Destra di Popolo.net

GIULIANO FERRARA: “COSA SI È FUMATO SILVIO?”

Febbraio 11th, 2015 Riccardo Fucile

SUL “FOGLIO” SI INTERROGA SULLA SVOLTA A 360° DI BERLUSCONI

“Che s’è fumato Berlusconi?”. Se lo domanda, con la consueta ironia, Giuliano Ferrara sul Foglio, dove si firma non più con il suo simbolo (l’elefantino rosso) ma col nome per intero.
L’ex direttore del quotidiano riflette sul repentino cambio di bandiera dell’ex premier, mettendone in evidenza la “spericolatezza a 360 gradi”.
Una spericolatezza che, in passato, lo ha sempre portato a vincere qualcosa: le elezioni, un governo di coalizione bipartisan, la rielezione di Napolitano e così via.
“Si può passare in un amen dalla pratica e difesa di un patto per le riforme come il Nazareno all’opposizione senza se e senza ma, a 360 gradi addirittura, e agli ottomila emendamenti al nuovo Senato, più denuncia di una deriva autoritaria e abbraccio corsaro con il Matteo della felpa e del ‘no euro’? Oppure, sempre in tema di tossicità  e politica: c’è ricascato?”
Ferrara ricorda la giravolta con cui, nel giro di 15 mesi, Berlusconi passò dal sostenere la Bicamerale per le Riforme a fulminare il patto e accusare Massimo D’Alema di tradimento.
Così “cominciò la rincorsa per la rivincita elettorale del 2001 contro l’Ulivo, coalizione delle sinistre, riacchiappando la Lega di Bossi e rifacendo un centrodestra maggioritario.
Fu la volta che vinse e poi presiedette il governo per cinque anni, l’intera legislatura, una prima assoluta nella storia italiana. Che s’era fumato?”
“Ora nel 2015 siamo una condanna dopo, una scissione di opportunisti ministeriali dopo, siamo sulla soglia degli Ottanta, come sempre con un partito berlusconiano frantumato negli interessi di gruppo e particolari eccetera”, prosegue Ferrara.
“Berlusconi, dopo l’elezione del cattolico Mattarella, pur ‘ottima persona’ dice lui, accusa Renzi di tradimento e prepara le elezioni, senza la garanzia stavolta nè della data nè di partecipare personalmente, con la sua forza di trascinamento; e con una situazione della coalizione potenziale molto imbrogliata, uno sta al governo e l’altro fuori dall’euro (e il partito un po’ fuori di testa).
Ma, regionali a parte, si potrebbe votare con il proporzionale, e alla fine morto un patto se ne farebbe un altro.
“Che s’è fumato Berlusconi? Siamo sicuri che ci sia ricascato?”

(da “Huffingtonpost”)

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SILVIO CHIAMA, MELONI ACCORRE: “SONO DISPONIBILE AD ACCORDI” (NON AVEVAMO DUBBI)

Febbraio 11th, 2015 Riccardo Fucile

BERLUSCONI ASSEDIATO DAI BIG: “ORA DIPENDIAMO DA SALVINI”… VERDINI: “SIAMO FINITI ALLO SBANDO”… FITTO: “SIAMO ALLE COMICHE”

