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LA DESTRA SOCIALE IN LOMBARDIA NON PUO’ CHE VOTARE AMBROSOLI: NON CONSEGNARE IL NORD ALLA BECERODESTRA CHE HA SFASCIATO L’ITALIA, PORTATO I SOLDI IN TANZANIA, RUBATO IN REGIONE E VIOLATO LE LEGGI INTERNAZIONALI

Febbraio 8th, 2013 Riccardo Fucile

DIFFONDI L’INVITO AL VOTO DISGIUNTO: FAI COME HA AGITO MARONI CON CENTINAIA DI PROFUGHI FATTI AFFOGARE IN MARE O RICONSEGNATI AL CRIMINALE GHEDDAFI:   RESPINGILO NELLA SUITE DI VIA BELLERIO

La destra sociale, dei diritti civili, legalitaria ed europea,
quella che non truffa con le quote latte sottraendo 4,5 miliardi allo Stato con i quali non avreste pagato l’Imu,

quella che non porta i soldi pubblici in Tanzania e che non ha contatti con famiglie della ‘ndrangheta,

quella che non usa i fondi regionali per spese e lussi privati,

quella che non agita la scopa contro gli avversari interni solo per carpirne la poltrona, salvo mantenere al proprio posto i compagni di merende inquisiti,

quella che non si appropria dei meriti di magistrati e forze dell’ordine nella lotta alla mafia per crearsi un’immagine presentabile,

quella che non viola le norme del diritto internazionale respingendo i poveracci sulle carrette, condannandoli alla morte o alle torture nelle prigioni libiche,

quella che non fa accordi con dittatori e criminali che bombardano il proprio popolo, quella che non canta “senti che puzza, sono arrivati i napoletani”,

quella che pensa che la padagna sia solo una patacca che ha permesso a una classe dirigente politica di “scappati di casa” di succhiare stipendi e posti di potere ben retribuiti prendendo per il culo milioni di persone,

quella che ama l’Italia tutta, da nord a sud senza distinzione, e che avrebbe gia applicato la legge Mancino contro certa feccia razzista, invece che giustificarla,

quella che si sbellica dalle risate di fronte alle visioni notturne di chi invoca che il 75% delle “nostre tasse” debbono “restare a noi”, salvo poi non saper spiegare chi pagherebbe i dipendenti pubblici della sanita, dell’istruzione, della sicurezza,

quella che vuole chiudere definitivamente con una becerodestra che da venti anni sta distruggendo la possibilità  che emerga anche in Italia una moderna destra europea come in altri Stati del nostro continente, attenta alla legalità , alla solidarietà , al lavoro, all’etica e al senso dello Stato, ai diritti civili, alla socialità ,

ebbene questa nuova destra lancia un appello alle centinaia di lettori che ci seguono anche in Lombardia.
Fate circolare questo appello tra gli amici, attraverso il copia-incolla del link sui social network, contattate i vostri conoscenti, fate comunicati stampa ai media locali, premete su associazioni d’area: il voto alle regionali in Lombardia è fondamentale.
Non permettete che la becero destra si impossessi del Nord per curare i propri intrallazzi, questa è l’occasione per spazzarli via: se Maroni venisse sconfitto, dopo tutti i miliardi che ha speso, sarà  costretto a dimettersi da segretario della Lega.
E’ l’ora di fargli capire che non tutti gli elettori di destra sono trinariciuti: le elezioni si decideranno per poche migliaia di voti e tutti voi potete essere determinanti.
La nostra storia politica personale è a prova di qualsiasi “contaminazione” con la sinistra, ma stavolta bisogna “saper guardare oltre il contigente”.
Votare Albertini o altri candidati minori come governatore è solo fare un favore a Maroni e consegnare il nord ad altri anni di oscurantismo.
Turatevi il naso nel caso, ma votate Ambrosoli, esponente della società  civile che avrebbe potuto essere anche un candidato moderato.
Se vincerà  per pochi voti sarete stati determinanti per costruire una nuova destra in Italia, quella del futuro.
Perchè è solo dalle macerie che può iniziare la ricostruzione.
Fatelo anche per quel ragazzo annegato al largo di Lampedusa.
Anche lui avrebbe voluto vivere in un’Italia migliore.
Costruiamola insieme.

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TERZO DOPO GRILLO, L’INCUBO DI BERLUSCONI

