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E DOPO TRE GIORNI IL NAZARENO È RISORTO

Febbraio 2nd, 2015 Riccardo Fucile

SALVA SILVIO, SCONTO DI PENA, IL GIURAMENTO: TRE SEGNALI DI PACE A SILVIO…IL SOSPETTO DI BERLUSCONI: IL VERO PATTO E’ TRA MATTEO E VERDINI

Il terzo giorno dall’elezione del presidente della Repubblica, il Nazareno risorse.
E non tanto perchè a Silvio Berlusconi è stato concesso uno sconto di pena di 45 giorni per “buona condotta”.
E tornerà  libero — sgravato dai servizi sociali a Cesano Boscone – il giorno della Festa della donna.
Ma perchè oggi sarà  lo spettatore numero uno del giuramento e dell’insediamento di Sergio Mattarella al Quirinale.
E perchè, da palazzo Chigi, sembrano arrivare rassicurazioni sulla “salva-Silvio”.
Nell’ordine.
È stato il nuovo capo dello Stato a chiamare l’ex premier, per invitarlo assieme a tutti gli altri leader di partito, alla cerimonia di insediamento al Colle.
Un gesto, che diversamente dalla decisione del tribunale di Milano, non è stato vissuto dall’inner circle come un “atto dovuto”. Ma come un segnale “politico”.
Ricordano infatti ad Arcore i mesi di gelo con il precedente presidente della Repubblica e l’imbarazzo di Napolitano nel ricevere un “Condannato” al Quirinale, come emerse nel teso incontro durante le consultazioni che portarono alla nascita del governo Renzi.
Certo, non basta un gesto a rischiarare un umore plumbeo, segnato da frequenti sbotti di ira in questi giorni.
Berlusconi si sente “tradito”, preso per i fondelli da Renzi e dai suoi. Parlando con diversi parlamentari ha rovesciato nella cornetta fiumi di rabbia: “Ammazzerebbe tutti, se fosse di libero di assecondare l’istinto” racconta un alto in grado che ne ha raccolto lo sfogo.
Epperò, almeno per ora, non ammazzerà  nessuno.
La chiave sta nella telefonata con Verdini di domenica pomeriggio, quando Berlusconi gli ha detto che non ha alcuna intenzione di toglierli il ruolo di mediatore, nonostante attorno tutto il “cerchio magico” invochi la ghigliottina per come è stata condotta la trattativa sul Quirinale.
Per carità , i rapporti sono tesi e i due — Silvio e Denis — dovrebbero vedersi già  domani per un chiarimento più profondo.
È evidente che non solo Berlusconi pensa che sul Colle Verdini ha compiuto una mediazione al ribasso, ma ha il sospetto che il vero Patto del Nazareno sia tra Denis e Matteo.
E che lui sia rimasto intrappolato nel gioco. La conferma del sospetto sta proprio nelle 40-50 schede di franchi soccorritori azzurri a Mattarella.
È stato Verdini a organizzare le truppe per dare un duplice segnale.
A Renzi, mostrandogli che può contare su un soccorso azzurro.
A Berlusconi, mostrandoli che, se decide di epurarlo, ha i numeri per un gruppo parlamentare autonomo.
Dice una fonte autorevole: “Tra parlamentari e senatori Verdini ha i numeri per un gruppo di responsabili che faccia da polizza a vita del governo Renzi, se Berlusconi rompe il Nazareno”.
È questo scenario che sta nella testa di Berlusconi mentre parla con Verdini. E ci sono le parole che la Boschi ha da poco pronunciato a Domenica In sulla famosa norma del tre per cento che andrà  nel consiglio dei ministri del 20 febbraio.
La “salva-Silvio”. Prosegue la fonte autorevole, senza girarci attorno: “La verità  è che Verdini lo tiene per le p…e. Ha due armi in mano: i numeri in Parlamento e la salva-Silvio”.
Ed è per questo che, nel giro di telefonate di questa mattina ai dichiaratori, da Arcore è stata consegnata la nuova regola di ingaggio: “Sulle riforme dite che non faremo rappresaglie”.
Il Nazareno è risorto.
Nel gioco incrociato di sospetti e ricatti.

(da “Huffingtonpost”)

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RENZI BOCCIATO DALLA CORTE DEI CONTI: “NO A EX DEPUTATA COME PROVVEDITORE”

Febbraio 2nd, 2015 Riccardo Fucile

VISTO NEGATO PER MANCANZA DI REQUISITI ALLA NOMINA DI ROSA DE PASQUALE, EX PD, A DIRIGENTE SCOLASTICO REGIONALE DELLA TOSCANA…E’ LA SECONDA VOLTA CHE RENZI PRENDE UNA FACCIATA, DOPO IL CASO DELLA VIGILESSA MANZIONE

