Novembre 16th, 2011 Riccardo Fucile
MONTI HA FINALMENTE ELIMINATO LA MARCHETTA LEGHISTA, MANGIATOIA PER LE TRUPPE PADAGNE… ORA CI SARA’ UN MINISTERO ALLA COESIONE TERRITORIALE COME IN TUTTI I PAESI CIVILI
Scompare con il nuovo governo di Mario Monti il ministero più caro a Umberto Bossi, il
ministero del Federalismo, sostituito con un più ecumenico dicastero per la Coesione territoriale.
Un scelta annunciata da parte di Mario Monti («Cerco la coesione tra nord e sud» aveva dichiarato nei giorni scorsi) e quasi scontato con il passaggio della Lega all’opposizione.
«Se il buongiorno si vede dal mattino allora è notte fonda e sarò felice di votare contro la fiducia al prossimo esecutivo», ha commentato il coordinatore delle segreterie nazionali della Lega Nord, Roberto Calderoli.
«Nulla da eccepire sulla qualità e sul livello delle singole persone nominate ma il riscontrare la nascita di un ministero per la coesione territoriale significa aver creato il ministero del centralismo- ha aggiunto Calderoli – ovvero che ancora una volta il Nord verrà spremuto per garantire a qualcuno di continuare a mangiare a sbafo”.
Fa sorridere che sia proprio lui, campione del mangiare a sbafo da anni con un ministero patacca, quello della Semplificazione del nulla, che solo Berlusconi poteva creare per assicurare uno stipendio a lui e alle decine di dipendenti al seguito, a parlare di roditori.
Il povero (si fa per dire) marito della signora Gancia evidentemente si intende più di spumantini che di spremute, visto che ci stanno pensando gli elettori a spremere i voti leghisti (dal 13% all’ 8% in pochi mesi) mentre lui continua a farneticare di “centralismo” e “federalismo” come se il problema non fosse invece tra “corretta e non corretta amministrazione”.
Il suo federalismo patacca sta solo producendo aumenti delle tasse locali, altro che soluzione miracolistica.
L’ex ministro dimentica persino che un dicastero simile esisteva già nel governo Berlusconi: Raffaele Fitto infatti era a capo del ministero per gli Affari regionali e la coesione territoriale. La denominazione della seconda parte è identica.
Forse lo stare lontani dal potere e dalle banche sta già determinando una crisi di astinenza in via Bellerio e Calderoli era sprovvisto di metadone.
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Novembre 16th, 2011 Riccardo Fucile
CHI SONO, CHE ATTIVITA’ SVOLGONO, DA DOVE PROVENGONO
Anna Maria Cancellieri — Interni
67 anni, romana, ex commissario prefettizio a Bologna (dopo il ‘Cinziagate’ in cui è stato coinvolto Del Bono) e appena nominata commissario a Parma. Il suo è un curriculum di tutto rispetto. Appena maggiorenne inizia a lavorare alla presidenza del Consiglio, poi si laurea in Scienze politiche a Roma e nel ’72, a Milano, inizia la carriera apicale al ministero dell’Interno. Nel 1993 è nominata prefetto. Da qui in poi, una sfilza di impegni: sub-commissario a Milano, commissario a Parma e poi prefetto a Vicenza, Bergamo, Brescia, Catania e Genova. Da segnalare anche il ruolo ricoperto come commissario del teatro Bellini di Catania.
Lorenzo Ornaghi — Cultura
63 anni, di Villasanta (Monza), è attuale rettore (al terzo mandato consecutivo) dell’università Cattolica di Milano, dove si è laureato in Scienze politiche nel 1972 ed è stato ricercatore fino al 1987, quando è diventato professore associato all’università di Teramo. Nel 1990 il ritorno a casa, come cattedratico di scienza politica nell’omonima facoltà . Già prorettore, diventa rettore nel 2002. Saggista e autore di prestigio, Ornaghi ricopre e ha ricoperto diversi incarichi di prestigio: è direttore dell’Aseri (Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali), della rivista Vita e pensiero, è vicepresidente di Avvenire e della Fondazione Vittorino Colombo di Milano. Non solo. Membro del Cda della Fondazione Policlinico IRCCS di Milano, dal 2001 al 2006 è stato presidente dell’Agenzia per le Onlus. Nel 2006 ha ricevuto l’Ambrogino d’oro dal Comune di Milano.
Corrado Passera — Sviluppo e Trasporti
56 anni, di Como, attualmente è amministratore delegato di Intesa Sanpaolo. Laureato alla Bocconi, master in Business Administration alla Wharton School di Philadelphia, dal 2005 è Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana e dal 2006 Cavaliere del Lavoro. Il manager ha un curriculum vitae a dir poco corposo. E’ membro del Consiglio di Amministrazione dell’Università Bocconi e della Fondazione Teatro alla Scala, consigliere e membro del Comitato Esecutivo dell’ABI — Associazione Bancaria Italiana, dell’International Executive Board for Europe, Middle East and Africa alla Wharton School, del Consiglio Generale della Fondazione Cini di Venezia e dell’International Business Council del World Economic Forum di Ginevra. Dopo una lunga collaborazione col gruppo De Benedetti (direttore generale di Cir, dg di Arnoldo Mondadori Editore e del gruppo editoriale L’Espresso), dopo passa a Olivetti, dove è co-amministratore delegato del gruppo Olivetti. Nel 1996 è amministratore delegato e direttore generale del Banco Ambrosiano Veneto e nel 1998 è nominato dal governo ad di Poste Italiane. Dal 2002 è a Banca Intesa e nel 2006 è tra gli artefici dell’integrazione tra Banca Intesa e Sanpaolo Imi, da cui nasce Intesa Sanpaolo.
Paola Severino — Giustizia
Stimato avvocato penalista e vicedirettore dell’Università Luiss “Guido Carli” di proprietà di Confindustria, dal 1997 al 2001 è stata vicepresidente del Consiglio della magistratura militare. Nel 2002, invece, è stata per quasi un mese in pole position per diventare presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. La sua candidatura era la sintesi di un accordo tra maggioranza e opposizione, ma alla fine l’intesa saltò e lei, che era un nome in quota Udc, alla fine, rinunciò all’incarico con un fax inviato direttamente a Pierferdinando Casini. Il suo nome era recentemente circolato come sostituta di Angelino Alfano a via Arenula.