Febbraio 8th, 2013 Riccardo Fucile

IL PDL INTORNO AL 20% MA IL PDL ORA SENTE IL FIATO DI GRILLO…IL CAVALIERE NON PUO’ FARE LA FIGURA DI TERMINARE TERZO

«Ho messo la freccia del sorpasso», annuncia gasatissimo il Cavaliere.
Però intanto tiene un occhio incollato allo specchietto retrovisore, in quanto sulla scia è spuntato Grillo.
Il bolide dell’ex-comico guadagna terreno, secondo i sondaggisti cresce un punto e mezzo a settimana.
E quando ne mancano due al traguardo, Berlusconi deve cambiare marcia se vuol difendere la seconda piazza del suo partito che sta un filo sopra al 20 per cento, con il M5S un filo sotto.
Arrivare terzo, per Silvio, sai che smacco sarebbe…
Inoltre, cedere a Grillo il secondo posto del podio darebbe avvio a un bipolarismo di tipo nuovo, a una polarizzazione in prospettiva tra Pd e grillini (laddove nell’ultimo ventennio era stata tra destra e sinistra).
Tutto dipenderà  dalla scelta degli indecisi, che sono ancora numerosi e in buona parte berlusconiani delusi.
Guarda caso, proprio lì Grillo sta provando a mietere consensi.
Tra gli strateghi berlusconiani, nonchè al Cavaliere medesimo, fa sensazione la lettera programmatica appena inoltrata via web da Grillo.
Dei suoi venti impegni assunti con l’Italia, circa la metà  solleticano la pancia del popolo di centrodestra.
E tra le restanti promesse ce ne sono alcune che si spingono dove mai aveva osato il Messia di Arcore (ma i suoi elettori non vedrebbero l’ora).
Tipo il «politometro» per verificare gli arricchimenti illeciti degli ultimi vent’anni. Oppure il referendum sulla permanenza nell’euro.
O l’abolizione tout court di Equitalia…
Dunque Berlusconi si guarda alle spalle.
Non come leader di una coalizione che per la Camera comprende la Lega e altre 7 formazioni politiche, che punta al 30 per cento ed è realisticamente fuori della portata di Grillo; bensì come Pdl, purgato da molti ex-An (non tutti) e sempre più somigliante alla Forza Italia d’antan.
Aspettiamoci che il Cav estragga dal suo cilindro un altro po’ di «proposte-choc», nella speranza di tenere su di sè l’attenzione.
Nel frattempo, però, Berlusconi ha già  messo mano al piano d’emergenza, un codice rosso che in altre occasioni si è rivelato efficace.
Mira a prosciugare i piccoli partiti dell’orbita moderata, incominciando dal più pericoloso di tutti: Fare per Fermare il Declino, la formazione politica di Giannino.
Rispetto ad altri competitor, Oscar ha il vantaggio di conoscere a fondo l’accampamento berlusconiano, dove per un periodo ha bazzicato da personaggio di frontiera qual è sempre stato.
La sorte ha voluto che proprio Giannino faccia la differenza in Lombardia, regione chiave per il controllo del Senato.
Di qui gli attacchi frontali del Cavaliere, gli appelli a ritirarsi dall’agone (destinati solo a gratificare l’ego del più giovane rivale).
Sullo slancio, Silvio è andato oltre, paragonando i piccoli partiti a una disgrazia per la democrazia italiana, degli inutili parassiti.
Mettendo tutti quanti nel mazzo, compresi i «sette nani» alleati di Pdl e Lega. Ecco l’elenco: Grande Sud-Mpa, Fratelli d’Italia, Pensionati, Intesa Popolare, Destra di Storace, Mir di Samorì, Liberi da Equitalia.
Tra questi, ce la farà  solo chi supera il 2 per cento, oppure si piazza per primo tra chi non ci arriva.
Al momento, nessuno sembra in grado di scavalcare la fatidica soglia.
La Russa, che guida i Fratelli d’Italia insieme con la Meloni e Crosetto, nel salotto di Vespa ha quasi insultato Manheimer e Alessandra Ghisleri che hanno la colpa di stimarlo più basso.
Ma come diavolo possono crescere, Fd’I e gli altri, se addirittura il capo coalizione esorta a non disperdere voti su di loro? Per cui Storace ha fatto le sue forti rimostranze a Berlusconi («Se ci disprezzi, spiegami la ragione dell’alleanza con noi»); idem La Russa, con una serie di messaggini a Silvio-Dracula.
Uno dei quali rammenta che la Dc, nella sua saggezza politica, non cercava di succhiare il sangue ai partitini alleati, anzi invitava a votarli.
Per ora Berlusconi ha cambiato registro, precisando che ce l’ha con Giannino, Fini, Casini, mica con gli alleati.
Ma si può star certi che, se Grillo arrivasse vicino al sorpasso, il Cavaliere non si farebbe più di questi scrupoli.
Sarebbe la prima volta…

Ugo Magri
(da “La Stampa”)

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“CHE FAI TE NE VAI?” ERRORI E SEDIE VUOTE ALLO SHOW DI BERLUSCONI

Febbraio 8th, 2013 Riccardo Fucile

IL LEADER PDL TORNA ALL’AUDITORIUM DOVE SI CONSUMà’ LA ROTTURA DEFINITIVA CON FINI… MA QUESTA VOLTA NON È LUI A CACCIARE LE PERSONE, SONO LORO CHE SE NE VANNO