Matteo Renzi ci ricasca. E la Corte dei conti lo boccia di nuovo.
Ancora una volta per via di una nomina, in una casella importante del sistema di potere di una Regione che gli sta particolarmente a cuore, la Toscana.
Una nomina che coinvolge stavolta non una persona qualsiasi, una sconosciuta, ma addirittura una ex parlamentare non rieletta alle ultime elezioni del 2013.
Poltrona per l’e
La parlamentare in questione si chiama Rosa De Pasquale ed è stata deputata per il Partito democratico, fino al 2013.
Alle ultime politiche è stata ricandidata dopo aver partecipato alle primarie del Pd, ma inserita al ventinovesimo posto della lista in Toscana, non ce l’ha fatta a riconquistare il seggio.
Da qui la nomina (per tre anni) il 4 settembre scorso, con apposito decreto del presidente del Consiglio dei ministri, a dirigente generale dell’Ufficio scolastico regionale della Toscana.
Ebbene, pochi se ne sono accorti, ma il 30 dicembre, concedendo un clamoroso bis dopo la bocciatura di un’altra nomina fortemente voluta dal presidente del Consiglio, quella di Antonella Manzione, ex capo della polizia municipale di Firenze, alla guida del delicatissimo Dipartimento per gli affari giuridici legislativi   di Palazzo Chigi (coinvolto poi nel pasticcio del decreto fiscale detto Salva Berlusconi), la Sezione centrale di controllo di legittimità  sugli atti del governo e delle amministrazioni pubbliche ha respinto anche il nome della De Pasquale.
Facciamo Miur
Il ministero dell’Istruzione ha fatto appello alla sua “comprovata qualificazione professionale, in particolar modo in materia di contenzioso del personale della scuola, evidenziando approfondite conoscenze della legislazione in materia di istruzione”. Anche la circostanza che la “dott.ssa De Pasquale è abilitata all’esercizio della professione forense, avendo, tra l’altro, svolto la pratica legale presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze” è servita a poco.
Così come le altre buone ragioni addotte a suo favore: per esempio, il fatto che è stata dirigente “dell’Ufficio IX della Direzione generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana, con reggenza dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Firenze”; la “conoscenza delle peculiarità  della Regione”, così come non ha giovato il fatto che la De Pasquale “ha svolto dal 2008 al 2013 il proprio mandato parlamentare presso la VII commissione permanente della Camera dei deputati — Cultura, Scienza e Istruzione”.
Un titolo che il Miur richiama per sottolineare come “anche l’esperienza di natura politica a così elevati livelli istituzionali in materia di istruzione, seppur non direttamente attinente al conferimento dell’incarico in oggetto, offra garanzie nella gestione dei rapporti istituzionali di alto profilo con la Regione Toscana”.
Scure dei magistrati
Tutto inutile. La Corte dei conti si è rivelata sorda a tutte le motivazioni portate a sostegno della nomina.
“La pur nutrita serie di argomentazioni articolate dal Miur”, spiegano i giudici, “non dà  evidenza di quell’elemento di aggiuntività  rispetto alle funzioni istituzionali e/o ordinarie” richiesto “quale presupposto per l’attribuzione dell’incarico dirigenziale a soggetto esterno ai relativi ruoli”.
Possibilità  che, sottolineano i magistrati contabili, la legge consente “solo nell’ipotesi in cui tale qualificazione non sia rinvenibile nell’ambito del personale dirigenziale dell’amministrazione” anche per “ragioni di contenimento della spesa pubblica”.
Per l’incarico assegnato alla De Pasquale “hanno presentato la propria candidatura 25 dirigenti di seconda fascia dei ruoli del Miur e 3 dirigenti di seconda fascia, che già  avevano ricoperto in precedenza incarichi di direzione generale”.
Ma “ritenendo la conoscenza delle peculiarità  della Regione requisito necessario per l’assolvimento dell’incarico” vengono prese in considerazione solo le domande “dei dirigenti già  in servizio sul territorio toscano o con pregresse esperienze di servizio in Toscana”.
Procedura viziat
E così, mentre nove candidati vengono nominati ad altri incarichi dirigenziali generali, la rosa degli aspiranti si riduce drasticamente “ad un unico candidato” che difetta però di “competenza specifica sulle materie di gestione del contenzioso del personale della scuola”.
A questo punto non resta che attingere all’esterno e spunta il nome della De Pasquale. Per effetto di una procedura valutativa “promiscua”, cioè rivolta contemporaneamente “ai dirigenti interni e all’esterno”, che “non appare in linea con il dettato” normativo. Motivi per i quali la Corte dei conti non ha potuto fare altro che ricusare “il visto e la conseguente registrazione del provvedimento” di nomina.

Giuseppe Alberto Falci
(da “il Fatto Quotidiano”)

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TUTTI GLI UOMINI (E DONNE) DI PASSERA: EX PARLAMENTARI, MANAGER E RICICLATI

