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FINI: “DECRETO SULLE INTERCETTAZIONI? E’ UNA LEGGE NELL’INTERESSE DI QUALCUNO”

Ottobre 8th, 2011 Riccardo Fucile

“BERLUSCONI SI DIMETTA: SERVE UN GOVERNO SOSTENUTO DALLA MAGGIORANZA CHE HA VINTO LE ELEZIONI E APERTO AL CONTRIBUTO   DI ALTRI”…”NON SE NE PUO’ PIU’ DI VIDEO MESSAGGI, ANNUNCI E PROMESSE NON MANTENUTE”

“La legge sulle intercettazioni non è la migliore legge per l’interesse nazionale ma forse per l’interesse personale di qualcuno”.
Gianfranco Fini, dal palco della convention di Fli a Palermo, boccia il testo che Cavaliere e maggioranza vogliono fortemente e che contiene norme in grado di depotenziare un indispensabile strumento di indagine.
E sempre sulla questione giustizia lancia una nuova frecciata al premier: “Un giorno serve il processo breve e un giorno il processo lungo a seconda di quello che conviene”.
Al Cavaliere che grida al complotto delle toghe, Fini manda a dire che “solo quando non si hanno argomenti si grida al complotto, si danno le colpe ai magistrati e ai giornalisti”.
Dal palco Fini non risparmia nulla a Berlusconi.
Persino un riferimento, velenoso, al rapporto tra il Cavaliere e le donne che “non vogliono essere giudicate in base alla loro avvenenza”.
Berlusconi, incalza Fini, “se amasse l’Italia dovrebbe passare la mano”, perchè “non se ne può più di videomessaggi, di annunci e promesse non mantenute. Il governo non governa e il premier è in tutt’altre faccende affaccendato”.
Ed allora Fini   pensa a un altro esecutivo: “Non un governo del ribaltone, ma sostenuto dalla maggioranza che ha vinto le elezioni e aperto al contributo di altri”. Perchè di una cosa il leader di Fli è certo: “‘E’ finita l’era del berlusconismo e del bipolarismo”.
Al premier il presidente della Camera consiglia “un bagno di umiltà  e realismo” e ricorda “che non è più tempo di ‘Adesso ci penso io’ o ‘Faccio tutto io'”.
Poi tocca alla Lega. E i toni si fanno irridenti.
“Quelli della Lega danno il meglio quando a Pontida si vestono da Unni e Barbari. la secessione? Fuori dalla storia”.
E anche il federalismo finisce nel mirino di Fini: “Mi dispiace dirlo ma il federalismo ha aumentato il prelievo fiscale. Era stato caricato di attese miracolistiche, come se fosse la panacea di tutti i mali”.
Legge elettorale. “Va cambiata, ma c’è un “paradosso: si va a votare con una legge fatta dal parlamento, o dal referendum o, ancora peggio, con quella attuale? – dice Fini – Che logica è fare la legge elettorale senza sapere quale sarà  il numero dei parlamentari domani, o se il senato continuerà  a mantenere l’assetto attuale, che è lo stesso del 1948?”.
E’ giunto il momento di tagliare, rilancia il presidente della Camera: “Come è possibile continuare ad avere 945 parlamentari, centinaia di consiglieri e deputati regionali con costi a volte piu” alti di quelli nazionali e poi, Comuni, consorzi. C’è un reticolo e un apparto che è diventato insopportabile. E’ lì che si deve disboscare”.
La crisi economica. E’ la credibilità  del governo che rende possibile la patrimoniale, come disse Einaudi già  nel 1946″ incalza Fini.
Che si dice favorevole ad un innalzamento dell’età  pensionabile. Ad una condizione: “Che quello che lo Stato risparmierebbe vada a costituire un fondo per l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e per migliorare la loro professionalità “.
Caso Romano. Nella scelta di votare la fiducia al ministro per le Politiche agricole, Saverio Romano, la maggioranza ha perso un’occasione perchè per “opportunità  politica” avrebbe potuto esprimersi diversamente.
“Credo –   aggiunge Fini, rispondendo agli imprenditori che gli chiedevano ‘di non candidare rinviati a giudizio’ – che non occorra fare una legge, dovrebbero essere i partiti a valutare l’opportunità  politica nei singoli casi”.
Il futuro. “Il vizio della politica italiana è quello di usare lo specchietto retrovisore o pensare solo al presente. Non ci si chiede quale sarà  lo scenario tra 10 anni. Ieri Draghi ha detto che l’Italia rischia di bruciare una generazione, in quanto abbiamo il più alto tasso di giovani che non lavorano e non studiano nell’Unione europea.
Vogliamo affrontare questo problema?   – si domanda Fini – Guardiamo alla Germania che ha deciso che per i prossimi 15 anni chiunque governi avrà  nel bilancio alla voce della ricerca sempre il segno più”.

