Dicembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
RENZI, LE RIFORME, LA VOGLIA DI VOTO: IL MIX ESPLOSIVO CHE SPAVENTA LETTA
Ma adesso in casa del Pd, col nuovo segretario eletto con un così largo suffragio, cambia qualcosa?
Finita la reggenza non certo facile di Guglielmo Epifani e insediato Matteo Renzi – un uomo solo e forte al comando – almeno questa parte dello scacchiere politico si stabilizza? Sul breve termine sarà difficile.
Innanzitutto perchè la presa piena sul partito sarà tutt’altro che facile, tanto più alla luce dei risultati che vedono una parte importante dell’ex maggioranza (Bersani, D’Alema, ecc) schiacciata nel pugno di voti ottenuto da Cuperlo.
E poi perchè il sindaco di Firenze vorrà imprimere una svolta al Pd al ruolo che i democratici giocano nella maggioranza, far ritrovare al partito un suo protagonismo nelle scelte di governo, e quindi si rischia di passare da un governo quasi immobile, se non proprio ingessato, ad un esecutivo in fibrillazione continua.
Che di questi tempi è ancora peggio.
Troppi i temi caldi in discussione: innanzitutto le questioni economiche, con la legge di stabilità da condurre in porto, il pasticcio Imu ancora tutto da risolvere, il pressing di Bruxelles da contrastare e sopprattutto una ripresa economica che stenta ad ingranare.
E che certamente andrebbe meglio aiutata, magari con decisioni coraggiose nel campo del lavoro.
Poi c’è la questione della legge elettorale , che andrà decisa al più presto, e più in generale le riforme. In mezzo il rapporto col presidente del Consiglio e col principale alleato di governo, il Nuovo centro destra di Alfano, che ha già detto di non voler accettare il diktat di Renzi “noi siamo 300 e voi 30, vedete di stare buoni”.
Il mix, insomma, è di quelli esplosivi.
Esplosivo al punto che non si può nemmeno escludere che a primavera si torni a votare. Con quale meccanismo non si sa, ma l’idea certamente non dispiace a molti degli altri attori della scena politica.
E questo nonostante Letta (e con lui il Quirinale) preferisca restare in sella per tutto il 2014, per guidare così il semestre di turno di presindenza europea; e magari anche oltre, per approfittare della vetrina mondiale dell’Expo 2015.
Due anni al palo, però, sono un po’ troppi per il nuovo, esuberante, segretario Pd per cui qualcosa dovrà succedere prima.
Paolo Baroni
(da “La Stampa”)
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Dicembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
RENZI STRAVINCE COL VOTO DI TRE MILIONI DI ITALIANI CONVERTITI A UN PRAGMATISMO SENZA RADICI
Matteo Renzi è il nuovo segretario del Partito democratico. Quello del sindaco di Firenze è stato un
vero trionfo, da Nord a Sud. Lo si è capito subito dopo la chiusura dei seggi: Renzi vicino al 68%, Cuperlo al 18, Civati al 14.
Sono questi i risultati ufficiali delle odierne primarie del Pd per la scelta del nuovo segretario.
Solo Valter Veltroni, nel 2007, ha raggiunto un risultato migliore (76%. Nel 2009 Bersani prese il 53%).
Altra sorpresa, inoltre, il risultato di Pippo Civati, a soli quattro punti percentuali dal vero sfidante di Renzi, quel Gianni Cuperlo (esponente dell’area dalemiana del partito) che, con questi numeri, uscirebbe con le ossa rotte dalla competizione democratica.
Da una prima e parziale analisi del voto, emerge con chiarezza come Matteo Renzi abbia vinto praticamente ovunque, da Nord a Sud, isole comprese. E con grande distacco.
Basti pensare che il risultato peggiore Renzi lo ha ottenuto in Sardegna, con il 57% dei consensi.
Diverso, molto diverso il risultato di Cuperlo: con Civati è testa a testa sia nelle regioni settentrionali che in quelle centrali, mentre il candidato di area dalemiana è decisamente avanti nel Mezzogiorno, in Sicilia e Sardegna.
Grande delusione confermata anche da Stefano Fassina, viceministro nonchè esponente dell’area Cuperlo: “Risultato al di sotto delle aspettative e al di sotto del numero degli iscritti”.
Quello del Giovane Turco Fassina è un dato da non sottovalutare: nella storia delle primarie democratiche, infatti, non era mai successo che un candidato vedesse praticamente dimezzato il suo numero di voti passando dai congressi locali alle primarie.
Cuperlo, infatti, dopo le competizioni nei vari territori era dato al 38%, con Renzi al 46,7 e Civati al 9.