«Io su questa rottura ormai ci ho messo la faccia, non posso certo tornare indietro», racconta Silvio Berlusconi quasi a voler convincere se stesso ancor prima che i suoi commensali.
Al pranzo di Palazzo Grazioli, con i capigruppo Brunetta e Romani, arriva anche Gianni Letta, che fa ritorno alla casa del leader dopo il gelo seguito alla trattativa sul Colle, imputata a lui e a Verdini, il «duo tragico» nella definizione della Rossi. «Quella frattura non è imputabile certo a me, ma al signor Renzi» continua nel suo ragionamento l’ex Cavaliere.
«Il Nazareno così com’è a me non interessa più». Insomma, è la conferma della linea dura che poi il capogruppo Brunetta riporta a Montecitorio dopo aver depositato 800 tra emendamenti e sub emendamenti.
E che il capo intende ribadire oggi nell’assemblea dei gruppi parlamentari convocata per le 14.
Tutto – comprese le dimissioni del relatore Francesco Paolo Sisto – sembra portare verso un voto finale negativo, nel fine settimana, sulla riforma costituzionale. Anche se una decisione non è ancora presa e anche tra i fedelissimi alcuni parlano di una possibile uscita dall’aula o astensione.
Ma non era questa preoccupazione a occupare ieri i pensieri dei deputati forzisti, tra una votazione e l’altra a Montecitorio.
Nel partito già  balcanizzato al suo interno, adesso è panico da assalto leghista. Maurizio Gasparri lo ha anche scritto in una lettera riservata consegnata a Berlusconi: «Non possiamo fare il pendolo tra un Matteo e l’altro. Salvini è bravo in tv e a raccogliere voti, ma non vince le elezioni» è la sua tesi. Non è l’unico.
Di una vera e propria Opa del Carroccio parlano sotto voce al capo, e non da ora, i big lombardi, da Paolo Romani a Maria Stella Gelmini.
In queste ore si è fatto sentire anche il governatore campano Stefano Caldoro, l’unico in casacca forzista in tutta Italia.
A maggio si vota per il rinnovo, «ma se davvero l’Ncd ci abbandona in Campania, per colpa della rottura con la Lega in Veneto e Liguria, noi senza il loro 8-9 per cento siamo spacciati» è il messaggio recapitato a Palazzo Grazioli.
Ma sono in tanti ad aver fatto presente all’ex premier quanto sia alto il rischio che il Carroccio fagociti Forza Italia da qui a tre mesi.
Non solo perchè Matteo Salvini, ridimensionando già  la portata dell’accordo di domenica sera ad Arcore, ieri ha escluso che la Lega possa sostenere in Toscana e Liguria candidati diversi dai suoi: «Noi non abbiamo firmato accordi con nessuno». Ma anche perchè, alla prova dell’aula, quando si è trattato di fare fronte comune ieri sulla riforma, il risultato è stato disastroso.
Su 64 sub emendamenti del capogruppo Brunetta all’articolo 31, per esempio, in nessun caso gli uomini di Salvini hanno votato a favore.
In più di un’occasione invece i deputati forzisti hanno ricevuto l’ordine di votare con la maggioranza, in altre con la Lega e perfino in sostegno delle proposte di modifica dei Cinque stelle.
E ancora, tabulati alla mano, su 70 deputati del gruppo, in 34- 35 hanno partecipato in media alle votazioni, 5 sono risultati in missione, e 30-31 non hanno quasi mai partecipato.
Insomma, defezioni e caos che regna sovrano tra quelle file.
Con Brunetta che ha perso le staffe in più di un’occasione. Soprattutto quando, a fine giornata, il vicepresidente della Camera, il renziano Roberto Giachetti, con un Tweet lo ha messo alla berlina. «Fi vota in tre modi: verde (favorevoli), bianco (astenuti) e rosso (contrari). Compatti a difesa del tricolore! #pocheideemaconfuse».
I parlamentari dell’area Fitto sono sempre più distanti. «Se questa è la cosiddetta opposizione dura, Renzi può purtroppo dormire sonni tranquilli» spiega fuori dall’aula Daniele Capezzone.
Denis Verdini non è stato invitato a Palazzo Grazioli, a differenza di Letta.
Ma dopo un breve viaggio a Londra ieri si è presentato puntuale nella sede del partito, come nulla fosse, e lì è rimasto chiuso tutto il giorno.
Lo spettacolo di Montecitorio se l’è goduto a distanza. Bocca cucita, sfogo solo coi suoi: «Sto a guardare, certo che così siamo proprio allo sbando».
Raffaele Fitto invece è a Strasburgo, coi suoi 38 è rimasto in contatto telefonico fino a sera, e la linea che sembra prevalere porterebbe oggi a disertare l’assemblea con Berlusconi.
«Inutile, cosa dovremmo andare a sentire? Noi contro queste riforme lo siamo sempre stati – è il ragionamento riportato del capocorrente –. Siamo alle comiche, noi pensiamo alla nostra manifestazione del 21 febbraio ».
In serata a Palazzo Grazioli è stata invitata Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia. Con lei, oltre che con Salvini, il leader forzista punta a ricostruire il centrodestra.
A cominciare dalle regionali.
L’ex ministra, che sponsorizza la candidatura di Giovanni Donzelli in Toscana, si dice disponibile, «a patto che con Renzi non facciate altri scherzi e sabato Fi voti contro la riforma».