Febbraio 2nd, 2015 Riccardo Fucile

SANTO VERSACE, SILVANA MURA, FRANCESCO MICHELI, CARLO FUSI TRA I PU’ NOTI…E POI AMMINISTRATORI LOCALI E TANTE FACCE NOTE

“Io non accetto l’idea che un Paese grande e bello come l’Italia si rassegni al declino. Renzi viene da una buona scuola di potere e lo usa in modo spregiudicato”.
E se a dirlo è Corrado Passera, uno che di potere ne ha sempre avuto parecchio, bisogna crederci.
Solo che di questi tempi il potere ha di nuovo sede nei palazzi e per questo l’ex ministro dello Sviluppo Economico ci vuole tornare.
Magari insieme a ex parlamentari come Santo Versace o Gregorio Dell’Anna.
O in compagnia di manager di peso passato e presente come Francesco Micheli. Portandosi dietro magari qualche firma del giornalismo come Carlo Fusi o qualche ex quarantenne non troppo d’assalto come Lelio Alfonso.
Se non altro, dice Passera, bisogna tornare nei palazzi per combattere “l’annuncite” di Matteo Renzi, che in nulla somiglia a quella che contraddistinse l’era Monti e la sua permanenza al ministero dello Sviluppo economico (Cresci-Italia, Alzati-Italia, daremo 900 milioni all’anno per l’efficienza energetica di P.A. e famiglie, aboliremo il Sistri, questi solo alcuni degli slogan del tempo).
Ma per tornare a palazzo e colmare il vuoto aperto nel centrodestra dalle modalità  di elezione di Sergio Mattarella al Quirinale servono due cose: un partito e una squadra.
Il partito è nato sabato 31 gennaio: si chiama Italia Unica, correrà  alle elezioni comunali (alle regionali no, tanto “non servono”) e ha già  un bel logo astratto e tricolore.
Per quanto riguarda la squadra, invece, ennesima carica di volti nuovi, giovani di belle speranze e riciclati a vario titolo.
Ma chi sono gli uomini e le donne che Corrado Passera ha raccolto attorno a sè? Cominciamo con Lelio Alfonso, coordinatore nazionale (numero due) del partito. Leggiamo dal suo profilo LinkedIn: “Dal 2006 al 2008 direttore generale alla Presidenza del Consiglio   per la comunicazione istituzionale e internazionale, dal 2008 al 2010 advisor per società  ed enti e dal 2010 a capo delle relazioni esterne, media, eventi e i public affairs di Rcs MediaGroup”.
Presidenza del Consiglio nel 2006-2008? Governo Prodi, allora.
Già , era proprio lui, Lelio Alfonso, durante i difficili ultimi mesi del Professore a palazzo Chigi, a scendere ogni giorno in sala stampa verso le 19,30 con la Velina Prodiana, dettata da Silvio Sircana e Sandra Zampa.
Prima? Prima era giornalista alla Gazzetta di Parma, poi approdò alla bolognese Fabbrica del Programma dell’Unione, per nulla un centro di potere.
E dopo? Rcs, assunto all’epoca in cui Pier Gaetano Marchetti (storico amico di Romano Prodi) era presidente del Cda e Antonello Perricone era Amministratore Delegato. Insomma, uno che di giri che contano ne ha frequentati, e parecchi.
Poi, come in ogni squadra che si rispetti, c’è l’uomo di fiducia, che in questo caso è donna e addirittura moglie: Giovanna Salza, mamma e manager (“amo il mio lavoro, la mia famiglia, ma anche il teatro, i viaggi, l’Africa”) ma soprattutto consorte di Corrado Passera.
Dopotutto, la famiglia è l’elemento fondante della nazione, si legge nei documenti di Italia Unica.
Ma c’è anche un’altra donna al fianco di Passera: è Silvana Mura, già  ‘lady di ferro’ di Italia dei Valori e ‘tesoriera’ di Antonio Di Pietro, non candidata nel 2013 da Antonio Ingroia.
E siccome Passera sa che la politica non è cosa per mammolette, ecco che arriva in squadra anche un altro ex dipietrista, uomo notoriamente dalla schiena dritta ma dal carattere a tratti inflessibile: è Fabio Evangelisti, protagonista nel 2010 di uno storico scontro a Montecitorio con i colleghi leghisti Raineri e Buonanno che gli costò 12 giorni di sospensione dalla Camera.
E che dire di Santo Versace, anche lui ex del Parlamento e ora con Passera?
Prima è stato deputato Pdl, poi con Francesco Rutelli ad Alleanza per Italia e infine presidente eletto per acclamazione di ‘Fare per fermare il declino’, il movimento fondato da Oscar Giannino.
Infine, ha risposto all’appello anche Gregorio Dell’Anna, ex deputato dal 2001 al 2006, sindaco di Nardò e notoriamente uomo di potere in Puglia.
Andiamo avanti, perchè Passera, per gestire la sua Italia Unica,   ha deciso di avvalersi anche di un altro fedelissimo della prima ora: Francesco Micheli, al fianco del Presidente prima in Poste Italiane e poi in Banca Intesa.
Ma dal mondo bancario arriva un altro big ‘fulminato’ sulla via del progetto: è Giorgio Guerrini, già  leader indiscusso di Confartigianato e poi, tra l’altro, vicepresidente di Banca Etruria, incarico che ha lasciato l’1 febbraio del 2013 per quello di capolista Udc in Toscana per la Camera dei Deputati.
Montiano “senza se e senza ma”, non eletto, Guerrini sceglie adesso il partito che più si presenta come antirenziano (e anche antimontiano, per certi versi), di cui invece gli ex amici e colleghi Udc sono sostenitori (loro malgrado).
Infine, c’è la “carica” degli amministratori locali, a vario titolo “trombati”, non eletti, respinti con perdite o semplicemente insoddisfatti del mancato salto di qualità .
Come Alessandro Garassini (ex Margherita, stessa provenienza di Matteo Renzi), che non più tardi della fine di settembre 2014 ha appoggiato la corsa alla provincia di Savona di Raffaella Della Bianca insieme a Lega Nord, Fratelli d’Italia e al sindaco di Albisola, l’ex parlamentare di Forza Italia Franco Orsi, che nel frattempo ha deciso di appoggiare la candidata democratica alla Regione, Raffaella Paita.
O Angelo Tudisca, sindaco di Tusa, nel messinese.
O, ancora, “capitan Fracassa”, Maurizio Tiberio, che di recente si è autosospeso da Forza Italia insieme a Nicola Cavaliere dopo aver militato a fianco del plurindagato presidente della Regione Michele Iorio.
Capitan Fracassa, si legge sulla Gazzetta del Molise, “s’è messo la mordacchia, ha cambiato pelle: maestro di pensiero, suggeritore accorto di strategie, animatore di rivincite e rivalse”, fino a presentare nella sua regione Italia Unica: “Tra Renzi e Salvini — ha detto — c’è uno spazio infinito e noi vogliamo occuparlo”, magari insieme ai campani Sparico Capocefalo, amministratore del comune Pesco Sannita ed ex consigliere provinciale a Benevento, definito “vicino ai Ds”, eletto in varie liste civiche, o a Fausto Acocella, già  referente del Pdl a Calitri, approdato a Italia Unica dopo un passaggio nel Ncd o, ancora, a Salvatore Arconte da Pozzuoli.
Altri nomi, altri incarichi, tutti a livello locale, dove si raccolgono i voti.
Mario Annibale Gandolfi, ex candidato sindaco e consigliere di Fontanella in provincia d Bergamo, è stato candidato nelle liste di Fratelli d’Italia al Senato alle ultime elezioni; Giuliana Loris Baudone, eletta nel consiglio regionale della Toscana nel 2000 nelle liste di Alleanza nazionale; Silvestro Iabichella, ex assessore comunale a Modica, provincia di Ragusa, per due legislature, eletto nel Movimento per le Autonomie, ricollocato nelle partecipate; Alcide Landini, consigliere comunale a Follonica per 10 anni e capogruppo della Democrazia Cristiana; infine, Sergio Torta, già  consigliere comunale a Montafia, in provincia di Asti dal 2004 al 2009, eletto in una lista civica.
Insomma, una squadra molto eterogena, quella di Passera.
Resta da vedere quanti voti sarà  in grado di raccogliere.