Da questi dati, inoltre, emerge anche la tendenza inversamente proporzionale del sindaco di Firenze e del deputato milanese, che hanno visto allargarsi — e non di poco — il loro consenso dopo i congressi locali.
Un insieme di numeri che deve far riflettere. Al pari di un altro fattore: Matteo Renzi è il primo vero leader Pd ‘puramente democratico’.
Parola del renziano doc Nardella: “Matteo sarà il primo segretario che nel suo passato non ha avuto nè la tessera della Dc nèquella del Pci. E anche questa è una grande novità con una sua forza simbolica”.
Dell’importanza del risultato è convinto anche Guglielmo Epifani. Per l’ormai ex segretario democratico la vittoria di Renzi “è un segno inequivoco che avrà un mandato democratico molto forte e una responsabilità molto forte”.
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Dicembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
“SI TEME COLPO DI CODA DI RIINA”…MA IL PROCURATORE DI CALTANISSETTA RICONOSCE I MERITI DI ALFANO
È possibile un “colpo di coda” di Cosa Nostra.
È questo l’allarme lanciato dal procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, nel corso della trasmissione In Mezz’ora.
“L’allarme che lancia il ministro Alfano è un allarme serio”, ha detto Lari.
Alfano, infatti, “parla dopo aver ascoltato i magistrati a Palermo. Non va sottovalutato. La situazione è seria ma non è assimilabile al ’92-’93 se non perchè il protagonista è lo stesso, Totò Riina, che non vede di buon occhio il processo sulla trattativa. E allora di fronte a questa prospettiva potrebbe esserci un colpo di coda” di Cosa Nostra.
“Il processo sulla trattativa ha fatto inalberare Salvatore Riina come non lo hanno fatto inalberare altri processi. Probabilmente – ha spiegato il procuratore di Caltanissetta – perchè teme che vengano a galla verità inconfessabili che gli possano far perdere la faccia davanti a Cosa Nostra o perchè lo ritiene un insulto all’organizzazione per patti che alla fine si sono rivelati un nulla di fatto”, “un fallimento totale per la mafia”, una trattativa che “non ha dato esiti sperati nè da una parte nè dall’altra”.
“L’organizzazione mafiosa è oggi profondamente indebolita, non è più quella del 92-93, abbiamo un ‘capo dei capi’ che mantiene il suo ruolo, il suo carisma nell’organizzazione ma che di fronte alla sconfitta ha all’esterno punti di riferimento e potrebbe decidere di vendicarsi, di dare una risposta violenta allo Stato”, ha spiegato il procuratore. “C’è ancora voglia di violenza, voglia di disfatta”.
Una situazione – ha aggiunto Lari – che è favorita “da una situazione politica molto caotica” e dal fatto che oggi c’è “un ministro degli Interni che è anche leader di un partito nuovo che ha spezzato l’asse del centrodestra”.
Alla richiesta di Lucia Annunziata di spiegare questo passaggio, Lari ha chiarito: “la linea del centrodestra non è mai stata vicina ai giudici antimafia come ha invece fatto Alfano in questi giorni”.
Quanto alle primarie del Pd, “la mafia vede negativamente tutto ciò che è democrazia” e “le primarie sono esercizio di democrazia”, ha affermato Lari.”
(da “Huffingtonpost“)
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Dicembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
I PRESIDENTI DI SEGGIO: “TANTI VOLTI NUOVI, POCHI I MILITANTI, TUTTI SEGNALI A FAVORE DI RENZI”
Popolo delle primarie batte iscritti al Partito Democratico tanto a poco. 
Detta così può sembrare una sottigliezza ma non lo è perchè al di là del dato legato all’affluenza (980 mila a metà giornata) c’è un altro aspetto – a seggi ancora aperti – che sta emergendo: chi sceglie di mettersi pazientemente in coda per eleggere il nuovo segretario è in larghissima maggioranza chi con il partito, i suoi apparati, le sue scelte non ha (o non vuole più) avere nulla a che fare.
“Un elettorato che chiede di partecipare ma che non accetta il partito così com’è, che vorrebbe sentirsi coinvolto nelle scelte tutti i giorni, non una volta ogni tanto” spiega Paolo Cosseddu responsabile della campagna elettorale di Pippo Civati.
Nel 2009 nella sfida Bersani Franceschini, Marino furono circa 900 mila i tesserati (su tre milioni di votanti) che scelsero di andare a votare. Uno su tre.
Ora bisogna attendere il risultato finale ma la sensazione che emerge è che il divario sarà molto più ampio a favore di chi con il Pd nulla, o poco, c’entra.