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)

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RIFORME, FORZISTI GIÀ DIVISI

Febbraio 11th, 2015 Riccardo Fucile

ALLA CAMERA SI DIMETTE IL RELATORE SISTO, GLI ALTRI VOTANO A CASO

Si erano presi una settimana di tempo per riprendersi dalle fatiche dell’elezione di Sergio Mattarella e per sedare i rancori di chi aveva subìto la scelta del Capo dello Stato senza essere invitato al tavolo delle decisioni.
Ma evidentemente la pausa di riflessione non è bastata.
Il primo giorno di rientro al lavoro sulle riforme costituzionali finisce con un espulso, il lancio di fascicoli da 400 pagine e le dimissioni del relatore del ddl Boschi, Francesco Paolo Sisto, Forza Italia.
Non stanno per nulla sereni, a Montecitorio.
E il presidente della Repubblica, tornato ieri per la prima volta alla Camera per la cerimonia sulle Foibe, non pronuncia nemmeno una sillaba di fronte al castello che aveva costruito Giorgio Napolitano e che d’improvviso viene giù.
Già  dalla mattina, si era intuita aria di tempesta.
Con un colpo di teatro, il berlusconiano più vicino a Raffaele Fitto, alle 11 e mezza comunica all’Aula che la sua faccia, su quella riscrittura della Carta, non ce la mette più.
“Il mio partito ha rotto il Patto? — sintetizza Sisto — Io non posso rimanere a fare il centravanti del Nazareno”.
Sente il “dolore profondo del giurista” (“non c’è nulla di più esaltante — dirà  — che scrivere di prima mano la Costituzione”).
Ma almeno adesso, dice Sisto, “Forza Italia è libera di non essere scontenta, di scegliere solo quello che le piace”.
Segue una serie di dichiarazioni di apprezzamento della “responsabilità ” di Sisto.
E tutta l’opposizione — dalla Lega ai Cinque Stelle a Sel — domanda se non sia il caso di prendere atto che qualcosa è cambiato: “In una democrazia normale — dice Arturo Scotto, capogruppo del partito di Nichi Vendola — si fermano le bocce e si ridiscute tutto”.
Ma dal Pd la replica è la solita: turbo ai motori, “avanti tutta”.
È da poco passato mezzogiorno quando il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti scandisce il cronoprogramma.
Altro che bocce ferme: M5S e Sel, avverte, “hanno esaurito i tempi previsti dal contingentamento”. Per loro, la discussione è finita. Daniele Capezzone, anche lui fittiano di Forza Italia, interviene in loro difesa.
Dice al ministro Maria Elena Boschi, per tutto il giorno in Aula a presidiare le truppe:“Stiamo discutendo della riforma costituzionale, occorre una grande dignità  del dibattito. Mi permetta: questa è un’Assemblea costituente e che voi siete nella posizione che fu di giganti come Giuseppe Saragat e Umberto Terracini. Decidete su questo come avrebbero deciso Giuseppe Saragat e Umberto Terracini. Ve la figurate quell’Assemblea costituente, con Croce, Einaudi, De Gasperi e altri ancora, che parla per trenta secondi sulla metà  degli emendamenti che sono rimasti?”.
Gli illustri precedenti, evidentemente, non intimidiscono. Si vota.
E al primo emendamento è già  caos.
Elena Centemero, incaricata per Forza Italia delle dichiarazioni di voto, viene subito impallinata dai compagni di banco.
“Lei diceva una cosa — conferma Fabrizio Cicchitto, seduto a pochi metri di distanza — e almeno in dieci votavano il contrario”.
Maurizio Bianconi — già  ideatore della sigla ‘Forza Renzi’ per ribattezzare il suo partito — non si nasconde: “Qui io non so chi governa la questione. Prendiamo atto che Forza Italia è in maggioranza, che vota le riforme, che fa finta di essere all’opposizione e che ha risuscitato il Nazareno dopo dodici ore”.
La giornata prosegue così: con i voti dei berlusconiani quasi sempre dalla stessa parte dei renziani e con le pattuglie di Fitto in completa anarchia.
E pure con la certezza — chiarissimo il labiale di Debora Bergamini, una delle poche a stretto contatto con il capo — che Berlusconi non sia ancora deciso sul cambio di rotta. “Sisto — dice la Bergamini — non si doveva dimettere”.
Ma a sera, i guai di Forza Italia, paiono schermaglie rispetto ai tumulti di Sel.
Quando arriva la conferma che i tempi di discussione non verranno allungati , il capogruppo Scotto chiude l’ultimo intervento a sua disposizione con un vaffa.
Poi lancia il fascicolo da 400 pagine con gli emendamenti al disegno di legge.
Marina Sereni, in quel momento presidente dell’aula, alza la voce. Dai banchi alla sua estrema sinistra partono uno, due, tre, quattro fascicoli. Sfiorano i banchi del governo. Adriano Zaccagnini, quello con la mira più precisa, viene espulso.
Maria Elena Boschi è ancora lì seduta. La Sereni urla: “Avete voluto dimostrare qual è il grado di tenuta di quest’Aula, perfetto! Onorevoli colleghi! Questo spettacolo non è uno spettacolo degno di un Parlamento che vuole discutere. Va bene. Sospendo la seduta”.