Un buon piazzista sa quando fermarsi, finire e non scocciare più il cliente.
Il crepuscolo di Silvio Berlusconi è soprattutto nella platea che inizia a svuotarsi alle 19 e 50. Il Cavaliere sta parlando dalle 18 e 20 e concluderà  alle 20 e 20 passate.
Un vecchietto in diciottesimo fila, combattivo all’inizio contro fotografi e giornalisti in piedi, “Voglio vedere e sentire il Presidente”, il vecchietto dicevamo anche lui ore e cinque minuti.
Auditorium di via della Conciliazione, laddove Gianfranco Fini sfidò Berlusconi, “Che fai mi cacci?”.
Questa è la strada che dopo poche centinaia di metri termina davanti San Pietro. Ma la Chiesa, per Berlusconi, è più lontana di quanto appaia.
Il cardinale Bagnasco, capo dei vescovi italiani, ha appena detto che “gli italiani non si faranno più abbindolare”.
Chiaro riferimento alle balle elettorale travestite da promesse del Cavaliere.
L’ultima : quattro milioni di posti di lavoro. Berlusconi la spara in mattinata, quando è buio già  si corregge.
Dice che i 4 milioni sono un’ipotesi non una promessa. La marcia indietro avviene nella prima mezz’ora.
Cabaret puro, l’unica specialità  che ormai riesce all’ex premier.
Berlusconi imita Bersani, con la cadenza emiliana: “Berlusconi ha detto un’altra stronzata. Ma la stronzata di oggi è la più grande di tutte”.
Segue la contorta spiegazione perchè i 4 milioni di posti di lavoro sono un’ipotesi, “una pensata”, e non una promessa, possibile grazie, dice lui, agli imprenditori-eroi che dovrebbero assumero un giovane a testa (dalla platea gridano: “Solo italiano”) senza pagare contributi e tasse.
Berlusconi vive su un altro pianeta, in cui la “rimonta straordinaria è in atto”.
Concede un’altra gag a beneficio del segretario-maggiordomo Angelino Alfano, seduto di fronte a lui e che ride sempre, anche quando chiude gli occhi stordito dall’oratoria del Capo.
B. dice che “Angelino è il migliore di tutti” e che “presto toccherà  a te”, poi lo invita ad alzarsi per ringraziare degli applausi e lui, “Silvio”, si accuccia per scomparire, dietro al podio:
“Mi è venuto di fare così”. Come a dire: “Finchè ci sono io non ci sarà  spazio per nessuno, devo solo scomparire”.
Appunto.
Del resto, all’auditorium esiste solo e soltanto lui, il Cavaliere candidato per la sesta volta.
Il ventre sempre più gonfio trattenuto dal doppiopetto blu, la maschera di cerone, i capelli di un marrone luccicante.
Una marionetta inquietante che si entusiasma “come ai bei vecchi tempi” del ’94.
Il discorso è un condensato dei comizi degli ultimi cinque anni: la giustizia, la sinistra che odia e che invidia, il rito stantìo delle domandine (“volete voi…?”), l’appello ad andare “a convertire le genti come missionari di verità , libertà  e democrazia, andate e convincete”, la solita ed estenuante spiegazione dell’iter legislativo tutto in mano “ai giudici di sinistra della Corte costituzionale”.
Rispetto al passato, però il Cavaliere ha un’ansia da prestazione.
La sua fluvialità  è nervosa, vuole dire tutto a tutti, facendosi capire per recuperare voti.
Per questo parla per due ore, anche quando la gente è andata via, e per questo se la prende con le tv “non amiche” che danno solo cinque minuti a lui che si alza alle cinque di mattina per iniziare a lavorare.
Il passaggio clou sulla crisi economica è l’apologia del suo conflitto d’interessi: “La pubblicità  ha registrato un meno venti per cento e senza stimoli televisivi i consumi non aumentano e di conseguenza gli imprenditori licenziano”.
Per la prima volta, poi, c’è anche chi lo contesta.
Un signore, che spesso applaude, lo interrompe quattro volte “sull’invenzione dello spread” e le dimissioni del novembre 2011.
Berlusconi si stizzisce, fa finta di non capire e continua con le sue gaffe.
Parole storpiate o sbagliate una dopo l’altra: “termorealizzatore” al posto di “termovalorizzatore”, “spirale recessionista” e poi un sublime “Badesburg”.
Voleva richiamare la Bad Godesberg dei socialdemocratici. Nel maggio di due anni l’aveva trasformata in “Bad Gotesborg”.

Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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PD, SCATTA L’ALLARME GRILLO: E IL PARTITO PRECETTA RENZI

Febbraio 8th, 2013 Riccardo Fucile

LA TENTAZIONE DI BERTINOTTI: UNA MOSSA PRO INGROIA

C’è un dato che preoccupa i vertici del Partito democratico ben più della presunta rimonta di Berlusconi.
E’ il fenomeno Grillo a cui i sondaggi riservati di largo del Nazareno attribuiscono percentuali che oscillano tra il 20 e il 21.
Certo, Antonio Ingroia può rosicchiare voti a Sel, ma sia il suo movimento che quello di Vendola sono sotto il 4 per cento.
E’ l’esplosione dell’antipolitica che inquieta Pier Luigi Bersani.
E non solo lui, se Ugo Sposetti, acerrimo nemico di Matteo Renzi di cui ha detto peste e corna in campagna elettorale, ospite della “Zanzara”, esorta il sindaco di Firenze a girare in camper per fare propaganda a favore del segretario.
Già , perchè come diceva Rosy Bindi per criticare il primo cittadino del capoluogo toscano: «Grillo è il greggio, Renzi è la benzina: non è che dicano cose diverse». Esagerazioni frutto dell’antipatia, ma non sfugge a nessuno nel Pd che il sindaco di Firenze (che in questa campagna girerà  dieci regioni) può drenare voti da quella parte. Del resto era ed è il suo obiettivo: «Bisogna recuperare voti tra i grillini», è il leit motiv di Renzi.
Che, in tempi non sospetti aveva avvertito il Pd: «Se vogliamo fermare Grillo dobbiamo fare una battaglia più incisiva contro la casta».
Ed è proprio il timore dell’ingovernabilità  e dell’arrivo in Parlamento dell’anti-politica che spinge Bersani a ribadire le aperture al dialogo con Monti: «Non governerò mai secondo una logica frontista».
La certezza della vittoria piena non c’è, per questa ragione il Pd deve fare i conti con una possibile alleanza di governo con i centristi, alleanza che invece viene esclusa nel caso di successo sia alla Camera che al Senato.
Anche di fronte a una vittoria a metà , Bersani vuole comunque tenere lui in mano le redini del governo: «La guida del Paese tocca al partito che arriva primo. Anche in
Germania quando hanno fatto la grande coalizione hanno seguito questa strada».
In parole povere: i centristi non credano di poter porre veti su palazzo Chigi.
Su questo punto a largo del Nazareno sono determinati.
Però qualcosa dovranno necessariamente cedere.
Un esempio? Il Pd vorrebbe cavarsela dando a Monti la presidenza del Senato. Ma dagli ambienti vicini al presidente del Consiglio si ribatte con un’altra richiesta: quella del ministero degli Esteri.
Un dicastero che, come è noto, Massimo D’Alema vorrebbe per sè.
All’idea dell’ingresso di Monti nell’esecutivo a guida Bersani Stefano Fassina storce naso e bocca: «E’ chiaro che il premier è sceso in politica solo per non far vincere il centrosinistra e per poterlo condizionare al governo».
E comunque c’è il problema Vendola.
Quest’estate il “governatore” della Puglia nel corso di un colloquio riservato con il segretario del Pd non aveva chiuso le porte ai centristi: «Io non pongo veti, così come non intendo accettarne».
Ma l’ipotesi di cui si parlava all’epoca era quella della collaborazione sulle riforme, non quella di un’alleanza di governo.
Con un pareggio al Senato la prospettiva può cambiare e non è detto che Sel sia in grado di reggere l’urto dell’eventuale novità .
Tanto più dopo la “botta” di Fausto Bertinotti, che è pronto all’endorsement a favore di Antonio Ingroia.

