Destra di Popolo.net

GRILLO COME NOSTRADAMUS: “RISULTATI ESPULSIONI PUBBLICATI DUE ORE PRIMA DELLA CHIUSURA VOTAZIONI ON LINE”, ECCO LA PROVA

Novembre 28th, 2014 Riccardo Fucile

LA DENUNCIA DOCUMENTATA DI “OCCUPYPALCO”, COLORO CHE AL CIRCO MASSIMO CHIESERO TRASPARENZA E VENNERO ESPULSI…. MA CHI CONTROLLA I CONTROLLORI?

Il blog di Beppe Grillo ha deciso di fare votare online gli iscritti al Movimento 5 Stelle affinchè decretassero o meno l’espulsione dei deputati Massimo Artini e Paola Pinna.
E il 70 per cento, ha scritto in rete il leader 5 Stelle, ha scelto il sì.
Ma a insospettire è l’ora di pubblicazione del “verdetto”.
La denuncia arriva dal gruppo di Occupypalco, gli attivisti che al Circo Massimo avevano chiesto chiarimenti sull’esclusione di Federico Pizzarotti, sullo staff della Casaleggio associati e sulla gestione del voto online. In sostanza, la loro richiesta era di una maggiore trasparenza.
Il gruppo su Facebook pubblica infatti uno screenshot con i risultati delle votazioni. L’orario che si legge chiaramente è 17.21.
Ma il voto in rete è stato chiuso alle 19 e comunicato quasi due ore dopo.
“Il cerchio è davvero magico — scrive Occupypalco — Lo Staff vede e prevede: alle 17:21 già  sapevano il risultato che ci sarebbe stato alle 19. Più potente di Piepoli, più preciso di Nostradamus, lo Staff sa cosa voterete e quando. Siccome i sistemi di votazione sono opachi e imperfetti, per ovviare a queste problematiche lo Staff ha sviluppato dei nuovi poteri e fate attenzione: ha intenzione di usarli spesso”.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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CAOS FORZA ITALIA, FITTO ARRUOLA GLI EX AN

Novembre 28th, 2014 Riccardo Fucile

SALTA IL CHIARIMENTO CON SILVIO,…ALLA CONVENTION DI FITTO SPUNTANO ALEMANNO, RONCHI E STORACE…”CON LUI STANNO I DEMOCRISTIANI”