Per farvi capire vi citiamo un caso su tutti: il gazebo di Piazza del Popolo a Roma.
Un bacino da quasi due mila persone. A mezzogiorno avevano votato circa 450 persone, di queste a malapena venti erano iscritte.
Come fare a capirlo? Semplice chi ha la tessera non paga i due euro: “Un divario così ampio non si era mai visto” spiega il presidente del seggio Berto Barbieri.
Stesse sensazioni si respirano se ci sposta di un po’, nel seggio di piazza Mazzini zona Prati. Uno dei più grandi della Capitale.
Diligentemente in fila il numero delle persone che firma l’adesione al partito e paga i due euro e nettamente maggiore rispetto a chi invece vota da iscritto.
Con un elemento in più: il non elettore del Pd che sceglie di partecipare, magari ex berlusconiano ora renziano.
Come riconoscerli?: “Basta vedere la loro reazione— racconta con un aneddoto Jacopo il presidente del seggio — quando si mettono in coda se si lamentano non sono nostri elettori”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
“GRILLO HA TORTO, VALE IL PRINCIPIO DELLA CONTINUITA’ DELLO STATO”… “IL PROPORZIONALE E’ UN SISTEMA ALTRETTANTO DEGNO DEL MAGGIORITARIO”
La sentenza della Corte? «Ci riporta alla Prima Repubblica». Il Parlamento attuale? «È delegittimato, ma non annullato». I 148 deputati ancora non convalidati? «Possono sperare». Grillo? «A lui si è data materia, ma non ha ragione ». C’è stato uno schiaffo della Consulta al Parlamento? «Sì, ma forse finirà tutto lì».
Il professor Gustavo Zagrebelsky riflette sulla sentenza della Corte sul Porcellum e sulle sue conseguenze.
Grande caos. Grillo impazza. Vuole fuori dalla Camera i 148 “abusivi”. In realtà , vuol far fuori tutti. La sentenza della Corte cancella la storia d’Italia a partire dal 2005, quando è stato votato il Porcellum.
«Un’osservazione sul “grande caos”. Ci si è cacciati in un vicolo cieco, del quale è difficile vedere l’uscita. Possiamo prevedere che ci sguazzeranno a lungo politici, politicanti, giuristi, azzeccagarbugli. Cerco di non far la fine di questi ultimi. Siamo forse alla fine di un ciclo. Se una lezione siamo ancora in tempo a trarre per l’avvenire è che ogni piccolo cedimento quotidiano, alla fine produce una valanga che ci travolge tutti».
A proposito di Grillo, che impressione le fa l’attacco alla collega dell’Unità Maria Novella Oppo?
«Le liste di proscrizione ci riportano a un periodo buio. Una cosa è la polemica sulle idee, che può essere accanitissima, un’altra l’attacco alle persone. Le idee si discutono e si contestano, le persone si rispettano».
Torniamo ai travolgimenti, la sentenza travolge o no 7 anni di storia costituzionale?
«No. Per il principio di continuità dello Stato: lo Stato è un ente necessario. L’imperativo fondamentale è la sua sopravvivenza, che è la condizione per non cadere nell’anomia e nel caos, nella guerra di tutti contro tutti. Perfino nei cambi di regime c’è continuità , ad esempio dal fascismo alla Repubblica, o dallo zarismo al comunismo. Il fatto stesso di essere costretti a ricordare questo estremo principio significa che siamo ormai sull’orlo del baratro».
Dunque, questa sentenza non è retroattiva?
«Se si applicano le regole comuni, e se la Corte non si inventa una qualche diavoleria, la situazione in termini giuridici è la seguente: dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza (non del comunicato, ma delle motivazioni, ndr.) la legge dichiarata incostituzionale non può più essere applicata».
Quindi esiste o non esiste il problema dei 148 eletti col premio di maggioranza? Propaganda politica a parte, vanno convalidati prima, vanno sostituiti, possono stare tranquilli?
«Su questo i giuristi scateneranno la loro fantasia e possiamo aspettarci le tesi più diverse e contraddittorie. Si può ragionare così: l’elezione di febbraio è un fatto concluso, sotto la vigenza di quella legge. Quindi la giunta per le Elezioni non dovrebbe fare altro che trarre le conclusioni di quella elezione. Portando a termine la vicenda elettorale, secondo la legge vigente allora. Oppure si potrebbe dire che la giunta, nel convalidare o non convalidare, non può applicare la legge vecchia e deve tener conto di quella nuova. Questa seconda soluzione porterebbe al caos, anche perchè i deputati non convalidati non potrebbero essere sostituiti da altri tra quelli non eletti, perchè anche la loro elezione sarebbe illegittima. Ma è proprio qui che dovrebbe valere il principio della continuità dello Stato».