Maria Teresa Meli
(da “il Corriere della Sera“)

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IMU DAI FORZIERI SVIZZERI? LA BALLA DI BERLUSCONI IMBARAZZA IL GOVERNO ELVETICO

Febbraio 8th, 2013 Riccardo Fucile

IRRITAZIONE   E INCREDULITA’ OLTRE LE ALPI, ANCHE IL CENTRO-DESTRA SVIZZERO PRENDE LE DISTANZE DAL PDL…DALL’AMBASCIATA IN ITALIA: “SI PUO’ FARE MA MANCANO I FONDAMENTALI E ZERO ANTICIPI PER L’ITALIA”

Chi dei due sta bluffando?”. Se lo chiede il tabloid svizzero “Le Matin” con una foto di Silvio Berlusconi e del potente ministro delle finanze elvetico, la tetragona Eveline Widmer-Schlumpf.
Segno che dopo la sorpresa cresce il malumore al di là  delle Alpi per l’uscita di Berlusconi su un imminente accordo fiscale sui forzieri elvetici con cui restituirà  l’Imu agli italiani.
Una vicenda tutta da ridere, se non rischiasse di incrinare i già  fragili rapporti di vicinato tra Italia e Svizzera.
L’annuncio-choc di domenica scorsa è stato accolto come una sciocchezza a Berna, tanto da non meritare neppure una smentita.
Ma ora sta creando non pochi problemi alle autorità  elvetiche, dal governo in giù e fino al partito radicale-liberale FDP che nel PPE è seduto accanto al Pdl, ma in questi giorni preferirebbe sedere altrove.
Si sono fatte più insistenti nei giorni scorsi le domande dei giornalisti e dei politici all’indirizzo del governo confederale.
Due giorni fa, ad esempio, la deputata della Commissione Finanze della Svizzera, Ada Marra, ha scritto un’interrogazione al ministro delle Finanze chiedendo di smentire ufficialmente le dichiarazioni dell’onorevole italiano o in caso contrario spiegare perchè un evoluzione della trattativa sia stata nascosta all’organo parlamentare competente per tutti i trattati di imposizione fiscale.
“In commissione non risulta alcunchè”, spiega Marra .“L’onorevole Berlusconi ha fornito stime molto precise sul gettito dell’operazione, chiedo allora di sapere sulla base di quali elementi ha potuto calcolare i benefici di tale accordo”.
Dal Ministero svizzero confermano l’interrogazione ma bocche cucite sul resto e grande imbarazzo.
Arriva dagli uffici di Berna una risposta abbottonatissima del servizio stampa che non conferma alcun nuovo accordo, neppure un abboccamento.
“Risponderemo quando avremo l’interrogazione”, dicono.
Ma dietro le quinte dell’ufficialità  trapela lo sconcerto per l’uscita a sorpresa, soprattutto per gli importi dichiarati da Berlusconi, vero casus belli di tutti gli accordi bilaterali sulla “Weissgeldstrategie”, la strategia del denaro pulito.
Il leader del Pdl ha parlato con grande sicumera di 25-30 miliardi di euro subito e 5 miliardi di euro all’anno.
Cifre che persone vicine alle nogoziazioni fiscali ritengono esagerate e fantasiose, spiega Le Matin.
A indispettire sono anche le implicazioni politiche dell’entrata a gamba tesa di Berlusconi.
La sua uscita, infatti, anzichè agevolare complica i rapporti tra Italia e Svizzera su una possibile intesa.
E non sfugge neppure aldilà  delle Alpi il fatto che, al momento, l’unico a trarne un beneficio è stato lo stesso Berlusconi che non ha portato a casa un euro ma un punto in più di consenso nei sondaggi.
Una mossa troppo spregiudicata, a quanto pare, anche per il centro-destra elvetico che si sfila e non offre alcuna sponda a Berlusconi.
Difficile trovare qualcuno che si prenda la briga di commentare.
Il presidente del Senato di Berna, Filippo Lombardi, contattato preferisce non commentare e rimanda a Fulvio Pelli, consigliere liberale-radicale e membro della commissione finanze che si negherà  tutto il giorno.
Il segretario generale del partito Stefan Brupbacher giura di non saperne nulla e attende la risposta del ministro che è espressione della FDP.
La butade di Silvio irrita anche le diplomazie.
L’ambasciatore svizzero Bernardino Regazzoni non parla ma affida il compito al consigliere economico Stefano Vescovi che i negoziati li ha seguiti da vicino.
Allora questo accordo c’è? Incasseremo tutti quei soldi dalla regina delle roccaforti del segreto bancario?
“Chiederlo adesso è come domandarmi se abbiamo fatto la torta con la panna, prima bisogna fare la torta”.
In altre parole un accordo c’è, ma è lo stesso su cui si lavora dal 2009.
“Teoricamente ci si potrebbe fare anche due mesi — spiega Vescovi — il problema è che le stesse condizioni quadro dell’accordo sono ancora tutte da definire: a partire dalla consistenza dei patrimoni occulti, dai tassi applicati e dai tempi dell’accordo”.
Restano poi sul tavolo le condizioni poste dalla confederazione: il mantenimento della privacy sui conti correnti, la cancellazione dalla black-list, l’apertura del mercato del credito italiano alle banche svizzere e la rinegoziazione dell’accordo Ocse sulla doppia imposizione come avvenuto con 45 Paesi.
“Nel frattempo però quattro anni si son persi e poi c’è il rebus del voto in Parlamento”, dice. E il tempo, soprattutto da queste parti, è denaro.
“Oggi, per dire, non siamo più nelle condizioni di fornire un anticipo di qualche miliardo, come abbiamo fatto con l’Inghilterra e la Germania alle quali abbiamo dovuto dimostrare immediati benefici dell’accordo. Ora il sistema è rodato, chi viene prima è servito meglio”.
Neppure un anticipo, dunque.
Altro che 30 miliardi subito.

