Maggio 21st, 2013 Riccardo Fucile
DOPO I RILIEVI DELLA CORTE DEI CONTI SUI RIMBORSI AI GRUPPI, L’UFFICIO DI PRESIDENZA SOSPENDE L’EROGAZIONE DEI FONDI…MA I CINQUESTELLE VOTANO CONTRO
Dopo il rilievo della Corte dei conti sui rimborsi ai gruppi consiliari in Regione Lombardia, l’ufficio di presidenza del consiglio regionale ha sospeso – nonostante il voto contrario del Movimento 5 Stelle – l’erogazione dei fondi per le spese di funzionamento e comunicazione dei gruppi per un periodo compreso tra il 27 marzo e il 30 giugno.
La decisione è stata presa in attesa di approfondire la contestazione della magistratura contabile sulle spese sostenute nel 2012 dai gruppi della scorsa legislatura e di approvare entro giugno una legge che recepisca la norma nazionale.
La somma che avrebbe dovuto essere erogata alle forze politiche, per la quale è stata disposta la sospensione in via cautelare attraverso una delibera approvata dall’organismo, ammonta a 220mila 212 euro, già ridotta di due terzi rispetto alla scorsa legislatura.
Favorevoli alla decisione i rappresentanti di maggioranza e opposizione nell’Ufficio di presidenza.
Il Movimento 5 Stelle aveva votato incredibilmente contro.
Come è noto la Corte dei conti ha condannato i gruppi regionali di tutti i partiti della precedente legislatura a rifondere una somma complessiva di circa un milione di euro (la metà a carico di Pdl e Lega).
Per riuscire a riscuotere la somma si è pensato di bloccare le nuove erogazioni, una sorta di sequestro cautelare.
Se è vero che i Cinquestelle non possono essere coinvolti per il passato, è inspiegabile che si siano opposti alla sospensione dei rimborsi, visto che sono contrari a ogni forma di finanziamento pubblico.
Evidentemente in Lombardia la distanza tra chi predica bene e razzola male è assai labile.
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Maggio 21st, 2013 Riccardo Fucile
BEN 830 SONO A TEMPO INDETERMINATO, IN LIGURIA SONO 404, IN PIEMONTE 406… IN UNA FRAZIONE DI MONREALE SONO 383 SU 2.000 ABITANTI
A Pioppo, una frazione di Monreale in provincia di Palermo, c’è un solo mestiere che i
bambini sognano di fare grande: il forestale.
Guarda boschi, vigilante del verde, nemico delle erbacce e provvidenziale spegnitore d’incendi: è il talento più diffuso dalle parti di Pioppo, dove un abitante ogni cinque è dipendente dell’azienda regionale foreste demaniali.
Su duemila abitanti infatti la frazione palermitana annovera ben 383 forestali. Un’enormità se si pensa che l’intera Regione Liguria ne ha solo 404.
E se in Piemonte i forestali sono appena 406, nel comune di Solarino, nove mila abitanti in provincia di Siracusa, i forestali sono ben 437: come dire che un abitante ogni 20 è impegnato nella tutela dei boschi.
Ancora superiori le statistiche registrate a Godrano, in provincia di Palermo: su mille abitanti 190 sono forestali, compresi sindaco, alcuni assessori e consiglieri.
Da soli (sic!) badano a 2 mila ettari di bosco.
Circa 158 mila ettari in meno rispetto al Molise dove le guardie forestali sono appena 152.
La questione forestali in Sicilia però non è nuova alle cronache nazionali.
Qualche mese fa il settimanale Panorama aveva quantificato in 28mila elementi l’intero organico di cui poteva disporre la Regione Sicilia per la cura delle proprie foreste.
Un’enormità se si pensa che in tutta la Lombardia sono meno di 500.
In Sicilia però, si sa, dove non arrivano i privati c’è sempre mamma Regione a fornire aiuti ai suoi figli (infatti nell’isola i forestali nulla hanno a che vedere con il Corpo forestale dello Stato).
Un meccanismo collaudato quello delle guardie forestali che non accenna assolutamente a cambiare: quasi trentamila precari significano soprattutto voti sicuri ad ogni tornata elettorale.
Sarà per questo che in Sicilia i forestali impiegati a tempo indeterminato sono appena 803.
Poi ci sono i 22mila precari dipendenti dell’assessorato all’agricoltura, e gli 8mila dipendenti dell’assessorato al Territorio: lavorano 6 mesi l’anno e da giugno a dicembre guadagnano 1.200 euro al mese pagati dalla Regione, mentre negli altri sei mesi sono a carico dell’Inps.
Per stipendiare precari e assunti a tempo indeterminato la Regione spendeva 450 milioni di euro l’anno, mentre l’Inps 180 milioni.
