Ottobre 19th, 2013 Riccardo Fucile
NESSUN EFFETTO DIRETTO DALL’INTERDIZIONE PRIMA DI GENNAIO… E SE SULLA DECADENZA AL SENATO ARRIVASSE L’AIUTINO DI CASINI E MAURO…
Sono due gli anni di interdizione dai pubblici uffici comminati oggi dalla terza sezione della Corte
d’Appello di Milano a carico di Silvio Berlusconi.
Nulla di nuovo, a villa San Martino. Silvio Berlusconi ha accolto così i due anni di interdizione decisi dalla Corte d’appello di Milano sulla sentenza Mediaset.
Il Cavaliere da tempo non crede che la magistratura possa ‘salvarlo’, ma conserva ancora flebili speranze sulla partita sulla decadenza.
Tecnicamente il passaggio del tribunale meneghino è formale. L’iter dell’esclusione dal Senato dell’ex premier è infatti già in corso ai sensi della legge Severino, e si concluderà in novembre con il voto dell’aula.
Così l’interdizione calcolata dai giudici di Milano (non sommandosi con gli effetti dell’altra norma) non avrà effetti pratici.
Per lo meno non immediati, salvo l’esclusione dell’imputato anche dall’elettorato attivo.
Qualora infatti l’Aula del Senato dovesse a sorpresa respingere la non convalida dell’elezione del Cavaliere, i tempi dell’applicazione dell’interdizione non sarebbero brevissimi.
La sentenza sarà ricorribile (anche se non nel merito: il quantum non potrà essere modificato, ma in caso di accoglimento dell’appello dovrà essere nuovamente ricalcolato).
Niccolò Ghedini, il legale del Cavaliere, ha già annunciato che presenterà ricorso, chiedendo la riduzione della sentenza di un anno.
Dunque, dopo il nuovo passaggio in Cassazione – la cui sentenza è attesa non più tardi di gennaio – l’applicazione dell’interdizione dovrà passare da un voto della Giunta e, quindi, dell’emiciclo, proprio come si è verificato per la decadenza.
Il voto sulla decadenza, al contrario, è atteso entro novembre, e sancirà la definitiva uscita del Cav dall’assemblea parlamentare.
Pd e M5s spingono per i primi giorni del mese, mentre il Pdl spera di riuscire a guadagnare altro tempo.
Sulla tempistica la palla è in mano a Pietro Grasso, che per il prossimo 29 ottobre ha convocato la Giunta per il regolamento per dirimere le modalità con le quali si dovrà pronunciare l’aula (voto palese o voto segreto?).
Proprio su questo versante Berlusconi continua a coltivare qualche speranza.
“Sulla base dei precedenti vedremo come compartarci”, dice la montiana Lanzillotta. Il suo voto potrebbe essere decisivo, perchè il senatore della Svp Karl Zeller annuncia che non è d’accordo con il voto palese.
“Io sono per il voto segreto – dice contattato telefonicamente dall’Agi – voglio garantire le regole, sono contrario a cambiamenti in corso”.
I numeri nella Giunta per il regolamento, quindi, sono in bilico (Gal e Lega sono in linea con il Pdl) e potrebbero non bastare le aperture di Pd e Movimento 5 stelle sul voto palese.
“Sarebbe una forzatura assurda, bisogna riconsiderare la Legge Severino”, continua a ripetere il Cavaliere.
Politicamente, l’orientamento dei giudici di Milano rafforzerà il fronte di chi in Parlamento tira dritto sull’esclusione del Cavaliere.
Ma l’esplosione delle truppe centriste ridanno fiato alle aspettative di Arcore. Berlusconi non esclude di giocarsi poi la ‘partita’ sul voto segreto, potendo contare sull’appoggio di tutti i moderati che si riconoscono nel centrodestra.
L’ex premier guarda con interesse alle manovre dentro Scelta civica: se superiamo le nostre divisioni – ha spiegato oggi ad un deputato del Pdl -, emergeranno le spaccature nel Pd e negli altri schieramenti.
Al momento anche gli alfaniani aspettano di capire se ci può essere su un approdo comune con i cattolici di Scelta civica, ma il modello della Casa delle Libertà del ’94 resta un obiettivo.
Che potrebbe passare, anche, attraverso la partita del voto sulla decadenza.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 19th, 2013 Riccardo Fucile
NELLA STRATEGIA DEL CAVALIERE, COMPRESSO TRA FALCHI E COLOMBE, ALLA FINE CONTERANNO I SUOI INTERESSI PERSONALI
«Se mi fanno decadere da senatore butto giù il governo dei miei carnefici usando come pretesto la Legge di Stabilità ». Silvio Berlusconi sembra deciso.