Giampaolo Di Paola- Difesa
67 anni, originario di Torre Annunziata (Napoli), l’ammiraglio Di Paola è attuale presidente del comitato militare della Nato e dal 2004 al 2008 è stato capo di stato maggiore della Difesa (quindi sia con Prodi che con Berlusconi). A testimonianza della stima bipartisan nei suoi confronti, è stato capo di gabinetto prima con il ministro della Difesa in quota centrodestra Carlo Scognamiglio e poi col suo successore Sergio Mattarella (centrosinistra).
Elsa Fornero — Lavoro e Welfare
63 anni, docente di economia all’università di Torino, è direttore del Cerp (Centre for Research on Pensions and Welfare Policies), prestigioso centro studi sullo stato sociale in Italia e Europa. Elsa Fornero è anche vicepresidente del consiglio di Sorveglianza di Intesa Sanpaolo e e componente del Nucleo di valutazione sulla spesa previdenziale presso il ministero del Lavoro. Le sue aree di ricerca riguardano il risparmio delle famiglie, la previdenza pubblica e privata e le assicurazioni sulla vita, ed è convinta sostenitrice dell’estensione del metodo contributivo a tutti i lavoratori con previdenza complementare. Moglie di Mario Deaglio, economista ed editorialista de La Stampa.
Corrado Clini — Ambiente
64 anni, chirurgo, specializzato in medicina del lavoro, è direttore generale del ministero dell’Ambiente e funzionario dello stesso dicastero dal 1990. Clini ha collaborato con diverse università italiane, con l’Agenzia Europea dell’Ambiente e l’Onu, ha collaborato alla stesura del “Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra” ed è autore di oltre 40 pubblicazioni scientifiche.
Giulio Maria Terzi di Sant’Agata — Esteri
65 anni, originario di Bergamo, è l’attuale ambasciatore italiano a Washington. Già responsabile al Cerimoniale della Repubblica e per le visite ufficiali delle delegazioni del Governo Italiano all’estero, nel 1975 gli è stato affidato l’incarico di Primo Segretario per gli affari politici all’Ambasciata italiana a Parigi. Successivamente, è stato consigliere economico e commerciale in Canada per quasi cinque anni e console generale a Vancouver durante l’Expo ’86. Nel 1987 è tornato in Italia per lavorare con compiti di grande responsabilità prima presso la Direzione Generale degli Affari Economici e in seguito alla Direzione Generale del Personale. Successivamente è stato a Bruxelles, dove ha ricoperto la carica di Consigliere Politico della Rappresentanza d’Italia presso la Nato. Dal 1993 al 1998 è stato a New York presso la Rappresentanza d’Italia alle Nazioni Unite, prima come primo consigliere per gli affari politici, e successivamente come ministro e vice rappresentante permanente. Terzi di Sant’Agata ha già lavorato alla Farnesina come vice segretario generale, direttore generale per la cooperazione politica multilaterale e diritti umani e direttore politico. Non solo, negli anni scorsi è stato ambasciatore d’Italia in Israele e, dall’estate del 2008, è stato rappresentante permanente d’Italia alle Nazioni Unite a New York.
Mario Catania — Agricoltura
Dal novembre 2009 è capo Dipartimento delle politiche europee e internazionali del ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali. Sale quindi alla guida del ministero un tecnico, al Mipaaf dal 1978. E’ nato a Roma nel 1952. Catania ha avuto competenze, in qualità di capo dipartimento, in materia di politiche di mercato nel settore agricolo e agroalimentare, della pesca e dell’acquacoltura e ha curato i rapporti con l’Unione europea nella fase di formazione e di attuazione della normativa comunitaria del Consiglio, del Parlamento e della Commissione.
Renato Balduzzi — Salute
E’ un giurista esperto di Sanità e presidente dell’Agenas, agenzia per i servizi sanitari regionali. Al ministero della Salute ha già lavorato nell’ufficio legislativo dell’allora ministro Rosy Bindi. Nato a Voghera, 56 anni, è professore ordinario di diritto costituzionale nell’Università del Piemonte Orientale e professore invitato nell’Università di Paris-Val de Marne (Paris XII). Suo il contributo a scrivere importanti passaggi di leggi di riforma sanitaria varati durante il governo Prodi, come le norme sul lavoro in esclusiva dei medici del servizio pubblico. Nella sua biografia compaiono anche numerose pubblicazioni sul diritto regionale, l’organizzazione sanitaria, il diritto degli enti locali, drafting legislativo e anche le biotecnologie, tutti temi che fanno capo al dicastero che dovrà guidare. Consigliere giuridico dei Ministri della difesa (1989-1992) e della sanità (1996-2000). Capo dell’ufficio legislativo del Ministero della sanità dal 1997 al 1999; tra il 1997 e il 1999 ha presieduto la Commissione ministeriale per la riforma sanitaria. Dal maggio 2006 è consigliere giuridico del Ministro delle politiche per la famiglia.
Francesco Profumo — Istruzione
Nato a Savona il 3 maggio del ’53, ingegnere e docente universitario, dallo scorso 13 agosto è Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Ha iniziato la carriera nel 1978 in Ansaldo a Genova come ingegnere progettista. Nel 1985 si è trasferito a Torino dove ha intrapreso la carriera di ricercatore universitario. Nel 1995 è diventato professore ordinario nello stesso Ateneo, per poi assumere la carica di presidente della prima facoltà di Ingegneria del Politecnico dal 2003 al 2005; dal primo ottobre del 2005 è diventato rettore dello stesso ateneo (scadenza del mandato a settembre 2013). E’ stato “Visiting Professor” al Dipartimento di Ingegneria Elettrica dell’University of Wisconsin-Madison (USA), al Dipartimento di Ingegneria Elettrica della Nagasaki University (Giappone), al Dipartimento di Ingegneria Elettrica della Czech Technical University-Prague (Repubblica Ceca) e alla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Cordoba (Argentina). Oltre alla carriera accademica, Profumo è stato molto attivo in molti gruppi di lavoro internazionali, con numerosi riconoscimenti in tutto il mondo e tante pubblicazioni. Nel 2011 ha dato la sua disponibilità alla candidatura di Sindaco di Torino per il Partito Democratico, ma in seguito ha ritirato la candidatura. Presidente di Columbus, del Forum Torino ha fatto anche parte di un Panel del Comitato di Indirizzo per la Valutazione della Ricerca (Civr) del ministero dell’Istruzione. Già membro del Consiglio di Amministrazione di Reply, di Fidia SpA, Unicredit Private Bank, il 12 aprile 2011 è stato nominato membro del Consiglio di Amministrazione di Telecom Italia e ha svolto ruolo di Consigliere per Il Sole 24 Ore e per Pirelli.