Paola Zanca
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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RUBATE UN PÃ’

Febbraio 11th, 2015 Riccardo Fucile

L’IMPORTANTE E’ CHE NON SUPERIATE IL 3%

Ieri, all’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti, Matteo Renzi non c’era, come sempre quando c’è poco da ridere.
Si spera però che la ministra Madia, casomai ci avesse capito qualcosa, gli abbia fatto un sunto della relazione del presidente Raffaele Squitieri: “Crisi economica e corruzione procedono di pari passo, in un circolo vizioso nel quale l’una è causa ed effetto dell’altra” e oggi “il pericolo più serio per la collettività  è una rassegnata assuefazione al malaffare, visto come un male senza rimedi”.
Il presidente Mattarella assentiva. Speriamo che se ne ricordi quando gli arriveranno sul tavolo per la firma il decreto delegato sui reati fiscali e, se mai il ministro Orlando riuscirà  a scriverlo, il ddl sui reati contabili: due provvedimenti che sono frutto dell’“assuefazione al malaffare” che non riguarda solo “la collettività ”, ma anche e soprattutto il governo.
Cosa sono infatti le “soglie di non punibilità ” (sei o sette nel decreto fiscale, a partire dal famigerato 3% sull’imponibile dichiarato, e almeno tre nel “nuovo” falso in bilancio) se non la presa d’atto che i delinquenti sono troppi per punirli tutti, dunque bisogna mettersi d’accordo e salvare quelli che delinquono solo un po’?
Viene in mente la vecchia battuta di Enzo Biagi sulla ragazza “un po’ incinta”.
Ora il Consiglio dei ministri emenderà  il decreto di Natale e forse leverà  dalla franchigia del 3% la frode fiscale, lasciandovi però l’evasione: a quel punto chi si spaccava la testa a escogitare gli artifizi e raggiri tipici della frode per non farsi beccare potrà  tirare un sospiro di sollievo: gli basterà  non dichiarare fino al 3% dell’imponibile dichiarato, o meglio ancora dichiarare un imponibile di fantasia per far sì che ciò che intende evadere stia sotto il 3% e la farà  franca.
Quanto al falso in bilancio, ieri Liana Milella spiegava su Repubblica che le soglie di impunità  non si toccano, sennò salta lo storico accordo siglato giovedì fra il ministro Orlando e il suo sottosegretario dell’Ncd Enrico Costa (una specie di Ribbentrop-Molotov post litteram).
Resta da decidere se la soglia resterà  al 5 o al 3 o al 2% del risultato d’esercizio al lordo delle imposte, e che accadrà  a chi sta sotto.
Varie opzioni: a) niente; b) una sanzione interdittiva; c) una pena attenuata.
Essendo uomini di principio, però, i nostri eroi sulla soglia non transigono: taroccare i bilanci un po’ alla volta è cosa buona e giusta, altrimenti si crea un pericoloso precedente e poi dove andremo a finire.
A questo punto, non si vede perchè limitare le soglie ai reati finanziari.
Fissato il principio, davanti al legislatore si spalancano praterie sconfinate. Per la rapina in banca, ad esempio, perchè non prevedere una soglia di non punibilità  pari al 3% dei soldi contenuti nelle casse e nei caveau?
“Mani in alto, questa è una rapina depenalizzata! Quanto avete? Cento milioni? Benissimo, datemene 3 e un bacio sopra!”.
Niente sirene, allarmi, inseguimenti, sparatorie. Tutto pulito.
Ma anche per lo scippo ai pensionati: “Scusi, vecchina, quanto ha ritirato di pensione? 500 euro? Perfetto, me ne dia 15 senza tante storie”.
Il segreto, anzichè rapinare un solo pensionato di tutta la pensione, è rapinarne qualche centinaio per identico importo, avendo cura di non oltrepassare la soglie pro capite.
Per i furti in casa sarà  più complicato: bisognerà  calcolare il 3% del valore dell’argenteria, dei quadri, dei gioielli e della cassaforte e lasciare lì il resto.
Più facile per gli assalti ai supermercati: nello scaffale degli alimentari, su 100 salami, prelevarne fino a tre; idem in quelli di elettrodomestici, computer, stereo ecc.
Per i ladri d’auto, sono consigliabili i parcheggi con almeno 30 vetture posteggiate.
Per il plagio, il segreto è copiare un po’ alla volta, non tutto subito.
Per i reati sessuali, meglio non pensarci.
Per gli attentati terroristici, scegliere città  molto popolose eliminando massimo tre cittadini su 100.
Nei sequestri di persona, si raccomanda di rapire un solo bambino di famiglia numerosa.

Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)

argomento: Giustizia | Commenta »

