Marzo 11th, 2015 Riccardo Fucile
DAL RUBY TER ALLA COMPRAVENDITA SENATORI, DALLE ESCORT A BARI A UNIPOL, NON FINISCONO GLI SCOGLI GIUDIZIARI DELL’EX PREMIER
Il leader di Forza Italia, oltre alla conclusione del caso Ruby, dovrà affrontare nei prossimi mesi una serie di ‘scogli’ giudiziari: si va dalla decisione del Tribunale di Sorveglianza di Milano se dichiarare o meno estinta la pena di un anno in seguito alla condanna definitiva nella vicenda Mediaset e per la quale ha appena concluso 10 mesi e mezzo in affidamento in prova ai servizi sociali, al procedimento per la compravendita di senatori.
E ancora, dal caso Escort a Bari all’indagine Ruby ‘ter’, in cui risponde di corruzione in atti giudiziari, dalla procedimento sul ‘nastro Unipol’ che si appresta ad essere discusso davanti agli ermellini, alla nuova causa civile per il Lodo Mondadori.
NASTRO UNIPOL
Il prossimo 31 marzo si terrà davanti alla Cassazione il processo per valutare il ricorso presentato dall’ex premier assieme al fratello Paolo per chiedere la piena assoluzione per la vicenda del nastro Unipol. Vicenda per la quale si è visto ‘graziare’ dalla prescrizione in appello anche se condannato a versare, in solido sempre con il fratello, 80 mila euro a Piero Fassino, parte offesa.
MEDIASET
Dopo aver terminato, domenica scorsa, i 10 mesi e mezzo di affidamento in prova ai servizi sociali in seguito alla condanna definitiva per la frode fiscale commessa con la compravendita dei diritti tv Mediaset, Berlusconi è in attesa della decisione del Tribunale di Sorveglianza di Milano che, in base alla relazioni dei servizi sociali, dell’Istituto Sacra Famiglia dove ha svolto attività di assistenza agli anziani e delle forze dell’ordine, dovrà valutare se il suo percorso di riabilitazione ha avuto esito positivo o meno e quindi dichiarare eventualmente estinta la pena principale ma non la pena accessoria.
INCHIESTA RUBY TER
Dal gennaio dell’anno scorso, in seguito alla trasmissione degli atti da parte della quinta sezione del Tribunale di Milano che nel luglio 2013 aveva condannato a 7 anni di carcere Emilio Fede e Lele Mora e a 5 anni Nicole Minetti per il caso ‘RubY 2’, Berlusconi è indagato, assieme ai suoi difensori Ghedini e Longo, all’avvocato Luca Giuliante e ad altre 21 ospiti alle feste di Arcore per corruzione in atti giudiziari. L’indagine, di cui è appena stata chiesta la proroga e che vede complessivamente 45 indagati, la metà dei quali per falsa testimonianza, è affidata al procuratore aggiunto Pietro Forno e ai pm Tiziana Siciliano e Luca Gaglio. L’ipotesi è, che l’ex capo del Governo abbia pagato, addirittura fino a qualche settimana fa, le giovani donne, Ruby compresa, in cambio del loro silenzio. La procura ha anche avviato una rogatoria in Messico a a ‘caccia’ del tesoro riconducibile alla marocchina e al suo ex compagno Luca Risso.
VICENDA ESCORT BARI
Riprenderà il prossimo 10 aprile davanti al gup di Bari Rossana Depalo l’udienza preliminare in cui Berlusconi è imputato con l’ex direttore dell’Avanti! Valter Lavitola. All’ex presidente del Consiglio è stato contestato il reato di induzione a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria: avrebbe pagato l’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini perchè mentisse sulle escort portate nelle sue residenze estive tra il 2008 e il 2009.
E Tarantini avrebbe mentito, dicendo che Berlusconi non sapeva che quelle donne fossero prostitute. Inoltre, nel processo in corso davanti al Tribunale a carico dell’imprenditore, di Sabina Began e di altre cinque persone accusate di sfruttamento, favoreggiamento e induzione della prostituzione di 26 ragazze, sono state depositate le trascrizioni di una serie di intercettazioni con al centro le serate organizzate da ‘Giampi’ per l’ex capo del Governo.
COMPRAVENDITA DI SENATORI
Il leader di Forza Italia è imputato, a fianco dell’ex direttore dell’Avanti Valter Lavitola, nel processo cominciato lo scorso 11 aprile davanti al Tribunale di Napoli con al centro la presunta compravendita di senatori, in particolare di Sergio De Gregorio. Il dibattimento prosegue nei prossimi giorni.