Nella palude che è diventato il Pdl dopo la fiducia a Letta, chiuso a Palazzo Grazioli cerca il modo più efficace per giocarsi l’ultima partita, quella della sopravvivenza politica.
La giornata di ieri, almeno pubblicamente, sembrava segnare una tregua tra i duellanti per il controllo del partito, Alfano e Fitto.
Sulle agenzie poche dichiarazioni, tutte rivolte all’unità . Ma sotto le braci restano incandescenti, con un Berlusconi cinto d’assedio dalle due fazioni che cerca di rimanere in equilibrio, di tenere compatto il Pdl e trasformarlo in scudo nella battaglia contro il suo destino.
Una pugna nella quale decadenza, Legge di Stabilità e futuro del centrodestra si intrecceranno inesorabilmente.
Giovedì Berlusconi ha incontrato Fitto, ieri ha cenato con Alfano. Il segretario in mattinata aveva accarezzato il Cavaliere affermando che «grazie al lavoro di Berlusconi stiamo costruendo un grande centrodestra che sarà in grado di vincere contro le sinistre. Non vogliamo fare un centrino».
Dichiarazione alla quale Fitto ha risposto con un ironico «oggi è una grande giornata caratterizzata da una forte e ritrovata unità , ripartiamo tutti da Berlusconi ».
Per i falchi-lealisti, infatti, quelle del segretario sono parole ingannevoli.
Uno dei loro leader si spinge a dire riservatamente che «Angelino sa che Berlusconi è preoccupato dall’accelerazione di Mauro e Casini dopo la rottura di Monti e si copre dicendo che vuole tornare al modello Casa delle Libertà con i centristi sotto le insegne del Cavaliere. Lo fa per tranquillizzarlo, ma è pronto a lanciare in proprio l’operazione dei popolari».
Sono questi i veleni che terranno prigioniera la Legge di Stabilità , che oltretutto a Berlusconi è andata di traverso, come in queste ore va ripetendo privatamente ai suoi interlocutori: «Se il testo definitivo confermerà le indiscrezioni, la manovra non mi piace proprio».
Ed è anche per disinnescare la bomba sulla manovra, fondamentale per il governo, che ieri Alfano ha cenato a Palazzo Grazioli con l’ex premier.
Ma a cena si è parlato anche di partito, con Alfano impegnato a rispondere al cospetto del Cavaliere alle insinuazioni e al consiglio che i “lealisti” di Fitto continuano sibilare nell’orecchio presidenziale: «Togli la segreteria ad Alfano e riprenditi il partito — ripetono a Berlusconi — altrimenti quando tra un mese vorrai usare la manovra e la sopravvivenza del governo per negoziare sulla decadenza nei gruppi parlamentari non ti seguirà nessuno».
Il resto è propaganda, nel senso che gli alfaniani danno per certo che il Cavaliere abbia deciso di emarginare i falchi e incoronare Angelino a capo di Forza Italia, mentre i pasdaran giurano che Berlusconi è in procinto di decapitare il vicepremier, riprendersi il partito e guidare le truppe in prima persona nella partita sulla decadenza.
Movimenti tellurici dentro al Pdl che emergono nelle dichiarazioni pubbliche sulla Legge di Stabilità , bocciata dagli uni e promossa a pieni voti dagli altri.
Bondi, falco tra i falchi annidato tra le fila di Fitto, attacca: «Per il Pdl la riduzione delle tasse e l’abolizione dell’Imu erano un capitolo importante, ma ci troviamo un’altra tassa sugli immobili che in parte si aggiunge all’Imu, perfino più elevata. È intollerabile, è un provvedimento che contraddice gli impegni e le promesse fatte ai nostri elettori».
Gli fa eco Gasparri, per il quale «la difesa della casa resta una priorità ».
Se Brunetta, ex falco passato con Alfano, torna a chiedere la cabina di regia per correggere la manovra, le colombe Casero, viceministro dell’Economia, e Cicchitto rispondono agli avversari nel partito che la Finanziaria «rispetta gli obiettivi del governo e della piattaforma programmatica del Pdl».
Ma l’ago della bilancia sul futuro della manovra saranno gli interessi personali di Berlusconi.
Alberto D’Argenio
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Ottobre 19th, 2013 Riccardo Fucile
TRAFFICO RALLENTATO E DISAGI PER I MEZZI PUBBLICI…MA GLI AGENTI CHIEDONO SPIEGAZIONI A UN OPERATORE TV
Il 16 ottobre ad ora di pranzo in via Cicerone a Roma le auto di scorta del ministro dell’Interno
Angelino Alfano (Pdl) sono parcheggiate in doppia fila in una zona dove: c’è un divieto di fermata e dove le altre vetture sono tutte multate.