Antonio Catricalà — Sottosegretario alla presidenza del Consiglio
59 anni, giurista originario di Catanzaro, dal 2005 è presidente dell’Antitrust, l’autorità garante della concorrenza e del mercato. Cavaliere di gran croce dell’ordine al merito della Repubblica Italiana, nel 2010 è stato designato quale nuovo presidente dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, ma ha rinunciato alla carica. E’ stato consigliere e presidente di sezione del Consiglio di Stato, professore a contratto d diritto privato nella facoltà di giurisprudenza dell’Università Tor Vergata di Roma ha insegnato diritto privato e attualmente insegna Diritto dei consumatori all’Università Luiss di Roma.
Enzo Moavero — Affari europei (senza portafogli)
Avvocato, 57 anni, Moavero una parte della sua vita l’ha passata all’estero. Come Mario Monti, di cui si dice sia l’alter ego giuridico, è stato a Yale. Dopodichè nel 1982 si specializza al Collegio Europeo di Bruges. Qui incassa un diploma di diritto comunitario. Nel 1983 è in Texas. All’università di Dallas si specializza in diritto internazionale. Nel 1995 l’incontro con Supermario. Moaverio e Monti, infatti, si conoscono a Bruxelles. Monti è appena stato nominato commissario europeo. Moavero lo segue come capo del suo gabinetto. Il tandem prosegue anche quando il neo premier diventa commissario per la Concorrenza. Nel 2002 Moavero diventa segretario generale aggiunto della Commissione Europea. Il suo compito: “Migliorare i metodi di lavoro della Commissione e promuovere la diffusione di pratiche ottimali». Dal 2005 al 2006 è direttore generale dell’Ufficio dei Consiglieri per le Politiche Europee della Commissione, per poi giurare a Lussemburgo come giudice del Tribunale di primo grado della Corte di Giustizia della Ue, ruolo che ricopre tuttora.
Andrea Riccardi — Cooperazione Internazionale (senza portafogli)
61 anni, romano, è professore ordinario di Storia contemporanea presso la Università degli Studi Roma Tre. Noto studioso della Chiesa in età moderna e contemporanea (tanto da essere considerato uno dei laici più autorevoli del panorama religioso internazionale) nel 1968 ha fondato la Comunità di Sant’Egidio. Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana, nel suo curriculum un’impressionante serie di onoreficenze per l’impegno per la pace nel mondo.
Piero Gnudi — Turismo e Sport (senza portafogli)
Nato a Bologna nel 1938, dottore commercialista iscritto e revisore contabile, è fondatore dello Studio Gnudi. Consigliere di Amministrazione di Unicredit, è membro del Consiglio Generale e della Giunta direttiva di Assonime, del Comitato Esecutivo e del Consiglio Generale dell’Aspen Istitute, del Comitato Direttivo del Consiglio per le Relazioni tra Italia e Stati Uniti. E’ stato presidente, membro del Consiglio di amministrazione, e Sindaco di importanti Società a cominciare da Enel (di cui è stato presidente), all’Iri, di cui è stato presidente e ad. E’ stato inoltre presidente di Rai Holding, presidente Locat, presidente Astaldi.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 16th, 2011 Riccardo Fucile
TERZI AGLI ESTERI, CANCELLIERI AGLI INTERNI, SEVERINO ALLA GIUSTIZIA, DI PAOLA ALLA DIFESA, PASSERA ALLO SVILUPPO, FORNERO AL LAVORO, PROFUMO ALL’ISTRUZIONE
Nasce ufficialmente il governo Monti. 
Alle 17 i ministri giureranno sulla Costituzione nella sala del Quirinale.
Presidente consiglio e economia ad interim: Mario Monti.
Ministri senza portafoglio: Enzo Moavero Milanesi, Piero Gnudi, Fabrizio Barca, Piero Giarda e Fabrizio Riccardi.
Agli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata,
Agli Interni Anna Maria Cancellieri.
Alla Giustizia Paola Severino
Alla Difesa Gianpaoalo di Paola
Allo Sviluppo economico e infrastrutture Corrado Passera,
All’Agricoltura Mario Catania
All’Ambiente Mario Clini,
Al Lavoro e politiche sociali Elsa Fornero
Alla Salute Renato Balduzzi,
All’Università e Istruzione Profumo,
Alla Cultura Lorenzo Ornaghi.
L’auspicio è che la formazione del nuovo esecutivo possa riuscire a stemperare la pressione dei mercati.
Il nuovo esecutivo potrebbe giurare già oggi pomeriggio.
Per l’articolo 92 della Costituzione i ministri sono nominati con decreto dal presidente della Repubblica su proposta del premier.
Tra giovedì e venerdì i due rami del Parlamento saranno chiamati ad esprimersi sulla fiducia al nuovo governo: prima il voto al Senato, poi alla Camera.
Monti ha incassato la disponibilità di parti sociali e imprese per un programma di rigore che rilanci la crescita.
Da Confindustria, Cgil, Cisl, Uil e Ugl c’è un sostanziale via libera a un’azione di governo che tenti l’uscita dalla crisi
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Novembre 16th, 2011 Riccardo Fucile
BERSANI CHIAMA LETTA: “MI SPIACE, MA NON E’ NIENTE DI PERSONALE”
Mario Monti incassa la sua prima delusione.
Non è bastato l’intervento deciso del Quirinale, nè è servito il vertice segreto di lunedì sera, in un’abitazione privata al centro di Roma, che ha visto seduti nello stesso salotto Pier Luigi Bersani, Angelino Alfano e Pier Ferdinando Casini.
Alla fine, se la notte appena passata non porterà consiglio, il Professore dovrà rassegnarsi: il suo sarà un governo composto esclusivamente di tecnici.
Nelle ultime 48 ore lo scontro si concentra tutto su questo punto.
Ed è anche il cuore di una telefonata tra il leader democratico e il sottosegretario uscente.
Del resto che il veto del Pd su Gianni Letta fosse insormontabile Monti lo comprende già dalla mattina, ricevendo la delegazione democratica a palazzo Giustiniani.
Il Professore annuncia: «Avrei intenzione di chiamare Giuliano Amato alla Farnesina».