Adesso la nuova Finanziaria regionale ha approvato tagli per 150 milioni: il risultato è un orario di lavoro inferiore per i precari, che però sono riusciti a limitare i danni salvando il posto.
Giuseppe Pipitone
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 21st, 2013 Riccardo Fucile
TRA SCARSO INTERESSE DEI CITTADINI, DISILLUSIONE DIFFUSA E 19 CANDIDATI MIMETIZZATI
In una grande e vasta metropoli come Roma è difficile per un aspirante sindaco segnalare la sua stessa presenza alla vasta cittadinanza indaffarata o indifferente.
Le tv locali hanno un bacino d’ascolto molto circoscritto, quasi catacombale.
Le radio della città sono un’infinità e raggiungono un pubblico molto spezzettato, assatanato dalla campagna acquisti della Roma e della Lazio.
Un pubblico poco versato nella decifrazione degli immensi problemi che angustiano la città . I manifesti costano e qui, come altrove, circolano pochi euro, anche se adesso va di moda inondare taxi, bus e tram con la propaganda di partito.
E i 19 candidati girano come trottole sperando di intercettare un timido frammento di attenzione pubblica.
Solo che se parli a Primavalle, davanti a una dozzina di avventori, a Torpignattara, all’altro capo della città , nessuno di accorge di te.
Almeno, una volta, c’erano i partiti a presidiare il territorio, anzi «i territori» come si dice ora in gergo.
Ma ora la parola «partito» fa scappare la gente: e i candidati devono pure mimetizzarsi.
Mancano pochi giorni, alle elezioni che decideranno del nuovo governo del Campidoglio, ma l’atmosfera non sprizza energia e passione.
La città è indolente, si sa. E ora è anche delusa e disincantata.
I quattro candidati più accreditati sono ovviamente: Gianni Alemanno, sindaco uscente del centrodestra; Ignazio Marino, candidato del Pd dopo elezioni primarie che hanno scombussolato la vita del partito già piagato dalle vicissitudini nazionali; Marcello De Vito, del Movimento 5 Stelle, nominato sul web con una platea elettorale molto più esigua di quella del Pd; e Alfio Marchini, indipendente, mediaticamente la star di questa campagna elettorale.
Poi c’è la pletora delle candidature che aspirano a un buon piazzamento (e a un po’ di tonificante visibilità ).
C’è un folto gruppo che si colloca all’estrema destra (da CasaPound a Forza Nuova a Militia Christi).
C’è un candidato noto per le sue stravaganti, e costose, trovate auto promozionali, Alfonso Luigi Marra, che vanta tra i suoi sostenitori liste come «Dimezziamo lo stipendio ai politici» e «Fronte giustizialista».
C’è un candidato che grosso modo gravita attorno al mondo che un tempo si aggregava in Rifondazione comunista, che gode dell’appoggio di una «Lista pirata» e che propone che Roma si rifiuti di pagare i debiti e violi il soffocante «patto di Stabilità ».
Ma qui si gioca sugli zero virgola.
I magnifici quattro, invece, giocano su percentuali molto più elevate, quelle necessarie per il ballottaggio.
La città segue pigramente una campagna elettorale abbastanza opaca e spenta, se si eccettuano risvegli momentanei nell’esercizio che alla classe politica italiana viene decisamente meglio: la rissa da talk show. Roma è soffocata, sporca, ingabbiata in un traffico infernale.
Un giorno sì e uno no la metropolitana non funziona. Quella ancora da costruire è un cantiere che il romano cinico già vive come un incubo che non finirà mai e di fronte al quale bisognerà adattarsi,
L’Ama, la municipalizzata che si occupa della pulizia delle strade, si è fatta conoscere per una Parentopoli che certo non ha portato prestigio alla giunta Alemanno e i suoi camioncini attraversano la città per svuotare i cassonetti all’ora di punta, vicoli del centro compreso: si può immaginare con quanto entusiasmo dei romani bloccati.
Dei nuovi filobus pagati con un conto molto salato non si ha notizia.
Recentemente ha chiuso il servizio dei battelli sul Tevere, per via dei detriti che rendono il fiume impraticabile ed è di questi giorni la notizia che sta smettendo di funzionare l’impianto di depurazione del fiume.
Ma nella campagna elettorale questi temi sono lasciati sullo sfondo, pure sono manipolati in modo strumentale senza che nessuno dica in modo chiaro, circostanziato e credibile quante risorse serviranno, e come saranno reperite, e come si assicureranno appalti trasparenti, e chi controllerà che i lavori saranno svolti bene, con accuratezza, nei tempi stabiliti, nel rispetto della cittadinanza non trattata come un gregge, come «traffico» con cui ingolfare irrimediabilmente la citt�
I candidati maggiori preferiscono tenersi sul vago e, come si dice, buttarla in politica. Gianni Alemanno, che i sondaggi danno in ripresa dopo i tonfi degli ultimi anni, deve spiegare credibilmente perchè tutto quello che propone per il prossimo quinquennio non è stato fatto nei cinque anni precedenti.