Nel suo comunicato la Corte dice che il Parlamento può fare la legge elettorale che crede. Secondo lei, oltre ogni ragionevole dubbio, sta parlando di “questo” Parlamento?
«Vede bene… a che punto siamo giunti: in nome della salus rei pubblicae ci dobbiamo tenere istituzioni parlamentari che solo un cieco non vedrebbe quanto la attuale vicenda abbia delegittimato dal punto di vista democratico. L’incostituzionalità della legge elettorale del 2005 deriva dalla violazione dei principi che riguardano il diritto di voto. Se anche nulla accadrà giuridicamente, i nostri governanti si rendano conto che molto deve cambiare politicamente. Quello che è accaduto rischia di essere un colpo mortale alla credibilità delle istituzioni».
Ma lei che giudizio dà della sentenza della Consulta?
«È forse la decisione più legislativa che la Corte abbia mai pronunciato. Apparentemente elimina pezzi della legge, in realtà vale come ribaltamento della sua logica perchè sostituisce un sistema maggioritario con uno puramente proporzionale. A mia memoria, un’operazione del genere non era mai stata tentata»
Sarebbe stato meglio azzerare tutto e ripristinare il Mattarellum? La corte avrebbe potuto farlo?
«Avrebbe potuto ammettere il referendum di due anni fa facendo “rivivere” il Mattarellum. A maggior ragione avrebbe potuto farlo in questa occasione. Ma la storia non si fa con i se».
Che succede adesso? Se, per assurdo, si votasse domani, con che legge si voterebbe? E cosa succederebbe dopo l’uscita delle motivazioni?
«Domani, si voterebbe con la vecchia legge. Dopo le motivazioni con una proporzionale».
E come la mettiamo con il voto di preferenza? La Corte dice che il cittadino elettore ne deve esprimere almeno una. Questo non annulla tutti gli eletti attuali che non sono stati frutto di una preferenza e che succederà per quelli futuri?
«Per la prima parte, se vale, vale il principio di continuità . Per il futuro è onere della Corte rispondere nella sua sentenza. La legge che ne risulta deve essere di per sè funzionante e spetta a lei dirci come».
Lei ha criticato il Porcellum tante volte. Adesso, se dovesse dare un consiglio ai nostri legislatori, cosa gli direbbe? Di lasciarlo com’è dopo la “cura” della Corte, di integrarlo, di buttarlo via tutto?
«È una domanda strettamente politica perchè le opzioni possibili sono le più diverse ».
Sì, ovviamente. Ma cosa sarebbe più utile per il nostro Paese?
«Come le opzioni, anche le opinioni sono le più diverse. Si possono lasciare le cose così come staranno dopo la sentenza della Corte. Da giurista, dico che il proporzionale è un sistema altrettanto degno quanto il maggioritario, quindi non è affatto obbligatorio che il Parlamento intervenga per modificare la legge in questa direzione. Se si vuole farlo, lo si può fare. Ogni sistema elettorale, purchè non pasticciato, ha la sua dignità , i suoi pregi e i suoi difetti. Ma qui dovrebbero entrare valutazioni di politica istituzionale. Purtroppo non c’è materia come quella elettorale in cui prevalgono gli interessi immediati dei partiti politici. Da questo punto di vista, non vedo per quali ragioni si dovrebbe trovare oggi quell’accordo che per tanto tempo non è stato possibile raggiungere».
La sua previsione?
«Che ci terremo il proporzionale e si continuerà a dire che la si vuol cambiare per guadagnare tempo e lasciare le cose come stanno».
Liana Milella
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
L’APPELLO DI PRODI: “VINCITORI E VINTI FACCIANO SQUADRA”
Seggi aperti fino alle 20 per le primarie del Partito democratico, che questa sera avrà il nuovo
segretario.
E il primo dato sull’affluenza è alto, rispetto alle previsioni: quasi un milione di elettori, per l’esattezza 980mila come annunciato dal responsabile organizzazione Davide Zoggia.
Che in un tweet scrive: “Grazie!”.
I tre candidati hanno votato tutti in mattinata: Matteo Renzi a Firenze, alle 10 del mattino. Gianni Cuperlo e Giuseppe Civati un’ora dopo, rispettivamente a Roma e a Monza.
E alle urne a Bologna è andato anche il fondatore dell’Ulivo, Romano Prodi, che ha lanciato il suo appello: “Vincitori e vinti uniti dopo il voto”.
Novemila i gazebo allestiti in tutta Italia per il voto a cui potranno accedere tutti i cittadini che hanno compiuto 16 anni.