Giorgio Caroli
(da “il Fatto Quotidiano”)

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IL SITO WEB DI EXPO PIENO DI STRAFALCIONI IN LINGUA STRANIERA

Febbraio 2nd, 2015 Riccardo Fucile

ESPERTI TRADUTTORI PUNTANO IL DITO CONTRO ERRORI DI GRAMMATICA, SINTASSI E ITALIANISMI

Consecutio temporum sballate, costruzioni di frasi arrovellate, accenti gravi invece che acuti (e viceversa), e poi italianismi, refusi, strafalcioni.
Leggendo le versioni straniere del sito Internet di Expo, insegnanti di lingue, interpreti e traduttori hanno scoperto numerose anomalie.
E si sono indignati: «Sembra abbiano messo i testi su Google translate» accusano dopo aver fatto partire una serie di tweet nei giorni scorsi contro le «inaccettabili» traduzioni sulla pagina dell’Esposizione universale, evento al via il primo maggio e per cui si prevedono 20 milioni di visitatori da tutto il mondo.
«È scandaloso e imbarazzante» spiega Antoine Boissier, insegnante all’Institut Franà§ais.
Dalla società  Expo, interpellata dal Corriere , rispondono spiegando che esiste un team di persone che si dedica soltanto al sito Internet tra cui alcuni traduttori, anche di madrelingua: «Stiamo valutando il da farsi ma è vero, ci sono arrivate alcune segnalazioni. Correggeremo, ma certo non usiamo traduttori automatici».
Per rendersi conto degli errori, basta navigare verso l’homepage di Expo.
In una delle prime sezioni – la voce «Learn more», in italiano «Cos’è», vale a dire dove le persone cercano di approfondire il tema di Expo ( Feeding the planet , Nutrire il pianeta) – si legge subito «Not only is it an exhibition but also a process».
Letteralmente: «Non solo è un’esibizione ma anche un processo». «Che orrore!» è la reazione della traduttrice del Corriere Maria Sepa.
«Già  la costruzione denota scarsa conoscenza della lingua, ma anche capire il senso di queste parole sommate tra loro è impossibile: cosa volevano dire con “process”? Forse “experience”, esperienza?».
Ancora in homepage si legge il titolo «Albanese looks backstage at the communication campaign of Expo Milano 2015».
Il riferimento è alla campagna di comunicazione di Expo, la cui «voce» sarà  l’attore Antonio Albanese, ma nessuno conosce l’espressione «looks backstage», semplicemente «perchè non esiste».
Con il francese, la situazione non sembra migliore. Tanto che a Palazzo delle Stelline – storico edificio in corso Magenta dove convivono, fra gli altri, numerosi enti transalpini economici e culturali – sono arrivate le segnalazioni piccate delle imprese.
«Non è serio» hanno detto, mettendo in dubbio la loro partecipazione.
Concordanze discordi, femminili che diventano maschili, plurali al singolare, traduzioni di parole inesistenti. I rendez-vous internationals (o internationaux se si vuole alla francese) diventano «internationales», gli accenti cambiano verso.
Anche lo sconto sul biglietto d’ingresso, une remise , diventa un remise , come fosse «la sconta».
Gli scivoloni sono innumerevoli, articolo dopo articolo, informazione dopo informazione.
«È inaccettabile – afferma ancora Boissier – i miei studenti sono scandalizzati. Molti di loro avrebbero fatto meglio».
Cittadino francese, a Milano da 15 anni, il «prof» dice di sentirsi «offeso», più in quanto milanese che in quanto francese: «È questo il biglietto da visita della città  ai milioni di visitatori di Expo? Dovrebbero essere testi curati e impeccabili. Speriamo non accada lo stesso alle conferenze in programma durante l’evento. Gli interpreti saranno all’altezza? Altrimenti è una presa in giro».

Giacomo Valtolina
(da “il Corriere della Sera”)

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SPESE PAZZE: LA REGIONE LOMBARDIA DI MARONI NON SI COSTITUISCE PARTE CIVILE, TROPPI LEGHISTI INQUISITI