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PARLA IMANE FADIL: QUELLE NOTTI AD ARCORE CON IL PREMIER RICATTATO”

Ottobre 8th, 2011 Riccardo Fucile

“DIRO’ TUTTO AL PROCESSO: ERA LA MINETTI AD ORGANIZZARE GLI STRIP TEASE”… “AVEVANO PAURA DEI VIDEO, BERLUSCONI MENTALMENTE APPANNATO”

Sarà  la teste più pericolosa del processo che si aprirà  il 21 novembre a carico di Nicole Minetti, Lele Mora ed Emilio Fede, accusati di essere i fornitori delle ragazze del bunga-bunga.
È Imane Fadil, ha 27 anni, è nata a Fez, in Marocco, ma è cresciuta a Torino e da qualche anno vive a Milano. Fa la modella.
Ha frequentato le feste di Arcore. Ha visto con i suoi occhi che cosa succedeva durante e dopo le “cene eleganti”.
In agosto ha deciso di rompere il fronte e raccontare la sua verità  ai magistrati di Milano. “Voglio spiegare il perchè, poi starò in silenzio fino alla fine del processo”.
Sbotta: “Non ce la faccio più a passare per quella che si è venduta ad Arcore. Non m’interessano i soldi, m’interessa la mia dignità . Ho partecipato a qualche serata a casa del presidente, ma io non ho mai fatto niente di sconveniente. Finita in questa storia, per sei mesi mi sono chiusa in casa. Nessuno mi dà  più lavoro. Allora ho deciso di parlare, di raccontare quello che ho visto, perchè non voglio far vincere quelli che denigrano le donne, che convincono le ragazze che si fa strada non per meritocrazia, ma per mignottocrazia. Io non riuscirei a mostrare la mia carne, a vendermi per fare carriera. Non credo che le soddisfazioni nella vita si ottengano in questo modo. Credo che le personalità  forti non abbiano bisogno di fare certe cose per centrare i loro obiettivi. Non se ne può più!”.
Imane, t-shirt bianca firmata, jeans stretti al ginocchio, lipgloss rosa, scarpe da ginnastica, vuole spiegare innanzitutto come è arrivata ad Arcore. “
Facevo la modella, nel 2007 avevo partecipato a La grande notte, con Gene Gnocchi e Afef, su Rai2.
Poi per tre anni sono uscita dal giro perchè mi ero fidanzata e mi interessava di più il lato sentimentale della vita.
Nella vita però tutto inizia e tutto finisce, così dopo tre anni sono tornata a dedicarmi al lavoro.
Comincio a girare un videoclip con Nina Senicar e un deejay di nome Dj Ben. Questi, credo su spinta di Lele Mora, mi chiede se volevo prendere un caffè ad Arcore.
Ho accettato: perchè non andare a prendere un caffè da un signore che è padrone di tre tv?”.
Ad Arcore, Imane arriva per la prima volta nel febbraio 2010. “C’erano già  altre ragazze. Ci accoglie il signor Silvio. Dopo la cena, Nicole Minetti e Barbara Faggioli si cambiano d’abito e si vestono da suore, con una tunica nera e una croce rossa sul velo. Ballano e a un certo punto si tolgono il vestito da suora, restano in lingerie e cominciano a dimenarsi attorno al palo della lap dance. C’era anche Lisandra Lopez, che non indossava le mutandine e quando si chinava lasciava vedere chiaramente il sedere nudo e anche, diciamo, la parte intima femminile”.
Tra il febbraio e il settembre 2010, Imane torna almeno altre quattro volte ad Arcore e una a villa Campari, a Lesa.
Riceve una busta con 2 mila euro a febbraio, con 5 mila a settembre. “Ma di questo parlerò solo al processo”.
Continua: “Ho partecipato anche a cene normali, ma altre volte invece ho visto situazioni che non mi piacevano affatto. Balletti volgari, ragazze nude. Non tutte le ragazze si comportavano in un modo che offende la dignità  delle donne, ma alcune sì. È gente che non sa che cosa siano i principi. Sono arrivate ai loro obiettivi con una sfacciataggine assurda e soprattutto prendendo in giro tutta Italia. Questo mi ha fatto decidere: io a questo gioco non ci sto”.
“Nicole Minetti? Lei era quella che organizzava le serate, lo sapevamo tutte. La signora faceva l’amministratrice… Ma io stavo alla larga da certa gente. Infatti nelle intercettazioni non c’è alcuna mia telefonata con lei o con altre ragazze. Lo dicevo anche al direttore Fede: non voglio fare comunella con persone che non mi danno nulla, anzi che come donna mi fanno sentire male. Però io non guardavo le altre, io guardavo me stessa. Mi era stata fatta una proposta, di lavorare per Milan channel, e io guardavo la mia strada”.
“Dopo la prima volta, è sempre Emilio Fede a contattarmi e a portarmi alle feste con la sua auto. Lele Mora no, per quel che mi riguarda c’entra ben poco. Mi conosceva perchè avevo lavorato per lui, ma credo che la prima volta, quando mi fece chiedere se volevo andare a prendere un caffè ad Arcore, si riferisse veramente a un caffè. È Emilio il protagonista principale di questa mia disavventura”.
Imane ha querelato il direttore per il suo intervento al Tg4 del 3 ottobre: “Incontro una ragazza in un ristorante di Milano, una ragazza che avevo incontrato, non portata da me, a una cena ad Arcore.
Mi dice: ‘Sono senza soldi, devo aiutare la mia famiglia’. Io le rispondo: non posso aiutarti. Tra l’altro essendo tu da me chiamata nell’elenco dei testimoni a mia difesa io non posso pagare un testimone, sarebbe corruzione.
Risposta di questa ragazza, Amin, Iamin, come diavolo si chiama: ‘Va bene. Allora siccome c’è un settimanale, un giornale che mi danno 50 mila euro perchè io possa raccontare, raccontare, raccontare, farò così’”.
Conclude Fede: “La procura dovrebbe prendere provvedimenti. Non dico che bisogna interrogarla o indagarla, bisognerebbe arrestarla una che fa questo, cioè che in cambio di soldi racconta delle falsità  pericolose”.
Imane prosegue diritta la sua storia: “Ruby non l’ho mai incontrata. Me ne ha parlato però Barbara Faggioli. Mi ha detto, sapendo che sono marocchina: c’è un’altra marocchina che potrebbe crearci problemi, perchè probabilmente ha video, foto, registrazioni delle serate. Ho visto invece più volte Katarina, la ragazza montenegrina che si dice fidanzata di Silvio. Mi è sembrata, diciamo così, sofferente. Quando, per attirare l’attenzione durante la festa del 4 settembre a Lesa, si è buttata dalle scale, mi ha fatto pena, tenerezza. Ma io poi non le davo retta. A una serata, Fede ha raccontato, davanti a me, a Giorgio Puricelli, il fisioterapista del Milan, che la sorella maggiore di Katarina teneva sotto torchio Berlusconi. E Fede, quando siamo andati via, in macchina mi ha ripetuto questa cosa. Era preoccupato. Non so. Io non ho chiesto niente, sono una persona che si fa i fatti suoi”.
I ricatti possibili: erano una delle preoccupazioni delle ragazze.
Anche Iman si allarma, la sera del 5 settembre: “Un ballerino cubano arrivato con Marysthell Garcia Polanco era seduto sul divano, ma armeggiava con il telefonino. Lo teneva in verticale. Secondo me stava facendo foto o video. Anche Barbara Faggioli si accorge e lancia l’allarme”. E “il signor Silvio?”. Imane lo giustifica. “Io non ce l’ho con lui. È un uomo. E un uomo di alto potere. Secondo me si è fatto trascinare da queste persone che credeva gli volessero bene. Io ce l’ho con i parassiti che gli stanno attorno. Certo, a volte si assopiva e le ragazze dovevano fare ancora di più per attirare la sua attenzione. Secondo me ha un appannamento mentale”.

