Novembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
PROBABILE AUMENTO DI UNO O DUE PUNTI DELL’ALIQUOTA IVA DEL 21%…MA ANCHE QUELLA DEL 10% POTREBBE ESSERE TOCCATA
Più tasse sulle cose. Meno tasse sulle persone.
Un primo, “equo”, scambio potrebbe essere proprio questo.
Ovvero, aumentare l’Iva, ma diminuire l’Irpef. Alzando di uno o due punti l’aliquota ordinaria dell’imposta sui consumi, oggi al 21 per cento (e forse di uno anche l’aliquota ridotta del 10 per cento). In contropartita, ridurre i primi due scaglioni di Irpef al 22 e 26 per cento: un punto in meno dei livelli attuali.
Non proprio uno scambio alla pari, almeno per le famiglie italiane: 6,3 miliardi in più dagli scontrini, 4,2 miliardi in meno nelle dichiarazioni dei redditi, almeno secondo le proiezioni della Cgia di Mestre.
Ma di certo un segnale del percorso che il governo Monti intende seguire in ambito fiscale: graduale riduzione delle tasse sulle persone e sul lavoro (Irpef e Irap) “finanziata da un aumento del prelievo sui consumi e sulla proprietà “, ha detto il professore nel suo discorso alle Camere per la fiducia. In pratica, Iva e Ici.
Il paracadute Iva di certo porta rapidamente denari in cassa.
Ma deprime i consumi, accelera l’inflazione, erode il potere d’acquisto.
Senza contare l’incentivo all’evasione, già fortissima in questo campo (nell’area Ocse l’Italia fa meglio solo di Turchia e Messico nel rapporto tra gettito Iva effettivo e teorico).
E con una pressione fiscale che il Documento di economia e finanza (nella Nota aggiornata lo scorso settembre) stima pari al 43,9% nel 2013 – record in Europa – si tratta di una leva da azionare con cautela.
Un punto di Iva in più vale 4,2 miliardi annui (lo riporta la Relazione tecnica alla manovra d’agosto).
Se dunque l’aliquota ordinaria, che colpisce la quasi totalità dei beni di consumo, passasse dal 21 (livello appena rivisto all’insù di un punto proprio dalla manovra estiva) al 23 per cento, lo Stato incasserebbe ben 8,4 miliardi.
Di questi 6,3 verrebbero dalle tasche di 25 milioni di famiglie italiane.
Su cui graverebbe di nuovo l’Ici sulla prima casa (si chiamerà Imu, Imposta municipale unica) e la Res (nuova tassa comunale su Rifiuti e servizi).
Alla fine, ipotizza la Cgia, un esborso annuo medio di 483 euro a famiglia (ipotesi Imu al 6,6 per mille e Res al 2 per mille).
E 16 miliardi totali per le casse pubbliche.
Alzare anche l’aliquota Iva ridotta del 10 per cento è ancora più insidioso.
Intanto l’aumento di un punto vale “solo” 854 milioni all’anno.
Ma si abbatte su alcuni beni alimentari di base (carne, pesce, uova, acqua, frutta e verdura, pasticceria), alberghi, bar, ristoranti, farmaci, trasporti, spettacoli, elettricità , gas, telefono.
Carne viva.
La Banca d’Italia, rielaborando i dati Istat sui consumi e la spesa delle famiglie italiane, avverte che gli effetti redistributivi di eventuali inasprimenti dell’Iva non sono omogenei: “L’aumento dell’aliquota ordinaria incide maggiormente sulle famiglie con redditi più elevati. Quello delle aliquote ridotte incide significativamente sulle famiglie in condizioni economiche meno favorevoli”.
Nel primo caso, il rialzo di un punto (ad esempio dal 21 al 22 per cento) pesa sul 21 per cento della spesa delle famiglie del primo decile (le più povere) e sul 36 per cento per il decile più alto (le più ricche).
