Aprile 29th, 2013 Riccardo Fucile
DOPO LA NOMINA DEI MINISTRI CHE HA VISTO PREMIATI SOLO MAURO, MOAVERO E L’UDC D’ALIA, CRESCE L’INSOFFERENZA SIA DI ITALIA FUTURA CHE DEI CATTOLICI DI RICCARDI
Alla fine Governo d’intesa fu. Quello che Scelta civica sperava dal giorno dopo le elezioni, e a dire il vero anche da prima, dal momento in cui Monti ne ha battezzato la nascita come movimento per poi ‘salire’ in politica.
Ma è un’intesa che, per i civici, potrebbe essere divisiva, e che ad oggi allontana ancora di più l’ala montezemoliana dal resto del movimento.
Basta guardare ai nomi che, tra tutti quelli che i civici consideravano papabili per il Governo, alla fine sono in squadra.
C’è Mario Mauro: non vice premier come sperato – bisognava dare spazio pieno ad Alfano per bilanciare Letta Premier -, ma in un ministero di peso, e di spesa, la Difesa.
Rappresentanza indispensabile, per i civici, quella dell’ex capogruppo Pdl al Parlamento europeo, figura di cerniera, di dialogo con il partito del Cavaliere.
Mario Monti non entra, anche per scelta.
E’ bene che leader e senior diano il loro appoggio senza entrare, diceva ieri il Premier uscente.
E poi un conto sarebbe stato un Governo dal profilo più tecnico, altra cosa un profilo così marcatamente politico, come chiarito da Giorgio Napolitano.
Ma c’è un uomo montiano in squadra, Enzo Moavero, riconfermato alle Politiche comunitarie, garanzie per il fronte europeo.
Restano invece fuori le altre componenti della galassia civica: a partire da quella che fa capo ad Andrea Riccardi, che pure contava in una conferma se non all’Integrazione in un altro ministero: un epilogo che potrebbe accrescere il distacco del fondatore di Sant’Egidio dal movimento che pure ha contribuito a fondare solo qualche mese fa.
Soprattutto – come in realtà previsto – restano fuori i montezemoliani, che ora attendono la partita su vice ministri e sottosegretari (Carlo Calenda, braccio destro di Montezemolo, aspirava ad un incarico allo Sviluppo).
“Un buon governo, con nomi di qualità . Purtroppo Scelta civica esprime il grado più basso di innovazione: nessuna donna, nessuna vera novità “, twitta Andrea Romano.
Anche perchè entra invece in squadra Giampiero D’Alia, uomo di Pier Ferdinando Casini, che dunque – seppure non con l’ardita manovra per portare Vietti alla Giustizia – alla fine l’ha vinta, a dispetto del tracollo elettorale: proprio l’Udc, che i futuristi hanno sempre bollato come il ‘vecchio’ dentro Scelta civica.
Uno scontro latente che potrebbe riproporsi a stretto giro, sia sul fronte del Governo nella partita su vice e sottogretari, sia su quello interno, a partire dalla sostituzione di Mauro come capogruppo al Senato.
Incarico per il quale era in corsa Maria Paola Merloni, vicina a Montezemolo, ma che invece ora vedrebbe papabile anche Benedetto Della Vedova, unico finiano in Parlamento.
Partita dunque aperta.
Un epilogo positivo e a tratti non sperato, il Governo Letta “è un grande successo” di Scelta civica, afferma Linda Lanzillotta, e si muove “sulla nostra linea, della responsabilità “, osserva Lorenzo Dellai, capogruppo alla Camera.
Certo, allontana il voto, ovvero lo scenario peggiore per i civici.
Ma non esclude la scissione all’interno dello stesso movimento.
Martina Cecchi de Rossi
(da “L’Huffington Post”)
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Aprile 29th, 2013 Riccardo Fucile
TUTTI GLI ESPONENTI DEL PDL ENTRATI NEL GOVERNO LETTA ARRIVANO DALL’EX PARTITO DI BERLUSCONI
Un monocolore targato Forza Italia. Tutti gli esponenti del Pdl che sono entrati nel governo di Enrico
Letta arrivano dall’ex partito di Silvio Berlusconi.
Fuori, invece, gli ex di Alleanza Nazionale.