Gianni Barbacetto e Antonella Mascali –
(da “Il Fatto Quotidiano“).

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FORZA GNOCCA: BERLUSCONI AFFIDA IL MARCHIO DEL PARTITO AL RE DELLE DISCOTECHE

Ottobre 8th, 2011 Riccardo Fucile

SI CHIAMEREBBE “SIAMO ITALIA” E IL SIMBOLO E’ GIA’ STATO REGISTRATO… L’AUTORE E’ UN PROPRIETARIO DI LOCALI, EX CONSIGLIERE DS A FORLI’, AMICO DI CORONA E LELE MORA…IL GARANTE DELL’OPERAZIONE E’ VITTORIO SGARBI

Il re delle notti di Romagna, il Cavaliere e il critico d’arte.
Ecco lo strano trio al lavoro sul nuovo simbolo del partito che il premier Silvio Berlusconi sta pensando per rilanciare la sua immagine. Insomma, non sarà  Forza Gnocca, ma poco ci manca.
Il simbolo della nuova Cosa berlusconiana potrebbe essere quello di Siamo Italia, ideato dal pr forlivese Sauro Moretti.
La conferma arriva dallo stesso Vittorio Sgarbi che conferma: “L’imprenditore Moretti è stato con me a pranzo dal premier a Roma, a Palazzo Grazioli (martedì 26 aprile, ndr). Moretti è una persona storicamente di sinistra, ma il dialogo con Berlusconi è stato caratterizzato davvero da un compiacimento e da una ammirazione reciproca”.
Tutto sarebbe partito dall’incontro di aprile con Silvio Berlusconi, a palazzo Grazioli. “Berlusconi era una persona che io ho sempre detestato”, spiega Moretti che poi però sembra essere stato folgorato sulla via di Palazzo Grazioli.
“Mi ha accolto e mi è piaciuto. Gli ho detto che non avrei mai votato per lui”.
E le donne? “Sarò stato sfortunato, ma in quell’incontro zero gnocca. Non sono state le donne a farmi incontrare col presidente”.
Intanto però sembra che l’interesse per quel simbolo sia reale tanto che Sgarbi si spinge a prospettare nuovi sviluppi: “ A breve, conto di organizzare un nuovo incontro con il premier e Moretti per proseguire, eventualmente, il discorso sul progetto in questione”.
Ma chi è Sauro Moretti?
“Ho 48 anni, sono sposato con due bimbi, lavoravo come assistente sanitario con i tossicodipendenti, ma mi sono sempre occupato di serate in discoteca e sono cresciuto in un mondo di relazioni”.
In Romagna Moretti si considera un “personaggino” locale, gestore di una discoteca di grido nella zona, il Controtempo, e Villa Prati, un ristorante della zona, locali frequentati da attrici e attricette.
Non un Lele Mora in salsa romagnola?
“Assolutamente no”, dice lui, anche se si considera amico di tutti, da Fabrizio Corona allo stesso Lele Mora.
Il curriculum politico di Moretti parte in realtà  dall’altra parte della barricata. “Ho fatto due legislature come consigliere comunale a Forlì per il Pds-Ds. Ma ho fatto delle cose a Botteghe Oscure e ho lavorato a Piazza Sant’Apostoli quando vinse le elezioni Prodi — spiega Moretti, che poi conclude — per il mio partito mi sono fatto un mazzo così, ma più ti davi da fare più ti scartavano”.
Ora il riscatto nella carriera politica potrebbe arrivare proprio dal politico prima combattuto.
“Non so ancora se lo venderò a lui , anche se ammetto che quando ho pensato al nome e simbolo l’ho disegnato pensando all’implosione del Pdl”.
Il marchio è già  stato registrato in sei categorie merceologiche (partito, associazione culturale, giornale, bandiera, abbigliamento) e si può trovare sul sito www.siamoitalia.it, un sito ancora vuoto, come il simbolo del resto. Moretti non si sbilancia neppure sul prezzo che farà  al Cavaliere:
“Non è una questione di soldi. Dipende qual è l’approccio. Io posso anche deciderlo di non darlo”, racconta il pr più famoso di Romagna, che poi lascia aperte le strade anche ad altri possibili acquirenti
“Chiunque lo prenda per me va bene: Montezemolo, Casini, ma anche Vendola e Bersani se lo vogliono”, anche se poi ammette che piace e calza benissimo per Berlusconi.
Pare che la più interessata sia Marina, la figlia del premier.
Il nuovo simbolo del centrodestra potrebbe dar luogo a un revival di sigle illustri.
Se “Siamo Italia” diventasse partito ecco che la sigla sarebbe Psi, se fosse movimento, Msi, per la gioia degli ex missini e degli ex socialisti dentro il Pdl. A proposito di socialisti, pare che Maurizio Sacconi abbia apprezzato il nuovo marchio di Moretti, esattamente così come il segretario del Pdl Angelino Alfano.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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SPUNTA IL CONDONO, TOMBALE O EDILIZIO: PALAZZO CHIGI SMENTISCE, IL PDL NO