Salta il pranzo a Palazzo Grazioli che avrebbe dovuto suggellare quanto meno un armistizio.
Scende il gelo con la telefonata di pochi minuti tra Silvio Berlusconi e Raffaele Fitto, la tregua tra i due dura lo spazio di una sera
L’ex governatore pugliese vorrebbe incontrare il capo per un chiarimento a due, un faccia a faccia risolutivo sul futuro di Forza Italia dopo l’ufficio di presidenza del giorno prima.
Il leader invece gli risponde che no, a quell’appuntamento lui ha già  invitato il consigliere Giovanni Toti e Gianni Letta, Denis Verdini e Deborah Bergamini, i capigruppo Romani e Brunetta, oltre alla solita Maria Rosaria Rossi: «Se si parla di partito non posso tenerli fuori».
Allora è Fitto a tirarsi fuori: «Meglio rinviare, a questo punto, io ho poco tempo, terrò la mia manifestazione nel pomeriggio». Il pranzo ufficialmente è solo rinviato alla prossima settimana, ma il clima è glaciale.
Berlusconi è su tutte le furie, ai commensali ospitati a Palazzo Grazioli non ne fa mistero: «Qui io dialogo, apro, mi mostro accomodante, ma è una roba a senso unico, allora vada a quel paese» sbotta alludendo a Fitto che la sera prima, appena uscito dalla riunione di partito, ha chiesto davanti alle telecamere l’azzeramento di tutte le cariche.
Figurarsi quando, da lì a qualche ora, l’eurodeputato pugliese tiene di fatto a battesimo la sua corrente in un affollatissimo Tempio di Adriano nel cuore della Capitale, colmo almeno tre volte più di quanto lo fosse due giorni prima alla presentazione del libro di Vespa con l’ex Cavaliere ospite d’onore.
Si parla di legge di stabilità , si pensa al fortino assediato di Palazzo Grazioli.
Ai 32 parlamentari già  vicini a Fitto se ne sono affiancati altri, da Laffranco ad Aracri. C’è Augusto Minzolini e poi gli ormai schierati Francesco Paolo Sisto, Saverio Romano, Daniele Capezzone.
Si sono rivisti tutti insieme per organizzare la «resistenza» anche mercoledì a tarda sera, dopo l’ufficio di presidenza forzista, appuntamento alla “catacomba”, come ormai l’hanno battezzata.
Si tratta di una sala sotterranea dell’hotel Cosmopolitan in centro, “catacombe” che evocano già  di loro l’inizio del declino dell’Impero romano.
Ma in platea al Tempio compaiono a sorpresa anche pezzi del mondo ex An.
Ecco in prima fila Francesco Storace («Berlusconi dia fiducia al campione in casa Fitto e si liberi di tante pippe »), in seconda Gianni Alemanno interessato a «tutto quello che di nuovo si muove nel centrodestra», ma anche Adolfo Urso e Andrea Ronchi, il più motivato: «Fitto ha il merito di accendere i motori di una macchina in grado di competere con la “rossa” di Renzi».
L’eurodeputato rilancia su primarie e non solo: «Basta improvvisazione, la rifondazione deve partire dai contenuti. Dobbiamo fare autocritica, le contrapposizioni non ci interessano, con Berlusconi non c’è nessuno scontro, ci vedremo presto».
E poi a Salvini, investito del ruolo di “goleador” dal capo: «Io ero un buon centrocampista e so quanto sono importanti schemi e squadra».
Il leader legge le agenzie e commenta sarcastico: «È tutta una liturgia democristiana, quei professionisti della politica, reduci da Prima Repubblica, sarebbero il nuovo che pretende che mi faccia da parte?»
In fondo alla sala della kermesse di Fitto compare anche Antonia Ruggiero, aveva fondato il club “Silvio ci manchi” con Francesca Pascale in Campania, prima di diventare assessore ad Avellino e oggi consigliere regionale.
Conquistata anche lei da Fitto? «Non parlerei di conquista ma di politica. Mi hanno invitato e mi sembrava giusto esserci, anche Berlusconi dice che dobbiamo essere tutti uniti».

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)

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VACCINO, MORTI SOSPETTE: IL GRANDE AFFARE DELLA SALUTE

Novembre 28th, 2014 Riccardo Fucile

L’ODORE DELLE MAZZETTE DELLE INDUSTRIE FARMACEUTICHE NEL MONDO DELLE LOBBY DEL FARMACO

La cura è il movente grazie al quale una formidabile rete di interessi si conciliano ed evolvono spesso in cartelli industriali che succhiano soldi oltre il lecito.
La salute è un affare e le corsie degli ospedali purtroppo restano i presidi dove si scambiano carriere, si nutrono clientele, si impegnano quattrini in nome della vita. L’Aifa, Agenzia italiana del farmaco, fu creata proprio per restituire la fiducia degli italiani nella sanità  pubblica, ripulire le stanze dall’odore delle mazzette delle industrie farmaceutiche, e voltare pagina dopo l’era di Duilio Poggiolini.
Ieri l’Aifa ha provveduto a ritirare dal mercato due lotti di un vaccino anti influenzale, decisione presa dopo tre morti sospette.
Si apre così il capitolo dei controlli e soprattutto delle connessioni che l’industria del farmaco, lobby aggressiva e dal potere economico enorme, ha con coloro che devono accogliere o respingere un prodotto e soprattutto il costo di una singola confezione.
È di queste settimane l’indagine aperta dall’Antitrust sul costo di un farmaco anti tumorale imposto da un cartello di aziende.
È vero che l’Italia riesce a imporre rispetto a molti altri Paesi europei prezzi in media più bassi, ma è anche vero che il nostro Stato finanzia, attraverso le sue università , la ricerca farmacologica nella sua fase più onerosa.
Ed è certo che le industrie dirigono i loro investimenti verso i target ricchi, lasciando i Paesi poveri, e la vicenda del virus ebola è uno scandalo che grida vendetta, al loro destino.
È bene sapere ogni cosa e convincersi che le industrie del farmaco badano unicamente al fatturato.
Mentre l’Aifa (che incidentalmente ha la sua sede vicina a quella di Farmindustria) deve ricordarsi che è un’Autorità  di garanzia con l’unico inderogabile dovere di tutelare la salute dei cittadini.