Febbraio 2nd, 2015 Riccardo Fucile

IMPUTATI 64 EX CONSIGLIERI, TRA CUI RENZO BOSSI E NICOLE MINETTI… ACCUSATI DI PECULATO PER 3 MILIONI DI SPESE

Avrà  tempo fino alla prima udienza del processo.
Intanto però la Regione Lombardia non si costituisce parte civile nel processo che vede imputati 64 ex consiglieri, tra cui Renzo Bossi e Nicole Minetti, accusati di peculato nell’inchiesta sulle cosiddette ‘spese pazze’.
Agli imputati viene contestato, nell’indagine del procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dei pm Paolo Filippini e Antonio D’Alessio, un totale di oltre 3 milioni di euro di spese.
L’udienza di oggi, davanti al gup Fabrizio D’Arcangelo, è stata aggiornata al prossimo 27 febbraio per alcune omesse notifiche del decreto che dispone il giudizio.
In aula è stato fatto solo l’appello, quindi il giudice ha rinviato il procedimento alla prossima udienza in programma il 27 febbraio.
Nella lista degli imputati che comprende 55 ex consiglieri e 9 ex assessori, sia tra i banchi della maggioranza che in quelli dell’opposizione, le spese comprendono libri, cene a base di ostriche, spese in macelleria fino all’acquisto di munizioni per la caccia.
Alcuni degli imputati hanno già  ‘saldato’ restituendo le spese contestate.
La Procura di Milano aveva chiesto di archiviare la posizione di 20 ex assessori tra cui Viviana Beccalossi (Agricoltura), Raffaele Cattaneo (Infrastrutture), Romano La Russa (Industria), Stefano Maullu (Protezione Civile e Polizia Locale), Valentina Aprea (Istruzione) ritenendo che “le spese” effettuate durante il loro mandato fossero formalmente “sostenute da giustificazioni adeguate fornite dall’amministratore prima della presentazione di richiesta del rimborso”.
Lo scorso 31 luglio era arrivata la prima “condanna” da parte della Corte dei conti.

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ECCO I 43 TRADITORI AZZURRI: C’E’ ANCHE VERDINI

Febbraio 2nd, 2015 Riccardo Fucile

CIRCOLA NEI PALAZZI L’ELENCO DEGLI ELETTORI DI FORZA ITALIA CHE AVREBBERO PUGNALATO BERLUSCONI VOTANDO PER MATTARELLA: E’ IL GRUPPO DI VERDINI

Ventotto deputati e quindici senatori: l’ultima pugnalata per Silvio Berlusconi è arrivata da loro. Dai parlamentari di Forza Italia eletti grazie al loro leader. Abbandonato a se stesso.
Dei 101 Franchi Tiratori del Pd che nel 2013 affondarono Romano Prodi non abbiamo mai conosciuto i nomi e non li sapremo mai.
Dei Franchi Soccoritori di Forza Italia che nel 2015 hanno votato per Sergio Mattarella, deviando dalla linea ufficiale del partito (scheda bianca) circola già  una lista a meno di quarant’otto ore dal voto.
Una lista sulla cui veridicità  è lecito nutrire qualche dubbio. Ma circola già  da qualche ora nei palazzi della politica e nelle file di Forza Italia.
Vale per la sua compilazione, per dire del clima che si respira tra gli azzurri, più che per la sua attendibilità .
Un veleno distillato nelle ore decisive dell’elezione presidenziale, tra le 9.30 e le 12 di sabato mattina, durante la quarta votazione, quella decisiva per eleggere Mattarella.
In azione i cronometri (per votare scheda bianca basta un istante, c’è chi come Maurizio Gasparri l’ha sventolata e depositata nell’urna senza neppure piegarla) e le sentinelle addette alla postura dei piedi.
Come ha detto ieri l’azzurra Jole Santelli al “Corriere”, delegata a scrutare i piedi dei colleghi sotto il catafalco: «Chi li teneva verso l’uscita non stava scrivendo, chi invece li girava verso la tavoletta era impegnato a usare la matita».
Nella lista dei Veleni compaiono 28 deputati e 15 senatori.
La somma fa 43 grandi elettori, più o meno quanto sono stati i voti mancanti ai gruppi di Forza Italia rispetto al previsto: le schede bianche sono state 105, i forzisti erano 142.
Tra i deputati: Maurizio Bianconi, Adriano Biasotti, Michela Brambilla, Basilio Catanoso, Nicola Ciracì, Luca D’Alessandro, Monica Faenzi, Sestino Giacomoni, Cosimo Latronico, Piero Longo, Giovanni Mottola, Massimo Parisi, Gianfranco Rotondi, Francesco Saverio Romano, Elivira Savino, Luca Squeri, Elio Vito. Tra i senatori: Bernabò Bocca, Riccardo Conti, Ciro Falanga, Pietro Liuzzi, Eva Longo, Lionello Pagnoncelli, Antonio Razzi, Domenico Scilipoti. E Denis Verdini.
La maggior parte di loro non dice nulla al grande pubblico.
Alcuni hanno dichiarato in pubblico di aver disubbidito, ad esempio il siciliano Romano, tra i più vicini al dissidente Raffaele Fitto, che Mattarella lo votava fin da piccolo nella Dc siciliana.
Oppure Scilipoti che entrando in aula ha annunciato: «Potrei votare per Mattarella».
Primi segnali di frattura all’interno di Forza Italia sulla linea di votare scheda bianca al quarto scrutinio.
“Mattarella? Potrei anche votarlo” ha detto il senatore Domenico Scilipoti entrando alla Camera.
“Fitto chiede l’azzeramento dei vertici di FI? E’ un argomento che si vedrà  dopo. Oggi si vota il presidente della Repubblica, domani è un altro giorno” ha aggiunto.
Per il senatore Niccolò Ghedini “nei partiti c’è sempre una fisiologica discussione, è tutto nella norma”.
“La discussione fa parte della vita – aggiunge Maurizio Gasparri – la nostra posizione è quella votata all’unanimità  su proposta di Berlusconi”.
Razzi ha preso un voto, chi si scandalizzerebbe se fosse il suo? Sono soddisfazioni. Rotondi prova da anni a rifondare la Dc, come poteva evitare il richiamo della foresta rappresentato dall’ex deputato demitiano?
Ma altri nomi sorprendono e ruotano tutti attorno allo stesso nome: l’amico toscano di Renzi Denis Verdini.
Oltre al potente senatore ci sono anche i verdiniani di più stretta osservanza, al gran completo: l’ex portavoce D’Alessandro, l’ex sindaco di Castiglion della Pescaia Faenzi, il bresciano Conti rinviato a giudizio con Verdini per l’affare dei palazzi in compravendita…
Questo il risultato del moviolone, almeno secondo chi l’ha compilato.
Che aprirà  da questa mattina la lunga resa dei conti dentro Forza Italia.
Contro il «duo tragico», come la super-berlusconiana Maria Rosaria Rossi ha definito Verdini e Gianni Letta.
Con la differenza che Letta è un signore fuori dal Parlamento per sua scelta da sempre, mentre Verdini controlla mezzo gruppo parlamentare.
E ha sempre rivendicato la paternità  del Patto del Nazareno. Ma questa volta ha fatto i male i suoi conti, essendo stato tradito da Matteo Renzi.
Oppure li ha azzeccati, ma in un modo che non si può confessare.
In ogni caso, a ciascuno il suo complotto e il suo veleno.
La sindrome del teatro Capranica, dove il Pd di Bersani si dissolse due anni fa, oggi si è spostata in Forza Italia.
Nel cuore del cerchio magico berlusconiano.