Ottobre 8th, 2011 Riccardo Fucile

IL PREMIER STAREBBE PENSANDO A UNA MAXI-SANATORIA PER TROVARE I SOLDI NECESSARI A NON VARARE PROVVEDIMENTI A COSTO ZERO… LA NOTIZIA FINISCE SUI GIORNALI   E IERI SERA ARRIVA LA SMENTITA

Servono fondi per finanziare il decreto legge sullo sviluppo?
Nessun problema, c’è sempre il solito asso nella manica: il condono.
Sia esso ‘tombale’ o edilizio — a seconda delle correnti di maggioranza -, sarebbe questa l’ipotesi allo studio tra i maggiorenti dell’economia pidiellina.
Obiettivo? Trovare nuove risorse in grado di garantire un surplus di euro a un dl che, altrimenti, sarebbe concepito ‘a costo zero’.
Un’eventualità , quest’ultima, che farebbe storcere il naso a molti all’interno del Pdl.
Nel partito, del resto, non è piaciuta la tempistica di approvazione del provvedimento economico, che un mese fa doveva essere la risposta immediata ai mercati e la cui approvazione, invece, continua ad essere rinviata.
La prossima data utile dovrebbe essere il 20 ottobre, con la regia curata dal ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani, sul cui tavolo arriveranno le proposte dei colleghi di partito. Tra queste, neanche a dirlo, l’ennesimo, ipotetico condono. In varie salse.
C’è chi preferirebbe una sanatoria esclusivamente edilizia e chi, come lo stesso premier, starebbe pensando a un “condonone” edilizio/fiscale da proporre solo al termine di un percorso di riforme che riguarderebbe fisco e giustizia.
In pratica, una sorta di ‘condono tombale’, che sanerebbe una volta per tutte le pendenze di chi vi aderisce.
Altre proposte sul tavolo di Romani? Mini patrimoniale, dismissione degli immobili pubblici e nuovo intervento sulle pensioni. Il senso del Pdl per il condono, tuttavia, le mette in secondo piano. Almeno al momento.
Fatto sta che la sanatoria doveva essere solo un bisbiglio: forse la maggioranza voleva far circolare l’indiscrezione per capire l’effetto che avrebbe avuto, specie tra gli elettori.
Così non è stato.
Trascorse poche ore e fiutata l’aria ‘funesta’, stamane il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha smentito categoricamente l’opzione. Intervenuto a Radioanch’io su Radio1, il titolare della Farnesina ha detto che “la possibilità  di inserire un condono nel decreto sviluppo non è mai stata materia di discussione nelle nostro riflessioni e negli incontri recenti”.
E le indiscrezioni trapelate o fatte trapelare ad hoc?
Per Frattini “le supposizioni sono diventate notizie”.
Non sono supposizioni, però, i condoni messi in campo dalla coppia ‘Berlusconi premier/Tremonti ministro’ nel 2003 e nel 2009 (il famigerato scudo fiscale): non c’è due senza tre?
L’ipotesi non è esclusa a priori dai colonnelli del Pdl, che a rotazione hanno sbugiardato il ‘loro’ ministro degli esteri.
Il titolare per i Rapporti con le regioni, Raffaele Fitto, da Brindisi — dove si sta tenendo l’assemblea annuale dell’Anci — ha dichiarato che “sarebbe sbagliato escludere a priori delle misure, le valuteremo.
Ritengo — ha aggiunto — che sia sbagliato lanciarla come certezza così come sarebbe sbagliato escludere ogni misura con altrettanta certezza”.
L’ex presidente della regione Puglia ha poi spiegato che “il governo è alle prese con l’impostazione del decreto sviluppo e all’interno di quello si fanno le valutazioni su tutti i temi senza escluderne nessuno per cercare di comprendere quali possono essere i più pertinenti rispetto alle esigenze che abbiamo”.
Sulla stessa linea d’onda il capogruppo del Pdl a Montecitorio Fabrizio Cicchitto, che non ha escluso l’ipotesi sanatoria (“Si sta discutendo e di tutto — ha detto l’ex socialista — Ogni ipotesi è sul tappeto. Quindi anche quella del condono, come molte altre”) e il presidente dei senatori berlusconiani Maurizio Gasparri, secondo cui vanno considerate “tutte le misure, fiscali, di condono, di vendita di immobili, se sono collegate a un’operazione storica per la riduzione del debito e non a iniziative spot”.
Come dire: quelle di Frattini sono parole non vere.
Il teatrino del Pdl sul tema si è poi chiuso in serata, con Palazzo Chigi costretto a diffondere un comunicato stampa ‘anti-condono’.
Testuale: “Il governo non ha preso e non prende in considerazione ipotesi di condono. Indiscrezioni del genere a riguardo sono prive di fondamento e vengono escluse nel modo più totale”.
Tradotto: palazzo Chigi ha smentito chi smentiva Frattini, che a sua volta aveva smentito l’ipotesi condono.
La posizione della Lega sull’ipotesi di sanatoria? “Roba da Repubblica delle Banane, non possiamo certo pensare al condono per determinare le politiche di sviluppo e poi, già  il fatto di parlarne, crea danno perchè per le prossime scadenze determina un crollo del gettito”: parola del ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli.
Infuocata la reazione delle opposizioni.
In tal senso, il democratico Francesco Boccia è stato il primo a gridare alla levata di scudi.
Da registrare, inoltre, la dura levata di scudi da parte delle associazioni ambientaliste.
Se il WWF-FAI ritiene “irresponsabile” l’ipotesi di un nuovo condono Pdl, per Legambiente la sanatoria sarebbe l’ennesimo “schiaffo alla legalità ” sotto forma di “proposta imbarazzante”.
I condoni, del resto, non sono una novità  nelle varie esperienza governative di Silvio Berlusconi.
La fondazione Nens ne ha contati 17 soltanto nel periodo 2001-2005, per un gettito di oltre 20 miliardi di euro.
Il più memorabile è stato il cosiddetto ‘condono tombale’ inserito nella Finanziaria del 2003, che permetteva di emendarsi dai peccati fiscali commessi dal 1996 al 2001.
Se l’analisi è allargata agli ultimi 30 anni, invece, i condoni hanno garantito entrate all’erario per complessivi 104,5 miliardi di euro.
Il calcolo è stato fatto dalla Cgia di Mestre, che ha tenuto conto dei condoni edilizi, fiscali, previdenziali effettuati negli ultimi tre decenni.
Le sanatorie più fruttuose economicamente per le casse dello Stato, ricordano gli artigiani mestrini, sono state quelle tombali.
Nel 1982 e nel 1992 hanno garantito rispettivamente il 113% e il 120,6% del gettito previsto. Ora la storia rischia di ripetersi.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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L’AQUILA: SONO PIU’ DI DUEMILA I “NUOVI POVERI” AQUILANI CHE HANNO PERSO CASA E LAVORO