La sua è una battaglia per la vita, perchè una sconfitta lo declasserebbe di molto nella nomenclatura che si riconosce nel Pdl.
Il sindaco uscente è molto nervoso, reagisce come davanti a un’offesa a chi gli contesta le manchevolezze della sua gestione del Campidoglio, ma spera in un buon piazzamento per il ballottaggio che è una strana creatura della psicologia collettiva, come si dimostrò proprio a Roma nel 2008, a scapito del superfavorito Francesco Rutelli.
Poi c’è Ignazio Marino, che ha vinto con ampio margine le primarie, ma opera con il Pd romano sull’orlo dell’autodissoluzione.
Finora lui ha evitato di farsi sommergere dall’apparato del partito, ma una campagna elettorale molto scialba ha consigliato al candidato di non apparirgli troppo estraneo. Alfio Marchini, un cuore rosso come simbolo della sua lista, di una famiglia di costruttori romani da sempre vicina al Pci e alla sinistra, «buca il video» e sui social network si è scatenata, sotto la dicitura «Arfio», la corsa alla presa in giro bonaria del candidato molto danaroso.
Un finto annuncio fra tutti: «Rinuncio allo stipendio di sindaco, perchè troppi spicci in tasca mi danno fastidio».
Il suo destino è di pescare in un’area di consenso trasversale.
Come il candidato di Grillo, De Vito, sempre chino sui suoi appunti anche quando deve dire «votatemi».
Ora il Pd cerca di riprendersi la piazza San Giovanni «occupata» da Grillo prima delle ultime elezioni, mentre Alemanno sfida le ire della Soprintendenza proponendo il palco elettorale nei pressi del Colosseo.
La battaglia dei simboli prima di quella dei voti veri.
Per i candidati e i loro partiti una boccata d’ossigeno, o la fine di molte ambizioni politiche.
Pierluigi Battista
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Maggio 21st, 2013 Riccardo Fucile
L’ANALISI DI COLDIRETTI/SWG: IL 32% DEI GIOVANI FAREBBE LO SPAZZINO
Più di un quarantenne su quattro si mantiene grazie alla `paghetta’ dei genitori che aiutano
finanziariamente i figlioli fino ad età avanzata.
È quanto emerge dall’ analisi Coldiretti/Swg su «I giovani e la crisi», presentata all’Assemblea di Giovani Impresa Coldiretti in vista della presentazione del piano giovani del Governo, dalla quale si evidenzia che il 28 per cento dei giovani tra i 35 ed i 40 anni sopravvive con i soldi di mamma e papà , così come anche il 43 per cento di quelli tra 25 e 34 anni e l’89 per cento dei giovani tra 18 e 24 anni.
Da segnalare che – sottolinea Coldiretti – l’aiuto economico dei genitori continua anche per più di un giovane occupato su quattro (27 per cento) che non è comunque in grado di rinunciare al supporto finanziario dai familiari.
«La famiglia è diventata una rete di protezione sociale determinante che opera come fornitore di servizi e tutele per i membri che ne hanno bisogno», ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini.
A conferma di ciò – aggiunge Coldiretti – il 51 per cento dei giovani vive con i propri genitori e, di questo, solo il 13 per cento per scelta, mentre il 38 perchè non può permettersi un alloggio proprio. In particolare abita con mamma e papà addirittura il 26 per cento dei giovani tra 35 e 40 anni, il 48 per cento di quelli di quelli tra 25 e 34 anni e l’89 per cento dei giovani con età tra i 18 e i 24 anni.
La situazione è profondamente diversa per i giovani agricoltori – precisa Coldiretti – che nel 32 per cento dei casi vivono con i genitori perchè non possono permettersi un alloggio alternativo, ma nel 31 per cento dei casi lo fanno per scelta.
Un atteggiamento che conferma i forti legami famigliari che caratterizzano l’impresa agricola dove è particolarmente solido il rapporto intergenerazionale.
In ogni caso il 61 per cento dei giovani pensa che in futuro la sua situazione economica sarà peggiore di quella dei propri genitori, il 17 per cento uguale e solo il 14 per cento migliore, mentre il 9 per cento non risponde.
Il 32 per cento dei giovani pur di lavorare farebbe lo spazzino, ma la percentuale sale addirittura al 49 per cento per quelli in cerca di lavoro, mentre scende al 19 per cento per gli studenti.