LODO MONDADORI
Il prossimo 18 marzo, a Milano, riprenderà la nuova causa civile con cui la Cir della famiglia De Benedetti ha chiesto alla Fininvest di Silvio Berlusconi il risarcimento di oltre 30 milioni di euro, ai quali vanno sommati altri 60 di interessi e spese legali, per la vicenda del Lodo Mondadori.
La richiesta è stata avanzata dopo che la Cassazione, nel condannare definitivamente la Fininvest a versare 494 milioni all’editore gruppo Repubblica-Espresso per i danni patrimoniali, ha demandato ad altro giudice la liquidazione di quelli non patrimoniali.
DIVORZIO DA VERONICA LARIO
Riguardo alla causa di divorzio da Veronica Lario, Berlusconi, nonostante i giudici di Monza il 18 febbraio dell’anno scorso abbiano sciolto il matrimonio, dovrà affrontare il capitolo economico che riguarda il mantenimento della ex moglie su cui sono in corso trattative. Veronica avrebbe chiesto come buonuscita un unico assegno definitivo di 540 milioni di euro.
Francesca Brunati
Ansa
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Marzo 11th, 2015 Riccardo Fucile
OBBEDIRE SEMPRE E COMUNQUE AL CAPO DI TURNO
Persone senza dignità , senza intelligenza politica, senza senso di responsabilità repubblicana: questa è la
minoranza del Pd (della maggioranza non merita neppure discorrere).
Senza dignità perchè dignità impone coerenza fra pensiero e azione, e dunque se avete dichiarato, come avete dichiarato, (vero Bersani?) che la riforma renziana della Costituzione, accompagnata dalla nuova legge elettorale rompe l’equilibrio democratico e poi votate l’una e l’altra siete persone indegne.
Non sono affatto sorpreso del loro comportamento.
Bersani e gli altri vengono dal Pci, che tutto era fuorchè una scuola di schiene dritte (nobili eccezioni a parte).
Li hanno abituati ad obbedire al segretario perchè il segretario è il segretario. Sono ancora così. Non avrei mai immaginato di dover giungere ad una conclusione siffatta, ma devo riconoscere che se in Italia avessero vinto i comunisti avremmo avuto un regime autoritario per la semplice ragione che i “bersani” sono servi della peggior specie, quelli che obbediscono al capo di turno perchè è il capo.
Senza intelligenza politica: perchè non capiscono che oggi già non contano nulla e domani, a riforma approvata, conteranno ancora meno.
Renzi non riconoscerà loro alcunchè. Vuole servi docili, non servi che si permettono qualche mugugno. Si sente onnipotente perchè sa che vincerebbe le elezioni e dunque ritiene che gli sia dovuta obbedienza assoluta.
Diventato padrone delle liste elettorali, li butterà fuori e nessuno dirà una parola in loro difesa perchè non lo meritano.
A onor del vero un riconoscimento lo meritano.
I Bersani, i D’Alema, i Veltroni, i Fassino e i loro corrispettivi locali una grande opera politica l’hanno realizzata, quella di distruggere la tradizione del socialismo in Italia.
Non c’era riuscito il fascismo, non c’era riuscita la Cia, non c’era riuscita la Dc, ce l’hanno fatta loro con le loro fredde intelligenze, capaci di minuziosi calcoli senza mai l’ombra di un principio, di un’idea nobile, di una visione politica.
Congratulazioni vivissime.
Senza responsabilità repubblicana: capisco che il concetto di responsabilità repubblicana risulti ostico per chi è passato dalle Frattocchie ai talk show.
Ma provo a spiegarlo. Responsabilità repubblicana vuol dire che voi avete soltato un dovere, quello di servire la nazione, cioè la forma repubblicana descritta dalla Costituzione.
Ogni altra considerazione è del tutto irrilevante. Se dunque con il vostro voto devastate, per vostra stessa ammissione, la forma repubblicana, venite meno al vostro primo dovere. Le vostre parole sulla lealtà di partito, o addirittura alla “ditta” fanno soltanto pena e ribrezzo.
Maurizio Viroli
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 11th, 2015 Riccardo Fucile
UN PARLAMENTO DI PAVIDI E RICATTATI APPROVA LA LEGGE TRUFFA
La scena penosa di centinaia di deputati che approvano per viltà la controriforma costituzionale Boschi-Verdini pur giudicandola sbagliata e pericolosa resterà a lungo negli annali delle vergogne parlamentari.
Per trovare l’ultimo precedente (di una lunga serie) bisogna risalire al 5 aprile 2011, quando la Camera approvò la mozione Paniz su Ruby nipote di Mubarak.