Ottobre 8th, 2011 Riccardo Fucile

SI TRATTA DI CITTADINI CHE FINO A DUE ANNI E MEZZO FA NON NECESSITAVANO DI SOSTEGNI PARTICOLARI….OGGI COSTRETTI A CHIEDERE ALLOGGI POPOLARI, SUSSIDI   ED ESENZIONI…L’EFFETTO DOMINO CAUSATO DAL TERREMOTO

Sono più di duemila i “nuovi poveri” aquilani secondo i dati forniti dall’Assessorato alle politiche sociali del capoluogo abruzzese al sito di informazione aquilano www.abruzzo24ore.tv.
Si tratta di cittadini che fino a due anni e mezzo fa non necessitavano di alcun sostegno particolare da parte delle istituzioni e che invece oggi chiedono un alloggio popolare, un sussidio o l’esenzione dal pagamento del servizio mensa a scuola per i propri figli.
Il terremoto, per queste persone, ha causato la perdita del lavoro oltre che della casa e, in una logico effetto domino, la caduta di tutta la macroeconomia familiare tanto da costringerli a chiedere aiuto.
I dati raccontano una situazione drammatica: 299 sono le domande presentate per la graduatoria delle case di edilizia residenziale per il bando 2010 riservato a famiglie con reddito fino a 12 mila euro. 120 sono i nuclei richiedenti appartamenti del Fondo immobiliare riservato alle famiglie in condizioni di particolare disagio sociale ed abitativo (peccato che il comune disponga ad oggi solo di 20 alloggi, tutti assegnati).
Per l’esenzione servizio mense scolastico, cui hanno diritto famiglie con reddito Isee inferiore ai 6 mila euro annui, nel 2010 sono state presentate 209 domande; 43 quelle per l’esenzione servizio scuolabus; 271 le richieste di rimborso spesa borse di studio (ne hanno diritto le famiglie con un reddito ISEE inferiore a 10mila euro) e 408 quelle per il rimborso testi scolastici sempre per famiglie con reddito Isee inferiore a 10 mila euro.
Tali cifre, come spiega Abruzzo24ore.tv “scaturiscono da una serie di rilevazioni, di incrocio di dati effettuati in base alle richieste di varia natura assistenziale monitorate dal Settore delle Politiche sociali”.
“L’emergenza sociale è gravissima. Ma non riceve la giusta attenzione” ha affermato l’assessore Stefania Pezzopane, titolare delle Politiche sociali aquilane, commentando i dati. “Il Comune – spiega – nonostante i tagli e le risorse economiche scarse ha ritenuto di dover affrontare l’emergenza con misure e provvedimenti specifici inseriti in bilancio.
Si dovrebbero vergognare invece quelle istituzioni che riducono e continuano a ridurre i fondi.
Uno dei tagli più macroscopici è quello effettuato dalla Regione sull’inclusione sociale.
È paradossale –   ha ancora aggiunto l’assessore –   che questa misura prima del terremoto venisse finanziata, mentre adesso che la soglia di povertà  aumenta, anche in conseguenza dei nuovi ‘poveri’ dovuti all’emergenza post teremoto, è azzerata.
Vanno studiate misure ad hoc, come il reddito minimo d’inserimento introdotto dall’ex Ministro Livia Turco.
Oggi che andrebbero riconfermate questo tipo di risposte siamo costretti a subire i tagli, o i silenzi della regione o le furbizie di chi cerca di speculare anche sulle povertà “.