Ergo servirà inserire Gianni Letta nella squadra per far digerire al Pdl l’ex premier socialista.
Casini, la sera precedente, aveva usato con Bersani e Alfano argomenti simili: «Amato gli serve. Mettere agli Esteri un diplomatico, seppure di prestigio come Terzi di Sant’Agata, lascia Monti scoperto sul piano politico. Quando vai a incontrare uno come Alain Juppè, che è stato primo ministro, serve un altro personaggio di caratura simile».
Ma l’argomento non fa breccia nel Pd.
«Amato va bene – spiega Bersani a Monti –, se questa è la sua scelta faccia pure. Ma non può essere messo in carico a noi, non si può usare Amato come il bilancino. E comunque è meglio se lei non inserisca politici nel governo: l’importante adesso è fare presto, è rischioso andarsi a infilare in questo ginepraio».
Bersani, quando più tardi racconterà ai suoi dell’incontro con il presidente incaricato, si mostrerà sempre inflessibile su questo punto: «A Monti ho detto che deve star tranquillo, deve andare avanti. Ma l’ho messo in guardia: se lei insiste con questa storia dei politici, il Pdl ne chiede uno, noi un altro, Casini un altro ancora e alla fine le viene giù tutto il condominio».
Insomma, la preoccupazione è che il tentativo Monti fallisca, mentre i democratici «non vogliono elezioni, vogliono servire Monti al meglio fino al 2013».
Secondo Bersani nemmeno nel Pdl ci sarebbe poi tutto questo entusiasmo nel chiedere che Gianni Letta venga nominato ministro.
Il segretario del Pd ne è convinto e lo dice anche a Monti: «Lei deve capire che non è tanto il centrodestra che sostiene Letta, ma sono altri mondi. Io ho parlato con Alfano e se lei gli chiede di indicare uno del Pdl si dispera: è circondato da ex ministri che sgomitano per essere riconfermati».
E tuttavia Monti non demorde.
Sale al Quirinale all’ora di pranzo e aggiorna Napolitano sullo stallo. Intravede spiragli e chiede: «Presidente, vorrei provarci ancora ad avere Letta in squadra in tandem con Giuliano Amato».
Supplemento di trattativa accordato dal Quirinale, fissando comunque il termine ultimo a questa mattina per la lista definitiva, e il pomeriggio per il giuramento. Anche per Napolitano infatti la linea è di ricercare e sostenere «ogni soluzione che rafforzi, politicamente e operativamente, la nascita del governo».
Nella notte Monti dovrà anche incrociare definitivamente nomi e caselle degli undici ministri, visto che il dodicesimo, quello dell’economia, ha comunicato al capo dello Stato di volerlo tenere per sè.
E potrebbe scapparci qualche «sorpresa» rispetto ai nomi circolati. Il presidente della Repubblica, prima della colazione con il premier incaricato, sonda in prima persona anche Bersani, ricevuto nel suo studio.
Il segretario insiste sulla «discontinuità », teme contraccolpi nel partito o con l’Idv.
In fondo però, gli viene fatto notare, Letta non è neanche iscritto al Pdl e ha ricoperto solo un ruolo istituzionale.
Un profilo che si concilia con un governo «tecnico», così come sarebbe per Amato. Monti dunque tratta ancora, con il mandato però a non forzare a tutti i costi.
Eppure il tentativo appare al limite dell’impossibile.
Viene respinta dal Pdl l’offerta di nominare Letta ministro dei rapporti con il Parlamento. Berlusconi semmai lo vorrebbe alla Giustizia.
Ma soprattutto sembra distante dalla trattativa. Ancora con la testa ovattata dopo la botta delle dimissioni.
L’opposizione che Amato trova nel Pdl rende anche più difficile l’inserimento di Letta. Basta un dettaglio.
Quando Monti riceve Alfano, Cicchitto e Gasparri, si sente fare questo discorso: «Caro Professore, con Amato il suo governo nascerebbe troppo sbilanciato a sinistra. O convince il Pd su Letta oppure niente».
Per rafforzare il concetto vengono persino squadernati sulla scrivania alcuni editoriali di Monti molto critici verso il governo Berlusconi: «Vede Professore, già lei non è stato troppo tenero con noi e ora vuole anche mettere Amato? ».
Monti obietta: «Se aveste con voi la collezione del Corriere trovereste articoli ugualmente critici verso Prodi».
Ma la discussione finisce lì.
La fotografia dell’impasse viene scatta nel pomeriggio a Montecitorio.
Nello studio di Fini si trovano Gianni Letta, Casini e Alfano.
Parte una telefonata in viva voce con Bersani.
Dal segretario Pd Letta apprende che non c’è «niente di personale» contro di lui.
Ma la scelta è fatta.
Francesco Bei e Umberto Rosso
(da “La Repubblica“)
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Novembre 16th, 2011 Riccardo Fucile
IL LEGAME TRA POLITICA E MALAFFARE: “UN ESEMPIO? LA DISMISSIONE DELLA TIRRENIA, LE IMPRESE CON A CAPO PERSONAGGI RICONDUCIBILI A DEPUTATI VICINI A BERLUSCONI”
È la denuncia di Aldo Di Biagio deputato di Fli, una delle vittime ribellatesi al metodo Verdini del
“dimmi cinque cose che desideri” a cui in cambio della fiducia al governo è stato anche consigliato di farsi una Fondazione dove avrebbero fatto arrivare soldi di Finmeccanica: “Non hanno cancellato l’Ice per sbaglio, altro che crisi, lo hanno fatto perchè non serviva più un Istituto per il Commercio Estero, anzi era ingombrante, tanto a chiudere i contratti per il Sudamerica c’era Lavitola che non accompagna il ministro Frattini e il premier per piacer suo, e per l’Est Europa altri faccendieri”.
Ma il ministro Paolo Romani aveva annunciato di voler fare un passo indietro sulla cancellazione dell’Ice trasformandolo in Ace.
Sì, Romani stava lavorando per inserire nel decreto Sviluppo la creazione dell’Ace, una nuova Agenzia per il commercio estero, che di fatto spogliava l’Ice di tutte le sue funzioni. E pare che avesse già pronta la nomina a Direttore generale per la sua cara amica Francesca Esposito che ha ottenuto un contratto da 150 mila euro l’anno in qualità di portavoce e capo della sua segreteria tecnica. Stipendio, considerato, evidentemente misero, visto che pochi giorni prima della caduta del governo ha cercato di ottenere un aumento.