Le automobili sostano, da quando arriviamo noi con le nostre telecamere, una ventina di minuti prima di accendere i motori.
Un agente della scorta si avvicina per chiederci conto delle riprese televisive e della nostra presenza, proprio quando Alfano scende dal palazzo, si infila velocemente in una delle auto blu e si allontana.
Un palazzo, quello dove si è recato il vicepremier, dove ha sede lo studio Previti associazione professionale, studio legale fondato dal pregiudicato ed ex ministro della Difesa, Cesare Previti. Potrebbe essere solo una coincidenza, di certo non c’era alcun incontro istituzionale e le automobili di scorta sostavano in doppia fila con i mezzi pubblici costretti a clamorose gimcane nel traffico
Nello Trocchia
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 19th, 2013 Riccardo Fucile
LA STESSA FATTURA PER GIUSTIFICARE DUE SPESE DIVERSE…. MANCANO ALL’APPELLO ANCHE 110.000 EURO
Li accusano, nero su bianco, di aver riciclato la stessa fattura per giustificare due spese differenti.
E, sempre nero su bianco, di aver «provveduto a una rifusione parziale» delle somme mancanti dai conti che gestivano, ma in un momento nel quale «le inchieste giudiziarie erano di pubblico dominio».
Nelle carte che ieri in tarda mattinata i finanzieri del nucleo di polizia tributaria (agli ordini del colonnello Carlo Vita) hanno notificato a Rosario Monteleone e Marco Limoncini, e in quelle che la Finanza ha trasmesso settimana dopo settimana alla Procura, c’è la sintesi d’una serie di accertamenti partiti da lontano.
Che le stesse Fiamme Gialle avevano più diffusamente illustrato al pm Francesco Pinto con un’informativa a puntate.
Titolo, piuttosto eloquente: «Operazioni sospette ad opera di Monteleone Rosario, Limoncini Marco (capogruppo Udc in consiglio regionale) e Salvatori Tiziana (segretaria personale di Monteleone, ndr).
L’artista di Albisola e i documenti truccati
Come in tutti gli scandali politico-giudiziari che si rispettino, la buccia di banana (meglio: una delle) su cui i vertici dell’Udc sono scivolati, ha una genesi alquanto colorita.
E per capirlo bisogna saltare per un attimo ad Albisola.
Qui, nelle scorse settimane, i finanzieri fanno visita a Paolo Anselmo, artista piuttosto noto in zona. Gli chiedono se possiede ancora la documentazione d’una fornitura di ceramiche (cento animaletti da usare come regali natalizi) che in precedenza gli era stata pagata proprio dall’Unione di centro.
Anzi, con un assegno del presidente del consiglio regionale in persona, Rosario Monteleone.
Anselmo, il cui talento è unanimemente riconosciuto ma che di rado riceve ordini così «importanti» e sostanziosi, ricorda tutto e possiede tutto.
Spiega di aver conservato le carte richieste, ricorda la cifra pagata dall’Udc (per la precisione 10.800 euro) e sfodera quello che è il papello fondamentale: la fattura. «Ricordo che – racconta – ero stato contattato dalla segretaria di Monteleone per la fornitura di cento animaletti di ceramica. Quante fatture ho emesso per l’ordine? Una sola, come mia abitudine».
Il problema, si scopre oggi, è che una copia di quella stessa fattura i finanzieri l’avevano sequestrata fra i «giustificativi» di spesa presentati dal partito: in poche parole, fra gli “scontrini” con i quali si dovrebbe spiegare come sono stati utilizzato i soldi pubblici ottenuti ogni anno per «attività politica».
L’esborso per le ceramiche era inserito alla voce «rappresentanza»; ma aldilà del fatto che si possa considerare tale (e non magari un vero e proprio acquisto privato accollato ai contribuenti) il dettaglio che ha fatto sgranare gli occhi ai militari è stato un altro.
La ricevuta trovata negli archivi dell’Udc (il cliente) è diversa da quella che possiede Anselmo (il fornitore).
E secondo la Procura è stata “ritoccata” per giustificare anche una spesa differente (e poco giustificabile) da quella per cui era stata emessa.
Gli inquirenti pensano insomma che sia stata usata due volte, senza ovviamente che l’artista ne sapesse nulla.
Ecco perchè nei confronti di Montelone e Limoncini scatta l’accusa di falso in scrittura privata.
«Incroci continui presidenza-partito»
L’affaire ceramiche, dal punto di vista della cifra (quegli 11 mila euro spesi non si sa come e giustificati con la possibile “clonazione” della fattura di Paolo Anselmo) è il meno «significativo» agli occhi di chi indaga.
Gli ammanchi più consistenti, insistono gli investigatori, riguarderebbero vere e proprie «distrazioni» dai budget di soldi pubblici che Monteleone aveva alla presidenza del consiglio regionale; e – insieme a Limoncini – nell’Udc, con potere di firma sul conto.