È quanto emerge dall’ analisi. Il 34 per cento dei giovani – aggiunge la ricerca – accetterebbe un posto da pony express e il 31 da operatore di call center.
Anche in questo caso per i disoccupati la percentuale sale al 49 per cento per il posto da pony express e al 39 da operatore di call center.
Oltre 4 giovani disoccupati su 10 (43 per cento) sarebbero peraltro disposti, pur di lavorare, ad accettare un compenso di 500 euro al mese a parità di orario di lavoro, mentre il 39 per cento sarebbe disposto ad un maggiore orario di lavoro a parità di stipendio.
«L’analisi evidenzia un forte spirito di sacrificio delle giovani generazioni che li porta addirittura a rinunciare a diritti del lavoro fondamentali», ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che «questo non può essere consentito in un Paese civile come l’Italia».
Le prospettive negative sul futuro fanno sì che la situazione non cambi di molto tra gli studenti che nel 39 per cento sono disponibili ad accettare uno stipendio ridotto a 500 euro al mese e nel 35 per cento a lavorare più a lungo a parità di compenso.
La situazione è profondamente diversa per i giovani occupati che solo nel 7 per cento dei casi sono disponibili ad accettare lo stipendio ribassato, mentre nel 23 per cento dei casi sono pronti a lavorare più a lungo.
Vista la nera realtà occupazionale – conclude Coldiretti – il 51% dei giovani sotto i 40 anni è pronto ad espatriare per trovare lavoro mentre il 64 per cento è disponibile a cambiare città .
Questo perchè il 73 per cento dei giovani ritiene che l’Italia non possa offrire un futuro.
I risultati si invertono tra i giovani agricoltori che per il 45 per cento pensano invece che l’Italia possa offrire un futuro.
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Maggio 21st, 2013 Riccardo Fucile
IN MOLTE CITTA’ IL TESSERAMENTO E’ FERMO, MOLTI CIRCOLI AUTOSOSPESI
A Funo di Argelato, circolo bolognese del Pd, il responsabile organizzativo si sfoga: «Chiederei ai “101” cervelloni del Pd di spiegarmi come convincere la gente a tesserarsi ora!».
Colpa dei 101 “franchi tiratori” che hanno impallinato Prodi nella corsa al Colle, ma anche dell’alleanza di governo con Berlusconi, se nel partito è allarme tesseramento. Carlo Galli, politologo e parlamentare – iscritto nello stesso circolo dove giacciono non ritirate le tessere del Professore e della moglie Flavia Franzoni – parla di un “rischio emorragia” di militanti.
A Bologna e dintorni di fatto il tesseramento è fermo. È cominciato tardi, è vero, dopo le elezioni di febbraio, ma la strada è tutta in salita. E se le difficoltà si sentono nella “rossa” Emilia, figurarsi nel resto d’Italia.
Ovviamente al Nazareno, la sede nazionale dei Democratici a Roma, invitano a non enfatizzare il calo.
Nico Stumpo, responsabile dell’organizzazione quando Bersani era segretario, qualche giorno fa ragionava: «Se c’è la disaffezione per la politica, perchè non dovrebbe riguardare anche i Democratici? Mica il nostro partito è un ente astratto».
Giustificazioni generali a parte, dei 550 mila tesserati del 2012, bisognerà vedere quanti saranno pronti a tesserarsi di nuovo. In Lombardia, Maurizio Martina segretario regionale riunirà la settimana prossima tesoriere e segretari provinciali: «Le difficoltà ci sono, inutile negarle, però le assemblee sono partecipate. Ci sono circoli, come quello nel lodigiano, che si sono autosospesi, ma poi sono tornati. Alla Barona a Milano, l’altra sera, c’è stato un dibattito molto vivace».
Nel 2012 gli iscritti democratici lombardi erano circa 43 mila.
A Bologna il tesoriere del Pd Fausto Melotti ha ammesso che non sarà facile raggiungere i 23 mila tesserati a fine anno.
Vivacità è sinonimo di contestazione. Oltre a OccupyPd, il movimento di occupazione delle sedi del partito nato nei giorni bui del voto per il Quirinale, nei circoli è resa dei conti. Giuseppe Lupo, segretario del Pd siciliano, sostiene però che dopo la caduta si va alla riscossa.
«C’è mobilitazione, discussioni anche accesissime». E il tesseramento? «Neppure l’abbiamo cominciato, le tessere del 2013 l’abbiamo avute 15 giorni fa».
Alla vigilia di un congresso (il Pd lo terrà in autunno), i partiti in realtà hanno impennate di tessere che rafforzano i vari capibastone.
È quanto denuncia il movimento Occupy torinese: «Abbiamo ricevuto preoccupanti segnalazioni di un incremento repentino, quanto ingiustificato in questo periodo, di “pacchetti” di tessere recapitati dal centro verso la periferia».