Ma allora la maggioranza era di centrodestra e il suo voto ebbe l’unica conseguenza di coprire vieppiù di ridicolo l’Italia.
Questa volta invece il Pd e il Ncd mette la seconda pietra tombale (su quattro) sulla Costituzione, fino a stravolgerne — dice Rodotà — la forma repubblicana.
E lo fa sotto il ricatto di un premier mai eletto, su un progetto costituzionale mai sottoposto agli elettori, ma nato nelle segrete stanze del Nazareno in base a un misterioso patto privato con un pregiudicato.
Il quale s’è poi sfilato in extremis, lasciandolo votare da due soli partiti, che alle ultime elezioni non superarono il 30% dei voti e oggi, nei sondaggi, rappresentano meno del 40%.
Ma sono padroni della Camera grazie a un premio di maggioranza dichiarato illegittimo dalla Consulta.
Eppure nemmeno quei numeri estrogenati sarebbero bastati a far passare la schiforma, se il premier non avesse minacciato i deputati esplicitamente di tornare a votare e implicitamente di escludere i dissenzienti dalle liste, per imporre una riforma di squisita competenza parlamentare: quella che cambia la Costituzione per ingigantire i poteri del governo a scapito di tutti gli organi di controllo.
Cioè Parlamento, Consulta, Quirinale, magistratura, informazione e cittadinanza attiva.
Renzi, bontà sua, annuncia il referendum: come una gentile concessione e non un obbligo costituzionale.
I pigolii e i balbettii della cosiddetta minoranza Pd, buona a nulla ma capace di tutto, aggiungono un tocco di surrealismo alla tragicommedia.
L’impavido Bersani: “Se non ci saranno modifiche nè alla legge elettorale, nè al ddl costituzionale, d’ora in poi non voterò più a favore, perchè nel caso del referendum vorrò stare dalla parte dei cittadini. Non c’è più il Nazareno: il paradosso è che dobbiamo rispettare un Patto che non c’è più”.
I temibili Bindi, Cuperlo e D’Attorre: “Questo è il nostro ultimo atto di responsabilità ”.
L’avevano detto tante altre volte.
Ma la loro ultima volta è sempre la penultima.
La loro responsabilità , trattandosi della Costituzione e non di un regolamento condominiale, è un ossimoro.
E i loro ultimatum (“se il governo rifiutasse di riaprire il confronto sulle ipotesi di miglioramento avanzate da più parti, ciascuno si assumerà le proprie responsabilità : ci riserviamo fin d’ora la nostra autonomia di giudizio e azione”) sono penultimatum. L’opposizione è rinviata a data da destinarsi.
Del resto, se davvero pensano — come scrivono — che “col ddl Boschi siamo davanti a uno slittamento del potere legislativo dal Parlamento all’esecutivo… in assenza di contrappesi necessari e con una spinta verso un presidenzialismo di fatto che non ha corrispettivi nel resto d’Europa”, perchè mai hanno votato sì?
Anzichè far pesare il loro voto senza vincolo di mandato, tradiscono la Costituzione e i loro elettori, poi brandiscono pistole a salve e fuciletti a tappo: le “modifiche alla riforma costituzionale” che fingono di invocare e che la Boschi finge di assecondare (“è giusto anche approfondire ulteriori elementi, avremo occasioni nelle riunioni del partito per confrontarci”) sono parole vuote: dalla terza lettura non ci sarà quasi più spazio per gli emendamenti, si voterà sì o no in blocco.
L’ultima chance di fermare la deriva autoritaria era quella di ieri, e se la sono fumata come tutte le altre.
Hanno fatto mille distinguo, hanno espresso terribili sofferenze, hanno fatto le faccette malmostose, hanno avvertito “tenetemi, sennò faccio un macello”, qualcuno ha votato su un piede solo, e alla fine sono scattati sull’attenti, come sempre, davanti al nuovo padrone d’Italia.
Sono come il ragionier Ugo Fantozzi che, pestato a sangue da una gang di teppisti che gli sventrano pure la Bianchina, fra un ceffone e una testata, esala: “Badi, signore, che se osa ancora alzare la voce con me…”. Poi perde i sensi.
Ps. Danilo Toninelli dei 5Stelle ha letto in aula il discorso di un deputato datato 20 ottobre 2005: “Oggi voi del governo della maggioranza vi state facendo la vostra Costituzione, avete escluso di discutere con l’opposizione, siete andati avanti solo per non far cadere il governo, ma le istituzioni sono di tutti, della maggioranza e dell’opposizione”.
Quel deputato era Sergio Mattarella.