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DIECI ANNI PER QUATTRO CHILOMETRI DI STRADA STATALE: ORA LA CORTE DEI CONTI CHIEDE 60 MILIONI DI DANNI

Ottobre 8th, 2011 Riccardo Fucile

LA SOCIETA’ DI BONIFICA CHE HA PROGETTATO LA STRADA DEI FURBETTI E ALTRI SOGGETTI RESPONSABILI DELLO SPERPERO POTREBBERO ESSERE CONDANNATI A UN MAXI RISARCIMENTO DEI DANNI

Grandi imprese di costruzioni, dirigenti Anas, progettisti, manager: attenzione.
Per tutti voi d’ora in avanti sarà  un po’ meno facile menare il can per l’aia con i lavori iniziati e mai finiti che succhiano soldi pubblici a tutto spiano, impoveriscono lo Stato e danneggiano i cittadini.
Per tutti voi sarà  un po’ più rischioso nascondervi dietro norme e codicilli scaricandovi l’un con l’altro il barile della responsabilità , senza pagare mai dazio.
Al termine di un’indagine affidata al gruppo per la tutela della spesa della Finanza di Roma sui lavori infiniti per la costruzione dei quattro chilometri della statale del lago di Como, la via di cui un anno fa si occupò il Fatto definendola la “strada dei furbetti”, il vice procuratore generale della Corte dei Conti del Lazio, Massimo Minerva, ha avviato una procedura per ottenere un maxi risarcimento danni: oltre 56 milioni di euro da 14 soggetti a vario titolo ritenuti responsabili dello sperpero.
La richiesta si basa su un principio elementare: chi sbaglia paga e risarcisce la collettività  danneggiata.
E non metaforicamente, ma mettendosi le mani in tasca.
Che di errori nella progettazione e poi nell’esecuzione dei lavori per la statale del lago di Como ne siano stati fatti è indubitabile, così come è fuori discussione che i danni per l’erario siano ingenti.
Per quei 4 chilometri di asfalto non ancora finiti dopo 10 anni e affidati con una gara all’Impregilo della triade Benetton-Gavio-Ligresti, lo Stato fino ad oggi ha pagato la bellezza di circa 230 milioni di euro, cioè quasi 60 milioni a chilometro, molto più del doppio dell’importo preventivato all’inizio dei lavori.
Secondo le ultime previsioni ufficiali la statale lombarda forse sarà  pronta alla fine del 2013 e quindi per completarla lo Stato dovrà  tirar fuori altri quattrini.
Se il taglio del nastro dovesse avvenire davvero a quella data, significherà  che i lavori avranno proceduto allo stratosferico ritmo medio di 36 centimetri all’anno, quanto due mattonelle di casa.
Neanche al tempo dei faraoni.
Tra i soggetti a cui la Corte dei conti chiede il risarcimento non ci sono, però, il presidente e i consiglieri Anas.
E la scelta è abbastanza sorprendente se si considera che 10 anni fa il progetto della Statale del lago di Como fu valutato, approvato e deliberato dai quattro consiglieri di amministrazione di allora, più il presidente Vincenzo Pozzi, sotto gli occhi del collegio sindacale e la vigilanza del magistrato della stessa Corte dei conti nell’azienda delle strade.
E se si pensa, inoltre, che anche i nuovi vertici Anas, a cominciare dal presidente, Pietro Ciucci, hanno preso decisioni importanti e opinabili per la Statale 36, come quella risalente al 2008 del pagamento senza batter ciglio di oltre 50 milioni di euro di danni all’Impregilo in seguito ad un lodo arbitrale che addossava la responsabilità  all’Anas per gli incredibili ritardi accumulati.
In quell’occasione Impregilo era rappresentata da Alberto Linguiti, figlio di Aldo, vice avvocato generale dello Stato.
Il risarcimento maggiore, il 60 per cento del totale, cioè 33 milioni e 680 mila euro, i magistrati contabili lo chiedono alla società  Bonifica.
Il motivo è semplice: furono i tecnici di Bonifica a preparare il progetto di quella strada, un elaborato in teoria banale, in una zona senza particolari problemi idrogeologici. In pratica, però, quel piano si è rivelato un disastro, con una sequela di errori da dilettanti allo sbaraglio.
Amministratore di Bonifica era Massimo Averardi che forse per ricompensa per quel progetto colabrodo qualche tempo dopo fu assunto dall’Anas con l’incarico di direttore della progettazione.
Nel progetto della Statale 36 non furono indicati, per esempio, decine e decine di quelli che in termine tecnico si chiamano i sottoservizi, cioè le condutture e le reti di luce, gas e acqua.
Con il risultato che, non sapendo che cosa esattamente andavano a scavare, ruspisti e operai si imbattevano in continuazione in “imprevisti” che in realtà  non avrebbero dovuto essere tali.
Un enorme tubo della rete Snam del diametro di 2 metri, cioè una delle dorsali principali italiane del gas, nel progetto di Bonifica, tanto per citare un caso, era indicato come un tubetto di 20 centimetri.
E decine e decine di aree su cui doveva passare il tracciato della strada nella realtà  non erano disponibili, cioè non era stato preso alcun accordo preventivo con i proprietari, o addirittura quelle superfici erano state ignorate con stravaganza dal progettista.
Quando gli errori di progettazione comportano un aumento di spesa complessiva superiore del 20 per cento rispetto all’importo fissato al momento della gara, per legge bisogna buttare tutto all’aria, rifare il progetto e ricominciare da capo.
La Statale 36 si trovava abbondantemente in questa situazione, tanto che diversi dirigenti Anas, compresi alcuni di quelli oggi chiamati a risarcire i danni, suggerirono questa soluzione drastica ai vertici aziendali per evitare ulteriori guai.
Che, infatti, si sono puntualmente verificati.
Ma i vertici Anas si impuntarono e chissà  perchè decisero che i lavori dovevano proseguire (si fa per dire, naturalmente).
L’unica cosa che è andata spedita sono stati invece i contenziosi, le penali, le varianti e gli arbitrati. I quattro chilometri della statale del lago di Como sono tuttora incompiuti, esempio mondiale di come non si deve costruire.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

argomento: Ambiente, Costume, denuncia, sprechi | Commenta »