I “ribelli” del Pd sospettano tessere clientelari, passando a Torino e provincia da 8.900 a 12 mila iscritti.
Altrove però è tutt’altra aria. E le ferite tra i militanti democratici non si rimarginano. Il comitato milanese per Matteo Renzi lancia un appello e una raccolta di firme online per scusarsi con il Professore: «Scriviamogli: presidente Prodi, io ti chiedo scusa e ti chiedo di restare».
Sul suo blog sull’Huffington Post, Aldo Civico ricostruisce la sua conversazione con Prodi.
Al Professore ha chiesto se fosse solo gossip l’addio al partito. «Un gossip fondato», ha risposto l’ex premier.
Stefano Bonaccini, il segretario democratico dell’Emilia, si sta spendendo per evitare uscite: «Si sente che si fa più fatica, comunque il tesseramento è partito in ritardo e per ora siamo a metà ».
Domani convocherà una riunione ad hoc, come Enzo Amendola il segretario campano. Cecilia Alessandrini, segretaria della sezione di Prodi, racconta che il 10% non si è ancora presentato a rinnovare.
Durante il caos Quirinale, lasciò un post-it in sezione per i militanti indignati: «Scusate, avete ragione».
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica”)
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Maggio 21st, 2013 Riccardo Fucile
UN GOVERNO CON MOLTI KILLER DELL’AMBIENTE NEI POSTI CHE CONTANO
La demeritocrazia incalza e, col favore delle “larghe intese”, occupa il Palazzo, e già il Pdl
torna a intonare la litania dei condoni.
Qualche curriculum: Giancarlo Galan ha presieduto la regione Veneto negli anni (1995-2010) che l’hanno issata in cima alle classifiche per la cementificazione del territorio, 11% a fronte di una media europea del 2,8 %; da ministro dei Beni culturali, ha chiamato come consigliere per le biblioteche Marino Massimo De Caro, che col suo consenso è diventato direttore della biblioteca dei Girolamini a Napoli, dove ha rubato migliaia di libri (è stato condannato a sette anni di galera per furto e peculato).
Per tali benemerenze, Galan oggi presiede la Commissione Cultura della Camera.
Maurizio Lupi ha presentato nel 2006 un disegno di legge che annienta ogni pianificazione territoriale in favore di una concezione meramente edificatoria dei suoli, senza rispetto nè per la loro vocazione agricola nè per la tutela dell’ambiente.
Ergo, oggi è ministro alle Infrastrutture e responsabile delle “grandi opere” pubbliche.
La commissione Agricoltura del Senato è naturalmente presieduta da Roberto Formigoni, ricco di virtù private e pubbliche, fra cui spicca la presidenza della Regione Lombardia negli anni (1995-2012), in cui è diventata la regione più cementificata d’Italia (14%) battendo persino il Veneto di Galan.
Flavio Zanonato, in qualità di sindaco di Padova, ha propugnato la costruzione di un auditorium e due torri abitative a poca distanza dalla Cappella degli Scrovegni, mettendo a rischio i preziosissimi affreschi di Giotto: dunque è ministro per lo Sviluppo economico, che di Giotto, si sa, può fare a meno.
Vincenzo De Luca come sindaco di Salerno ha voluto il cosiddetto Crescent o “Colosseo di Salerno”, 100 mila metri cubi di edilizia privata in area demaniale che cancellano la spiaggia e i platani secolari: come negargli il posto di viceministro alle Infrastrutture?
Marco Flavio Cirillo, che a Basiglio (di cui è stato sindaco), presso Milano, ha pilotato operazioni immobiliari di obbedienza berlusconiana, disseminando nuova edilizia residenziale in un’area dove il 10% delle case sono vuote, ascende alla poltrona di sottosegretario dell’Ambiente.
E quale era mai il dicastero adatto a Nunzia Di Girolamo, firmataria di proposte di legge contro la demolizione degli edifici abusivi in Campania, per l’incremento volumetrico mascherato da riqualificazione energetica e per la repressione delle “liti temerarie” delle associazioni ambientaliste? Ma il ministero dell’Agricoltura, è ovvio.
Che cosa dobbiamo aspettarci da un parterre de rois di tal fatta?
Primo segnale, l’onorevole De Siano (Pdl) ha presentato un disegno di legge per riaprire i termini del famigerato condono edilizio “tombale” del 2003, estendendoli al 2013, con plauso del condonatore doc, Nitto Palma, neopresidente della commissione Giustizia del Senato, e con la scusa impudica di destinare gli introiti alle vittime del terremoto.