Al contrario, nel secondo caso (Iva dal 10 all’11 per cento) la quota di spesa interessata è il 26 per cento dei meno abbienti e il 21 per cento dei benestanti.
Coniugare rigore, crescita ed equità – il leit motiv del governo Monti – è anche considerare questi rapporti.
E incidere su evasione, elusioni, frodi carosello.
Che rendono l’Iva (95 miliardi di entrate nel 2010, il 6 per cento del Pil) un’imposta soggetta a “degrado” del gettito.
Nel 2006, secondo uno studio della Commissione europea, il gettito effettivo dell’Iva italiana era del 22 per cento inferiore a quello teorico, contro il 12 del complesso dell’Ue.
Un triste primato.
Valentina Conte
(da “La Repubblica“)
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Novembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
VETI E CONTROVETI NEGLI SCHIERAMENTI E CATRICALA’ RINVIA GLI INCONTRO PER LE NOMINE…PRIMA E’ OPPORTUNO UN CONTATTO TRA I SEGRETARI DI PARTITO
Fermate i motori. Trattative in stand-by e incontri di oggi congelati, per la formazione della squadra di viceministri e sottosegretari.
Troppi veti incrociati e dibattiti ritenuti “sterili” da Palazzo Chigi, in particolare su alcune delle deleghe più “calde”, dalla Giustizia alle Telecomunicazioni.
Tanto più in un momento così delicato: il presidente del Consiglio è alle prese col varo dei primi interventi economici ed è concentrato sulle missioni di domani e giovedì tra Bruxelles e Strasburgo.
Così, Mario Monti ha intimato uno stop al sottosegretario alla Presidenza Antonio Catricalà , incaricato di tenere i rapporti con le segreterie di Pd, Pdl e Terzo polo per la scelta dei 35 componenti mancanti del governo.
Non solo perchè il nodo si rivela più ingarbugliato del previsto e lo stesso premier intende occuparsene mercoledì (nella pausa romana tra i due vertici Ue) o più probabilmente venerdì.
Ma soprattutto perchè il Professore vuole che “i partiti raggiungano tra loro un’intesa preliminare” sulle deleghe e sulle rose di nomi.
Nei pochi contatti telefonici intercorsi nel fine settimana tra le segreterie, non è stato escluso che già tra stasera (al rientro dalla due giorni trascorsa all’estero da Angelino Alfano) e domani i big dei partiti che sostengono l’esecutivo possano avere un primo incontro informale, per confrontarsi e chiarirsi.
D’altronde, sembra essere questa la prassi prediletta d’ora innanzi dal premier, già collaudata sulla scelta dei ministri, coi vertici Alfano-Bersani-Casini durante le consultazioni.
La giostra di nomi per i posti nei dicasteri continua a girare vorticosa, a quelli circolati nel fine settimana si aggiunge adesso quello di Teresa Petrangolini, fondatrice del Tribunale per i diritti del malato, in corsa per una delega al Welfare, con la doppia sponda centrista e pd.
I problemi sono altrove.
Coi berlusconiani che insistono sulla sponsorizzazione di Michele Saponara alla Giustizia (e i democratici su quella di Massimo Brutti) e con la contesa aperta sulla delega strategica alle telecomunicazioni.
Monti ha fatto sapere che la scelta finale sulle rose dei nomi proposte dai partiti sarà sua e dei ministri.
Nel Pdl non sono pochi quelli che, come Guido Crosetto, vorrebbero puntare i piedi.
Il Parlamento ritrovi “il proprio ruolo”, dice l’ex sottosegretario alla Difesa, e se i ministri scelgono i sottosegretari “come fossero loro assistenti, allora serve un corso veloce sulle regole della democrazia”.
L’Idv col capogruppo Felice Belisario mette in guardia, al contrario, dalle “manovre sottobanco per lottizzare le nomine e trasformarle nel solito indegno mercato: siano tutti indipendenti”.
Una linea sulla quale si attesta anche qualcuno (ma non la maggioranza) nel Pd, come Mario Barbi: “Tutti tecnici, o cambia la natura del governo”.