Chi sarebbero i Lavitola che gestiscono i contratti nell’Est Europa?
In Russia sicuramente il Console Onorario Pierpaolo Lodigiani che risponde all’onorevole del Pdl Valentino Valentini, in pratica l’ombra di Berlusconi.
In base a cosa lo afferma?
Ho partecipato in qualità di capo missione a Krasnodar alla Missione Sistema Italia in Russia. Mentre io partecipavo ai tavoli tematici e incontravo le delegazioni, i contratti li chiudeva Pierpaolo Lodigiani su ordine dell’onorevole Valentino Valentini in qualità di consigliere internazionale dell’ex premier o come lo definisce l’ambasciatore Spogli — nel sito di Assange — “l’intermediario d’affari di Berlusconi in Russia”, socio del console onorario Lodigiani. La missione in Russia, dal 5 al 9 aprile 2009, a cui ha partecipato tutto l’apparato: banche, camere di commercio, ministeri, è costata al Paese diversi milioni di euro, ma si è conclusa con contratti di Eni e Finmeccanica, mentre le migliaia di imprese italiane sono tornate a mani vuote.
Ma in cosa consisterebbe il vantaggio per Berlusconi se i contratti li ha chiusi Eni e Finmeccanica?
Ai contratti chiusi dall’Eni vi partecipa una serie di società offshore di cui, ovviamente, si ignorano i proprietari e i beneficiari dei beni. Non credo sia difficile intuire i loro nomi. Chiediamoci: quale vantaggio ha portato al mercato italiano l’ingresso di Gazprom? Quali benefici ne hanno ricevuto consumatori e le imprese? Altro che interesse nazionale. Guardi la Missione in Russia è stata mortificante. Tutto quello che si svolgeva ufficialmente era di facciata, chi era lì per fare affari li faceva in separata sede poi se ne andava. Anche la presenza delle imprese è stata di facciata e gli imprenditori lo hanno capito e se ne sono lamentati fortemente. Avreste dovuto vedere come il Console Onorario Lodigiani si rivolgeva al governatore di Krasnodar, lo trattava come fosse un suo dipendente. Quando arrivammo a Mosca partecipammo alla visita al Cremlino con una delegazione di imprenditori, c’era anche Scajola che ai tempi era ministro dello Sviluppo economico, il presidente di Finmeccanica Guarguaglini e restai colpito dall’atteggiamento di Paolo Scaroni che è arrivato, si è appartato con Mendev e se n’è andato.
Quello che lei descrive è una sorta di sistema satellite che occupa tutti i gangli dello Stato.
È così. Andate a vedere chi è il Gruppo Maccaferri che ha chiuso l’accordo per le 15 centrali idroelettriche tra Serbia, Bosnia e Montenegro. Maccaferri è legato all’ex ministro dello Sviluppo Scajola. Per non parlare delle Fondazioni.
Cioè?
Prenda la Fondazione Italia-Usa che come tutti sanno fa capo al banchiere, coordinatore del Pdl Denis Verdini presieduta dal suo uomo di fiducia, il deputato del Pdl Rocco Girlanda, amministratore delegato del Gruppo che edita Il Corriere dell’Umbria, di Siena, di Arezzo, della Maremma, di Viterbo e di Rieti, ex componente della commissione bilancio e Giustizia. Sarebbe molto interessante sapere da chi riceve finanziamenti la Fondazione Italia-Usa. Magari, chissà , si scoprirebbe che vi arrivano anche i soldi di Finmeccanica!
Crede che il governo Monti potrà contribuire a ridare dignità allo Stato?
È un primo passo necessario per poi tornare alle urne. Società come Eni, Finmeccanica, Poste, Enel debbono riconquistare il loro ruolo strategico per il bene del Paese e debbono riemergere i veri uomini di Stato soffocati da questa piovra.
Sandra Amurri
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 16th, 2011 Riccardo Fucile
L’AGENDA DI GOVERNO DI MONTI NON PUO’ CHE COMINCIARE DALLA PRIMA B, LA BUROCRAZIA…UN ESEMPIO: 456.000 EURO PER DARE FOTOCOPIE DI UN PROGETTO A TUTTI GLI INVITATI
Racconta il progettista della stazione Tiburtina di Roma di una conferenza dei servizi, «decisa per accelerare», con 38 partecipanti: trentotto!
Un delirio: i 456 mila euro per dare le fotocopie del progetto a tutti gli invitati sono o no un costo della politica? Sì.
Ed è lì che, per fare le altre riforme necessarie, il nuovo premier dovrà mettere mano. Anzi, proprio per toccare il resto, dovrà «prima» affondare il bisturi lì: nel grasso della cattiva politica.
Va da sè che in una situazione come la nostra, dove i veti incrociati sono un incubo e il governo non può imporre alle Regioni manco la cilindrata delle autoblu senza beccarsi un ricorso alla Corte costituzionale, la strada del nuovo premier non sarà in discesa. Anzi.
Le resistenze saranno vischiose, le ostilità mascherate ma callose: meno funziona la macchina dello Stato più certi politici possono mettersi di traverso, sollecitare un aiutino che dovrà poi essere ricambiato, allargare la clientela.
Al punto che, dice la Corte dei conti, il costo supplementare delle «bustarelle» pretese per oliare il sistema sarebbe di 60 miliardi l’anno.
Una somma che prima del decollo dello spread fra i BtP e i Bund tedeschi sarebbe bastata a pagare gli interessi annuali sul nostro debito pubblico.
E forse non è un caso se la legge anticorruzione, approvata fra squilli di trombe dal governo Berlusconi il primo marzo 2010, giace da un anno e sette mesi sotto la polvere.
Il premier incaricato potrebbe partire da qua.
In ogni caso, come dicevamo, un punto è certo: incidere sui costi più offensivi della cattiva politica, gli consentirebbe di raccogliere nel Paese, tra i cittadini, quel consenso necessario non solo a scardinare le resistenze più corporative dentro il Parlamento, ma a spiegare poi a quegli stessi cittadini che qualche medicina amara andrà deglutita.
Un’opera di convincimento possibile solo a una classe dirigente capace di recuperare la credibilità perduta. Partendo, magari, da questo abbecedario.