L’AVIDO NON FA IL MONACO

Febbraio 11th, 2015 Riccardo Fucile

A PROPOSITO DELLA LISTA DEGLI EVASORI IN SVIZZERA

Nella ormai celebre lista di evasori innamorati della Svizzera non si trova traccia di pesci piccoli, smaniosi di sottrarre qualche sommetta alla rapacità  dell’erario.
I dirottatori di denaro pubblico appartengono tutti alla categoria dei multimiliardari, ai quali i soldi delle tasse non servono affatto.
Alcuni casi sono persino schifosi, come quello dell’ex premier socialista (!) Papandreu che di giorno piangeva miseria per il popolo greco e la sera imboscava vagonate di euro in un conto segreto intestato alla madre.
Ma in genere questa sfilata di teste coronate e di teste montate si caratterizza per una disponibilità  economica superiore a qualsiasi esigenza e, forse, decenza.
Se sei un campione di Formula Uno, una rockstar o il padrone del Banco Santander e possiedi mille fantastiliardi, cosa ti cambia lasciarne la metà  al fisco?
Te ne restano comunque cinquecento, con i quali potrai provvedere ampiamente ai bisogni tuoi e dei tuoi cari per le prossime trentotto generazioni.
Il resto lo rimetti in circolo a vantaggio della comunità , per migliorare quei servizi di cui peraltro anche tu fruisci.
Non è questione di moralismo, ma di un minimo sindacale di senso civico, oltre che di riconoscenza nei confronti della vita e delle persone meno fortunate di te che, avendoti eletto a loro punto di riferimento, hanno contribuito a renderti ultraricco.
L’avidità  è una bestia feroce, specie quando si abbina con la megalomania.
Ma nella mia sconsolante ingenuità  pensavo che avesse un limite — il centesimo lingotto d’oro, il terzo aereo privato — oltre il quale anche l’accumulatore più accanito intravedesse l’esistenza del prossimo.

Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)

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OLTRE 200 ESSERI UMANI AFFOGATI PER RISPARMIARE 100 LURIDI MILIONI: GLI ASSASSINI SONO AL GOVERNO

Febbraio 11th, 2015 Riccardo Fucile

ALTRI DUE BARCONI CON 200 PROFUGHI A BORDO SONO AFFONDATI PER IL RITARDO NEI SOCCORSI A CAUSA DI CHI HA VOLUTO ABOLIRE MARE NOSTRUM