Per i minorenni, gli studenti e i lavoratori fuori sede e i cittadini temporaneamente fuori sede era necessaria la registrazione online, scaduta venerdì alle 12.
Prima di prendere la scheda elettorale, verrà richiesto di firmare l’albo degli elettori delle primarie e la normativa sulla privacy.
Chi voterà dovrà avere con sè un documento di identità e la tessera elettorale.
E’ previsto un contributo di 2 euro per le spese organizzative che pagheranno solo i non iscritti al Pd.
Sulla scheda che verrà consegnata bisognerà barrare il nome del candidato scelto tra Giuseppe Civati, Matteo Renzi e Gianni Cuperlo: sarà eletto segretario chi otterrà la maggioranza assoluta delle preferenze, altrimenti si andrà al ballottaggio.
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
E ANCHE “L’AMICO” ANDREA SCANZI LO BOCCIA: “UN GIORNO UNA MOSSA VINCENTE, SUBITO DOPO UN AUTOGOL TITANICO”…”GRILLO DEVE ACCETTARE LE CRITICHE E NON METTERE IN DIFFICOLTA’ IL MOVIMENTO”
È incredibile il talento di Beppe Grillo nel farsi male da solo.
Sul palco del terzo Vaffa Day era parso (per quanto può) più propositivo che distruttivo. Neanche una settimana dopo, torna quel suo agire perennemente bipolare: un giorno una mossa vincente e quello dopo un autogol titanico.
A che serve, politicamente, il post di Beppe Grillo contro la giornalista de L’Unità ?
A nulla, se non a generare due effetti particolarmente nefasti per il M5S.
Il primo è che quasi tutti i giornalisti, a partire da coloro che hanno colpe gigantesche sullo svilimento della categoria, potranno recitare comicamente la parte dei martiri.
Il secondo è che l’attacco frontale a Maria Novella Oppo de L’Unità ecciterà la parte insultante dell’elettorato grillino.
Una parte largamente minoritaria, come testimoniava la piazza del V-Day 3 (fatta più da “dialoganti” che da “talebani”), ma che in Rete è assai attiva.
Esporre alla gogna i giornalisti, con tanto di foto segnaletica, è tanto volgare quanto politicamente suicida. Alimenta le accuse di fascismo, di squadrismo.
Riverbera l’incubo delle liste di proscrizione, che con il M5S non c’entrano nulla, ma che Grillo e Casaleggio in qualche modo fanno ricordare attraverso post inquietanti.
Non c’è nulla di nuovo nel rapporto conflittuale tra Grillo e giornalisti. E’ stato parte del suo successo, soprattutto all’inizio: serviva a sottolineare la differenza tra “noi” e “loro”. Stampa e tivù hanno colpe enormi.
Gli stessi articoli della Oppo picchiavano duro: “Ogni giorno una pagliacciata dei grillini […] fanno casino […] dimostrano di non saper fare e di non aver fatto niente per il popolo italiano […] sono succubi di Berlusconi”.
Asserire il non vero per supportare Cuperlo, o dileggiare l’avversario per rivalutare D’Alema, è cosa diversa dall’esercitare il diritto di critica.
In un emblematico fuori onda, l’inviato nonchè (bravo) autore di Piazzapulita Alessandro Sortino ha candidamente ammesso una settimana fa che, in tivù, il politico potente non è quasi mai messo sotto torchio. Altrimenti, poi, non torna. Bisogna trattarlo bene.
Parlava, con alcuni attivisti 5 Stelle, di Matteo Renzi, che infatti suole farsi intervistare in collegamento dal suo studio e possibilmente senza interlocutori a parte il conduttore, ma vale per quasi tutti.
Con Grillo e parlamentari 5 Stelle, al contrario, si usa il napalm.
Come ha detto Fiorella Mannoia, c’è “questa caccia insopportabile al grillino mezzo scemo”: sulla parlamentare che crede alle sirene si sprecano pagine, su Boccia e Violante che difendono Berlusconi si preferisce glissare.
Due pesi e due misure, prassi deontologicamente orrenda di cui peraltro L’Unità (o quel che ne resta) è maestra.
Ciò, però, non giustifica il post di Grillo. Giustifica casomai la frustrazione di militanti e parlamentari, che continuano a essere trattati da reietti come se passassero la vita a discutere di scie chimiche oppure occupare i tetti.
Non però coloro che sono i leader di un Movimento che aveva il 25% a febbraio e che è ancora sopra il 20%: un capo — o “megafono” che sia — non può permettersi di esporre al pubblico ludibrio un giornalista, innescando insulti che in Rete ci sono ovunque (ovunque: grillini, renziani, berlusconiani, persino civatiani) ma che se “incentivati” da un leader politico diventano oltremodo gravi.