A Auto blu
«Le abbiamo già dimezzate!», ha detto la ministra della Gioventù Giorgia Meloni mercoledì a La7. Il ministero della Difesa, che ha un centinaio di auto blu e 700 auto «grigie» nonostante solo in 14 avrebbero diritto al privilegio aveva appena acquistato 13 Maserati quattroporte blindate: alla faccia della manovra di luglio, che aveva stabilito la cilindrata massima di 1.600. Se ha ragione Brunetta si potrebbe risparmiare un miliardo l’anno. Da subito.
B Bilanci
È la riforma più urgente: i bilanci di Stato, Regioni, Province, Comuni sono un caos. Voci diverse, capitoli diversi, strutture diverse: ognuno fa come gli pare. Il tutto nella nebbia volutamente più fitta.
Cosa c’è nei 50 milioni di euro della voce «fondo unico di presidenza» di palazzo Chigi?
I soldi per le operazioni «discrete» degli 007 o la tinteggiatura dei muri? Servono bilanci unici, trasparenti, che lascino piena autonomia politica ma siano leggibili da tutti (le fognature si chiamino fognature, le consulenze consulenze) dove si capisca quanti soldi si spendono e per che cosa.
Così i cittadini potranno fare dei confronti innescando una spirale che porterà a risparmi veri.
C Conflitto d’interessi
L’Italia è diventata una Repubblica fondata sul conflitto d’interessi.
Basta con presidenti del Consiglio proprietari di reti televisive, ma anche assessori alla salute titolari di aziende fornitrici della sanità pubblica, sottosegretari proprietari di società che gestiscono la pubblicità per i giornali, sindaci geometri che presiedono giunte che approvano i loro progetti, avvocati-assessori che fanno causa alla propria amministrazione.
D Doppio lavoro
Se valessero a Roma le regole americane, ci sarebbero 186 parlamentari «fuorilegge»: tutti coloro che, pagati per fare i deputati o i senatori fanno pure altri mestieri, moltiplicando i propri affari grazie alla politica. E sottraendo tempo al proprio impegno istituzionale. Ecco: copiamo gli americani.
E Europa
Con la manovra di luglio si è deciso di equiparare gli stipendi dei nostri parlamentari alla media europea, sia pure corretta in base al Pil e limitata alle sei nazioni più grandi.
Anche i rimborsi elettorali andrebbero adeguati a quella media.
È inaccettabile che un italiano spenda in media 3 euro e 38 centesimi l’anno per mantenere i partiti, contro 2,58 degli spagnoli, 1,61 dei tedeschi e 1,25 dei francesi.
F Fisco
Una leggina infame permette a chi finanzia un politico di avere uno sconto fiscale 50 volte superiore a quello di chi dà soldi a un ente benefico o alla ricerca sul cancro. Avevano giurato di cambiarla, non l’hanno mai fatto.
E tutte le proposte di legge presentate per correggere questo abominio giacciono mestamente in parlamento. Vanno tirate fuori e approvate. Subito.
G Gettoni
Un consigliere comunale di Padova incassa per ogni seduta 45,90 euro, uno di Treviso 92, uno di Verona 160.
Per non dire delle regioni a statuto speciale, dove con trucchi vari un membro del consiglio municipale di Palermo può prendere 10mila euro al mese. Stop.
L’autonomia non c’entra e non può essere usata a capriccio: regole fisse per tutti, da Lampedusa a Vipiteno.
H High speed
I ritardi sulla velocità di download, dove nella classifica netindex.com siamo al 70° posto dopo Kazakistan e Rwanda, sono così abissali da far sospettare a una scelta inconfessabile: meno funzionano gli sportelli elettronici, più i cittadini dipendono dai «piaceri» della burocrazia e della politica. Con costi enormi, da tagliare.
I Indennità
Le «buste paga» devono essere trasparenti, commisurate alla media europea, per tutte le cariche: l’assessore alla sanità altoatesino non può guadagnare 6mila euro più del ministro della sanità di Berlino.
Basta furbizie, come certi rimborsi esentasse a forfait (magari anche a chi non ha la macchina, come nel Lazio) o il contributo per i portaborse che troppo spesso, incassato dal parlamentare, è girato ai collaboratori solo in minima parte e in nero.
Si faccia come a Strasburgo, dove gli assistenti sono pagati direttamente dall’Europarlamento.
L Limiti
Il governo Prodi nell’infuriare delle polemiche aveva fissato un limite massimo agli stipendi dei superburocrati: 289 mila euro.
Quel tetto, tuttavia, non è mai stato applicato. Tanto che il presidente delle Poste Giovanni Ialongo nel 2009 di euro ne ha presi 635 mila. Urgono nuove regole.
M Municipalizzate
Le società miste dei servizi pubblici locali sono state troppo spesso usate per aggirare le regole su assunzioni e appalti causando paurosi buchi finanziari ripianati dalla collettività . Basta.
È inammissibile che un comune, socio principale, approvi un bilancio in rosso senza risponderne.
Le regole devono essere le stesse del settore privato: chi truffa paga.
N Nomine
Il «manuale Cencelli», in base al quale vengono ripartite fra i partiti le poltrone pubbliche, vada al macero.
Le nomine devono obbedire esclusivamente a criteri di merito. Va fissata la regola che chi ha ricoperto una qualsiasi carica elettiva non può essere nominato in un’azienda pubblica almeno per cinque anni.
Sennò ogni poltrona diventa merce di scambio per i riciclati o per comprare un’alleanza.
O Onorevoli
Una legge costituzionale che preveda il dimezzamento dei Parlamentari e il superamento del bicameralismo perfetto si può approvare in 90 giorni. Sono tutti d’accordo, come dicono da mesi? Lo dimostrino.
P Province
Quante volte destra e sinistra hanno promesso che avrebbero abolito le Province? Costano fra i 14 e i 17 miliardi di euro l’anno e alla fine aveva accettato il taglio, sia pure a malincuore, anche la Lega.
Passino dalle parole ai fatti. Anche in questo caso basterebbero tre mesi.
Q Quadruplo
Il mercato dell’auto in Italia è sceso ai livelli del 1983. Da quell’anno preso ad esempio il Pil pro capite è cresciuto del 40% ma il costo della Camera e del Senato in termini reali è quadruplicato.
Un delirio megalomane. Da ricondurre a una maggiore sobrietà .
Anche mettendo fine al principio dell’autodichia, in base al quale nessuno può mettere becco sui conti di Camera, Senato e Quirinale. Un controllo esterno, visto quanto è successo, è obbligatorio.