Altri morti nel Canale di Sicilia.
E questa volta i migranti che non ce l’hanno fatta sono almeno 203: si tratta della tragedia più grave — almeno tra quelle di cui si ha notizia — dopo il drammatico naufragio del 3 ottobre 2013 in cui morirono 366 persone più altre 20 che ufficialmente risultano ancora disperse.
La conferma arriva da Carlotta Sami, portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), che ha raccolto le testimonianze dei nove naufraghi soccorsi da un rimorchiatore a oltre cento miglia da Lampedusa e arrivati poche ore fa sull’isola. “Complessivamente erano tre i gommoni con i migranti a bordo”, ha spiegato Sami all’Adnkronos, “su uno c’erano anche i 29 profughi poi morti assiderati e i 76 superstiti. Su altri due gommoni c’erano più di 210 persone. Di queste ne sono state tratte in salvo solo nove”.
Secondo il racconto dei superstiti ai mediatori culturali, su un gommone c’erano 105 immigrati e sull’altro 107.
“Uno dei due è affondato e l’altro si è sgonfiato davanti provocando il panico a bordo”, hanno spiegato.
I nove superstiti sono stati tratti in salvo dal rimorchiatore che poi li ha trasportati a Lampedusa. Non solo: in mattinata Sami ha riferito che secondo alcuni superstiti c’era una quarta imbarcazione, con a bordo un centinaio di persone, che è stata travolta dalle onde. “Questo però — ha detto a LaPresse — lo stiamo verificando”.
Superstiti: “100 persone a bordo di un quarto gommone”
Un altro gommone con un centinaio di migranti a bordo sarebbe disperso. Lo hanno riferito due dei nove superstiti della tragedia che erano sull’ultimo natante partito dalla Libia.
I barconi salpati dalle coste nordafricane, dunque, sarebbero stati in tutto quattro. Uno, con 105 migranti 27 dei quali sono poi morti per assideramento, è stato soccorso da due mercantili; altri due gommoni con 105 e 107 profughi sono stati invece capovolti dal mare in tempesta e nove superstiti sono stati raccolti da un rimorchiatore.
Del quarto gommone, con un altro centinaio di migranti, si attendono conferme.
In base agli ultimi dati del ministero dell’Interno italiano, nonostante le temperature ancora invernali nel mese di gennaio i migranti che hanno attraversato il Mediterraneo sono stati 3.528 contro i 2.171 del gennaio 2014 (170mila nell’intero anno), mentre nel nello stesso mese del 2013 erano stati solo 217.
Il principale paese di partenza dei migranti è stato, anche il mese scorso, la Libia, che sta vivendo una crisi interna sempre più complicata. Ma la maggior parte dei migranti sbarcati a gennaio risulta originaria di Siria (764), Gambia (451), Mali (436), Somalia (405) e Eritrea (171).
Unhcr e le ong contro Triton: “Inadeguata nella ricerca e soccorso”