Fra i due depositi, rimarcano le Fiamme Gialle nei propri dossier, c’è stato un continuo viavai di denaro.
E alla fine, perlomeno in base ai calcoli che le forze dell’ordine hanno fin qui ultimato, ecco che dal primo mancano all’appello 32 mila euro e dal secondo 81.800, sempre ricordando che in esame vengono presi 2010, 2011 e 2012.
(da “il Secolo XIX“)
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Ottobre 19th, 2013 Riccardo Fucile
“L’INGAGGIO A CROZZA GRAZIE A BRUNETTA”
Urbano Cairo, editore di La7, è un uomo felice. 
La sua rete si è ripresa, il barometro degli ascolti è salito oltre il 5% di share, grazie alle polemiche sui compensi della Rai ha rinnovato il contratto con Maurizio Crozza per tre anni.
Qualche fastidio arriva da Santoro che fa insorgere il Pdl per l’intervista a Michelle Bonev che racconta fatti intimi della coppia Pascale-Berlusconi, ma Cairo incassa l’audience record (fino a 3,3 milioni di fan) e solidarizza con il giornalista bacchettato dall’Ordine.
Cairo, ha ringraziato l’onorevole Brunetta che l’ha aiutata a trattenere un campione di ascolti come Crozza?
«Certamente con le sue polemiche ha innescato un processo a noi favorevole. Ma con l’agente di Crozza, Beppe Caschetto, la trattativa era rimasta aperta. Sì, lo voleva anche Mediaset, ma Maurizio ha scelto noi: perchè vuole lavorare serenamente, è dal 2006 a La7, sa bene che da noi trova il suo pubblico, e la piena libertà . Non voglio guardare alla libertà degli altri, metti della Rai, ma certo lì avrebbe incontrato discussioni, polemiche politiche».
La 7 come “oasi” tv, libera dai condizionamenti politici…
«Io lascio liberi tutti. Non pongo nessuna questione politica. Santoro, Mentana, Gruber, Formigli, Paragone e Crozza possono confermare che hanno piena autonomia. I giornalisti devono scoprire la verità , fare luce con le loro inchieste. I limiti? Se li danno da soli, da professionisti in base alla propria deontologia».
E le critiche del Pdl a Santoro, che ha intervistato Michelle Bonev sui retroscena della coppia Pascale-Berlusconi?
«Michele Santoro ha raccolto una testimonianza, quella di Michelle Bonev, che ha raccontato delle cose vissute. In studio c’era Belpietro che ha avuto la possibilità di ribattere. La Bonev ha detto la sua verità . Santoro da giornalista li fa parlare. Una causa contro di noi? Non credo ci siano gli estremi. D’altronde anche Berlusconi ha potuto dire la sua a “Servizio pubblico”, ha persino pulito la sedia di Travaglio».
Un tempo si diceva che lei era vicino a Berlusconi. C’è chi sospettava che dietro il suo arrivo a La7 ci fosse lo zampino del Cavaliere. Niente di vero?
«Figuriamoci. Nel 1995, quando ero nella Mondadori Pubblicità , fui licenziato dall’oggi al domani e il proprietario era Silvio Berlusconi. No, non direi che sono amico di Berlusconi. Non credo che ci sia un atteggiamento positivo nei nostri confronti da parte del centrodestra. Anche da quello che scrivono i giornali di destra questi giorni non mi pare proprio».
In mano a lei, La7 sembra voler uscire dal pubblico di nicchia. Non a caso farà un programma nazionalpopolare come “Miss Italia”, quasi uno sgarbo alla presidente della Camera Boldrini…
«No, nessuno sgarbo alla Boldrini. Lei ha fatto un apprezzamento che riguardava Miss Italia fatto in Rai, che è Servizio pubblico. Ma va detto che Miss Italia fa parte del Dna del Paese. Dal 1939 tanta gente si è emozionata a vedere la Gina Lollobrigida e Sofia Loren concorrenti. Anche più di recente dal concorso sono uscite attrici di valore, come Anna Valle e Martina Colombari. Inoltre va detto che questa edizione di La7, che andrà in onda il 27 ottobre, sarà rinnovata, diciamo al passo dei tempi. Con la conduzione di Massimo Ghini, affiancato da Cesare Bocci e Francesca Chillemi. Se la presidente Boldrini avrà l’occasione di vedere il programma ne riparleremo».
La chiamano “mani di forbice”, perchè taglia i compensi agli artisti. È vero?
«No, non mi riconosco, io mantengo i conti in ordine. Non ho mandato via i miei 415 dipendenti, di cui 100 giornalisti. Ho grande rispetto per chi lavora. Ma La 7 perdeva 100 milioni di euro l’anno scorso, qualcosa bisognava correggere».