R Regioni
È intollerabile che rispetto agli abitanti i consigli regionali della Lombardia o dell’Emilia-Romagna costino circa 8 euro pro capite, quello sardo 51 o quello aostano 124.
Identici servizi devono avere identici costi. Il «parametro 8 euro» farebbe risparmiare 606 milioni l’anno.
Tolto l’Alto Adige per l’accordo internazionale da rispettare, andrebbero riviste inoltre alcune regole delle autonomie: non possono essere occasione di ingiusti squilibri e privilegi.
S Scorte
Da decenni ogni ministro dell’Interno dice d’averle tagliate, ma è una bufala. A Roma il rapporto fra auto di scorta e volanti della polizia, lo dice il Sap ma il prefetto concorda, è di otto a uno.
Di più: la benzina per le scorte non manca mai, quella per le volanti o le gazzelle devono pagarla talvolta di tasca propria i poliziotti e i carabinieri.
T Trasparenza
Facciamo come gli inglesi: prendiamo le loro stesse regole sulla situazione patrimoniale di parlamentari, consiglieri regionali, sindaci e altre cariche elettive. Tutto trasparente, tutto sul Web.
A partire dai finanziamenti privati ai partiti, oggi non solo limitati alle somme sopra i 50 mila euro, ma inaccessibili on-line. In più, la certificazione dei bilanci dei partiti va resa obbligatoria.
U Uniformità
È la regola aurea della buona amministrazione.
I costi devono essere uniformi: dalle «liquidazioni» ai deputati alle siringhe delle Asl. Per mantenere i suoi dipendenti la Regione siciliana non può far pagare a ogni cittadino 353 contro i 21 euro della Lombardia.
E se si stabilisce il blocco delle assunzioni, questo deve riguardare, a maggior ragione, anche palazzo Chigi.
V Voli
Nel 2009 le ore volate per ogni membro del governo sono state del 23% superiori al record del 2005 e addirittura del 154,2% rispetto al 2007 (gabinetto Prodi).
La recente norma voluta da Tremonti che limita i voli blu ai massimi vertici dello Stato va applicata subito.
Con l’obbligo di pubblicare su internet i dettagli di ogni viaggio: nome dei passeggeri, destinazione, costo.
Una disposizione che dovrebbe essere retroattiva, perchè i cittadini si possano rendere conto di quello che è successo negli ultimi anni.
W Welfare
Prima di toccare le pensioni dei cittadini va radicalmente cambiato il sistema dei vitalizi, che oggi vede da 11 a 13 euro di uscite per ogni euro di contributi in entrata. Vale per il Parlamento, vale per le Regioni: 16 anni dopo la riforma Dini è scandaloso che qua e là si possa andare in pensione ancora a 51 anni con quattro di contributi.
Z Zavorra
Vanno tagliate subito sul serio tutte le spese esagerate.
I dipendenti di palazzo Chigi sono attualmente più di 4.600 contro i 1.337 del Cabinet Office di David Cameron.
La sola Camera paga per affitti 35 milioni di euro l’anno: 41 volte più che nel 1983. Una megalomania estesa alle Regioni. Dove negli ultimi anni gli investimenti immobiliari sono stati massicci.
La Puglia «sinistrorsa» ha appaltato la costruzione della nuova sede per 87 milioni, la Lombardia «destrorsa» per il Nuovo Pirellone con un mega-eliporto ne ha spesi 400. Per non dire di certi contratti extra lusso: ogni dipendente medio del Senato costa 137.525 euro.
Cioè 19 mila più dello stipendio dei 21 collaboratori stretti di Barack Obama.
Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella
(da “Il Corriere della Sera”)
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Novembre 16th, 2011 Riccardo Fucile
LA VOCE FUORI DAL CORO: “BASTA CON TUTTA QUESTA GENTE CALATA DALL’ALTO ANCHE NELLA LEGA”
“Ma quali elezioni subito! Non si può andare a nuove elezioni con questa porcata di legge
qui! Ben venga invece il governo di Monti, sperando che cambi finalmente anche questa schifosa legge elettorale perchè il popolo possa tornare a scegliere chi mandare in Parlamento. Basta con tutta ‘sta gente calata dall’alto. Certo, parlo anche della Lega”.
Pensi a un grillino, invece a parlare così è lo ‘Sceriffo’ di Treviso, Giancarlo Gentilini.
Un bastian contrario per definizione: se i vertici del Carroccio dicono bianco, lui dice nero.
Del tutto coerente quindi il suo gradimento per Monti, a dispetto della posizione ufficiale di Bossi. “La Lega starà all’opposizione? Beh, pazienza, per me doveva andarci anche prima — risponde secco — Non aspettare tre anni inutili in cui non è stato fatto niente. La Lega è nata per essere una sentinella, se non altro ora tornerà ad esserlo”.
In realtà per lo Sceriffo la ‘quadra’, in gergo leghista, sarebbe stata un governo guidato da Maroni, la sua nuova passione politica in perfetta sintonia con Flavio Tosi, l’altro eretico veneto, da lui ribattezzato lo Sceriffino.
“Mi sarebbe piaciuto vedere all’opera Maroni, perchè sarebbe stato l’unico in grado di guidare un governo politico di transizione in questa fase difficilissima. Non è stato possibile e allora mi va bene anche un Monti, purchè faccia le cose che deve fare e rimetta le cose a posto in questo Paese”.
Ma l’appoggio dell’alpino Gentilini all’ ministro dell’Interno va ben oltre, arrivando fino alla soglia del portone di via Bellerio.
“Lui è il vero delfino di Bossi ed è ora che prenda le redini del comando della Lega, finora è stato troppo penalizzato” dichiara senza indugio, osando sfidare già nella prossima giunta (com’è accaduto un paio di mesi fa) le ire del sindaco Gobbo, il fidatissimo uomo di Bossi in Veneto: “Non m’importa niente. Io dico quello che penso perchè non faccio il politico, faccio il sindaco e sto tutto il giorno in mezzo alla gente e so quello che il mio popolo vuole”.
Tradotto: la base leghista, in cui il gradimento per lo Sceriffo rasenta livelli di pura idolatria, vuole un vigoroso cambio di marcia del movimento.
“Io interpreto la volontà popolare — continua Gentilini — e la Lega deve tornare a sentire la gente da cui invece si è allontanata pericolosamente, stando troppo tempo a Roma fra pennichelle, ponentini e abbacchi”.