Lo scontro nel frattempo si sposta anche sulle commissioni parlamentari.
La Lega, unica opposizione, rivendica quelle di garanzia: Copasir (D’Alema) e Vigilanza Rai (Zavoli).
Il fatto è che gli uomini di Bossi vorrebbero tenersi anche quelle che già deteneva in maggioranza.
Quattro: Bilancio, Esteri, Attività produttive e Ambiente alla Camera, e Politiche Ue al Senato.
D’Alema ha già messo a disposizione la sua presidenza.
Ma il Pd con Rosy Bindi detta le condizioni. “La Lega decida se essere di lotta o di governo: se vuole il Comitato di controllo sui servizi, rinunci alla presidenza delle altre”.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Novembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
OGGI PRIMO CONSIGLIO DEI MINISTRI E PRIMI INTERVENTI SU ICI E IVA, A FRONTE DI SGRAVI FISCALI SUI PRIVATI E IMPRESE…DOMANI VIAGGIO IN EUROPA PER L’OPERAZIONE CREDIBILITA’… CONTATTI AVVIATI CON OBAMA
Il primo no al suo governo Mario Monti lo incassa con aplomb. 
A Susanna Camusso che carica a testa bassa su Ici e pensioni il nuovo esecutivo non replica. Non per scarsa attenzione verso la leader della Cgil o le parti sociali, il cui accordo anzi viene considerato essenziale, ma perchè “parlare di queste cose è prematuro”.
Il professore della Bocconi a tutti chiede pazienza, il governo lo guida solo da tre giorni.
Ma un ministro che gli ha parlato al telefono riassume così la reazione del premier ai primi no di partiti e sindacati: “Finchè prendono i provvedimenti uno alla volta non troveremo mai un accordo con tutti. Quando invece avremo messo insieme le varie misure, quando saranno accorpate in pacchetti dove le riforme si compensano e i sacrifici sono accompagnati da benefici, allora potranno valutarne e discuterne l’impatto, cercando una convergenza complessiva”.
Questa la linea di Monti, buona anche per il rapporto con i partiti che lo sostengono in Parlamento.
Se il nuovo inquilino di Palazzo Chigi al momento ha rinviato la partita su viceministri e sottosegretari, ha invece in tasca il piano per garantire un collegamento tra il suo “governo di professori” e le Camere.
L’idea è quella di tenere dei vertici – una sorta di pre-consiglio dei ministri – alla vigilia dell’approvazione dei pacchetti di riforme più delicati.
Oltre a Monti vi parteciperanno i ministri interessati e i leader dei partiti di maggioranza (ovvero tutti tranne la Lega)
D’altra parte proprio ieri Repubblica ha svelato che il gabinetto Monti è nato dopo una serie di summit segreti tra lo stesso professore, Bersani, Casini e Alfano.
Un format da ripetere per permettere al consiglio dei ministri di adottare misure già preventivamente accettate da Pd, Pdl, Terzo Polo (e forse Idv).
Sistema che sarà adottato anche con le parti sociali. Salvo quando la particolare urgenza di un provvedimento costringerà Monti ad agire per decreto e dopo cercare il consenso degli altri attori.
Essenziale sarà anche il rapporto che ogni ministro saprà instaurare con i capigruppo delle commissioni parlamentari di sua competenza, un tasto sul quale il presidente consiglio ha battuto.
Intanto Monti prepara quella che i suoi collaboratori chiamano “Operazione credibilità “.
È il viaggio in Europa che lo impegnerà da domani.
Prima Bruxelles per vedere Barroso e Van Rompuy ai quali esporrà il suo programma di riforme per ridare all’Italia quella fiducia dissipata da Berlusconi.
Quindi, giovedì, a Strasburgo incontrerà in una trilaterale la Merkel e Sarkozy.
Un vertice essenziale per riportare Roma al centro del dibattito europeo dal quale con il Cavaliere è stata emarginata.