Marco Damilano
(da “L’Espresso“)

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INTERVISTA A MARTELLI: “MATTARELLA NON E’ UN SANTO, OMBRE SU SUO PADRE”

Febbraio 2nd, 2015 Riccardo Fucile

“PIERSANTI MATTARELLA NON E’ TRA I MORTI CHE HANNO COMBATTUTO LA MAFIA A VISO APERTO”… “IL PADRE BRUNO TRAGHETTO’ LA MAFIA DAL SEPARATISMO ALLA DC”: LO SCRIVEVA PIO LA TORRE NELLA RELAZIONE ANTIMAFIA A PAG. 575″

Onorevole Claudio Martelli, posso leggerle cosa disse di lei Sergio Mattarella?
“Faccia pure”.
Ecco: “…non mi interessa polemizzare con Martelli, è troppo miserabile il livello in cui si colloca…”.
“Che hanno era? ”.
Il 1992.
“Allora, la prego, contestualizziamo”.
Lo facciamo. 1992, la Prima Repubblica sta morendo ma non lo sa, in Sicilia si affaccia la primavera e la mafia uccide. Il 12 marzo viene ammazzato il proconsole andreottiano Salvo Lima, Claudio Martelli è ministro della Giustizia nel governo Andreotti.
La Democrazia Cristiana sotto accusa si aggrappa al nome di Piersanti Mattarella, il presidente della Regione ucciso dodici anni prima dai corleonesi, per rivendicare una sorta di verginità  antimafiosa.
“Mattarella come Pio La Torre”, dicono in coro.
Martelli interviene con parole laceranti: “Mattarella non è tra i morti che hanno combattuto la mafia a viso aperto e non può essere paragonato a chi è caduto mentre era in guerra con le cosche”.
Un comportamento “intollerabile, chi lo manifesta non è degno di ricoprire l’ufficio di ministro della Giustizia”, fu la replica della vedova Mattarella
Onorevole Martelli, abbiamo contestualizzato, ora a lei la parola.
La ricordo bene quella polemica, intervenni dopo pochi giorni dall’omicidio Lima, perchè nella Dc si stava facendo spazio questa sorta di accostamento poco giudizioso tra la morte di Salvo Lima e le altre vittime della mafia.
Ma lei parlò di Piersanti Mattarella…
Certo, ma non vi fu nessuna aggressione nè alla sua memoria, nè alla famiglia. Mi concentrai su una distinzione netta tra Piersanti Mattarella e La Torre. Il primo aveva combattuto la mafia contrastando il sistema di potere all’interno del suo partito, Lima, Gioia, Ciancimino, e per questo forse fu ucciso. La Torre, no, la sua fu una battaglia dura, netta, contro Cosa nostra e i suoi legami politici.
Lei tirò in ballo la figura di Mattarella padre, Bernardo, definendolo “il leader politico che traghettò la mafia siciliana dal separatismo, alla Dc”, e Sergio Mattarella bollò il suo livello come “miserabile”.
Non mi sono mai inventato accuse nei confronti di Bernardo Mattarella. Le cose che dissi all’epoca le presi dalla relazione di minoranza presentata dal Pci in Antimafia e firmata da Pio La Torre.
Era il 1976…
Ricordo bene… aspetti che ho qui la relazione, pagina 575, La Torre analizza il passaggio di campo della mafia dal 1948 al 1955, proprio gli anni in cui cresce il potere di Mattarella padre. “La Regione siciliana fu impiantata da uno schieramento politico che era l’espressione organica del blocco agrario e del sistema di potere mafioso”.
Nella pagina precedente La Torre spiega “verso quali forze politiche si orientarono le cosche mafiose” dopo il tramonto del separatismo. Una parte, fu la risposta, “si orientò verso la Dc… uomini come Aldisio, Milazzo, Alessi, Scelba, Mattarella… era la doppia anima della politica che la Dc seguirà  negli anni successivi: da un lato, un programma di riforme e di sviluppo democratico e dall’altro un compromesso con i ceti parassitari isolani”. All’epoca della polemica o Sergio Mattarella non aveva capito o faceva finta di non capire.
Mattarella padre artefice, insieme agli altri, del passaggio di pezzi del potere mafioso dentro il grande alveo della Dc. Una grande operazione politica, paragonabile a quella che nel 1987 fecero i socialisti, con lei tra i leader più influenti. Ricorda il boom elettorale in Sicilia?
Fummo messi in croce per quei voti proprio dagli esponenti del sistema di potere siciliano.
Aspetti, onorevole, in quell’anno il Psi aumenta del 6-7% a Palermo, a Ciaculli e Croceverde, borgate mafiose, il suo partito esplode, nel regno del boss Michele Greco, il Papa, dal 5% passate al 23 e la Dc perde il 20%.
Ma è assurdo, in quell’anno il Psi ebbe ottimi risultati a Napoli, a Bari, in tutto il Sud. A Bologna aumentammo del 6%… ”.
Fu anche l’effetto del referendum sulla responsabilità  civile dei giudici. Certi ambienti apprezzarono.
Forse qualcuno, anche nel mio partito, cavalcò l’equivoco. Io no. La prima persona che volli incontrare a Palermo fu Giovanni Falcone, ricordo che Marco Pannella mi invitò a fare degli incontri all’Ucciardone, io rifiutai perchè non volevo equivoci sulla mia strada.
Come giudica Sergio Mattarella oggi?
È un uomo che merita rispetto. Quella foto del 6 gennaio 1980 è l’immagine di un dolore indicibile, instancabile, che non passa mai. È una sorta di battesimo, una vocazione originaria. Ma la santificazione no, non mi piace. Aspettiamo. Sergio Mattarella è stato un uomo di partito, di corrente, di polemiche aspre. È stato l’uomo che all’indomani del ribaltone che defenestra Romano Prodi diventa il vicepresidente del Consiglio con D’Alema. E anche quelle dimissioni dal governo sulla legge Mammì, aspetterei a leggerle come una scelta ideale, diciamo che furono ordini di corrente ai quali Mattarella e altri ministri ubbidirono.
Lei è stato al governo con Mattarella un anno, che rapporti avevate?
Mai una polemica, ma neppure amicizia. Eppure ero il ministro della Giustizia, lui era siciliano, forse qualche scambio avremmo potuto averlo. Pazienza.
E oggi, che succederà  con Mattarella presidente della Repubblica?
Leggo tante cose, c’è chi lo vuole capace di resistere a Renzi, chi invece lo vede legatissimo al premier. Renzi è stato abile, si è coperto a sinistra con Vendola e ha costruito una maggioranza preventiva sul nome di Mattarella stringendo Alfano in un angolo. C’è una forte tendenza al partito unico, un grande partito di centro che assorbe la sinistra, ne contiene un’ala. Così si chiude la strada ad ogni alternativa e si costringe la destra ad estremizzarsi.