L’immagine di un certo lassismo da Palazzo “che corrompe” è dura a morire ma è anche una delle accuse più frequenti della base leghista verso onorevoli e senatori spediti in Parlamento: partono con il piglio di Attila, dopo due giorni sono già degli agnellini dimentichi.
“Anche per questo — insiste lo Sceriffo — la gente vuole tornare a scegliere i suoi rappresentanti, non limitarsi a votare quelli che vengono imposti dall’alto. C’è una grave crisi economica da risolvere e dare prospettive di lavoro ai nostri giovani, andare a votare in questo momento sarebbe molto peggio”.
Inutile sottolineare che anche stavolta la posizione di Gentilini sia praticamente unica nel panorama del Carroccio veneto, dove l’ordine di Bossi — “tutti all’opposizione” — è passato senza colpo ferire condiviso da tutti. Anche da Gentilini, anche lui in fondo sta all’opposizione.
Massimiliano Crosato
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Bossi, governo, la casta, LegaNord, Monti, Politica | Commenta »
Novembre 16th, 2011 Riccardo Fucile
DAL TALK SHOW DI MARZULLO ALLE COMMISSIONI SUL CINEMA: CI SONO ANCHE LE MOGLI DI FERRARA E MARTUSCIELLO
A ridosso del cambio della guardia al ministero dei Beni culturali, il conduttore demitiano e un’ampia pattuglia degli ospiti di “Cinematografo” ottengono la nomina negli organismi che valutano le pellicole e decidono i finanziamenti, racconta “Il Secolo XIX”.
Già zeppe di amici e familiari di politici, spesso digiuni dell’argomento
Sono le nomine in extremis lasciate in eredità dal ministro dei Beni culturali Giancarlo Galan, del Pdl.
Il caso lo solleva Il Secolo XIX, in un impietoso ritratto dedicato alle scelte compiute dall’ex governatore della Regione Veneto negli ultimi giorni del suo incarico, prima di lasciare l’ufficio al prossimo ministro probabilmente scelto da Mario Monti.
A cominciare dallo stesso Gigi Marzullo, messo in Rai da Ciriaco De Mita e da allora inamovibile, conduttore del programma serale “Cinematografo”, su Raiuno.
Marzullo entra nella commissione ministeriale dedicata alla promozione cinematografica.
Insieme al critico del Mattino Valerio Caprara, polemista del programma e già presidente della Campania Film Commission, “che è un ruolo istituzionale e quindi sarebbe stato meglio lasciar perdere”, nota il quotidiano genovese.
Napoletano è anche l’altra new entry, il giornalista politico di Panorama Carlo Puca. Per il quale “fu galeotta, pare, un’intervista al ministro Galan”.
Nella commissione che invece si occupa di vagliare le opere prime e seconde va un altro ospite fisso di Marzullo, Gianvito Casadonte, animatore del Magna Grecia Film Festival in Calabria.
Nella stessa commissione già siede il volto più noto di “Cinematografo”, la critica Anselma Dell’Olio (moglie di Giuliano Ferrara), insieme a Carlo Cozzi, che scrive di film su Il Secolo, storico giornale dell’Msi e successive trasformazioni.
Dall’ente che valuta i registi esordienti se ne va Antonia Postorivo, avvocato e moglie di Antonio D’Alì, senatore berlusconiano siciliano, già sottosegretario all’Interno.
Ma solo per approdare alla commissione più “sostanziosa”, quella che decide i finanziamenti delle opere ritenute di interesse culturale nazionale.
A dispensare denaro dello Stato per il cinema, Galan piazza anche Valeria Licastro Scardino, in passato segretaria di Fedele Confalonieri e in contatto con il ministro mancato Aldo Brancher.
Attualmente è responsabile delle relazioni istituzionali della berlusconiana Mondadori e grande animatrice della mondanità romana, nonchè moglie dell’ex deputato forzista campano Antonio Martusciello (sistemato all’Agcom).
Ma, scrive ancora Il Secolo XIX, “nessuno si spiega, neppure al ministero, perchè la bionda signora, non proprio nota come esperta di cinema, debba esprimersi sui film d’autore da coprodurre coi soldi pubblici”.
In compagnia, tra gli altri, di Alessandro Voglino, esponente di Alleanza nazionale a Roma.
argomento: Costume, denuncia, economia, governo, PdL, Politica, radici e valori | Commenta »
Novembre 16th, 2011 Riccardo Fucile
LA SFILATA DELLE CONSULTAZIONI DA PARTE DI BEN 21 GRUPPI E/O PARTITI SPESSO AUTOREFERENZIALI… E MENO MALE CHE GLI ITALIANI NE AVEVANO MANDATI IN PARLAMENTO SOLO CINQUE
Fra le ragioni per cui il governo spread-sidenziale di Mario Monti non è ancora riuscito a
entusiasmare i mercati va annoverato lo spettacolo incomprensibile offerto dalle consultazioni dei 21 (ventuno) partiti presenti in Parlamento.
Fare Italia, Liberaldemocratici, Liberali per l’Italia, Repubblicani Azionisti, Noi Sud, Io Sud, Forza Sud, Popolo e Territorio, Coesione Nazionale, altoatesini, valdostani, vecchi classici come socialisti, repubblicani e radicali e qualche altro manipolo di coraggiosi miracolosamente scampati alla mannaia del bipolarismo.
Molte di queste sigle sono ignote persino ai commessi della Camera.
Figuriamoci al professor Monti, che durante i colloqui coi vari Nucara, Iannacone e Antonione avrà passato metà del tempo soltanto per capire chi erano e soprattutto chi rappresentavano.
Alle ultime elezioni gli italiani mandarono in Parlamento cinque partiti.
Come abbiano fatto, in appena tre anni e mezzo, a diventare ventuno è un mistero per gli osservatori stranieri, ma non per noi.
Bastava guardare le facce di chi, dopo l’incontro con Monti, andava a rosolarsi al sole delle telecamere per leggere la sua bella dichiarazione.
Arturo Iannacone, che ha fondato un partito la settimana scorsa appena in tempo per le consultazioni, ha persino chiesto ai giornalisti se c’erano domande per lui.
E poichè non ce n’era nessuna, se n’è andato sorpreso.
Si sente un leader.
Ha perfettamente capito che in Italia conviene di più essere il numero uno di un monolocale che il numero due di un grattacielo.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa“)
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