TREMONTI PREPARA LA RESA DEI CONTI: “DISCUTANO PURE, TANTO DECIDO IO”

Ottobre 8th, 2011 Riccardo Fucile

SI FA STRADA L’IPOTESI AMATO PER BANKITALIA PER RISOLVERE IL DUELLO CON IL PREMIER…E BOSSI PENSA AI LINGOTTI DELLA BANCA D’ITALIA, SILVIO A DUE BEI CONDONI

La realtà  ha due facce.
Ci sono Berlusconi e i ministri del Pdl, convinti di essere riusciti a «commissariare» Tremonti.
E c’è lui, il ministro sotto processo. Che di questo presunto «commissariamento» si fa beffe e spiega agli amici che «il ministro Romani farà  l’elenco di tutte le proposte sul tavolo e poi dovrà  comunque riferire a me».
Ma la verità  è che il decreto sviluppo, il salvagente che dovrebbe tenere a galla ancora qualche mese il governo giustificandone la sopravvivenza, resta un miraggio.
Tanto che, annunciato per metà  mese, slitterà  ora almeno al 20 ottobre.
Solo sul braccio di ferro per la Banca d’Italia sembra essersi aperto uno spiraglio nella contesa tra palazzo Chigi e il ministro dell’Economia, visto che è spuntato il nome di Giuliano Amato tra le candidature contrapposte di Saccomanni (voluto da Berlusconi) e Grilli (voluto da Tremonti).
Nel lungo vertice a palazzo Grazioli, dedicato alla crescita, il Cavaliere non è comunque venuto a capo di niente.
Si è deciso di abbandonare l’impostazione di micro-interventi di semplificazione e sburocratizzazione. «Non servono, nessuno se ne accorgerebbe. Ci vuole una frustata». Meglio concentrarsi su 2 o 3 iniziative «che si vedano».
Campi d’azione individuati da Paolo Romani, il coordinatore del lavoro: energia, Tlc, infrastrutture, internazionalizzazione delle imprese.
«Ma non c’è una lira, su questo Tremonti è stato chiaro», ammette sconsolato un ministro.
La situazione, al momento, è senza uscite. Anche perchè la strada suggerita ieri da Umberto Bossi durante un summit a Montecitorio, alla presenza di Tremonti, Berlusconi e Letta, è apparsa subito impraticabile.
«Per me – ha buttato lì il capo del Carroccio lasciando tutti di stucco – l’unica è mettere le mani sull’oro della Banca d’Italia. Andiamo a vedere quanti lingotti gli sono ancora rimasti dopo l’ingresso nell’euro».
L’assalto ai caveau di via Nazionale è sembrato eccessivo.
Torna quindi in primo piano una vecchia idea del premier, rilanciata ieri da Fabrizio Cicchitto: il condono.
Anzi, i condoni, quello edilizio e quello fiscale.
Nonostante la contrarietà  del ministro dell’Economia, che anche ieri ha ripetuto che «l’Europa non li vuole, non possiamo portarli a riduzione della spesa corrente perchè sono entrate una tantum», il premier alla fine è sempre lì che va a parare.
Tanto da aver già  chiesto alla sondaggista Alessandra Ghisleri di testare l’impatto di un eventuale condono sull’opinione pubblica e alla Ragioneria di fargli sapere quanto gettito si potrebbe ricavare da una sanatoria di massa.
L’incontro di pugilato prosegue, nonostante la passeggiata in Transatlantico organizzata a sorpresa da Berlusconi con Tremonti per smentire dissapori con il ministro dell’Economia.
Intanto il primo round è proprio il ministro dell’Economia ad esserselo aggiudicato.
La stretta da 7 miliardi per l’anno prossimo, in sostanza i maxi-tagli ai ministeri della Difesa e delle Infrastrutture, dovrà  essere contabilizzata nel disegno di legge di stabilità  in arrivo la prossima settimana.
E Tremonti è sicuro di aver portato a casa il risultato, nonostante le proteste degli interessati.
«La legge di stabilità  – spiegano dall’Economia – metterà  in tabelle il pareggio di bilancio. Questo ci chiedeva l’Ue e la Bce e questo sarà  fatto».
Quanto all’incarico di «coordinamento» sul decreto sviluppo affidato a Romani, Tremonti non ci vede alcuna diminuzione del suo ruolo. Semmai, osservano fonti vicine al ministro, a dispiacersene saranno stati più Roberto Calderoli e Renato Brunetta, che a quel posto aspiravano.