Leandro Palestini
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Ottobre 19th, 2013 Riccardo Fucile
LA TASK FORCE MOBILITATA DALLA PASCALE PER CONTRASTARE E SCREDITARE LA BONEV
Le anticipazioni si rincorrono da giorni. Lesbica. Bugiarda. Approfittatrice. Dragomira (Michelle) Bonev ha intenzione di presentarsi davanti alle telecamere di Servizio Pubblico e spiattellare la sua verità su Francesca Pascale.
Così, la fidanzata di Silvio Berlusconi — già impegnata nella spending review a palazzo Grazioli e nel mettere “ordine” e “pulizia” tra le frequentazioni del Cavaliere — si appronta a cimentarsi in un terreno finora monopolio del suo potente compagno di vita: la comunicazione.
Giovedì pomeriggio riunisce in via del Plebiscito due fedelissime amiche, Maria Rosaria Rossi e Jole Santelli.
Insieme si attaccano al telefono e cominciano a chiamare gli esponenti più in vista del Pdl. L’ordine è tassativo: stasera, tutti davanti alla tv armati di telefonino.
Bisogna inondare Twitter, Facebook e le agenzie di stampa di veleno contro quella mina vagante seduta nello studio di Michele Santoro.
Loro tre, gli insulti, li lanceranno dal salotto di casa, sul divano con Dudù.
Lo fanno nel pezzo di appartamento che Francesca frequenta, in cui batte in ritirata quando l’amato Silvio riceve i politici, e giovedì c’erano i ministri.
Il piano funziona. La diretta social di Servizio Pubblico viene tempestata di messaggi. Su Twitter si scatena il tiro alla vecchia conoscenza. “La madre della Bonev dice di lei che racconta molte bugie” (Stefania Prestigiacomo). “Sciacalli, avvoltoi, faine, cultori del trash” (Michaela Biancofiore). “Belve” (Elvira Savino). “Conosco Francesca. Non è quella donna raccontata da Santoro. Triste pagina di spazzatura tv” (Alessandro Sallusti).
Fuori dal Parlamento, gli uffici stampa del Pdl aspettano gli onorevoli che sono rimasti impegnati in commissione fino alle 23 per riascoltare stralci dell’intervista e commentare immediatamente le frasi dello scandalo.
Il sondaggista Crespi, secondo quanto ricostruito ieri su Facebook dalla redazione di Servizio Pubblico, mette in piedi una macchina di finti profili Twitter per lanciare l’hashtag #disserviziopubblico.
Perfino le vecchie glorie delle cene eleganti commentano le evoluzioni della storia. Scrive l’olgettina Ioana Visan: “Noooo #pascalLesbian i fagiolini posso capire..ma le lettere di Putin tra le tue mani no!”.
Replica Barbara Guerra (già poliziotta in maschera nella sala del bunga bunga): “Noo! Ora è troppo!!”. La Visan chiosa: “Mado’ neanche la segretezza della corrispondenza c’è .. Ma che mondo infame!”.
E giù sorrisini, faccette e hashtag (#risate #l’ItaliaBella) che raccontano il riso amaro di queste due frequentatrici di casa Berlusconi. Ma c’è poco da scherzare.
La Pascale, furibonda, chiede un risarcimento danni da 10 milioni di euro. E dopo aver commissionato la reazione via web contro l’ex amica, si prepara una nuova edizione del collaudato metodo Boffo.
Ieri pomeriggio apriva le danze Il Giornale, versione on line, pubblicando il testo dei “messaggini” a cui Maurizio Belpietro aveva accennato durante la trasmissione su La7.
Una notizia del Corriere del Mezzogiorno, rilanciata in pompa magna dal quotidiano di famiglia: un tempo, Francesca e Michelle, si fotografavano insieme sbaciucchianti, ora una è “sui giornali” sorridente con Silvio, l’altra è “distrutta” senza lavoro.
E minaccia via sms, il 4 ottobre a Francesca: “ Non scrivere che tu per me ci sei sempre perchè è una delle tante bugie che racconti. Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia perchè saranno saziati” .
Mentre Francesca radunava Rossi e Santelli, riusciva a tenere nella stessa gabbia mediatica falchi e colombe del Pdl e sganciava epiteti su Dragomira (“Pazza, bugiarda, ricattatrice. Ha infagato la mia storia d’amore”), Berlusconi beveva un caffè con Giovanni Toti, direttore diTg4 e Studio Aperto, forse il giornalista di Mediaset più apprezzato dal Cavaliere in questo momento.
Anche la preoccupazione di Silvio, oltre i segreti che custodisce e può svelare la Bonev, era concentrata su Francesca.