Martedì il sindaco dell’isola, Giusi Nicolini, dopo la morte per assideramento di ventinove migranti a 110 miglia dall’isola, aveva ricordato la strage dell’autunno 2013 dicendo che “i 366 morti di Lampedusa non sono serviti a niente, le parole del Papa non sono servite a niente” e “siamo tornati a prima di Mare Nostrum“, la missione di salvataggio della Marina militare avviata dal governo Letta il 18 ottobre 2013 e terminata il 1 novembre, quando è stato sostituito dall’intervento europeo di controllo delle frontiere Triton.
D’accordo l’Unhcr, secondo cui Triton “non fornisce in modo adeguato la capacità  di ricerca e soccorso. Se le operazioni non verranno condotte in modo idoneo, ci si dovranno aspettare altre tragedie di questo genere”.
L’Alto Commissariato chiede che l’Ue “fornisca all’Italia un sostegno adeguato di modo che possa far fronte agli arrivi di persone che attraversano irregolarmente il Mediterraneo”.
Anche le organizzazioni non governative Ai.bi., Amnesty International Italia, Caritas, Centro Astalli, Emergency, Fondazione Migrantes, Intersos, Save the Children e Terre des Hommes puntano il dito contro Triton, che si è rivelata “inadeguata come unica misura per la gestione dei flussi migratori” e “limitata nel portare soccorso ai migranti in mare”.
“Occorre aprire immediatamente — affermano le Ong — canali sicuri e legali d’accesso in Europa, per evitare ulteriori perdite di vite in mare e gestire un fenomeno ormai stabile e probabilmente in aumento“.
Contemporaneamente, le organizzazioni chiedono all’Italia e all’Unione europea di rafforzare ulteriormente le operazioni di ricerca e soccorso in mare e di avviare politiche che garantiscano la protezione e la tutela dei diritti umani di rifugiati, migranti e richiedenti asilo che attraversano il Mediterraneo.
Oggi il trasferimento dall’isola e delle salme dei morti assiderati
Oggi intanto le ventinove salme verranno trasferite dall’isola a Porto Empedocle (Agrigento). Il Prefetto di Agrigento Nicola Diomede sta coordinando le operazioni per dare una sepoltura alle vittime.
Già  una ventina di comuni della provincia ha risposto all’appello. Due migranti verranno sepolti ad Alessandria Della Rocca, due ad Aragona, due a Burgio, due a Cammarata, tre a Canicattì, quattro a Cianciana, uno a Favara, due a Grotte, due a Montallegro, due a Palma di Montechiaro, uno a Porto Empedocle, uno a Ribera, due a Santo Stefano di Quisquina e tre a Sciacca.
Ieri sono stati ascoltati fino a tardi i 75 superstiti.
Gli uomini della Squadra mobile di Agrigento e della Polizia scientifica di Palermo hanno interrogato quelli che si trovavano a bordo dell’imbarcazione soccorsa.
Dai primi racconti emerge che il gommone su cui erano stipati gli oltre cento profughi è rimasto in mare per tre giorni e che quasi subito ha cominciato a imbarcare acqua. Ai superstiti è stato chiesto di fare un elenco delle persone e dei compagni di viaggio per avere una lista completa dei nomi e cognomi.
Uno solo dei cadaveri, un ivoriano di 31 anni, è stato identificato. L’età  media delle vittime è tra i 18 e i 25 anni.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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