Ci è rimasto soltanto lui, volendo.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 11th, 2015 Riccardo Fucile
PER QUALE MOTIVO “I PM MILANESI DOVREBBERO SCUSARSI CON BERLUSCONI”? … PRIMA MAGARI LUI CI SPIEGHI COME MAI UNA CHE AVEVA LE PEZZE AL CULO ADESSO HA UN PATRIMONIO DI MILIONI DI EURO
Michele Emiliano, candidato del centrosinistra alle prossime elezioni regionali in Puglia, a L’Aria che
tira, su La7 ha così commentato l’assoluzione di Berlusconi: “Dopo la decisione della Cassazione, la procura milanese, in maniera istituzionale, dovrebbe prendere atto della sconfitta e scusarsi, tra virgolette, con Berlusconi, perchè un pm non è obbligato a rinviare a giudizio una persona. Se lo fa, deve avere un apparato probatorio certo al 100% ”.
Tesi assai originale per un ex magistrato che dovrebbe sapere intanto che di fronte a una notizia di reato c’è l’obbligo di indagare da parte dell’autorità giudiziaria.
E a fronte della certezza che Ruby fosse minorenne nel periodo di frequentazione di Arcore e che erano state provate dazioni di denaro a suo favore la procura di Milano ha legittimamente indagato e rinviato a giudizio.
Non solo: Emiliano ricorderà che in una prima fase era stata negata da parte dell’ex premier qualsiasi forma di prostituzione nella sua residenza per finire con l’ammissione della stessa da parte invece dell’avv. Coppi.
Così come Ruby aveva dapprima negato rapporti sessuali a pagamento, per poi invece ammetterli..
Se la Cassazione ha mandato assolto Berlusconi è perchè ha ritenuto di aderire all’ipotesi della difesa “Berlusconi non sapeva che Ruby fosse minorenne”.
Tesi avallata da Ruby stessa fino allo stremo.
Ma Emiliano dovrebbe allora spiegarci per quale ragione la signorina in questione che aveva le pezze al culo (per usare un eufemismo) improvvisamente negli anni a seguire ha tenuto un tenore di vita elevatissimo e gode di un patrimonio milionario.
E se nel Ruby ter emergesse una corruzione dei testimoni e venisse provato che molte ragazze hanno mentito in cambio di denaro che direbbero Emiliano e la Cassazione a questo punto?
Perchè è evidente che non si potrà mai provare alcun reato se un imputato compra il silenzio della presunta parte lesa.
Ultima considerazione per Emiliano quando afferma che “nessun Pm è obbligato a rinviare a giudizio una persona. Se lo fa, deve avere un apparato probatorio certo al 100”.
Ma se uno avesse un impianto probatorio a prova di bomba al 100% non ci sarebbero mai assoluzioni, quelle stesse che lui stesso da magistrato avrà ogni tanto pronunciato.
Non ci sarebbe neanche la necessità di processi, ci sarebbero solo condanne certe e plotoni di esecuzione, in barba ai principi del diritto alla difesa.
Quante volte abbiamo assistito a sentenze di condanna con impianti probatori ben più labili?
Il più pertinente è stato l’avv Coppi che ha parlato di “mancanza di prova provata”.
Ma per provarla occorreva in questo caso o l’ammissione dell’imputato o della parte lesa.
E ciascuno dei due aveva buone ragioni per negare, tutto qua.
Con buona pace del futuro governatore Emiliano che non ha bisogno di cercare qualche voto moderato per vincere in Puglia.
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Marzo 11th, 2015 Riccardo Fucile
“NON MI SENTO UN’EROINA, SOLO UNA DONNA CHE HA RISPETTO DI SE'”
E’ diventata una star del web Rima Karaki, la giornalista libanese che cinque giorni fa ha interrotto il collegamento video con l’islamista Al-Seba’i dopo che l’uomo l’ha offesa in diretta tv invitandola, con toni abbastanza rudi, a tacere perchè era soltanto una donna.
Dopo la dichiarazione sessista la Karaki ha risposto duramente: “Se non c’è rispetto reciproco, la conversazione è chiusa”.
Il video dell’intervista della conduttrice libanese di Memri TV allo studioso islamista Hani Al Seba’i è diventato virale, più di 5 milioni di utenti internet l’hanno visto su YouTube.
La giornalista è diventata un’eroina. Sui social network in molti si sono schierati dalla sua parte, pubblicando numerosi tweet in suo supporto: “Sei una leggenda, un esempio assoluto per le donne che vengono continuamente umiliate dagli uomini”.
