
Significa perdere il sonno per inseguire il segnatempo delle intercettazioni a orologeria, passare ore ad approntare inverosimili ricostruzioni difensive, significa vivere senza leggerezza, senza più sorrisi, senza il conforto delle guasconate che facevano incazzare mezza Italia e sognare l’altra.
Adesso nessuno più sogna, nel bunker non si respira, il tono orgoglioso del ghe-pensi-mi si è virato nello spettro di una sopravvivenza commissariata a Palazzo Chigi. Povero Silvio.
Quando tutto il senso di quello che hai voluto essere si dissolve nel suo contrario, la permanenza senza prospettiva diventa solo un doloroso male di vivere.

Luca Telese blog

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BERLUSCONI ORA VUOLE SCENDERE IN PIAZZA… FORSE CERCA UNA FARMACIA APERTA

Settembre 20th, 2011 Riccardo Fucile

“DOBBIAMO DIFENDERCI DA QUESTI PM”: NON SI E’ MAI VISTO UN GOVERNO CHE SCENDE IN PIAZZA CONTRO UN’ALTRO RAMO DELLE ISTITUZIONI…IL PDL PUNTA SUL PROCESSO LUNGO PER FERMARE I TRIBUNALI

“Basta, è inutile provare a difendersi da un processo kafkiano, è arrivato il momento di chiamare a raccolta gli italiani”.
Appresa la notizia che il tribunale di Milano ha rinunciato ai testimoni della difesa (già  sentiti per rogatoria davanti a una corte britannica), Berlusconi esplode.
Sente che la tenaglia si sta per serrare, è convinto che entro dicembre arriverà  la sentenza di condanna sul caso Mills.
Una mazzata che non solo castrerebbe qualsiasi possibilità  di salire al Quirinale, ma renderebbe assai complicato persino immaginare una ricandidatura del Cavaliere a palazzo Chigi in caso di voto anticipato nel 2012.
E la reazione di pancia del premier è quella dell’appello alla piazza: “Dobbiamo organizzare una grande manifestazione per difendere la libertà . Per una giustizia giusta, per l’inviolabilità  della privacy, per la difesa del voto degli italiani”.
Una manifestazione che servirà  a mobilitare il partito.
Berlusconi infatti non è affatto contento per come i ministri e i big del Pdl – con l’eccezione del fido Alfano – lo hanno fin qui difeso da quello che considera un “assalto” dei magistrati.
E dunque, anche rinunciando all’apertura della stagione congressuale, presto a via dell’Umiltà  potrebbe aprirsi il cantiere di una “grande” manifestazione nazionale contro i pm.
Ma quella del corteo è soltanto una delle armi che il capo del governo ha a sua disposizione.
Alla tentazione della piazza si affianca infatti uno strumento più efficace, concepito espressamente per far saltare il processo Mills: il disegno di legge sul processo lungo. A fine luglio il ddl, che obbligherebbe appunto il tribunale di Milano a sentire tutti i testi presentati dagli avvocati Ghedini e Longo, è stato approvato dal Senato con la fiducia.
L’intenzione è quella di farlo passare davanti a tutto, per approvarlo definitivamente alla Camera entro un mese senza alcuna modifica.
Prima della deposizione di Berlusconi in calendario per il 28 ottobre.
A quel punto il processo Mills scivolerebbe inevitabilmente nella prescrizione.
Ma quella che proviene da Milano è soltanto una delle minacce che incombono sulla testa del premier.
Le altre due si consumeranno nei prossimi giorni a Montecitorio.
Giovedì infatti è atteso il voto segreto sull’arresto di Marco Milanese e, nonostante ieri Berlusconi in una telefonata a Bossi (dopo gli auguri per i settant’anni) abbia provato ad avere garanzie dal leader del Carroccio, il destino del deputato tremontiano appare sempre più incerto.
I quaranta deputati “maroniti” propendono infatti per la linea dura.
Il problema inoltre è che nel centrodestra, tra i Responsabili e nello stesso Pdl, l’area degli scontenti aumenta ogni giorno di più.
E il voto su Milanese è considerato come una buona occasione, forse l’ultima, per mandare un segnale al premier, per indurlo a farsi da parte ed accettare l’unica soluzione che preserverebbe la legislatura e garantirebbe un futuro al Pdl oltre Berlusconi: un governo guidato da Alfano allargato al Terzo polo.
Così il voto su Milanese sarebbe sfruttato per mandare un avvertimento al Cavaliere, per fargli capire che la Camera potrebbe anche pronunciarsi a favore dell’accompagnamento coatto davanti ai pm di Napoli.
Per evitare l’arresto di Milanese i fedelissimi del premier stanno già  organizzando le difese. “In aula non entreremo nel merito delle accuse – spiega uno di loro – perchè altrimenti Milanese è fritto. Diremo che i pm non posso incidere sul plenum dell’assemblea e faremo presente che l’altra volta, quando la Camera ha deciso per l’arresto di Alfonso Papa, la procura si è comportata male, abusando della carcerazione preventiva. Tanto che il deputato Papa è ancora in cella dopo due mesi”.
L’altra grana che sta per esplodere è la mozione di sfiducia sul ministro Saverio Romano che andrà  al voto il 27 settembre.
Ieri Berlusconi l’ha chiamato per confermargli il suo sostegno e smentire le voci di una richiesta di dimissioni preventive.
Ma nessuno nel Pdl scommette sul voto dei maroniani per salvare un ministro che la procura di Palermo vuole rinviare a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)