Antonello Caporale
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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LA DECRESCITA INFELICE: SUICIDIO A CINQUESTELLE

Novembre 28th, 2014 Riccardo Fucile

CON AVVERSARI COSI’, RENZI CAMPA ALTRI CENTO ANNI

Non ci sono più parole per descrivere il lento e inesorabile, ma tutt’altro che inevitabile, suicidio del Movimento 5Stelle.
Un suicidio di massa che ricorda, per dimensioni e follia, quello dei 912 adepti della setta “Tempio del Popolo”, che il 18 novembre 1978 obbedirono all’ultimo ordine del guru, il reverendo Jim Jones, e si tolsero la vita tutti insieme nella loro comune di Jonestown, nella giungla della Guyana, bevendo un cocktail al cianuro.
L’ultima mattana del Tempio del Grillo è l’avviso di sfratto per i deputati Artini e Pinna, accusati di violare da mesi l’impegno — a suo tempo sottoscritto da tutti i candidati — di restituire parte dello stipendio e rendicontare tutto sul blog.
I due sostengono che non è vero ed esibiscono ricevute, ma la loro difesa non appare nella requisitoria pubblicata sul blog di Grillo che ieri ha chiamato gli iscritti a votare per l’espulsione
Finora gli “enucleandi” potevano difendersi nell’assemblea dei gruppi parlamentari, dopodichè scattava il voto sul web.
Stavolta invece la procedura è stata invertita: prima il voto sul web, poi eventualmente quello degli eletti.
In questo guazzabuglio di scontrini e carte bollate, capire chi ha ragione e chi ha torto sul merito è arduo. Ma anche inutile.
È vero che chi si candida in un partito o movimento ne accetta le regole e, se le viola, può essere espulso. Ed è vero che la restituzione dei fondi pubblici (42 milioni di rimborsi elettorali totali e 10 di indennità  parziali) fa parte del Dna dei 5Stelle ed è una delle ragioni del loro successo.
Ma, chiunque abbia ragione sul restituire&rendicontare, c’erano mille strade per risolvere la questione in modo meno traumatico.
Lo dimostrano le perplessità  non solo dei soliti dissidenti, ma anche di diversi “duri e puri”.
Chi ha messo in piedi il processo a ciel sereno ne trascura la devastante ricaduta esterna: nei giorni più neri del governo Renzi, alle prese con mille guai che per la prima volta danno ragione alle opposizioni e in primis ai 5Stelle, tg e giornali hanno buon gioco a parlar d’altro.
Cioè — paradosso dei paradossi — dei guai del M5S.
Che così riesce nell’impresa di calciare in tribuna l’ennesimo rigore a porta vuota: invece di affacciarsi a dire “noi l’avevamo detto che Renzi sbagliava tutto”, regala al governo e ai suoi fans un’occasione d’oro per dire “noi l’avevamo detto che Grillo sbagliava tutto”.
Geniale: un auto-sabotaggio identico a quello rinfacciato a Orellana&C.
Nell’ultima settimana, poi, anzichè analizzare seriamente la fuga di elettori registrata in sei mesi tra Emilia Romagna e Calabria (401.847 voti in meno rispetto alle Europee di maggio), il blog di Grillo è riuscito prima a cantare vittoria (col raffronto tipicamente doroteo con le regionali del 2010, quando il M5S era nella culla).
Poi a ospitare un’intervista allo storico Petacco sulla (non)responsabilità  di Mussolini nel delitto Matteotti, trascurando inspiegabilmente le guerre puniche e il Congresso di Vienna.
Infine a scomunicare un deputato per leso divieto (peraltro intermittente) di andare in tv.
Risultato: il buon lavoro dei parlamentari pentastellati resta sullo sfondo, mentre la fame atavica di forze anti-sistema viene confiscata da un Salvini qualunque, portatore insano di ricette fallimentari lunghe vent’anni, solo perchè le sue felpe sono sempre in tv e riescono a imbonire quel pubblico periferico e ultracinquantenne che è magna pars dell’elettorato italiano.
E dire che basterebbe poco per raddrizzare la baracca: eleggere due o tre portavoce da mandare nei tg e nei talk meno indigesti a rappresentare la linea del M5S, evitando che a farlo sia il primo peone semidissidente che passa.
E nominare un direttorio che giri per i meetup dirimendo i dissensi che inevitabilmente esplodono qua e là .
L’alternativa è il permanente stillicidio-suicidio di espulsioni che fra l’altro assottiglia i gruppi parlamentari: due anni fa gli eletti erano 163, ora si son già  ridotti a 143.
Se poi gli espulsi votano col governo, magari sperando che qualcuno li ricandidi, si può pure sputtanarli come i nuovi Razzi e Scilipoti.
Ma il primo colpevole è chi li ha espulsi, gettandoli fra le braccia di Renzi. Il quale, con degli avversari così, può campare cent’anni.

Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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L’UTOPIA IN FRANTUMI: SEMBRAVA IL CAMPIONE DELLA DEMOCRAZIA, INVECE ERA UN CALESSE

Novembre 28th, 2014 Riccardo Fucile

GRILLO E CASALEGGIO, UNA COPPIA SENZA PIU’ UNA DIREZIONE CHE NON SIA QUELLA DETTATA DALLE PROPRIE PULSIONI

Il vero problema è lui, anzi loro. Grillo e Casaleggio, una coppia senza più una direzione che non sia quella dettata dalle proprie pulsioni.
Ma «questo» M5S così come lo abbiamo conosciuto è ai titoli di coda.
Alla fine dispiace anche. Ci sono tanti modi di chiudere una storia, ma questo è il peggiore.
Lo scandalo non sussiste, in quanto all’interno di M5S esiste un regolamento ben preciso. Certo, il fatto che la cittadina Pinna abbia dato soldi agli alluvionati sardi poteva forse valere come attenuante, ma dalle parti del blog vanno di ghigliottina che è un piacere, figurarsi quando a suggerire il verdetto indicendo un referendum motivato come una scomunica è il capo in persona
Il vero problema è lui, anzi loro. Grillo e Casaleggio, una coppia senza più una direzione che non sia quella dettata dalle proprie pulsioni.
La rivolta dei peones darà  vita a una scissione, ipotesi più probabile. Nel migliore dei casi a una nuova partenza, con una nuova governance interna.
Ma «questo» M5S è ai titoli di coda. Il movimento che nel 2013 aveva interpretato la protesta proponendosi come alternativa, ha fatto della marginalità  autoritaria il suo tratto distintivo.
La creatura di Grillo e Casaleggio era nata come trionfo della partecipazione dal basso, o almeno così era stato percepito da 9 milioni di sostenitori alle elezioni politiche del 2013 che lo votarono sperando nello stravolgimento dei metodi della politica italiana. Le continue epurazioni stanno svelando il trucco.
Sembrava il campione della democrazia, invece era un calesse.
Il crepuscolo è silenzioso. La coppia di M5S non fa più notizia se non come curiosità  da strano ma vero.
Le loro ultime uscite hanno una sconclusionata vena di bizzarria. L’anatema contro le apparizioni televisive arriva durante l’ascesa di Matteo Salvini, costruita anche con la partecipazione a qualunque talk show, e sembra anteporre le fisime sui media di Casaleggio al bisogno di una tribuna per il movimento.
L’analisi di Grillo sulle elezioni in Emilia-Romagna, comica in quanto trionfalista, è stata fatta sui dati delle Regionali del 2010, quando M5S non era noto neppure ai parenti stretti.
Forse è a quello che vogliono tornare. A un piccolo e più governabile movimento di opposizione, felicemente elitario e narcisista.
Oppure all’estinzione per sopraggiunta usura dei due fondatori.
Comunque vada, un fallimento.