A tutti Monti ribadirà che con la sua cura l’Italia “riuscirà ad uscire dal tunnel della crisi”.
Poi il professore ripeterà l’operazione al di fuori della zona euro: il premier britannico David Cameron ha già chiesto un bilaterale, mentre in queste ore sono in corso contatti con Obama.
Gli incontri europei a Monti serviranno anche per ascoltare le indicazioni di Bruxelles, che lo aiuteranno a tarare la sua agenda di riforme.
In questo senso centrale sarà anche l’Eurogruppo del 29 novembre, dopo il quale si capirà se sarà necessario fare una manovra aggiuntiva e il piano Monti prenderà davvero forma.
Oggi al consiglio dei ministri ci sarà una prima ricognizione sul da farsi, con Monti che indicherà ai titolari dei singoli dicasteri le priorità su cui lavorare.
Dopo le trasferte in Europa, ai primi di dicembre, il premier potrà stabilire un’agenda definitiva del governo.
E se si considera che gli stessi ministri proprio in queste ore stanno prendendo possesso dei propri uffici e dossier, si capisce perchè le prime riforme dovrebbero arrivare nel migliore dei casi a ridosso del summit europeo del nove dicembre.
Si parla di (più) Iva e Ici, di (meno) Irpef e Irap e di denaro elettronico.
Quelle più impegnative (pensioni e mercato del lavoro), stando a quello che dicono più ministri di prima fascia, dovranno attendere “almeno fino a gennaio”.
Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica“)
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Novembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
IN QUESTA FASE ERA UN ESECUTIVO NECESSARIO PER LA GRAVE SITUAZIONE ECONOMICA DETERMINATASI NEL NOSTRO PAESE? O ERA PREFERIBILE ANDARE SUBITO AL VOTO? SI STA MUOVENDO IN MODO POSITIVO O NEGATIVO?
Vi segnaliamo che nella colonna sinistra del sito abbiamo lanciato un nuovo sondaggio in merito al giudizio che ritenete di dare sul governo Monti.
Abbiamo pensato di porre quattro possibili risposte, anche sulla base degli orientamenti che stanno facendosi largo nell’opinione pubblica.
Necessario, in quanto siamo di fronte ad una situazione economica molto grave che necessita sia di uno dei massimi esperti mondiali di economia che di un governo di larghe intese, se pur transitorio.
Un esecutivo di tecnici che sappia far decantare l’aspro confronto politico e al tempo stesso abbia il coraggio di imporre misure impopolari ma necessarie per far rientrare l’Italia negli equilibri economici europei.
Non dimenticando che la figura di Monti pone fine al processo di emarginazione e di scarsa credibilità della leadership italiana in Europa.
Meglio le elezioni, in quanto avrebbero portato a una miglior chiarimento dei rapporti di forza parlamentari, pur correndo l’Italia il rischio che i mercati non avrebbero apprezzato e avremmo quindi corso il serio pericolo di default.
E pur tenendo presente che si sarebbe andati a votare con l’attuale sistema elettorale che non garantisce una maggioranza ampia e/o certa al Senato, soprattutto alla luce di tre raggruppamenti elettorali.
Negativo, in quanto la presenza di soli tecnici appoggiati da un vasto arco parlamentare e il programma che presumete andranno ad adottare non sono idonei a traghettarci verso l’uscita dalla crisi.
Positivo, in quanto per le ragioni opposte pensate invece che sia stata la scelta migliore, con competenze tecniche tali da saper coniugare equità , rigore e risanamento dei conti, proprio per la mancata presenza di politici incapaci di operare, per interessi di partito, scelte impopolari.
Non vi resta che indicare quale risposta sia quella più vicina al vostro pensiero.
Il sistema permette di votare una sola volta, al fine di rendere più attendibile il sondaggio.
argomento: economia, elezioni, emergenza, governo, Monti, Parlamento, Politica, radici e valori | Commenta »