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MENTRE IL TERREMOTO DEVASTAVA L’AQUILA, TARANTINI COME PISCITELLI ESULTAVA: “UNA FORTUNA, L’AFFARE E GROSSO”

Settembre 20th, 2011 Riccardo Fucile

LA MODERNIZZAZIONE DI ISORADIO PERO’ ALLA FINE SI LIMITERA’ ALL’ABRUZZO E, NONOSTANTE L’INTERESSAMENTO DEL PREMIER, L’AFFARE DA 100 MILIONI SALTA

Francesco Maria Piscicelli non era l’unico a “gioire” per il terremoto che all’alba del 9 aprile 2009 ha devastato L’Aquila.
Mentre “lo sciacallo”,   al telefono con il cognato Pierfrancesco Gagliardi, alle 3.32 di mattina “rideva nel letto” per le opportunità  di guadagno che sarebbero derivate dalla gestione dell’emergenza, Gianpaolo Tarantini vedeva nella tragedia abruzzese l’occasione per far sbloccare gli interessi (suoi e del comitato d’affari da lui creato) in ballo con Finmeccanica.
Il mezzo è sempre il telefono, la cronologia l’unica differenza sostanziale.
E’ il 6 maggio, infatti, quando il faccendiere barese chiama Domenico Lunanuova, dirigente del colosso statale.
L’argomento? Il dramma avvenuto un mese prima in Abruzzo potrebbe far accelerare l’iter di un’appalto su cui il comitato d’affari pugliese punta tantissimo: la modernizzazione di Isoradio.
“Diciamo una cosa mo vabbè… diciamo che siamo pure fortunati sui tempi, perchè in linea di massima domani quello dovrebbe firmare no?” dice Tarantini.
Lunanuova risponde, ma smorza i toni trionfalistici di Gianpi: “No, domani pomeriggio, speriamo… però è una conquista che sono riuscito a fare io senza l’aiuto di nessuno, no? Ma per culo, per culo tra virgolette perchè là  è successo il terremoto e hanno bisogno di questa cosa”.
L’affare è grosso, la procedura per averlo molto complicata.
Con il sisma, però, arrivano a pioggia milioni di euro.
Tarantini fiuta la preda, anche perchè il manager di Finmeccanica Salvatore “Rino” Metrangolo lo ha avvisato che l’intero progetto Isoradio sta per partire.
Gianpi si affretta per comprendere come fare a metterci le mani addosso.
L’asso nella manica è sempre lo stesso: Silvio Berlusconi.
E infatti si fa aiutare dal Cavaliere, che deve intercedere per far incontrare l’amministratore delegato di Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini con Enrico Intini, sodale di Gianpi nel comitato in salsa pugliese.
L’incontro avviene, ma è un autogol, perchè la Protezione civile vuole dare via libera al progetto Isoradio solo per l’Abruzzo e non per tutto il territorio nazionale, come invece sperava il faccendiere barese e i suoi compagni di speculazione.
Alla fine, l’affare da cento milioni di euro (50 secretati e l’altrà  metà  per Isoradio) non verrà  mai concluso.

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