Se il governo Letta manterrà la rotta del governo “tecnico” che gli ha aperto la strada col rodaggio delle “larghe intese”, si preannunciano intanto cento miliardi per le cosiddette “grandi opere”, meglio se inutili, con conseguente criminalizzazione degli oppositori per “lite temeraria” o per turbamento della pubblica quiete.
Più o meno quel che è successo all’Aquila al “popolo delle carriole”, un gruppo di volontariato che reagiva all’inerzia dei governi sgombrando le macerie del sisma, e venne prontamente disperso e schedato dalla Digos.
In compenso, i finanziamenti per le attività ordinarie dei Comuni e delle Regioni sono in calo costante, e sui ministeri-chiave (come i Beni culturali) incombono ulteriori tagli selvaggi travestiti da razionale spending review, come se un’etichetta anglofona bastasse a sdoganare le infamie.
La tecnica dell’eufemismo invade le veline ministeriali, e battezza “patto di stabilità ” i meccanismi che imbrigliano i Comuni, paralizzano la crescita e la tutela ambientale, scoraggiano gli investimenti, condannano la spesa sociale emarginando i meno abbienti, comprimono i diritti e la democrazia.
Ma il peggior errore che oggi possiamo commettere è di fare la conta dei caduti dimenticando la vittima principale, che è il territorio, la Costituzione, la legalità . In definitiva, l’Italia.
L’unica “grande opera” di cui il Paese ha bisogno è la messa in sicurezza del territorio e il rilancio dell’agricoltura di qualità . Il consumo di suolo va limitato tenendo conto di parametri ineludibili: l’enorme quantità di invenduto (almeno due milioni di appartamenti), che rende colpevole l’ulteriore dilagare del cemento; gli edifici abbandonati, che trasformano importanti aree del Paese in una scenografia di rovine; infine, il necessario rapporto fra corrette previsioni di crescita demografica e pianificazione urbana.
Manodopera e investimenti vanno reindirizzati sulla riqualificazione del patrimonio edilizio e sulla manutenzione del territorio.
Su questi fronti, il governo Monti ha lasciato una pesante eredità .
Ai Beni culturali, Ornaghi ha sbaragliato ogni record per incapacità e inazione; all’Ambiente, Clini, che come direttore generale ne era il veterano, ha evitato ogni azione di salvaguardia, ma in compenso si è attivato in difesa di svariate sciocchezze, a cominciare dallo sgangherato palazzaccio di Pierre Cardin a Venezia.
Ma dal governo Monti viene anche un’eredità positiva, il disegno di legge dell’ex ministro Catania per la difesa dei suoli agricoli e il ritorno alla disciplina Bucalossi sugli oneri di urbanizzazione: un buon testo, ergo lasciato in coda nelle priorità larghintesiste di Monti & C. e decaduto con la fine della legislatura.
Verrà ripreso e rilanciato il ddl Catania?
Vincerà , nel governo Letta, il partito dei cementificatori a oltranza, o insorgeranno le voci attente alla legalità e al pubblico bene?
Il Pd, sempre opposto ai condoni, riuscirà a sgominare la proposta di legge dell’alleato Pdl?
Anche i forzati dell’amnesia, neosport nazionale assai in voga in quella che fu la sinistra, sono invitati non solo a sperare nei ministri e parlamentari onesti (che non mancano), ma anche a ripassarsi i curricula devastanti dei professionisti del disastro
Se saranno loro a vincere, sappiamo che cosa ci attende.
Se verrà assodato che il demerito è precondizione favorevole a incarichi ministeriali, presidenze di commissioni ed altre incombenze, si può preconizzare la fase successiva, quando il supremo demerito, se possibile condito di qualche condanna penale, sarà conditio sine qua non per ogni responsabilità di governo.
Che cosa dovremmo aspettarci da questa nuova stagione della storia patria?
Il capitano Schettino alla Marina? Previti alla Giustizia? E Berlusconi al Quirinale?
Salvatore Settis
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Maggio 21st, 2013 Riccardo Fucile
GLI INCENTIVI SCADONO A FINE GIUGNO E SI CERCA DI PROLUNGARLI
Non ci sono solo Imu, Iva e Tares-rifiuti a riempire il dossier fiscale del governo.
A fine giugno scadono due superbonus assai utilizzati: quello sulle ristrutturazioni a carattere energetico e quello «storico» sulle ristrutturazioni edilizie.
Come per l’Iva ambienti di Palazzo Chigi considerano le misure importanti ma temono di non avere a disposizione i margini finanziari per coprire una eventuale proroga.
«La proroga delle ristrutturazioni è una delle opzioni su cui lavorare ma non è nè semplice nè scontato farlo», spiegano fonti vicine al governo. G
li sconti così dal primo luglio rischiano di ridursi dal 50-55 per cento al 36 per cento, circoscrivendo notevolmente l’effetto-risparmio.