Marco Imarisio
(da “il Corriere della Sera”)

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QUESTA VOLTA PERO’ LA TRIADE SI E’ DIVISA: HANNO DECISO CASALEGGIO E FIGLIO

Novembre 28th, 2014 Riccardo Fucile

BEPPE AVREBBE PREFERITO TENERE UNA LINEA PIU’ MORBIDA

Due parlamentari espulsi, altri 13 in lista d’attesa e una decisione che più Beppe Grillo è firmata dai Casaleggio, padre Gianroberto e figlio Davide.
Questa volta, come molte altre, Grillo e Casaleggio non si sono trovati per niente sulla stessa linea.
Il primo era per un approccio morbido — “denunciamo la questione dei rimborsi, ma non mettiamo ai voti subito l’espulsione” — ma da Milano il processo era già  iniziato. E i due appena espulsi erano sulla black list da molti mesi. Poi alla fine, dopo intrecci telefonici, è passata la linea e anche Grillo si è adeguato.
Il Movimento 5 Stelle così ha vissuto ieri una delle sue giornate peggiori, senza che nessuno sapesse niente.
L’allarme è suonato con un post: votiamo l’allontanamento di Paola Pinna e Massimo Artini.
Il motivo ufficiale è quello di una mancata restituzione di una parte della diaria, le ragioni più accostabili alla realtà  riguardano l’essere in contrapposizione col capo. Pinna da sempre, Artini sempre di più negli ultimi mesi, sulle posizioni del sindaco di Parma Federico Pizzarotti che non quelle che Milano, in parte anche Genova (o Marina di Bibbona, dipende dai giorni), seppur in maniera più defilata, dettano.
Artini era sulla lista dei cattivi da tempo. Ma quello che ha fatto saltare i gangheri è stata un’intervista di due giorni fa al fattoquotidiano.it  , dove chiedeva un invito alla riflessione.
Stesse parole usate da Pizzarotti, il vero extraparlamentare rivoltoso che punta a prendere in mano il Movimento 5 Stelle.
Così, alla fine, è iniziato il processo che ha riportato la situazione politica a quasi un anno fa: tu buono, tu cattivo, lui resta, l’altro no.
Ma l’aria, tra Senato e Camera, ieri era quella di smottamento.
Le considerazioni che fanno i parlamentari sono molte. E sanno bene che la restituzione dei soldi è un pretesto. Ma il Movimento 5 Stelle con altre espulsioni non sarà  più in grado di incidere in maniera determinante come voleva sull’elezione del capo dello Stato.
E il Pd, negli ultimi tempi, almeno una delle tante anime del Pd, su questo contavano. Da ieri è tutto da rivedere e ricalcolare.
Quello che succede realmente è difficile da capire.
Casaleggio è presente, ma molto stanco, almeno a quanto dicono i parlamentari. E Beppe è diventato un oggetto misterioso. Non sempre raggiungibile al telefono, molto proiettato sulle questioni europee (sua l’idea di formare un gruppo con una serie di eurodeputati sparsi), ma assolutamente disinteressato alle questioni italiane.
Non ha fatto, per la prima volta, campagna elettorale in Emilia Romagna, laggiù dove Grillo aveva messo in piedi tutto con un vaffanculo.
Si è presentato, senza essere atteso, alla fine, ma non c’erano più telecamere, non più giornalisti. Lontani i tempi in cui parlava alle sei del pomeriggio per finire sui tg della sera.
No, non è Grillo di qualche mese fa. E nessuno sa ancora bene dove voglia arrivare. La prima preoccupazione è che si trovi una linea comune in quella che adesso, con l’ingresso del figlio di Casaleggio, è diventata una triade.
E tenerli insieme, a chilometri di distanza, spesso è un’impresa.

Emiliano Liuzzi
(da “il Fatto Quotidiano”)

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GRILLO, FUORI ALTRI DUE: PROTESTA SOTTO CASA E LUI CHIAMA LA POLIZIA

Novembre 28th, 2014 Riccardo Fucile

ARTINI SI METTE IN MACCHINA CON ALTRI PARLAMENTARI E VA A MARINA DI BIBBONA: “DEVE DIRMELO IN FACCIA”… DIVERSI MILITANTI PRESIDIANO LA VILLA, LUI CI PARLA, MA NON PARE CONVINCERLI