Intervistata dal quotidiano il Fatto Quotidiano in merito alla vicenda, ha risposto:
“Non voglio continuare ad alimentare la diatriba con il dottor Al-Seba’i perchè non mi interessa lui, ma quello che rappresenta, cioè l’intolleranza degli integralisti nei confronti delle donne. Ho deciso di tagliare il collegamento quando mi ha mancato di rispetto dicendomi di stare zitta e in seguito quando mi ha accusata di essere una donna arrogante, non scelta da lui per farsi intervistare. Questa persona mi ha mancato di rispetto. Non mi sono offesa perchè la pensiamo diversamente sulla religione o sul ruolo delle donne. Ho semplicemente voluto rivendicare che ho una dignità come persona e come professionista”.
Inoltre, l’ospite ha preteso che la giornalista indossasse il velo durante il servizio. Rima racconta che nonostante sia molto religiosa e provi profondo rispetto per il velo, non è sua abitudine indossarlo.
Nonostante ciò, per rispetto nei confronti del suo interlocutore, il giorno della trasmissione i suoi capelli erano coperti dal velo.
Malgrado l’attenzione della giornalista verso le richieste dello sceicco, non sono mancate parole di forte indignazione da parte di Al-Seba’i, il quale, dopo la trasmissione ha preteso le scuse dall’emittente libanese.
Ha detto al Guardian: “Sono stati parziali, hanno cercato di dipingermi come un fondamentalista e un amico del leader di al Qaeda, Ayman al-Zawahiri. Come se l’amicizia col dottor Zawahiri fosse un insulto. Ma io sono orgoglioso e ogni musulmano è fiero di esserlo”.
Rima Karaki ha concluso spiegando: “L’ho interrotto perchè avevamo poco tempo e lui stava facendo un excursus storico che non rispondeva alla mia domanda e ho chiuso il collegamento con lui perchè è stato maleducato nei miei confronti. Mi sarei odiata se gli avessi permesso di continuare”
“Alcune persone pensano gli uomini hanno diritto dalla nascita di esercitare controllo sulle donne” ha spiegato ancora Rima al Guardian, “ma ci sono un sacco di donne ora che stanno distruggendo questo stereotipo e un sacco di uomini che le sostengono. Non mi sento un’eroina, mi sento come un uomo o una donna che ha rispetto di sè”.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 11th, 2015 Riccardo Fucile
UNA POLITICA DOVE NON CONTANO GLI ATTI COMPIUTI, MA I “REATI RICONOSCIUTI”
“Ius et lex. La silenziosa sacralità del diritto è stata soppiantata dalla verbosa esteriorità della legge”.
Era il venticinque giugno del 2003 quando Gustavo Zagrebelsky, vicepresidente della Corte Costituzionale, pronunciava queste parole a Montecitorio.
E aggiungeva: “Il mondo del diritto è saturo di leggi. La legalità , quale corrispondenza alla legge, è rimasta sola unità di misura giuridica e ha scalzato la legittimità , quale rispondenza al diritto”.
Queste altissime parole mi sono ritornate in mente mentre le mie orecchie ascoltavano, incredule, la sentenza della Corte di Cassazione: non fu concussione per costrizione e non fu prostituzione minorile. Non fu reato…
Ma restano, comunque, i fatti delittuosi e vergognosi per uno statista.
Così come resta il ciarpame denunciato dall’allora moglie Veronica Lario, gli incontri sessuali con giovani ragazze (minorenni e non) .
E tuttavia mancano le prove della consapevolezza dell’età minorile e l’arma dell’intimidazione e della concussione (come se una telefonata dovesse presentarsi armata di pistola).
Lo squallore di tutta la vicenda è altresì evidenziato dalle parole di plauso e di soddisfazione degli avvocati dell’ex-Cavaliere e dalle lacrime di plastica dell’imputato. “La decisione dei giudici cancella qualsiasi discussione, comprese anche quelle che si erano sviluppate dopo le dimissioni del presidente della Corte di Appello (Enrico Tranfa, ndr). Si è trattato di una sentenza meditata, come testimonia la camera di consiglio durata 9 ore. È una grande vittoria, siamo molto soddisfatti”, ha dichiarato Franco Coppi, parlando anche a nome degli altri avvocati.
Da parte sua, Silvio Berlusconi confessa di “essersi tolto un macigno dalla coscienza”. Evidentemente, per una coscienza formattata sull’onda breve dell’immagine più che sulla lunghezza d’onda dell’essere non contano gli “atti” compiuti ma i “reati” riconosciuti.