Enrico Fierro
(da “il Fatto Quotidiano”)

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SILVIO-STAI-SERENO, REGALI IN ARRIVO: “IL 3% PER TUTTI GLI ITALIANI”

Febbraio 2nd, 2015 Riccardo Fucile

LA BOSCHI CONSOLA BERLUSCONI: FAVORI FISCALI POST-QUIRINALE

La norma inserita nel decreto fiscale non è a favore di Berlusconi, ma riguarda tutti.
“Il 20 febbraio riaffronteremo il tema. Ma che non sia una norma per B. lo dimostra il fatto che in Francia hanno una norma uguale, con una soglia più alta, non del 3% ma del 10% di non punibilità  dell’evasione fiscale ai fini penali”.
Il giorno dopo la “grande vittoria” con la quale Renzi ha portato Mattarella al Colle, Maria Elena Boschi, a L’Arena chiarisce che la questione Salva Berlusconi è ancora sul tavolo. Peraltro, la Boschi sembra dimenticare che la legge francese mette una doppia soglia: o il 10% dell’imponibile o 153 euro.
Il Ministro torna dunque sulla norma che cancella i reati di evasione e frode fiscale se le tasse sottratte al fisco sono inferiori al 3% del reddito dichiarato.
Come primo effetto l’ex Cavaliere potrebbe chiedere la revoca della sentenza di condanna per frode fiscale nel processo Mediaset, quella che lo ha fatto decadere da senatore per la legge Severino, cancellando così anche la pena accessoria e l’interdizione che gli avrebbe impedito la ricandidatura fino al 2018.
“Non credo si possa fare o non fare una norma che riguarda 60 milioni di italiani perchè riguarda anche Berlusconi”, sottolinea la Boschi.
Prima dell’inizio della partita per il Colle, il premier aveva rimandato tutto a dopo.
Al 20 appunto. Adesso dovrà  decidere cosa fare.
Tra i punti “attenzionati” proprio la soglia del 3%: difficile però che il premier possa decidere di alzarla, visto che è stata fatta e modulata per i grandi gruppi industriali.
Da capire se cambieranno i reati: una delle ipotesi è cancellare la frode fiscale, tagliata appositamente sull’ex Cav.
Nessuna marcia indietro ufficiale per ora: il 20 è la prima data utile per capire quanto ancora Renzi abbia intenzione (ma soprattutto necessità ) di rinsaldare il Patto del Nazareno.
Si vedrà  se ha ragione Bersani, secondo il quale l’elezione di Mattarella è stata “un colpetto” al Patto.
Mentre Alfano prova ad avvertire: “Al governo, faremo sentire la nostra voce”.
In questa partita c’è un nuovo protagonista: il neo presidente della Repubblica.
Che ieri, non a caso, ha passato un’ora con Napolitano: si è fatto spiegare e raccontare quali ostacoli il Quirinale deve affrontare, come sono i rapporti con Palazzo Chigi, a che punto è il percorso delle riforme.
I decreti attuativi della delega fiscale arriveranno presto sulla sua scrivania: firmerà ?
Chi lo conosce bene lo racconta come un uomo molto preciso, anzi pignolo, molto attento agli equilibri politici, ma anche agli aspetti istituzionali e costituzionali. Vedremo.
In arrivo prossimamente i decreti attuativi del jobs act e il milleproroghe. E poi, c’è tutta la partita delle riforme.
L’Italicum deve tornare alla Camera: in Senato è passata la versione dei capilista bloccati nei collegi, nonostante l’opposizione della minoranza bersaniana.
Ringalluzziti dal ruolo giocato nella partita per il Colle, Bersani & co. annunciano battaglia a Montecitorio.
Anche qui, da vedere come si comporterà  il nuovo Presidente, che peraltro è il padre del Mattarellum, legge da molti rimpianta, che prevedeva i collegi uninominali e una quota proporzionale.
Renzi nella presentazione della candidatura ai Grandi elettori Pd l’ha quasi presentato come un antesignano della nuova legge elettorale.
In realtà , la filosofia era diversa.
Infine, le riforme costituzionali, adesso alla seconda lettura alla Camera. Come si comporterà  il costituzionalista Mattarella di fronte ad alcune evidenti forzature?