Grillo non accetta le critiche, ed è un problema suo; così facendo, oltre a fare pubblicità ad articoli che nessuno si sarebbe filato, continua però a mettere in difficoltà deputati e senatori che stanno crescendo.
E questo diventa un problema di molti, se non di tutti.
I suoi attacchi ai giornalisti sono ciclici. Chiamò Formigli “Vermigli”, fece definire questo giornale “falso amico” dal primo Farinaccino che gli passava davanti e riuscì persino a far passare un Pigi Battista qualsiasi per una sorta di Politkovskaja nostrano (poveri noi).
Più attacca i suoi detrattori, più li eleva a martiri. Più si circonda di cattivi consiglieri rissosi, politicamente arguti come tanti Renzo Bossi duropuristi, più depotenzia un Movimento che non esisterebbe senza di lui.
La malainformazione è un problema enorme e le carognate che riceve M5S ne sono ulteriore prova. Non è però pubblicando gli identikit delle “nemiche” Oppo che si risolve il problema. Tutti i politici sono vendicativi, ma di solito si “limitano” a negarti le interviste.
La colonna infame è irricevibile, nonchè un boomerang: se qualcuno facesse lo stesso con un ritratto di Casaleggio, infierendo sui boccoli da Yoko Ono folgorato sulla via di Cocciante, non basterebbe tutta Nonciclopedia.
Dario Fo, con consueta lucidità , ha riassunto la vicenda: “I toni di Beppe sono inaccettabili, ma i giornalisti la smettano di sputtanare”. Sintesi perfetta.
Grillo vuole bene al Movimento e ai suoi parlamentari. Proprio per questo, e al più presto, deve individuare e disinnescare il mandante di tutte le cazzate che fa.
Andrea Scanzi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
FORZA ITALIA PRO-IMPEACHMENT: TUTTO SERVE A FARE CASINO
Centocinquanta parlamentari con tanto di foto sul blog di Beppe Grillo e l’hashtag
“Fuorigliabusivi”.
Il leader di 5Stelle attacca sul suo sito: «In Parlamento siedono 150 abusivi eletti grazie al premio di maggioranza del Porcellum. Gli abusivi sono di Pd, Sel, Centro democratico e Svp. La loro elezione non è mai stata convalidata e, in seguito alla pronuncia della Consulta che dichiara incostituzionale il premio di maggioranza, non può più essere convalidata».
I grillini sostengono che alle Camere quei deputati non devono più entrare.
In prima fila nello schedario del guru Grillo, ci sono Daniele Farina, vendoliano, e Bruno Tabacci, Giuditta Pini e Maria Elena Boschi, democratiche, e anche il vice presidente di Montecitorio, Roberto Giachetti al 63° giorno di sciopero della fame per la riforma elettorale.
I grillini chiedono l’impeachment del presidente Napolitano, Forza Italia è tentata.
L’attacco al capo dello Stato salda l’asse tra Grillo e Berlusconi. «Un comportamento squadrista», lo definisce il Pd.
Ma il leader dei 5Stelle e il Cavaliere si scambiano reciproci assist. È Renato Brunetta, il capogruppo forzista alla Camera, a annunciare: «Quando il Movimento 5Stelle presenterà l’atto di accusa in Parlamento contro Napolitano avremo il dovere di esaminarlo».
I Democratici denunciano «l’attacco a tenaglia dei populisti di Forza Italia e dei 5Stelle». Il responsabile giustizia del Pd Danilo Leva chiede di fermarsi: «Napolitano e le istituzioni devono essere poste al riparo da questa aggressione squadrista».
E Berlusconi, dopo avere attaccato i giudici costituzionali, mira al ritorno alle urne in primavera, accusando la sinistra e i magistrati: «Dovremmo chiedere a tutte le forze in Parlamento che si faccia un governo di scopo, che abbia come fine soltanto quello di fare la nuova legge elettorale – afferma – magari mettendo insieme le elezioni europee con le elezioni nazionali».
Che la legge elettorale sia urgentissima è certo, ma lo stesso presidente Napolitano, dopo tanti appelli, si lascia andare a una battuta poco ottimista, uscendo dalla Scala a Milano: «La volta buona per una nuova legge elettorale? È la volta buona per una prossima prima della Scala».
È un modello maggioritario quello a cui pensa l’ex premier, che possa mettere in difficoltà Alfano e il Nuovo centrodestra».