“Voglio che abbia almeno il coraggio di dirmelo in faccia. Io dormo lì fuori, se non ci parla aspetto domattina. Io non sono un pavido, vado fino in fondo. Io voglio tornare a casa pulito”.
Sono quasi le 20 e Massimo Artini sta guidando sulla via Aurelia. Direzione Bibbona, Livorno, buen retiro di Beppe Grillo.
Cinque minuti prima, il blog del fondatore M5S lo ha cacciato dal Movimento. Espulso, senza nemmeno che l’assemblea dei parlamentari avesse modo di decidere che lui e Paola Pinna, deputata sarda dal destino identico, andavano buttati fuori dal gruppo.
Così vorrebbe il regolamento: prima ci si scanna tra eletti (con diritto di difesa), poi parla la Rete.
Ma stavolta la forma salta. “Non rendicontano da nove mesi”, li accusano i vertici Cinque Stelle. “Un’esecuzione sommaria”, rispondono loro.
Poco importa che i soldi li abbiano restituiti, anche se non hanno voluto renderlo pubblico sul sito ufficiale.
Conta di più, evidentemente, che Pinna e Artini nei giorni scorsi abbiano chiesto a Grillo e Casaleggio un mea culpa dopo il disastroso risultato delle elezioni regionali. Il sondaggio aperto ieri mattina si chiude dopo otto ore. Votano quasi in 28mila. Finisce con il 70 per cento favorevole alla cacciata.
È così che sei deputati, di certo non tra i dissidenti storici, si sono messi in macchina verso Bibbona.
Assedio alla villa del capo: Massimo Artini, Marco Baldassarre, Tatiana Basilio, Federica Daga, Silvia Benedetti e Gianluca Rizzo. Un loro collega, Samuele Segoni, toscano come i primi due, era già  fuori dalla villa ieri pomeriggio.
Con lui, una cinquantina di attivisti. Ma dalle finestre della tenuta vista mare, Grillo si è sentito minacciato. E ha chiamato la polizia.
C’è voluto un po’ per potersi avvicinare al campanello: “Gli abbiamo spiegato chi eravamo — racconta il deputato Segoni — È venuto al cancello e ci ha parlato da lì”. Scarsi risultati: “Sembrava un dialogo tra sordi — insiste Segoni — Ripeteva il solito canovaccio: ‘C’è un 20 per cento che sapevamo di perdere, ci sono dei pezzi di merda…’ Sembrava di sentirlo parlare dal palco, non sapeva di cosa stavamo parlando”.
Quando alle 8 di sera arrivano gli altri sei, ci vuole un’ora perchè Grillo si decida ad aprire. Un’ora di attesa e di rabbia. “Se ci stiamo suicidando, ce lo deve dire in faccia. Ormai Beppe sembra lobotomizzato, siamo qui per svegliarlo”, si infuria il deputato Marco Baldassarre.
È fuori dalla grazia di Dio, perchè “ci siamo fatti un mazzo così, ci abbiamo creduto e sul blog, anzichè spiegare quello che proviamo a fare, parlano dell’omicidio Matteotti. Chi c’è dietro? Chi comanda? Chi è che lo permette?”.
Parole inimmaginabili fino a qualche tempo fa. Perchè quelli che accerchiano la villa, sono parlamentari a cui mesi addietro era impensabile scucire una critica ai leader. Artini, per dire, è stato il “responsabile” informatico del gruppo per mezza legislatura (salvo poi venire accusato di aver creato un portale “parallelo”): ogni lunedì pomeriggio, era a Milano per riunioni operative con Casaleggio.
Baldassarre e Segoni gli hanno già  promesso: “Si è iniziato insieme e si finisce insieme”.
Ma al di là  delle eventuali dimissioni solidali, il sospetto che presto verrà  messa all’indice anche il resto della pattuglia che non rendiconta sul sito ufficiale è più che fondato.
Sono una ventina e da settimane chiedono chiarimenti su quel portale (http://www.tirendiconto.it  ) dove dovrebbero pubblicare entrate e uscite. In assenza di risposte, si sono arrangiati da soli, comunicando le note spese sulle loro pagine web personali.
Prendiamo Paola Pinna: gli ultimi due bonifici portano la data del 5 novembre: 5.323,8 alla Caritas sarda per alluvione 2013 e 4.878,28 al Bilancio dello Stato, soldi risparmiati da luglio a settembre 2014.
Che si adombri l’ipotesi che sia una che si tiene il malloppo, la infastidisce parecchio. Soprattutto se le sue cifre vengono messe a paragone con quelle di alcuni fedelissimi M5S.
Per dire, Riccardo Nuti (che ieri tuonava: “Se io faccio un bonifico, esempio, da 2000 euro ma dovrei farlo da 6000 euro vuol dire che prendo per il culo”) nel trimestre che va da aprile a giugno ha restituito, oltre alla parte di indennità  mensile, rimborsi solo per 2.210,67 euro.
Alle 22.30 l’assedio alla villa non è ancora finito. I deputati sono dentro, al cospetto del leader. Fuori, il gruppo di attivisti che è rimasto in attesa, è stato fatto indietreggiare.
Stanno lì, a metà  strada tra l’asfalto e la sabbia.
Per fortuna qualcuno si era portato le torce.