Thomas Mackinson
(da “il Fatto Quotidiano“)

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OSSERVATORIO MANNHEIMER: IL CENTRODESTRA CRESCE MA E’ SOTTO DI OLTRE 7 PUNTI: 29,7% CONTRO IL 37,2%

Febbraio 8th, 2013 Riccardo Fucile

RISULTATO ANCORA INCERTO IN LOMBARDIA E SICILIA

Il dato che maggiormente caratterizza la distribuzione attuale delle intenzioni di voto è l’incremento del Pdl, a seguito anche (ma non solo) delle «proposte choc» enunciate dal Cavaliere nei giorni scorsi.
Secondo la gran parte dei sondaggi, compreso il nostro, il partito di Berlusconi avrebbe nettamente superato la soglia psicologica del 20%.
Qualche altro istituto rileva ancora per il Pdl valori inferiori: ma tutti concordano sulla ascesa, più o meno accentuata, dell’ultimo periodo.
Occorre sottolineare che le interviste sono state effettuate nei giorni immediatamente successivi alle dichiarazioni del Cavaliere: la reazione immediata potrebbe forse avere accentuato il sostegno per quest’ultimo.
Vedremo nelle prossime, ultime, due settimane se il trend positivo per il Pdl continuerà  (il Cavaliere ha già  annunciato nuove «proposte choc») oppure si arresterà  o si invertirà : in fondo, anche il forte recupero del Pd lo scorso dicembre a seguito delle primarie vide poi un aggiustamento.
Resta il fatto che la crescita mostrata sin qui dal principale partito del centrodestra è notevole: ancora alla fine del 2012 si collocava attorno al 16-17% e oggi è al 22%.
Il complesso della coalizione del centrodestra si avvicina – senza tuttavia averlo raggiunto – all’obiettivo del 30%.
La «tenuta» di Bersani
Nell’altro campo la coalizione di centrosinistra mantiene ancora oggi la netta maggioranza delle intenzioni di voto, collocandosi tra il 37% e il 38%.
La distanza dal centrodestra è dunque ancora ragguardevole e supera i 7 punti percentuali: un divario che il Cavaliere pensa di recuperare nei prossimi giorni, ma che è obiettivamente assai difficile da colmare.
Monti cala (poco). Exploit di Grillo
Ma nello scenario elettorale – e nella composizione del prossimo Parlamento – si muovono almeno altri tre protagonisti importanti.
Il centro, rappresentato da Monti e dai suoi alleati, che subisce negli ultimi giorni un lieve ridimensionamento, ma che continua a conquistare una parte rilevante dell’elettorato, pari a circa il 13%.
L’ex magistrato Ingroia, collocato all’estrema sinistra, che mantiene il 4-5% delle intenzioni di voto.
E, last but not least, Grillo, il cui consenso ha visto un ulteriore incremento (anche, sicuramente, a seguito degli scandali di vario genere che ancora si sono manifestati negli ultimi giorni) e ottiene oggi il 14-15%.
Un così largo supporto per una forza che si oppone vivacemente a tutti i partiti tradizionali (e che, come si è già  documentato su queste colonne, rappresenta il partito più popolare in assoluto tra i giovani che affrontano per la prima volta il voto) dovrebbe fare riflettere questi ultimi, anche in vista della futura presenza in Parlamento di così tanti esponenti del Movimento 5 Stelle.
La gara in Lombardia
La ancora larga distanza che separa il centrosinistra dal centrodestra (seppure significativamente inferiore a quella registrata qualche settimana fa) parrebbe assicurare tuttora una netta vittoria alla coalizione guidata da Bersani e, di conseguenza, grazie alla legge elettorale attuale, una larga maggioranza (55% dei seggi) alla Camera dei Deputati.
Per il Senato, come si sa, la situazione è assai più complessa, in quanto la normativa in vigore prevede l’assegnazione in ogni Regione del premio di maggioranza, in proporzione ai seggi assegnati a ciascuna.
Ciò comporterebbe, per il centrosinistra, la sicurezza di avere la maggioranza anche in Senato solo in caso di vittoria in tutte (o quasi) le competizioni regionali.
Ma i risultati dei sondaggi suggeriscono sin qui uno scenario forse diverso: è vero che nella grande maggioranza delle Regioni la coalizione di Bersani appare prevalere, ma il Veneto (che assegna al partito che prevale ben 14 seggi) risulta per ora appannaggio del centrodestra e in due Regioni-chiave (per ampiezza di popolazione e, di conseguenza, numerosità  dei seggi in palio) quali la Lombardia e la Sicilia, il risultato sembra ancora molto incerto.
Nella prima (per la quale risultano in competizione 49 seggi sui 315 complessivi del Senato) è la coalizione di centrodestra a raccogliere sin qui la maggioranza relativa dei voti, conquistando così i 27 seggi comprensivi del premio di maggioranza.
Ma la differenza, di soli 3 punti (è bene ricordare che i sondaggi, pur se effettuati su un numero ampio di interviste, nel nostro caso 1.500 per ciascuna Regione, comportano un margine di approssimazione del 2,5%) impedisce di attribuire con certezza questa Regione.
Va ricordato inoltre che in Lombardia si tengono anche le elezioni per il presidente della Regione che hanno un’influenza anche sul comportamento per le politiche. Stando agli ultimi sondaggi, si riscontra, anche in questo caso, una situazione di quasi parità , con il centrodestra (Maroni) in lieve vantaggio nella Regione, ma il centrosinistra (Ambrosoli) con più consensi nel capoluogo, a Milano.
L’incertezza in Sicilia
In Sicilia si riscontra la stessa situazione all’inverso: qui è in vantaggio il centrosinistra (acquisendo, di conseguenza, 14 seggi comprensivi del premio di maggioranza), ma la distanza è ancora inferiore e non raggiunge i tre punti percentuali.
L’incertezza nella distribuzione dei seggi al Senato comporta dunque una analoga indeterminazione, sino a questo momento, sull’esito complessivo della elezione e, di conseguenza, sulla composizione del futuro governo.
Anche se l’ipotesi più probabile rimane quella della coalizione tra il centrosinistra di Bersani e il centro guidato da Monti.
In conclusione, è bene ricordare che la fotografia scattata dai sondaggi descrive, il più accuratamente possibile, la situazione odierna, ma non può prevedere quella futura.
Il dato di oggi è infatti solo la base di partenza per la fase decisiva della campagna elettorale – quella in cui buona parte degli indecisi giunge finalmente ad una scelta – che si svolgerà  in questi ultimi quindici giorni.