Don Aldo Antonelli
Parroco ad Antrosano
(da “Huffingtonpost“)
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Marzo 11th, 2015 Riccardo Fucile
MA LE POLEMICHE CONTINUERANNO
Non era reato di concussione la telefonata in questura per ottenere il rilascio di una sua amica minorenne.
Non era reato frequentare e invitare a casa una giovane prostituta se non è provato che si conosce esattamente la sua età , se, come ha detto ieri il professor Franco Coppi, per raggiungere la prova provata «manca l’ultimo gradino».
Questo, una manciata prima della mezzanotte, stabilisce la sesta sezione penale della corte di cassazione. Berlusconi assolto. Viene confermata anche a Roma la sentenza d’appello, depositata dalla corte d’appello di Milano il 16 ottobre scorso, scritta dal relatore Concetta Locurto, e che causò, in polemica, le dimissioni del presidente Enrico Tranfa.
L’Italia, la magistratura, l’avvocatura, il giornalismo continueranno ad essere divisi tra innocentisti e colpevolisti? Probabilmente sì, anche perchè i fatti successi a Milano continuano a suscitare polemiche.
Basta, per fare un esempio, ricordare le parole usate ieri dal procuratore generale Edoardo Scardascione, che proclamava la colpevolezza di Berlusconi: «L’episodio nel quale Silvio Berlusconi racconta che Ruby è la nipote di Moubarak è degno di un film di Mel Brooks e tutto il mondo ci ha riso dietro».
O considerare che Karima-Ruby, dopo la telefonata di Berlusconi, torna in strada anche se gli accertamenti sulla sua identità sono ancora in corso e torna dove secondo il sostituto procuratore dei minori non sarebbe dovuta tornare, e cioè a casa della prostituta che l’ospitava.
Ma se le polemiche continuano, sui fatti e sull’interpretazione dei fatti come si accertano in democrazia cala da ieri il sipario della giustizia: condanna in primo grado a sette anni, assoluzione in appello, conferma in cassazione.
Il caso Ruby-Silvio è chiuso.
Restano però — e non possono essere dimenticate, anche perchè esiste un’inchiesta, chiamata Ruby-ter, ancora in corso — le bugie di Silvio Berlusconi.
Comizi politici a parte, nell’aula di giustizia aveva letto una memoria sostenendo che «alcune ospiti organizzavano spettacoli con musica e costumi che non avevano nulla di volgare o scandaloso », nè si erano «mai svolte scene di natura sessuale».
Ieri questa versione è stata ufficialmente smentita sino in Cassazione.
Lo hanno fatto anche gli avvocati, difendendo la sentenza d’appello d’assoluzione nella sua interezza, aggiungendo quindi che la difesa «ammette fatti di prostituzione ad Arcore».
Ammette anche che Ruby, e cioè Karima El Mahroug, nonostante le smentite di Berlusconi, «si prostituiva prima e dopo e forse anche ad Arcore», ma non è questo il punto: il punto è che manca per la difesa «l’ultimo gradino», non c’è prova che Berlusconi sapesse di avere a che fare con una minorenne.
Manca, su Ostuni, «l’ordine perentorio», come la «minaccia concreta», quindi il funzionario, se ha ubbidito a Berlusconi, rilasciando Ruby, l’ha fatto perchè si è «autoindotto, per timore referenziale».
E mancano sia la soggettività (Ostuni non si sentiva concusso), sia la materialità del reato. Quindi, come più volte ha ripetuto Coppi, «manca un gradino», e non si possono costruire gradini con le deduzioni, anche se sono logiche.
Ieri, nell’aula della sesta penale, il clima era teso, vibrante, da «ultima spiaggia».
Non si è usato tanto il fioretto del diritto, quanto la spada della «cronaca» dei fatti.
Con il procuratore Scardascione che ha rispolverato l’intercettazione in cui si parla di «quella era pupilla e Ruby il fondoschiena (…) perchè il problema della minore età » delle ragazze che frequentano Berlusconi «non è un accidente, anche la moglie Veronica gliel’aveva detto (…) E a Milano il desiderio del sovrano è stato esaudito».
E con Coppi-Dinacci che definiscono il ricorso del sostituto procuratore milanese Piero de Petris «non pertinente», e contradditorio, perchè «per quasi tutte le pagine parla della concussione per costrizione, e in fondo dice che, insomma, se non è per concussione, può essere per induzione, ma sono fattispecie diverse di reato, come questa corte c’insegna».
Coppi ha parlato ininterrottamente dalle 12.25 alle 13.45, ha molto criticato la cosiddetta «frase mancante», e cioè quella che Ostuni avrebbe dovuto pronunciare: «Presidente, si tranquillizzi, non è nipote di Moubarak, è una marocchina e per ordine della pm andrà in una comunità protetta».