Di nuovo accusa: «Siamo un Paese in libertà condizionata, a democrazia dimezzata. La magistratura è incontrollabile, irresponsabile e impunibile. E’ molti anni che in Parlamento non si riescono a promulgare leggi che non siano solo quelle benvolute dall’Anm».
Torna alla carica con le sue ricette: la riforma della giustizia e la reintroduzione dell’immunità parlamentare. «Sento il dovere di resistere – informa Berlusconi in collegamento telefonico con un club forzista di Perugia – almeno «fino a quando i problemi della giustizia non saranno risolti».
A portare avanti l’offensiva berlusconiana ci pensa Brunetta, sulle orme di Grillo, sostenendo che dei 30 componenti la giunta delle elezioni, 10 sono abusivi e perciò «in pieno conflitto d’interessi».
È un attacco a due, sempre Fi e grillini per dare la spallata al governo Letta e tornare alle urne. «Il Parlamento è legittimo – spiega Walter Verini, deputato democratico – ma c’è un problema politico e questo va affrontato»
Giovanna Casadio
(da “la Repubblica“)
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Dicembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
FRATTURA GENERAZIONALE ANCHE ALLE URNE… I PIU’ DELUSI SONO I CANTAUTORI DELLA SINISTRA
È chiaro, l’intellettuale organico non c’è più, non c’è più quel mondo, non ci sono quei tic e quei riflessi condizionati. C’è semmai una frattura di ragionamenti anche tra scrittori e intellettuali, dinanzi alle primarie del Pd.
Gli intellettuali
È probabile che Umberto Eco confermi la sua decisione di altre volte, di non votare alle primarie.
Claudio Magris è in Albania per un ciclo di letture, molto difficile che voti. Francesco Piccolo, un autore già di culto per un intero mondo, spiega: «No, non andrò a votare per le primarie perchè io sono contro le primarie. Pur avendo stima per tutti e tre i candidati, e nessun pregiudizio per Renzi (anzi, ho simpatia per lui, trovo che venga definito di destra in Italia solo perchè vince), non voto perchè penso che le primarie siano uno strumento sbagliato».
Lo motiva così: «Le primarie da una parte sono auto-indulgenti, ossia celebrano il trionfo illusorio del siamo-tanti-belli-e-giusti, dall’altra sanciscono una rinuncia alla politica: perchè tutti i candidati sono costretti a estremizzare molto la proposta, e questo crea delle divisioni fortissime, che poi dopo sono un ostacolo, più che una forza».
Massimo Coppola, editore di Isbn e conduttore di Masterpiece, trasmissione culto di Raitre, dice: «Io invece andrò, e voterò Renzi. Credo che le primarie siano anche uno strumento per provare a riconquistare fiducia e elettori. Cuperlo mi pare uomo intelligente, ma esprime posizioni che abbiamo già sentito; Civati è forse quello più vicino a me, ma non si vota per simpatia o per pancia, si vota con la testa, per la forza di una candidato; e io penso che il più forte per guardare al futuro possa essere Renzi».
Usa questa immagine, Coppola: «A sinistra dobbiamo smetterla di votare per la nostra foto di quando eravamo bambini».
Un po’ l’errore che ha confessato di aver fatto Michele Serra.
Nonostante, ha scritto, il Pd abbia fatto di tutto per disilludere i suoi elettori, anche i chierici, «poi vedi quei tre in tivù, una breve rappresentazione della politica come decente fatica collettiva e non come arraffo furbastro e/o rissa tra mediocri, e senti vacillare la tua ferma decisione di chiamarti fuori. Forse a sinistra non tutto è perduto, o forse mi hanno fregato ancora una volta (la centesima?), ma è probabile che tra una settimana ci si rimetta in coda, poveri illusi, in parecchi».
Voterà per Renzi o Civati o Cuperlo?
«Essere di sinistra, una volta, voleva dire votare per gli altri. E gli altri per eccellenza, qui e oggi, sono gli italiani giovani. Migliori o peggiori non saprei dire. Certo, però, in diritto di scegliere la strada».
Potrebbe non votare più il candidato d’apparato? Mentre l’anno scorso votò Bersani. Fabio Fazio è assai amico di Cuperlo e lo voterà (l’anno scorso si astenne).
Appelli – come quello per Bersani firmato nel 2012 da Alfredo Reichlin, Miguel Gotor, Salvatore Veca e altri – stravolta non ce ne sono.
I nomi citati voteranno per Cuperlo, ma in ordine sparso. Cuperlo è assai amico di Nanni Moretti, che l’altra volta sostenne Bersani.
Naturalmente Alessandro Baricco voterà Renzi; mentre Eva Cantarella e il giallista Marco Malvaldi apprezzano Civati e potrebbero votarlo.