Il bonus energetico è attualmente al 55 per cento con un tetto massimo di detraibilità che va dai 30 ai 100 mila euro a seconda degli interventi: se non sarà rinnovato lo sconto fiscale che può essere portato in detrazione dall’Irpef in dieci anni scenderà dal 1° luglio prossimo al 36 per cento (e il tetto di detraibilità scenderà e sarà unificato a 48 mila euro) come dispone il testo unico delle imposte dirette modificato nel 2011.
Il bonus riguarda una serie di misure ad alto risparmio energetico che si possono realizzare negli appartamenti: dai pavimenti agli infissi, dall’introduzione dei pannelli solari per l’acqua ai riscaldamenti con caldaie a compensazione.
Stando ai dati del 2010 la misura ha avuto un certo successo: le domande sono state 405 mila per 4,6 miliardi di lavori realizzati e le detrazioni sono costate allo stato 2,6 miliardi.
Analoga la vicenda del bonus ristrutturazioni, introdotto più di dieci anni fa dal governo Prodi: dal gennaio del 2012 l’importo detraibile è salito al 50 per cento spalmabili in dieci anni con un tetto di detraibilità raddoppiato a 96 mila euro: la misura scade il 30 giugno prossimo e dunque dal 1° luglio lo sconto scenderà al 36 per cento con un tetto di 48 mila euro di detraibilità .
Il bonus ristrutturazioni esiste dal 1998 e fino al 2010 ha totalizzato oltre 4 milioni e mezzo di domande toccando il 20 per cento del patrimoni abitativo: solo nel 2010 l’incremento è stato dell’11 per cento con 496 mila beneficiari.
Intanto è guerra di cifre sulla riforma delle tasse sulla casa che dovrà arrivare entro fine agosto: il Pd vorrebbe far pagare solo il 15 per cento più «ricco» per finanziare la sterilizzazione dell’Iva , il Pdl vorrebbe l’esenzione totale.
Scende in campo anche il sottosegretario all’Economia Baretta che propone un aumento selettivo dell’Iva dal 21 al 22 per cento.
Il viceministro dell’Economia Fassina aveva proposto di portare la detrazione Imu prima casa a 450 euro (attualmente sono di 200 euro base per tutti e di 50 euro a figlio) eliminando così la tassa per l’85 per cento delle famiglie e lasciando pagare l’Imu prima casa al 15 per cento più «ricco» (che versa di più in termini assoluti) in modo da lasciare intatto il gettito dei 2 miliardi necessari.
Ieri è arrivata la risposta del capogruppo Pdl alla Camera Brunetta: «La soluzione non funziona e crea confusione».
L’esponente Pdl rileva che, siccome il 15 per cento che attualmente paga più di 400 euro di Imu versa già complessivamente 1,8 miliardi, se si portasse la detrazione a 450 euro la platea si ridurrebbe e il gettito sarebbe ancor meno sufficiente a raccogliere le risorse per depotenziare l’aumento dell’Iva (che costa 2 miliardi).
Roberto Petrini
(da “La Repubblica“)
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Maggio 21st, 2013 Riccardo Fucile
VA A VUOTO LA PROVOCAZIONE DEL CAPOGRUPPO LEGHISTA A PALAZZO MARINO: BLOCCATO DALLA SCORTA… DOPO AVERLA DENIGRATA PER SETTIMANE, L’ESPONENTE DELLA PADAGNA DEL MAGNA MAGNA CERCA L’INCIDENTE “DIPLOMATICO”
A Milano si consegnano gli attestati di cittadinanza onoraria ai bambini nati in Italia figli di
immigrati.
Una cerimonia a cui il neo-ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge ha voluto partecipare.
Ad aspettarla fuori, c’è il capogruppo della Lega Nord a Palazzo Marino, Alessandro Morelli, che prova a stringerle la mano, ma viene bloccato prima dalla scorta.
E se il capogruppo del Carroccio ha letto l’accaduto come un “rifiuto” del ministro, dallo staff della Kyenge replicano: “E’ un problema di sicurezza, Kyenge e la scorta non conoscono Morelli e si sono attenuti alle normali procedure”.
Una “scortesia” che arriva dopo una campagna senza esclusione di colpi da parte del Carroccio contro la Kyenge: dalle t-shirt sfoggiate dagli esponenti del Carroccio nell’assemblea consiliare (con la scritta “Clandestino è reato”), fino alla sortita di Matteo Salvini che, dopo la tragedia di Niguarda aveva dichiarato: ”Il ministro Kyenge fa istigazione a delinquere quando dice che l’immigrazione clandestina non dovrà più essere un reato”.