La sintesi di Coppi è brutale: «Ma perchè avrebbe dovuto dirlo, una volta che il problema era risolto?».
Era un concetto che aveva provato a sviluppare anche Scardascione: i reati di concussione, diceva ieri mattina, riguardano il denaro e il potere, in questo caso però «siamo davanti a un danno patrimoniale? », domandava retorico.
No, qui «il bene giuridico da tutelare è l’imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione (…) qui non c’è privato, la filiera del pubblico ufficiale è decisiva».
Perchè un presidente del Consiglio, annunciato dal caposcorta, chiama da Parigi, nella notte, «non il prefetto, non il capo della polizia, ma un capo di gabinetto» della questura, «un responsabile di staff, non ha qualifica per ordinare, ma è uno snodo».
E la «personalità di Ostuni viene ghiacciata, ibernata. Non ha più spazio. C’è spazio per dire “Ne parliamo domani?”. No, non ce l’ha.
Questo è l’annullamento delle scelte». E sembrava strano, alla procura generale della cassazione, che un poliziotto di strada, Ermes Cafaro, «capisca tutto in un quarto d’ora», mentre in questura sembrano non capire.
Ma per il presidente Nicola Milo questo non conta.
E occorrerà leggere le motivazioni per capire quali sono i confini del reato di concussione.
Piero Colaprico
(da “La Repubblica”)
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Marzo 11th, 2015 Riccardo Fucile
LA DESTRA MELONIANA CAMBIA LINEA POLITICA: ORA ACCOGLIE PROFUGHI E SCATTA SELFIE
La sorella d’Italia Giorgia Meloni in quel di Venezia si è dovuta accontentare della presenza del leghista
Fedriga invece che del suo mito Salvini, impegnato ad assistere a una partita di calcetto.
Ma ha rimediato con Walter Rizzetto, l’ex deputato del Movimento 5 Stelle, oggi nel gruppo misto come Alternativa Libera, assurto a nuova icona della destra ben-pensante e accolto dal coro “Uno di noi, Rizzetto uno di noi“ da una base priva di riferimenti ideologici, dove il primo che passa va bene.
Per chi fino a ieri riteneva che i riferimenti politici e culturali della destra europea fossero altri, un improvviso e traumatico ritorno alla realtà .
Benissimo far salutare un ospite, ma sbrodolarsi di giuggiole al grido “uno di noi” presuppone conoscere almeno due elementi: chi è lui e chi siamo noi.
E mentre ci appare chiaro il percorso politico di Rizzetto che ha lasciato i Cinquestelle anche per ragioni di contrasti locali ed è colui che è andato come capodelegazione alle consultazioni di Renzi fino a ieri come “Alternativa Libera”, forse il problema per i Fratelli d’Italia verte sul capire “chi siamo noi”.
Non tanto da dove vengano (cosa ben nota, con una decennale sudditanza a Berlusconi, nel cui governo hanno avuto anche ruoli di primo piano), ma dove vogliano andare.
Dal palco Rizzetto ha criticate le politiche d’immigrazione del governo Renzi, ha parlato della necessità di dare un forte aiuto ad artigiani e imprenditori e ha espresso sostegno alle forze armate e ai due marò.
Il minimo sindacale per meritarsi un selfie che Giorgia non nega a nessuno.
Avanti un altro.
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Marzo 11th, 2015 Riccardo Fucile
“FINO A IERI LA FONDAZIONE ANDAVA BENE, COME MAI OGGI NO?”… “PERCHE’ LA LIGA VENETA DEVE ESSERE COMANDATA DAI LOMBARDI?”
Nell’arco di una notte il post con cui Salvini ha sancito la defenestrazione di Flavio Tosi ha ricevuto quasi 800 commenti, 400 condivisioni e 5mila like e, c’è da scommetterci, i numeri continueranno a crescere.
Ma i commenti al post sono tutt’altro che a senso unico.
Si va dagli insulti più beceri all’indirizzo del sindaco di Verona, fino ai toni di disappunto per la scelta del segretario.
Tosi viene accusato a fasi alterne di essere assetato di poltrone: “Quando le cose cominciano ad andare bene c’ è sempre qualcuno che deve rompere le palle… cosa vuol dire la cadrega…” e di essere “come Fini”.
Altri lo accomunano ad Alfano, la persona che oggi più che mai attira gli odi dei leghisti: “Tosi andasse a taglia l’erba ai giardinetti. A me mi puzza. Me sembra Alfano. Matteo sei un mito vai avanti così”.