Renato Mannheimer
(da “il Corriere dela Sera”)

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ULTIMO SONDAGGIO DEMOS: BERSANI AVANTI DI 5 PUNTI, BERLUSCONI ACCORCIA LE DISTANZE, MONTI IN CALO, SALE GRILLO

Febbraio 8th, 2013 Riccardo Fucile

PD 29,9%, SEL 3,7%, PDL 20,4%, LEGA 5%, ALTRI CDX 3,2%, SCELTA CIVICA 11,5%, UDC 3,5 FLI 1%, M5S 16%, INGROIA 4%

La distanza fra gli schieramenti principali si fa stretta.
Questa settimana più delle precedenti.
Il centrosinistra è sempre davanti, come accade da mesi. Ma il centrodestra si è avvicinato.
Il margine che divide le due coalizioni principali si è ridotto a 5 punti e mezzo. Non poco. Ma un mese fa il distacco era più che doppio. E dieci giorni fa sfiorava i 10 punti.
A due settimane dal voto, dunque, il sondaggio dell’Atlante Politico di Demos presenta una competizione più aperta di quel che, solo in gennaio, si sarebbe potuto immaginare.
Questo avvicinamento è il prodotto di tendenze simmetriche.
Il calo del centrosinistra – e soprattutto del Pd. La crescita del centrodestra e del Pdl. Circa un punto e mezzo in più per il Pdl – per la prima volta, dopo mesi, sopra il 20% – e tre in meno per il Pd – per la prima volta sotto il 30% da mesi – hanno ridotto il divario fra le coalizioni principali di oltre 4 punti.
Queste tendenze riflettono ragioni difficili da misurare distintamente.
Lo scandalo Mps ha, sicuramente, creato un clima sfavorevole al Pd. Ha associato l’immagine del centrosinistra al dissesto di una Banca simbolo dell’area rossa.
In tempi in cui le banche appaiono simboli (negativi) delle difficoltà  incontrate dai cittadini e dalle imprese.
Il centrodestra, invece, beneficia del protagonismo di Berlusconi. Le sue “proposte choc”: non sono credibili. Ma, paradossalmente, anche per questo viene preso sul serio, da alcune componenti di elettori.
Perchè il Cavaliere è “irresponsabile”. Disposto a tutto, pur di vincere le elezioni. Governare, si sa, è un’altra storia. Ma domani è un altro giorno. Si vedrà .
Intanto, è da una settimana che si discute di Mps e di rimborso dell’Imu. Con l’effetto di generare un clima d’opinione sfavorevole al centrosinistra.
E di “scongelare” gli elettori indecisi.
Negli ultimi giorni si sono ridotti di oltre 5 punti. Oggi sono intorno al 25%.
Si tratta, principalmente, di elettori delusi, che, in parte, stanno “tornando a casa” (Berlusconi).
Difficile non rivedere l’ombra del 2006.
La rimonta di Berlusconi, proprio nelle ultime settimane prima del voto.
Eppure le differenze, rispetto ad allora, sono evidenti.
Nel 2006 si confrontavano due coalizioni che aggregavano praticamente tutti i partiti. Grandi, piccoli e piccolissimi.
I due candidati premier disponevano di un buon livello di consenso. Prodi intorno a 40%. L’inseguitore, Berlusconi, al 36%.
Oggi Bersani sfiora il 46% (in calo rispetto alla rilevazione più recente). Ma Berlusconi è poco sopra il 24%.
Pochino, per chi divide il Paese, da vent’anni.
L’avvicinamento, dunque, non dipende dal ritrovato appeal del Cavaliere. Nè dalla ripresa del Pdl. Il quale, nell’ultimo mese, ha aumentato la sua base elettorale.
Ma supera appena il 20%.
Circa metà  rispetto al 2008, ma anche rispetto al 2006. Il Pd è intorno al 30%.
Sotto di 3 punti rispetto al 2008.
Insieme, Pd e Pdl superano di poco il 50%.
E le due coalizioni principali il 60%.
Insomma: questo sistema non è bipartitico (come tentò di fare Veltroni, nel 2008) ma neppure bipolare, come invece è sempre stato dal 1994, dopo la discesa in campo di Silvio Berlusconi.
Oggi vi sono almeno due altri concorrenti, che non hanno possibilità  di vittoria, ma sono in grado di complicare il gioco. E, comunque, di svolgere un ruolo importante nel prossimo Parlamento.
Monti e la sua coalizione di Centro, in lieve calo, superano, comunque, il 16%. Soprattutto al Senato, è difficile pensare a una maggioranza, senza un accordo con il Professore.
Il quale, proprio per questo, marca i confini a sinistra. Polemizza con Bersani. Gli chiede di smarcarsi da Vendola. Per non perdere consensi ed elettori a destra. Per segnare il perimetro del suo spazio politico, lì al centro.
E poi ci sono Beppe Grillo e il M5S.
Il soggetto politico che ha guadagnato di più, in questa fase.
Nell’ultima settimana: oltre 3 punti. Come la fiducia verso il Capo: cresciuta anch’essa di 3 punti, nell’ultimo mese. E di 10, rispetto a dicembre.
L’impressione è che la crescita del M5S sia ancora in corso. Anzi: in corsa. Alimentata dal flusso degli elettori indecisi, che non trovano risposta nei partiti e nelle coalizioni maggiori. Perchè provano malessere. Identificano la “politica” con i “partiti”. E si dicono – o forse sono definiti, per questo – “antipolitici”.
Gli scandali delle ultime settimane, una campagna elettorale aspra, quasi del tutto televisiva, hanno moltiplicato questo (ri) sentimento popolare. Grillo ne è divenuto l’amplificatore. Come nel recente passato, canalizza e intercetta il malumore politico dei cittadini. Gli dà  voce e volto.
Tanto più perchè, in queste settimane, quasi da solo, gira il Paese, una piazza dopo l’altra, sommerso da persone – attivisti, simpatizzanti, curiosi.
Ed è sempre in tivù, anche senza andarci di persona. Perchè fa audience e tutti i Tg, tutti i talk lo riprendono e lo rilanciano.
Così, il principale rischio che emerge, dai dati dell’Atlante Politico di Demos, è la frammentazione. È il pericolo che nessuno, alle prossime elezioni, vinca davvero.
E sia in grado, in seguito, di governare.
Il rischio, suggerito da questi dati, è l’ingovernabilità .
Perchè, con questi numeri, è difficile immaginare una maggioranza stabile e solida, soprattutto al Senato. Ma è ancor più difficile misurarsi con le istituzioni e i mercati internazionali. Assumere scelte impegnative e dolorose, per il Paese.
Affrontare il malessere sociale.
Prodotto dalla crisi economica e dall’anomia politica di questi tempi.
Tuttavia, prima del voto mancano ancora due settimane. E molto può ancora cambiare – in due settimane di campagna elettorale. Ma debbono essere “usate” in modo “utile”. Per evitare e contrastare la frammentazione. Per convincere gli elettori – indecisi ma anche decisi – a usare bene il voto. In modo “utile”. E “responsabile”.
Perchè il “berlusconismo” è finito, ma Berlusconi è ancora lì. Invecchiato, ripetitivo. Passa in tivù come una replica infinita. Ma è ben deciso a difendere i suoi spazi.
Non si tirerà  da parte da solo.