Paola Zanca
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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DIETRO L’ANGOLO DEL CARROCCIO ORA C’È L’ORO DI MOSCA: OBIETTIVO DESTABILIZZARE L’OCCIDENTE

Novembre 28th, 2014 Riccardo Fucile

SALVINI E LE PEN USATI COME QUINTA COLONNA PER INDEBOLIRE L’EUROPA… IL PRECEDENTE UNGHERESE E I RAPPORTI DELLA LEGA CON ALEXEJ KOMOV

Quando undici mesi fa Matteo Salvini venne eletto per alzata di mano segretario della Lega al congresso federale del Carroccio che si era riunito in quel del Lingotto, a Torino, tra gli “amici” osannanti delle destre europee più anti-Ue (fiamminghi, francesi, austriaci, svedesi) c’erano anche Viktor Zubarev, parlamentare di Russia Unita — il partito di Putin che egemonizza la vita politica russa — e il quarantaduenne Alexej Komov, ambasciatore del Congresso Mondiale delle Famiglie all’Onu, noto esponente pro-life della società  cristiana ortodossa, fiero avversario del movimento gay.
La loro presenza era apparentemente formale, l’attestazione di stima nei confronti di Salvini. Il capo leghista, infatti, si era pubblicamente schierato dalla parte di Putin.
Il presidente russo aveva tuonato contro l’associazione dell’Ucraina all’Ue, quella che lui chiamava un’indebita ingerenza dell’Unione nella sfera d’influenza di Mosca. Un’azione “imperialista”, al soldo dell’euro, in combutta con gli Stati Uniti.
Manna, per la Lega salviniana che aspirava a far parte dell’alleanza dei partiti identitari ferocemente schierati contro la moneta unica e alla ricerca di una nuova Europa, quella dei popoli.
Putin era più di uno spettatore interessato: a lui premeva appoggiare concretamente chi poteva sabotare l’Ue, già  in crisi.
Un disegno nemmeno tanto occulto: strumentalizzando la questione delle minoranze, si poteva rimettere in discussione lo stesso equilibrio territoriale dell’Est europeo.
In Ucraina, infatti, la violenta protesta popolare contro il regime corrotto del presidente Viktor Yanukovich, in quella metà  di dicembre del 2013 di lì a poche settimane sarebbe sfociata nella sua fuga.
In Occidente pochissimi immaginavano che la Crimea sarebbe stata inglobata da Mosca, che l’Est dell’Ucraina si sarebbe ribellato a Kiev e che l’Unione europea, insieme agli Stati Uniti, avrebbe imposto sanzioni economiche pesantissime nei confronti della Russia.
No, in quei giorni di tripudio salviniano, pareva che il vero interesse del nuovo segretario leghista fosse quello di rincorrere Beppe Grillo e annodare stretti rapporti con i rappresentanti delle destre europee razziste e xenofobe.
Così, la presenza dei due russi passò in second’ordine.
Invece, qualcosa i russi stavano progettando.
Quale migliore cavallo di Troia, di una innocente associazione culturale?
Nell’inverno 2013/2014 nasce LombardiaRussia. Presidente onorario è Komov. Presidente effettivo è il giornalista Gianluca Savoini, portavoce di Salvini.
L’intento ufficiale dell’associazione è quello di “stringere i rapporti con la Russia”, nonchè quello di dare una “corretta informazione” su ciò che succede in Ucraina.
Consultando il sito, emerge l’enfasi sulle “idee” putiniane, “le ammiriamo molto”, e senza tanti fronzoli lo stesso Savoini spiega che LombardiaRussia serve “per far capire agli italiani che far entrare l’Ucraina, questa Ucraina, in Europa è sbagliato e dannoso per tutti noi”.