Toti ha letto un editoriale al Tg4 e l’ha dedicato, soprattutto, a lei: “In uno show televisivo, abbiamo sentito una gentile signora, dire, ripetere, spiegare, accusare una ragazza, Francesca Pascale, di essere lesbica. La Pascale, giustamente indignata, pare voglia querelare la signora in questione e chiedere i danni. Nessuno ha detto una parola per lei”.
Tranne quelli che ha mobilitato al telefono.
Carlo Tecce e Paola Zanca
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 19th, 2013 Riccardo Fucile
MOLTI CHE ORA CRITICANO MONTI ERANO GLI STESSI CHE LO INCENSAVANO COME IL SALVATORE DELLA PATRIA… E SE LETTA HA POTUTO SPENDERE QUALCHE EURO IL MERITO E’ DEL TESORETTO LASCIATO IN EREDITA’ DAL PROFESSORE
Adesso tutto è lecito, di Mario Monti si può dire qualunque cosa, dopo le sue dimissioni da
presidente di Scelta Civica, dopo che ha ripudiato il partito che aveva provato a fondare, dopo l’esilio volontario e forse senza ritorno nel gruppo misto del Senato, il Professore sembra aver certificato il suo declino.
E Pier Ferdinando Casini, il leader dell’Udc che fin dall’inizio (con liste e gruppi autonomi alla Camera) ha boicottato l’avventura montiana in questa legislatura, si risente per “i toni rissosi” di Monti.
Sono passati appena nove mesi da quando si prostrava — “Siamo onorati di stare in seconda fila dietro Monti” — davanti all’ex premier che stava salvando l’Udc dall’annichilimento elettorale (il simbolo ha preso l’1,8 per cento).
Ora che Monti sembra proprio finito, anche i giornali si scatenano a sparare sul cadavere, certi che non potrà vendicarsi.
Repubblica, dopo aver celebrato il loden del professore, i suoi trolley, i sobri viaggi in treno e i suoi miracoli, ieri affidava alla penna di Filippo Ceccarelli il compito di rievocare “patetici frammenti autobiografici” di uno “sventuratissimo tecnocrate”.
Lo stesso Ceccarelli che un anno fa raccontava il Professore come un “signore compassato” che aveva nella calma “la sua arma micidiale” con cui domava i vecchi politici (ricordate l’ABC, Alfano, Bersani, Casini?).
Nell’orgia di montismo di fine 2011 la Stampa era arrivata a dedicare un intero articolo al “primo taglio del governo Monti, quello dei capelli”, con preziose indicazioni su come “il Professore si fa tagliare i capelli circa una volta al mese”.
Il Corriere della Sera, che del Monti editorialista è stato megafono e del politico coscienza critica, ieri non dedicava neppure una riga di commento alla fine della sua avventura (lo spazio serviva anche a celebrare Enrico Letta da Barack Obama, scene che una volta avevano Monti come protagonista).
Si è persa da tempo ogni traccia del montismo di Giuliano Ferrara, direttore del Foglio, che vinse ogni imbarazzo per cantare un rap rivolto a Silvio Berlusconi: “Ti prego, ti prego, ti prego Cavaliere / ti voglio bene / Sei stato grande / Sei stato tanto / Sei stato troppo / Ma tienimi da conto Monti”.
La stampa berlusconiana fu entusiasta per pochi momenti, ma intensi, come quando il settimanale Chi di Alfonso Signorini dedicò a Monti pagine e pagine per “la storia di un italiano”, evocativa variazione dell’opuscolo elettorale del Cavaliere “Una storia italiana”.
Tutto dimenticato, a nessuno interessa più se Monti indossi il loden o un impermeabile, se si tagli i capelli o se la signora Elsa lo rimbrotti ancora.
La volubilità della stampa è seconda solo a quella della politica.
Monti non ha informato il capo dello Stato Giorgio Napolitano dell’addio a Scelta Civica (e forse alla maggioranza di governo, chissà ), e dal Quirinale non è arrivato un fiato, nessun monito. Nulla.
Certo, Napolitano non ha mai perdonato al Professore di aver reclamato la presidenza del Senato come un diritto (mentre era ancora a Palazzo Chigi per gli affari correnti, tra l’altro).
Ma per lunghi mesi i due erano stati un tutt’uno, Napolitano-Monti, l’asse che aveva espulso Berlusconi dal governo e che salvava l’Italia.
Con Enrico Letta i rapporti sono sempre stati freddi: a Monti non è piaciuto come il suo successore si sia appropriato di tutti i risultati del governo tecnico.