I commenti dei tosiani sono più articolati e accusano Salvini di essere la causa della spaccatura: “Da Veneta sono molto dispiaciuta, Tosi era pronto a venire incontro, l’importante era fare le liste in Veneto e non comprendo perchè lei non ha voluto questo”. Lo si accusa di essere un “dittatore come Renzi”, poi via di amarezza e delusione. “La Moretti ringrazia e, dalla gioia, ha incrementato le sedute dall’estetista…” scrive qualcuno, mentre c’è chi pone delle domande: “Come mai la fondazione di Tosi “ieri” andava bene e “oggi” no?” e, ancora, “perchè la Liga Veneta, con Tosi segretario, non poteva scegliere e fare le liste?”.
Ancora una volta si punta il dito su Salvini: “Mi dispiace Matteo, hai fatto tutto tu, da solo, e se il Veneto finirà in mano a quella invotabile della Moretti sarà solo colpa tua. Dillo che hai (o avete) paura di Tosi”.
Tra i commenti se ne scova anche qualcuno di militanti iscritti alla fondazione di Tosi: “Mi permetto di dire che non capisco… fino a una settimana fa la fondazione andava bene alla Lega… tutti zitti… ora non va più. Qual è la verità ? tu Salvini sei bravo ma anche Tosi non è da meno. C’è qualcosa che non quadra…”.
Matteo Salvini, a qualche ora dal post che ha messo fine alla relazione Lega-Tosi, prova a spostare l’attenzione lanciando strali contro Alfano: “Notte serena Amici — scrive il segretario del Carroccio -. Alfano attacca ‘la Lega estremista’ e dice ‘mai appresso a Salvini’. Lo capisco, lui preferisce stare ‘appresso’ ai clandestini”.
SUI PROFILI VICINI A TOSI
Anche sul profilo della fondazione “Ricostruiamo il paese”, decisamente meno frequentato rispetto a quello di Salvini, non mancano i commenti alla notizia della serata. Anche in questo caso non si tratta di commenti a senso unico. “La rottura l’hai voluta tu, non dare la colpa a Salvini. Ora vediamo quanto vali fuori da Verona!” e ancora “Secondo me ci rimette Lega e Verona! O no! Flavio perchè questo cambiamento. Mah!”. Il sindaco si prende del “traditore”, del “democristiano” , ma anche qualche complimento: “Tosi sei un grande! Tutti gli altri politici al tuo posto si sarebbero svenduti! Io da militante esco dalla lega con Tosi e mi porto dietro più persone possibile!”.
Poi un messaggio di sostegno che sembra una delazione: “Tosi anche un pezzettino di Calabria e con te”, per contro Salvini si prende del “demagogo e populista”
Nella galassia dei profili Facebook tosiani c’è anche “Flavio Tosi per l’Italia intera” che affida alla rete una difesa d’ufficio: “Noi sentiamo Flavio praticamente tutti i giorni e in questi mesi mai e poi mai lo abbiamo sentito dire che si voleva alleare con uno o con l’altro, Flavio è sempre stato un limpido e trasparente e se voleva fare certe scelte di certo non si preoccupava di dirlo lui per primo… Alfano, Passera? Mah, sono nomi pronunciati solo da chi l’ha voluto far fuori, mai da lui… perchè vedete, dare educazione e rispetto è un tantino diverso dall’allearsi politicamente a qualcuno… ma se volete continuare a credere alla storia dell’orso fate pure… nessuno ve lo vieta!”
A ROMA
In ballo ci sono anche i destini dei tosiani di Roma.
La truppa non è foltissima, ma potrebbe creare qualche sfaldamento nei palazzi romani. Al Senato sono apertamente e dichiaratamente schierate con Tosi (con tanto di foto del profilo Facebook dedicata) la senatrice Patrizia Bisinella “lady Tosi” e la senatrice Emanuela Munerato (quella che fece un accorato intervento in aula vestita da operaia), per chiudere con Raffaela Bellot, che non offre evidenze ‘social’ della propria appartenenza ma nei giorni scorsi si è schierata pubblicamente con la posizione espressa da Flavio Tosi nella diatriba con la segreteria federale.
Nell’altro ramo del Parlamento il deputato schierato più apertamente è Roberto Caon, che non cambia la foto del profilo ma condivide e commenta contenuti inequivocabilmente tosiani e foto con il sindaco di Verona.
Nelle fila tosiane vengono annoverati anche i deputati Matteo Bragantini, Emanuele Prataviera e Filippo Busin.
Alessandro Madron
(da “il Fatto Quotidiano“)
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