In un’intervista , Savoini aggiunge: “Noi facciamo controinformazione. La Russia di Putin viene descritta in un modo assurdo e fazioso dai mass media e dai governi occidentali”.
Più o meno le parole che ha detto un paio di settimane fa Dmitri Kisilev, il direttore dell’agenzia MIA (ex Ria Novosti più Russia Today) foraggiata dal bilancio statale, nell’annunciare il lancio dello “SputnikNews”, il nuovo strumento di propaganda russa all’estero.
Quanto alla Lega, la collaborazione con i partiti euro-critici, a cominciare dal Front National di Marine Le Pen, si intensifica.
Ma con quale carburante si scalda questo motore?
Marina Le Pen ha dovuto confermare di avere ottenuto un prestito di ben 9 milioni di dalla First Czech Russian Bank, un piccolo istituto russo di proprietà  dell’oligarca Roman Yakubovich Popov (amico del premier Dmitri Medvedev e di Putin), banca che prima era appartenuta alla StrojTransGaz, leader della produzione di gasdotti.
La notizia ha messo in fibrillazione il mondo della politica italiana: vuoi vedere che dopo il Pci, anche la Lega attinge alle generose casse di Mosca?
Salvini ha negato di avere avuto quattrini dalla Russia. Se arrivassero, perchè no, li accetterei, ha detto (senza neanche sapere che è un reato…n.d.r.)
È stato di recente a Mosca, e in Crimea.
Ha incontrato Putin (anche a Milano, in margine al Forum Euro-Asiatico).
È noto che negli ultimi mesi, centinaia di piccoli imprenditori e commercianti del Nord Italia, danneggiati dalle sanzioni, hanno visto con molta simpatia le iniziative pro Russia di Salvini e della Lega.
Nel 2013 l’Italia — soprattutto il made in Italy della moda e dell’alimentare — ha esportato in Russia beni per 11 miliardi di Euro (nel 2003, erano 4).
Quest’anno è prevista una sensibile flessione. La lobby dell’interscambio italo-russo punta su Lega. Nel frattempo, LombardiaRussia ha figliato LombardiaCrimea.
Nell’alleanza Europea dei partiti nazionali, Mosca ha stretto legami con numerosi parlamentari ultranazionalisti eletti a Strasburgo, al punto da diventare l’epicentro di una sorta di internazionale nera: miscelando, talvolta — come nel caso di Bela Kovacs, membro del partito neonazista ungherese Jobbik — spionaggio e finanziamenti, secondo l’accusa del procuratore generale di Budapest che ha chiesto di togliergli l’immunità  parlamentare.
Il politologo ungherese Peter Kreko ha pubblicato, lo scorso marzo, un saggio dal titolo abbastanza eloquente: The Russian Connection.
In cui spiega come il Cremlino abbia replicato una strategia d’infiltrazione assai simile a quella che utilizzava l’Urss.
Lo scopo è lo stesso: destabilizzare la scena politica europea: “I partiti di estremisti, tutti anti-Ue, saranno molto utili in questo scenario, per indebolire anche il legame con gli Usa”.
La Lega potrebbe diventare l’efficace grimaldello italiano.
Quanto ai soldi, i canali indiretti per “aiutare” gli amici sono tantissimi, e in questo i russi sono maestri: operano attraverso miriadi di società  in Serbia, Ungheria, Cipro, Finlandia, Spagna, Svizzera, Francia e Inghilterra (a Londra abitano 500mila russi). Pure in Italia.
Dove i russi comprano, acquisiscono e si installano nei consigli di amministrazione.

Leonardo Coen
(da “il Fatto Quotidiano”)

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