(da “La Repubblica”)

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DODICI MILIONI MANGIATI IN 5 ANNI: LEGHISTI PEGGIO DI “ROMA LADRONA”

Febbraio 8th, 2013 Riccardo Fucile

INDENNITà€ AI SENATORI, PRELIEVI IN CONTANTI, VERSAMENTI AL SIN.PA, BONIFICI A SOCIETà€ VICINE, CARTE DI CREDITO, VIAGGI, CENE E REGALI

Dodici milioni di euro pubblici bruciati in quattro anni.
Soldi dei contribuenti versati al gruppo della Lega Nord di Palazzo Madama come rimborsi elettorali e spesi “principalmente per contributi vari per indennità  ai senatori (oltre agli stipendi per l’attività  parlamentare, ndr), prelievi in contanti, versamenti al Sinpa (il sindacato di Rosi Mauro, ndr), numerosi bonifici a diverse società ” tra cui la Pontida Fin, la cassaforte finanziaria del Carroccio che poi gira oltre un milione di euro alla scuola Bosina fondata e diretta da Manuela Marrone, moglie di Umberto Bossi.
E poi carte di credito per viaggi, cene, regali, “spese varie” per centinaia di migliaia di euro, acquisti in negozi di abbigliamento, alberghi, telefonini.
LA BELLA VITA
La bella vita romana dei senatori padani è stata meticolosamente scandagliata dagli analisti della Price Water House nella relazione sui conti del partito conclusa il 19 aprile 2012 e consegnata da Domenico Aiello, avvocato della Lega di Roberto Maroni, ai pm che indagano sull’uso dei fondi pubblici da parte dei leghisti nel periodo compreso tra il 24 aprile 2008 e il 27 aprile 2012.
Una relazione che ha portato gli inquirenti a svolgere accertamenti sui singoli senatori su indicazione della stessa Price che non ha potere di compiere indagini.
Analoghe indagini sono in corso sul gruppo della Camera e sulla movimentazione dei conti aperti al Banco di Napoli intestati ai leghisti di Montecitorio.
IL RIMBORSO FORFETTARIO
Le tre relazioni svolte dalla Price (sui conti di via Bellerio, del gruppo alla Camera e di quello al Senato) si limitano all’analisi delle movimentazioni finanziarie e indicano le “incongruenze riscontrate” sulle quali solo la magistratura può compiere indagini. Ricostruire il flusso di dodici milioni di euro (per l’esattezza 11.964.750 in entrata e 11.753.744 in uscita) non è cosa semplice.
In particolare per quanto riguarda le spese.
Dal conto corrente del gruppo accesso alla Bnl di Palazzo Madama ogni mese escono 2.650 euro come “rimborso forfettario” a ognuno dei ventitrè senatori leghisti.
A tutti, inoltre, vengono versati dei generici “rimborsi per attività  politica” a marzo 2012 di 4.200 euro come regalo di Pasqua e mille euro a ridosso delle feste di Natale. Compensi che si aggiungono al “rimborso spese di soggiorno” (3.500 euro), al “rimborso delle spese per l’esercizio del mandato” (2.090 euro) e al “rimborso forfettario delle spese generali” (1.650 euro).
Il gruppo del Carroccio però per alcuni senatori fa di più.
A Federico Bricolo, capogruppo al Senato, viene pagato anche l’affitto dell’abitazione romana e affidata una carta di credito Visa con la quale spende 24 mi-la euro per vitto, alloggio e trasporti: “Cene, alberghi e viaggi”, traduce la Price.
Ma ci sono anche acquisti per diverse migliaia di euro da Davide Cenci, nota boutique romana, oggetti di argenteria, articoli regalo e altro.
Anche l’ex tesoriere Piergiorgio Stiffoni (indagato per peculato dalla procura di Roma) ha una carta di credito legata al conto della Lega.
Lui spende in cinque anni 79 mila euro.
E anche lui per lo più tra ristoranti, viaggi e alloggi.
SOLDI AL CAMPIDOGLIO
Tanti poi i “fuori busta” riconosciuti in particolare ad alcuni collaboratori dei singoli senatori: il portavoce di Stiffoni riceve duemila euro mensili fuori busta, stessa cifra versata alla segretaria di Bricolo, Stefania La Rosa, a “decorrere dal mese di ottobre 2009” e di mille euro dall’ottobre 2010.
La Rosa però figura anche dipendente del Comune di Roma. Ma è la Lega che versa i soldi al Campidoglio per i suoi stipendi: il 27 marzo 2012, infatti, dal conto corrente del gruppo al Senato esce un bonifico a beneficio della tesoreria del Comune di Roma per un importo di 27.578,90 euro per “costo del personale, rimborso per comando costo La Rosa anno 2011”.
Anche il collaboratore di Calderoli, Marco Penna, riceve “compensi extra” alla retribuzione della Presidenza del Consiglio .
Contributi anche a Giuseppe Cortese, collaboratore di Roberto Cota, presidente della Regione Piemonte, ma in carica al gruppo del Carroccio.
LA REGINA DEI COMPENSI
Ma la regina dei compensi è Manuela Privitera, assistente di Stiffoni: riceve 372.482 euro di cui 189 mila in bonifici e 183 mila con assegni a lei intestati.
Ma, scrive la Price, negli importi “non includono i trasferimenti bancari per stipendi e premi di risultato”.
Infatti la Privitera percepisce cinque mila euro mensili di compenso.
Dal gruppo, ovviamente.
Va detto che tutti i senatori coinvolti nel “saccheggio” dei rimborsi elettorali non sono candidati alle prossime elezioni politiche.
Tutti tranne uno: Roberto Calderoli. Che non solo è in lista ma ha la poltrona da Parlamentare assicurata grazie alla sua legge, il Porcellum.
L’ex ministro della Semplificazione al momento “costa” al partito oltre seimila euro al mese per spese che la Price riassume in “vitto e alloggio”.
Oltre a stipendi per i collaboratori personali, segretarie, rimborsi spese, varie ed eventuali.
Per i leghisti che sbarcheranno a Roma, il segretario Maroni ha scelto la guida migliore.

Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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IMU, LA PATACCA SVIZZERA: PER BERLUSCONI SONO 20 MILIARDI, MA LA UE PRECISA: “NO, SE VA BENE SONO SOLO 2,3”

Febbraio 8th, 2013 Riccardo Fucile

PRIMA CHE IL PARLAMENTO BLOCCASSE TUTTO, I TEDESCHI SI ERANO ACCORDATI PER 2 MILIARDI UNA TANTUM… LA UE RICHIEDE UN’INTESA DELLA SVIZZERA CON TUTTI GLI STATI EUROPEI, QUINDI SE NE PARLERA TRA ANNI

Restituire l’Imu e abolirla con i soldi dalla Svizzera? Solo un’illusione.
L’Unione europea non ha dubbi: i soldi non basteranno.
Berlusconi, leader del Pdl, ha stimato che dall’accordo con la Svizzera si potrebbero ottenere 20 miliardi di euro.
Ma i conti dei tecnici europei sono ben diversi: la stima del gettito atteso da un eventuale accordo si ferma a 2,3 miliardi di euro, scrive La Stampa.
Berlusconi ha parlato di un “flusso per imposta sui capitali di circa 5 miliardi l’anno”, mentre La Stampa riporta il parere dei tecnici di Bruxelles, secondo cui anche solo ottenere un decimo della cifra stimata l’anno sarebbe “un miracolo”:
Restituirò l’Imu… ride un po’ meno
“Il contratto bilaterale prevede che a chi detiene soldi negli istituti elvetici viene data la scelta fra dichiararli e pagare le tasse a casa, oppure restare anonimo e sottoporsi a una ritenuta alla fonte sulle plusvalenze da versare all’Erario di origine.
Come sanatoria per il passato si prevede una tantum pagata dalle banche per liquidare ogni contenzioso pregresso e sbiancare il curriculum degli investitori”.
Intanto è da dicembre che l’accordo è fermo, poichè bocciato dal governo di Mario Monti.
Spetterà  dunque al prossimo governo decidere se rimettere mano all’accordo, che comunque potrebbe non essere pronto prima di mesi o anni.
Ma il problema principale, sottolinea La Stampa, non riguarda il quando ma il quanto:
“I tedeschi, prima del marcia indietro, avevano spuntato una tantum di 2 miliardi. L’Italia, spiegano, potrebbe ottenere una cifra analoga, certo non i 20 miliardi di Berlusconi. Quanto al reddito annuale, viene in soccorso l’accordo in vigore tra Svizzera e Ue attualmente in vigore. Qui le banche elvetiche tosano del 35% i ricavi in cambio dell’anonimato, oppure consegnano alle capitali chi opta per l’emersione.
Nel caso italiano, la somma percepita dal Fisco nel 2011 è di 65 milioni.
La nuova intesa allargherebbe la base imponibile. In compenso non è detto che si resti al 35% di imposta, Londra è sotto il 30. Anche supponendo un gettito quintuplicato non si passerebbero i 300 milioni. Totale: 2,3 miliardi, se va bene. Altro che 25″.

(da “Blitz quotidiano“)

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