E così, tra coloro che sono confluiti in Futuro e Libertà e che poi sono scomparsi dalla carta geografica del nuovo Parlamento, e le ultime scelte fatte dal Pdl, la destra storica si ritrova a essere esclusa praticamente da tutti i posti chiave della politica.
Del partito che Gianfranco Fini aveva «emancipato» con la svolta di Fiuggi, portandolo poi, per la prima volta, nell’esecutivo del Cavaliere nel 2001, e che, nel 2009, aveva fatto confluire nella Casa della Libertà è rimasto poco o niente.
Almeno se si guarda a coloro che hanno in mano le leve del potere.
L’unico che, oggi, ha ancora un ruolo è Maurizio Gasparri, nominato vicepresidente del Senato. Un incarico che, alla fine, assomiglia molto a un premio di consolazione.
Anche la guida dei due gruppi parlamentari è andata a due esponenti di Forza Italia, Renato Schifani a palazzo Madama e Renato Brunetta alla Camera.
E tutti fuori gli ex di An sono finiti anche nella battaglia sui ministri.
Addirittura sono rimasti esclusi dal gioco dei nomi che in questi giorni sono stati fatti per il totoministri.
Tagliato fuori chi aveva già ricoperto incarichi nei precedenti esecutivi — come Maurizio Gasparri, Altero Matteoli o Mario Landolfi — ma anche chi poteva essere un volto nuovo come Barbara Saltamartini, Alberto Giorgetti o Andrea Augello.
Niente, scomparsi, eliminati, cancellati da qualsiasi trattativa.
E se nessuno di loro ha commentato ufficialmente la debacle, è stato Francesco Storace a dare voce al malcontento con una nota sul suo profilo Facebook: «Liquidata ogni traccia di destra dal nuovo Governo del Paese. Applausi a scena aperta agli strateghi».
Come se lui non appartenesse a questa categoria.
«Siamo rimasti schiacciati perchè non siamo riusciti a fare gruppo — spiega un parlamentare che vuole l’anonimato — ognuno di noi vale come singolo, non c’è coesione, non riusciamo a imporci. Hanno pensato di accontentarci con la vicepresidenza del Senato e tutto è finito lì».
Sembrano insomma lontanissimi i tempi, ed era invece solo un anno fa, in cui nel Popolo della Libertà si discuteva di come «pesare» i due partiti, dando il 70 per cento a Forza Italia e il 30 per cento ad Alleanza Nazionale.
Una quota che era stata addirittura messa in discussione perchè gli uomini di Gianfranco Fini volevano contare di più.
Oggi, complice anche la scissione con Fratelli d’Italia — il partito di Giorgia Meloni e Guido Crosetto nel quale sono finiti molti ex An — la destra nel Pdl non esiste più.
Pa. Zap.
(da “il Tempo“)
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Aprile 29th, 2013 Riccardo Fucile
L’EX CANDIDATO SINDACO CINQUESTELLE DI TORINO: “IL VERO PROBLEMA NON E’ CHE QUALCUNO VADA A SPARARE A PALAZZO CHIGI”… IMBARAZZO NEL MOVIMENTO
‘Il vero problema non e’ che qualcuno vada davanti a Palazzo Chigi e spari durante il giuramento del governo. Il vero problema è che in questo momento, ne sono assolutamente certo, ci sono alcuni milioni di italiani che pensano ‘peccato che non abbia fatto secco almeno un ministro'”.
E’ il messaggio postato su Facebook da Vittorio Bertola, consigliere comunale di Torino del Movimento 5 Stelle.
“Ovviamente non auspico che questo accada – precisa Bertola all’Ansa – ma sono assolutamente convinto che siano tanti quelli che lo pensano, perchè purtroppo, in questo momento, ci sono tante persone disperate e la politica non sta facendo nulla per aiutarle”. Una sortita che finisce per rinfocolare le polemiche attorno al Movimento di Beppe Grillo dopo il comunicato pochi minuti dopo la sparatoria vicino a Palazzo Chigi.
Il leader di “Diritti e Libertà ” Stefano Pedica attacca: “Se parole su twitter del consigliere 5 stelle Bertola sono vere bisogna prendere provvedimenti. Un fatto gravissimo che deve vedere da parte del movimento di Grillo l’immediata espulsione”.
E Alessandra Moretti, del Pd, dice: “Se corrispondono al vero, sono parole vergognose”.
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