A fine giugno Letta si è vantato di aver strappato al Consiglio europeo il permesso di spingere il deficit al 2,9 per cento (falso, l’aveva ottenuto Monti a marzo) e imposto la disoccupazione giovanile come tema dominante (falso, era già in agenda) grazie all’uscita dalla procedura d’infrazione per deficit eccessivo (basata sui conti 2012 curati da Monti, mentre Letta ha sforato il tetto del 3 per cento del deficit).
Il Professore si è indispettito e ha iniziato a chiedere un “contratto di coalizione”, per avere il peso nella maggioranza che riteneva gli fosse dovuto.
Oggi lo deridono gli stessi che lo celebravano quando era potente, Letta e il suo governo lo ignorano, ma spendono le risorse frutto dei sacrifici che i tecnici imposero al Paese.
Non solo Letta lo ha ignorato, ma ha anche iniziato a spendersi i due tesoretti lasciati da Monti per le emergenze: la spesa per gli interessi sul debito, stimata in eccesso perchè con lo spread non si sa mai, e il deficit del 2014 lasciato al 2,3 per cento grazie a tagli e aggravi fiscali.
Letta, con Saccomanni, prima usa le risorse che dovrebbero derivare dal calo dello spread da 250 a 100 in tre anni, cancellando l’assicurazione lasciata da Monti, poi finanzia il taglio delle tasse per i dipendenti cui teneva tanto usando spesa in deficit, cioè senza coperture. E il deficit 2014 sale da 2,3 a 2,5.
Il professore della Bocconi ha deciso che era meglio l’opzione “exit” di quella “voice”, come dicono gli economisti, farsi da parte invece che protestare inascoltato.
Monti resta senatore a vita, può aspirare all’ennesimo mandato da presidente della Bocconi, poco altro.
Nelle apparizioni televisive di questi mesi, scivolate dalle prime serate alle fasce mattutine, degradato da ospite unico a comprimario, Monti ha esternato il suo cruccio maggiore: nessuno ricorda quando l’Italia era vicina al baratro.
Non tanto al default, quanto all’arrivo della troika, completa cessione di sovranità a Banca centrale europea, Fondo monetario e Unione europea.
Le pressioni su Monti sono state fortissime, soprattutto a gennaio-febbraio 2012, ma lui ha scelto di non seguire Grecia, Portogallo e Irlanda e sfidare invece la Germania sullo “scudo anti-spread”, un dibattito in gran parte a colpi di propaganda, ma che nel Consiglio europeo di giugno 2012 ha favorito le condizioni per l’intervento della Bce con il programma OMT (acquisti illimitati di bond) che ha bloccato la disgregazione dell’euro.
Monti non si capacita che tutto questo non sia stato capito, o subito dimenticato, oscurato dal cagnolino Empy che gli consegnò Daria Bignardi in diretta tv, dopo una birretta col Professore
Stefano Feltri
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Ottobre 19th, 2013 Riccardo Fucile
VERSO IL VOTO SULLA DECADENZA: 12 SENATORI NEL NUOVO GRUPPO VICINO AL PDL.. MONTI ACCUSA: “AVETE SCELTO BERLUSCONI”
Ieri è arrivato a gamba tesa anche Pier Ferdinando Casini, finito nella lista nera di Mario Monti dopo la sua decisione di dimettersi da presidente di Scelta Civica, decisione ribadita anche ieri come “irrevocabile”.
“Prima mi chiedeva posti — ha sibilato l’ex leader di Scelta Civica — ora mi accoltella”.
L’ormai ex alleato ha sferrato un attacco durissimo all’ex premier sostenendo che “le accuse nei miei confronti sono semplicemente ridicole”. Di più.
Casini si è spinto fino a definire quello di Monti un “atteggiamento rissoso sull’azione dell’esecutivo” perchè “questi continui distinguo, non sono accettabili”.
Presa di distanza anche sulle dimissioni: “Non gli chiederò di ritirarle perchè questo non mi riguarda”. Altro che sobrietà . Non poteva finire peggio.
Persino Corrado Passera, ieri, ha martellato Monti: “Scelta Civica mancava di radicalità , temevo che il progetto potesse finire così, ecco perchè dissi no”.
Il senatore a vita rimasto solo? L’immagine è quella.
Mentre ribolle il terreno del centro politico che proprio oggi vedrà quella che sembra la nascita di un nuovo partito popolare: si parte dal Veneto “bianco” e da Villa Maschio, a Villafranca Padovana (Pd).
A parlare di “Il Partito Popolare e il futuro dei moderati” ci saranno il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, Gaetano Quagliariello, Mario Mauro e Flavio Zanonato.