Gustavo Zagrebelsky riflette: «Io andrò a votare, ma non dico per chi per una semplice ragione: non penso che esista più la figura dell’intellettuale-mosca cocchiera». Chi ha ascoltato i suoi ragionamenti giura però con certezza: voterà Civati.
Politici e sindacato
La leader della Cgil, Susanna Camusso, lo ha già annunciato: non voterà , «perchè sono primarie interne al partito».
Anche se pezzi cospicui del suo sindacato non fanno mistero di avere una preferenza per Gianni Cuperlo.
Per Cuperlo anche l’ex segretario Sergio Cofferati. Non si schiera e non andranno a votare Maurizio Landini e i vertici della Fiom.
Non si schiera nemmeno la Cisl, mentre i suoi ex dirigenti oggi nel Pd fanno scelte diverse: Franco Marini per Cuperlo; Sergio D’Antoni per Renzi.
Dalla Uil, il segretario Luigi Angeletti non vuole far sapere se voterà o meno. Prodi voterà , ma anche tra i suoi storici collaboratori alcuni non voteranno, come Mario Barbi e Silvio Sircana.
Schierati per Renzi Arturo Parisi, Sandro Gozi, Ricardo Levi.
Andranno a votare per Giuseppe Civati la ex portavoce del Professore, Sandra Zampa, e l’ex ministro Giulio Santagata.
Lo spettacolo
Persino i pasdaran del voto a oltranza, comparto spettacolo-impegnato, vacillano.
Lo ha detto a chiare note e non torna indietro: Ligabue non ci sarà . Il rocker di Correggio che fu persino consigliere comunale del Pds, ha argomentato di esser «deluso. Entro a far parte di una schiera nutrita, il partito fatica a rappresentare i valori che ha sempre dichiarato in maniera chiara in passato».
Dello stesso partito dei traditi il regista Paolo Virzì, il direttore artistico del Torino Film Festival di quest’anno. «Ho sempre votato il Pd ma non so se andrò al gazebo l’8 dicembre. Renzi ha un che di Pieraccioni, è simpatico ed è un bravo ragazzo. Attacca D’Alema perchè è il suo perfetto rivale essendo molto rancoroso».
Tra color che son sospesi anche lo sceneggiatore Andrea Purgatori: «Deciderò sabato sera ma sono molto tentato dal non andare, sarebbe la prima volta. Sento intorno a me un’aria di grande disillusione e disaffezione. Se andassi, voterei Renzi».
Franco Battiato, che votò Bersani, getta la spugna. «Non credo proprio che andrò a votare alle primarie. Ho sbagliato troppe volte a giudicare persone che si sono rivelate diverse da come le avevo immaginate. Quindi mi fermo».
Renato Zero fa sapere che «votare alle primarie del Pd mi deprime».
Francesco De Gregori non vuole neppure essere chiamato in mezzo a cose politiche. Tempo fa disse che la sinistra si era persa tra slow food e il no tav.
Stesso sentimento del collega Francesco Guccini che non ha digerito la pugnalata dei 101 a Romano Prodi: «Non so se il Pd sia ancora il mio partito».
È il pensiero che la governance del Pd sia scollata dalla gente.
Lo sostiene Antonello Venditti affranto, e anche Fiorella Mannoia che alle scorse elezioni votò alla Camera Rivoluzione Civile di Ingroia e lo ha detto via tweet e in televisione: «Non condividono gli ideali che abbiamo sempre avuto, vivono nei palazzi, sono staccati dal popolo».
Eppure Mannoia potrebbe votare Renzi pure se il suo candidato ideale si suppone sia Landini della Fiom.
Sabrina Ferilli voterà Cuperlo sostenendo che in ogni modo «il Pd va bene così». Alessandro Gassmann è rimasto colpito dal dibattito tv dei tre candidati: «Considero in buona parte condivisibili i loro programmi. Nell’ordine, Civati e Renzi», facendo così capire che il suo voto andrebbe a Civati.
E se Jovanotti voterà Renzi (come peraltro Pippo Baudo), il maestro Francesco Rosi regala la sua speranza: «Certo, vado a votare. Ero andato anche alle scorse primarie. E voterò Cuperlo. In un certo senso capisco la sua profondità culturale. Lo sento consapevole delle tragiche difficoltà che il Paese sta attraversando, molto consapevole. Oggi è difficile seguire la politica dal di fuori ma è complicato anche seguirla dal di dentro. L’Italia vive un momento veramente grave».
Jacopo Iacoboni, Francesca Schianchi, Michela Tamburrino
(da “La Stampa”)
argomento: Partito Democratico, PD, Primarie | Commenta »