Francesco Bei
(da “La Repubblica“)

argomento: Berlusconi, Costume, denuncia, economia | Commenta »

INTERCETTAZIONI, IL PDL TEME IL QUIRINALE: NIENTE FIDUCIA E NORME PIU’ SOFT

Ottobre 8th, 2011 Riccardo Fucile

MA IL VERO OBIETTIVO DEL GOVERNO E’ VARARE LA PRESCRIZIONE BREVE

Niente fiducia sulle intercettazioni.
“Napolitano non la vuole” dice una super fonte del Pdl.
“Colombe” al lavoro da qui a mercoledì. Per togliere alla legge bavaglio proprio quell’etichetta definita adesso “odiosa” dai berlusconiani più vicini al premier. Trasformarla in un’occasione per avvicinarsi all’Udc, per convincere il Terzo polo all’astensione, per recuperare “pure il voto di Giulia Bongiorno”, per mettere in difficoltà  Pd e Idv accettando qualche loro emendamento.
L’obiettivo è allentare la tensione su questa legge, per poi portare a casa, possibilmente senza polemiche e senza incorrere in uno stop del Colle,   la prescrizione breve per gli incensurati che ormai ha i giorni contati, visto che a metà  novembre potrebbe già  arrivare la sentenza sul caso Mills.
Alla mediazione sugli ascolti lavora Niccolò Ghedini in persona.
E con lui il neo relatore Enrico Costa. Che perfino sul carcere per i giornalisti, fino a tre anni per chi fa uscire telefonate irrilevanti, o da distruggere, o su terze persone non indagate, è pronto a dire: “Io ho già  dichiarato che non mi iscrivo al partito di chi vuole infierire sulla stampa”.
E cita l’ipotesi alternativa della democratica Ferranti – pene differenti a seconda di cosa si pubblica – come piattaforma per un possibile confronto.
Ma la sorpresa più significativa, con un passo indietro nel giro di soli due giorni,   arriva sull’udienza filtro e sul blackout che lo stesso Costa aveva teorizzato con il suo emendamento per riprendere una parte della legge Mastella e che ha causato le dimissioni da relatore della Bongiorno.
Sarà  per i buoni consigli di Napolitano che ha sempre teorizzato una legge condivisa. Sarà  per il timore che il Colle possa mettersi di traverso.
Sarà  per la pressione della stampa.
Sarà  per la preoccupazione di andare sotto col voto segreto, anche se lo stesso Costa è convinto che sulle intercettazioni la maggioranza “potrebbe essere assai più ampia della nostra perchè tutti le hanno in odio”.
Fatto sta che, le 13 passate da poco, quando Ghedini scivola via da Montecitorio, riservatamente già  dice a Costa che in questo weekend dovranno lavorare ad avvicinare l’udienza filtro al momento in cui le intercettazioni compaiono in un’ordinanza di arresto, o in un altro atto del pm autorizzato dal giudice.

Liana Milella
(da “La Repubblica“)

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UNDICIMILA TUNISINI A RISCHIO CLANDESTINITA’: SCADONO I PERMESSI TEMPORANEI

Ottobre 8th, 2011 Riccardo Fucile

I DOCUMENTI CONCESSI AD APRILE PER RESTARE IN ITALIA STANNO PER DIVENTARE CARTA STRACCIA: VALEVANO SEI MESI E NON SARANNO PROROGATI….PREOCCUPATE LE ASSOCIAZIONI CHE SI OCCUPANO DI ACCOGLIENZA

Undicimila permessi in scadenza. Undicimila tunisini pronti a entrare in clandestinità .
Il conto alla rovescia è cominciato. A partire da oggi ed entro metà  mese gli 11.800 permessi temporanei assegnati ad altrettanti nordafricani diventeranno carta straccia.
Il motivo? Semplice: i documenti concessi ad aprile scorso con un decreto del presidente del Consiglio valevano solo sei mesi.
Nessuna proroga è annunciata e così le associazioni che accolgono i migranti si troveranno a breve a ospitare irregolari. Arci, Caritas e Asgi lanciano l’allarme: “Il governo si muova”.
Undicimila nuovi irregolari.
Un passo indietro. Di fronte all’emergenza sbarchi, il 7 aprile scorso Silvio Berlusconi ha firmato un decreto per concedere permessi temporanei ai “cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa affluiti nel territorio nazionale dal 1 gennaio 2011 alla mezzanotte del 5 aprile 2011”. Nelle intenzioni del governo i permessi sarebbero dovuti servire come salvacondotto per attraversare le frontiere di Schengen e circolare liberamente in Europa.
Ma le restrizioni delle autorità  francesi hanno fatto sì che molti dei migranti siano rimasti in Italia. Quanti documenti sono stati concessi?
Stando alla Protezione civile circa 11.800. Il punto è un altro: Il decreto stabiliva la durata dei permessi in sei mesi.
E calcolando che le consegne sono partite l’8 aprile e si sono concluse nella seconda metà  di aprile 2011, entro metà  ottobre i titolari diventeranno di fatto clandestini.
Profughi libici e migranti tunisini.
I tunisini coi permessi in scadenza, così come i profughi provenienti dalla Libia e in attesa della procedura di riconoscimento dell’asilo, sono ospitati presso strutture pubbliche e associazioni. Attualmente sono 22.212 distribuiti in tutte le regioni italiane, con l’eccezione dell’Abruzzo ancora impegnato ad assistere i cittadini colpiti dal terremoto e per questo escluso dal piano di assistenza della Protezione civile 1.
Cosa accadrà  ora ai tunisini che diventeranno clandestini?
Dai volontari della Caritas veneziana, all’Arci di Genova, per arrivare agli avvocato dell’Associazione di studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) arriva un campanello d’allarme: “Siamo di fronte a una situazione assurda: i permessi di soggiorno sono in scadenza e non c’è nessuna presa di posizione da parte del governo”.
Marco Paggi dell’Asgi spiega: “Non c’è nessuna circolare che faccia chiarezza sulla possibilità  di rinnovare i permessi per quanti abbiano trovato un lavoro, tantomeno si sa qualcosa su eventuali proroghe per tutti gli altri. Il governo rimane in silenzio: una condotta irresponsabile. Nel vuoto più totale, in molti rischiano di diventare clandestini”.

Vladimiro Polchi
(da “La Repubblica”)

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