Wanda Marra
(da il Fatto Quotidiano“)

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TUTTI PAZZI PER SERGIO, DA MALGIOGLIO A RIOTTA

Febbraio 2nd, 2015 Riccardo Fucile

TWITTA CHE TI PASSA

Napolitano se n’è andato, ma la viva e vibrante soddisfazione per tutto ciò che arriva dal Quirinale continua a essere l’approccio preferito di molti italiani più o meno famosi.
Il Capo dello Stato ha sempre ragione, anche se quando a dire il vero non ha ancora fatto nulla.
E se è vero che Sergio Mattarella, di cui gli italiani non sentivano parlare da almeno 10 anni, merita una sorta di fiducia preventiva, è anche vero che forse coi peana — e coi servi encomi — qualcuno sta esagerando.
Curioso, poi, come questa esplosione di complimenti si esprima in un contesto, quello dei social network, oltremodo distante da Mattarella.
Dire “bravo” al nuovo Capo dello Stato su Twitter, sperando che magari lui ti legga, è appena incongruente: la cosa più tecnologica usata da Mattarella, verosimilmente, è stata un registratore a bobine Geloso valvolare.
Sarebbe più indicato scrivergli una lettera usando una piuma d’oca.
Eppure, anzitutto su Twitter, è tutto uno sgomitare per dire quanto questo e quello abbiano sempre avuto il poster di Mattarella in camera.
Cinque piccoli esempi.
Rigori morali e Renzi nuovo Pelè.
Uno dei più entusiasti era Andrea Vianello: “Il rigore morale di Mattarella sarà  la spina dorsale dei prossimi anni italiani. Buon lavoro, Presidente”; “Nel calcio quella di Renzi si chiamerebbe la partita perfetta”; “Quella foto con lui che sorregge il fratello crivellato di colpi, quel 6 gennaio di sangue e sgomento. Oggi è un gran giorno per la Sicilia”. Parole peraltro condivisibili (secondo e terzo tweet) o comunque auspicabili (primo tweet), anche se appena filogovernative e dunque a rischio di apparire quello che certo non sono, ovvero sin troppo zelanti.
Malgioglio al Quirinale.
Cristiano Malgioglio ha cavalcato la sua somiglianza con Mattarella. “Ma siamo uguali?”; “Ma che meraviglia vi siete scatenati, il mio TW si è inceppato. Io somiglio al nuovo Presidente? uguali ma separati dalla nascita”. Fino al definitivo: “Adesso chiamami Presidente”.
Malgioglio parlava con Ezio Greggio, ma si rivolgeva un po’ a tutti. E in effetti sarebbe divertente ascoltare il rigido Mattarella che, nel suo primo intervento, si esibisce nella cover del capolavoro Sbucciami.     I’m sorry
Gianni. Il rutilante
John J. Riotta, una garanzia quando c’è da sbagliare a porta vuota, non delude neanche stavolta. Così, nel bel mezzo di un innamoramento totale (tanto di Renzi quanto di Mattarella), scrive con aria saputella e punteggiatura random: “Però insomma Grandi Firme che da mesi ci ammoniscono sulle diavolerie del Patto Nazareno almeno I am sorry guys oggi potevano scriverlo no?”.
Ovviamente il fatto che Renzi abbia scelto un nome decente — e non Amato o Casini, che a Riotta piacevano da matti — proprio a causa delle pressioni di opinione pubblica, dissidenti Pd e M5S, proprio non lo considera. E non per cattiveria : perchè non ci arriva proprio.
Zuccone Quotidiano.
Puntualmente notevole Vittorio Zucconi, che usa molto Twitter, almeno nei ritagli di tempo tra una ricerca su Google dedicata ai Rolex e una alle dentiere. Anche lui era vieppiù sbrodolante: “Una buona giornata, nel maltempo civile e sociale che imperversa sull’Italia. Per chi non lo vuole ammettere, pazienza, c’è sempre il Maalox”.
Momenti di paura quando le sinapsi sono parse andare in default: “A furia di lambiccarsi il cervello attorno al misterioso Patto del Nazareno, qualcuno farà  la fine del Don Ferrante manzoniano”. P
er fortuna, poi, Zucconi è tornato a farci sognare: “Il Grillo Quotidiano furioso contro Mattarella. Non gli perdonano di avere tolto il Quirinale al loro candidato Magalli. E non ce vonno sta’”.
È da tweet come questi che si capiscono molte cose.
Per esempio che Zucconi è lo spin doctor di Gasparri su Twitter. E magari non solo su Twitter.
All’improvviso la saggezza.
Il quinto e ultimo esempio non è agiografico, bensì illuminante. È di Luca Barbarossa: “Mattarella ‘è una persona per bene’ ripetuto come un mantra dà  la misura di come siamo messi”.
Arduo dargli torto.

Andrea Scanzi
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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