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Maggio 21st, 2013 Riccardo Fucile
DELLA NORMA POTREBBERO USUFRUIRNE, OLTRE A DELL’UTRI, ANCHE NICOLA COSENTINO, L’EX ASSESSORE ZAMBETTI, L’EX GOVERNATORE RAFFAELE LOMBARDO E L’EX SOTTOSEGRETARIO ANTONIO D’ALI’
Condanna dimezzata per concorso esterno in associazione mafiosa.
Niente carcere e intercettazioni per chi svolge attività sotterranea di supporto ai componenti dell’associazione mafiosa.
Si dovrà dimostrare che c’è un profitto.
Lo prevede il testo Pdl appena assegnato in commissione Giustizia del Senato, relatore Giacomo Caliendo.
Tra i casi “celebri” nei quali viene contestato il concorso esterno ci sono tra gli altri quelli dell’ex senatore Pdl e Marcello Dell’Utri e dell’ex deputato Pdl Nicola Cosentino, l’ex assessore regionale della Lombardia Domenico Zambetti, l’ex presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo, l’ex sottosegretario Antonio D’Alì.
Come noto per concorso esterno è stato condannato in via definitiva l’ex presidente della Regione Sicilia Totò Cuffaro.
Tuttavia in questo caso, a differenza degli altri, la legge non avrebbe effetto.
Mentre nel caso del politico tra i fondatori di Forza Italia e amico di Silvio Berlusconi, che attende il verdetto definitivo della Cassazione, avrebbe l’effetto di evitargli la galera in caso di condanna definitiva.
Dell’Utri è stato condannato a 7 anni lo scorso 23 marzo dopo che la Corte di Cassazione, nel marzo 2012, aveva annullato il precedente giudizio d’appello, che si era concluso con la medesima condanna a sette anni. I giudici, però, aveva assolto Dell’Utri dai reati a lui contestati dal ’92 in poi.
Nelle motivazioni i supremi giudici aveva sottolineato che il reato di concorso esterno a Cosa nostra era stato commesso certamente “fino al 1977″, mentre non lo aveva ritenuto provato per gli anni successivi.
Attualmente il concorso esterno in associazione mafiosa è punito con il carcere fino a 12 anni.
Ma sinora non si trattava di una norma ‘tipizzata’ nell’ ordinamento.
Lo diventerebbe con il progetto di legge da oggi all’esame della commissione Giustizia, che porta la firma anche del senatore del Pdl Guido Compagna.
Nel testo, infatti, si prevede l’introduzione di due nuovi articoli nel codice penale: il ‘379-ter’ e il 379-quater’. Il primo (“Favoreggiamento di associazioni di tipo mafioso”) prevede che chiunque, fuori dei casi di partecipazione alle associazioni di cui all’articolo 416-bis, agevoli deliberatamente la sopravvivenza, il consolidamento o l’espansione di un’associazione di tipo mafioso, anche straniera, è punito con la reclusione da uno a 5 anni. Il secondo (“Assistenza agli associati”) stabilisce che chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento, dia rifugio o fornisca vitto, ospitalità , mezzi di trasporto, strumenti di comunicazione a taluna delle persone che partecipino a un’associazione di tipo mafioso, anche straniera, al fine di trarne profitto, è punito con la reclusione da 3 mesi a 3 anni.
La pena è aumentata se l’assistenza è prestata continuativamente.
L’articolo 418 del codice penale, che disciplina l’assistenza agli associati, verrebbe abrogato.
Se queste norme venissero introdotte nell’ordinamento le conseguenze sarebbero varie e tutte di una certa rilevanza visto che avrebbero un riflesso anche sui giudizi in corso grazie al principio del ‘favor rei’ (se la legge varia in modo favorevole all’imputato o condannato non in via definitiva essa è applicabile anche in via retroattiva, ndr): prima di tutto il concorso esterno verrebbe derubricato alla categoria ‘favoreggiamento’ e questo comporta di per sè una riduzione della pena che passerebbe infatti da un massimo di 12 anni a un massimo di 5 (cioè da 1 ai 5 anni).
Il che significa che ci sarebbe uno stop alle intercettazioni visto che gli ascolti vengono consentiti in caso di reati per i quali sono previste condanne superiori ai 5 anni.
Poi, per chi ‘supporta’ i componenti dell’associazione mafiosa, la pena fissata nel ddl va dai 3 mesi a 3 anni.
E questo comporterà che non scatterà la custodia cautelare in carcere: il tetto perchè scatti, infatti, è di 4 anni.
In più, perchè si possa condannare il ‘sostenitore’ o l“assistente esterno all’associazione mafiosa, si dovrà dimostrare che dalla sua azione si ricavi un profitto”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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