La vecchia balena bianca, sembra proprio lì lì per risorgere. Tolto di mezzo un ingombrante Monti, che voleva fare di Scelta Civica il “suo personale” partito di sponda europea (questo, almeno, a sentire alcuni dei suoi detrattori), ora il primo passo sarà la creazione di un gruppo autonomo al Senato, composto da circa 12 dei 20 senatori ex Sc e che avrà la parola “popolare” nel nome: si tratta di Albertini, Casini, De Poli, Di Biagio, Di Maggio, D’Onghia, Marino, Mauro, Merloni, Olivero, Romano e Rossi.
Ne resterebbero dunque fuori sette, con i ‘lealisti montiani’ in minoranza.
Diverso il discorso alla Camera, dove tra i 47 deputati i montiani sono al momento la maggioranza. Ma in parallelo a quanto sta avvenendo, al Senato potrebbe anche a Montecitorio staccarsi da Sc e creare una componente autonoma.
Il tutto, comunque, accadrà lunedì, a partire da Palazzo Madama dove — a questo punto — il pallottoliere sulla salvezza di Berlusconi potrebbe rimettersi in moto, complice il voto segreto.
Il Pdl, per quanto devastato dall’imminente scissione, si terrà unito nel nome della salvaguardia del “Padre Nobile”, la Lega non mancherà all’appello, mentre i 5 Stelle e il gruppo misto dovrebbero in teoria essere compatti per il no.
Poi, però, ci sarà il Gal, che potrebbe scegliere di votare contro la decadenza.
E il Pd che nel segreto dell’urna — è noto — potrebbe anche non tenere; nel partito, le spinte verso le elezioni a marzo sono forti e un voto per Silvio renderebbe la situazione ancor più fragile nella maggioranza che sostiene Letta.
Dunque, i voti dei prossimi “popolari” serviranno. E molto.
L’aveva capito, d’altra parte, anche Monti che nel pranzo che Mario Mauro ha consumato mercoledì scorso al circolo ufficiali di Roma, con Angelino Alfano e Berlusconi, non si è parlato di manovra economica.
Ma di un’altra manovra, quella della fondazione di un partito centrista, cui Mauro vorrebbe dare la leadership al segretario del Pdl, ma anche una sorta di garanzia che un gruppo di senatori, gli ex Sc, potrebbero, nel segreto dell’urna, fargli sponda nel giorno più importante.
Il clima lo chiarisce Casini che, a proposito della decadenza, dice: “Non ho ancora deciso. Non è vero che ho contrattato con Berlusconi, non ho parlato con lui e non gli parlerò. Sarà¡ un voto che appartiene alla mia coscienza e basta. Al momento giusto lo dirò”.
Il partito centrista che verrà , composto per lo più da alfaniani di complemento, da ex democristiani di sempre e forse persino da qualche centrista del Pd costretto ai margini in caso di vittoria di Matteo Renzi (come Beppe Fioroni), si avvia a diventare una sorta di succursale del berlusconismo in salsa Dc che in prima battuta si muoverà , però, su un unico binario definito: salvare il Cavaliere al Senato.
Poi verrà il resto.
La diaspora degli ex Sc, comunque, non sarà completa.
Alcuni resteranno fedeli a senatore a vita. A partire da Ilaria Borletti Buitoni; la sottosegretaria ieri se l’è presa con Mauro, che “ha usato Scelta Civica per un altro progetto che non è Scelta Civica”.
L’ultima resa dei conti martedì, durante il comitato di presidenza di Sc. Dove quelle che si conteranno saranno soprattutto le sedie vuote.
Sara Nicoli
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 19th, 2013 Riccardo Fucile
LA PITONESSA CHIAMA LA POLIZIA: “UNO ERA ARMATO CI COLTELLO”, MA DI ARMI NON CE NE SONO
Cori e insulti sotto la casa dell’onorevole Daniela Santanchè dopo mezzanotte: è la vittima stessa a
richiedere l’intervento della Polizia segnalando anche un ragazzo armato di coltello tra i «disturbatori»
Gli agenti intervenuti hanno trovato e segnalato 16 ragazzi, tutti tra i 17 e i 18 anni e senza precedenti, presumibilmente appena usciti da una festa dei 18 anni: nessuno è stato trovato in possesso di armi, nelle fioriere del vicino Largo Settimio Severo gli agenti hanno trovato nascosta sotto le fogli una chiave inglese e l’hanno sequestrata.
I CONTESTATORI
Presente sul posto all’arrivo degli agenti c’era anche Daniela Santanche assieme ad Alessandro Sallusti: entrambi hanno indicato il gruppetto di ragazzi.
Nessuna traccia del «ragazzo con la felpa grigia armato di coltello» di cui Santanchè aveva parlato al telefono.
Durante i controlli è comparso in strada anche un neo 18enne, residente in zona, che ha confermato che alcuni suoi invitati alla festa appena terminata avevano intonato cori goliardici diretti verso Santanchè.
(da “il Corriere della Sera”)
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