Marzo 29th, 2015 Riccardo Fucile
SFOGO DI ROMANI E NUOVA LITE CON BRUNETTA
Berlusconi lancia la sfida per riconquistare Milano (tra un anno) e l’Italia (chissà quando), ma il partito nel frattempo si sbriciola sotto i colpi di piccone.
L’ultimo arriva a sorpresa da un fedelissimo come Paolo Romani. Il capogruppo al Senato interviene prima del consueto collegamento telefonico del leader che chiude la manifestazione organizzata da Mariastella Gelmini all’auditorium Gaber di Milano. «Non si dica che tutto va bene, perchè oggi non va bene nulla – esordisce – Siamo divisi e litigiosi, non raccontiamo cose credibili e i peggiori di noi vanno in tivù solo per dire stupidaggini: dalle intransigenze stile Brunetta alla melassa a cui appartengo».
E ancora, «occorre una cessione di sovranità interna, il problema c’è, lo dobbiamo affrontare », dice riferendosi alla necessità di organismi dirigenti veri e operativi, al di là del leader.
Poi le alleanze. «Siamo sicuri che possiamo essere federatori, che esiste ancora il centrodestra? Tra Salvini che dice cose terrificanti e Alfano che è il servo sciocco di Renzi?»
Un j’accuse che va oltre l’autocritica e tutt’altro che improvvisato.
«Ho scritto e ragionato una notte intera, erano cose che andavano dette e poteva farlo giusto uno che vuole bene a Berlusconi – racconterà poi, raggiunto al telefono, il capogruppo – Se alle regionali non raggiungiamo almeno il 15 per cento, la dissoluzione diventa inarrestabile».
Giovanni Toti, presente all’evento, ironizza: «Oggi Romani si è divertito a fare il rottamatore con i capelli bianchi e ci è riuscito anche bene ».
Romani legge e non incassa l’allusione renziana: «Non sono rottamatore, ma un ragionatore e dopo 20 anni in Fi me lo posso permettere».
Chi l’ha presa proprio male è Brunetta (tra i due, un mese fa, altro scontro): «Grazie a Romani per avermi definito intransigente nei confronti di Renzi – è il suo tweet – meglio intransigenti che inesistenti».
Tanti altri invece plaudono. Altero Matteoli concorda «totalmente » con Romani e spera «che si possa aprire subito un confronto con Fitto per evitare spaccature: a Berlusconi al telefono ho già detto che non condivido la circolare della senatrice Rossi che impedirebbe di candidare chi ha più di tre mandati ».
Che poi, nella lettura della cerchia ristretta del leader, sarebbe proprio la miccia che avrebbe acceso queste reazioni.
Raffaele Fitto, un piede già fuori in Puglia e non solo, chiede se a questo punto «si aprirà una riflessione davvero libera o si farà finta di nulla e si proseguirà con epurazioni, esclusioni e commissariamenti?»
E con Romani anche Daniela Santanchè: «Basta fare gli struzzi, apriamo un dibattito franco».
Maurizio Bianconi, fittiano: «Facile diventare antifascisti il pomeriggio del 25 aprile. Ma meglio tardi che mai».
In questo clima, l’ex Cavaliere («Colpa di un’influenza») diserterà stamattina la manifestazione romana organizzata da Tajani e la Rossi, limitandosi a una telefonata. In quella di ieri a Milano aveva suonato la carica.
Il centro-destra dovrà riconquistare «la guida di Milano, dove tutto è iniziato, poi faremo ripartire anche l’Italia, dove siamo la maggioranza vera e naturale».
Per poi attaccare Renzi che «sta dimostrando che la sinistra pensa solo a occupare potere a qualunque costo ».
Unica nota positiva, per lui, la schiarita con Salvini in vista delle regionali. Il capo del Carroccio parla prima a Torino, dove si registrano scontri tra antagonisti del corteo anti Lega e polizia, poi a Bergamo: «Non c’è alcun ostacolo a un accordo, non ho condizioni da imporre a Forza Italia».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Marzo 29th, 2015 Riccardo Fucile
“SIAMO STANCHI DI SPOT E SLIDE, RENZI È PEGGIO DI BERLUSCONI”
Maurizio Landini ha portato a Roma molta più gente di quanta ne abbia portata Matteo Salvini
riempendo Piazza del Popolo come non capitava da anni.
Lo ha fatto con una organizzazione, la Fiom, che si conferma zoccolo duro del sindacalismo italiano e in cui si preservano le tradizioni di sinistra.
Prova ne è la colonna sonora della manifestazione fatta di Bella ciao, l’Internazionale e addirittura Contessa.
A tanta Fiom non ha corrisposto un’adeguata presenza di soggetti e movimenti che dovrebbero comporre la “coalizione sociale” proposta da Landini.
Hanno parlato gli agricoltori del Tavolo verde, i precari della scuola, gli studenti, i movimenti per la casa, è stato letto un intervento di Gustavo Zagrebelsky, solo un disguido ha impedito di ascoltare la voce di Gino Strada dalla Sierra Leone.
Ma la giornata è stata della Fiom: “Lo avevamo detto che non ci saremmo fermati” dice Landini “ecco perchè siamo qui, la coalizione è ancora una proposta e va tutta costruita”.
A descrivere il progetto, però, quasi didascalicamente, ci hanno pensato i due interventi centrali del pomeriggio.
Quello di Stefano Rodotà , una lezione di politologia che, oltre a lanciare più di una battuta contro Renzi, accusato di avere “il complesso di inferiorità ” rispetto ai “professoroni”, ha spiegato come sia oggi necessario realizzare una “massa critica sociale” capace di trasformarsi in “massa critica politica”.
E che sia capace di irrompere anche nelle istituzioni come dimostra il progetto di legge popolare sul reddito minimo, presentato in piazza da Giuseppe De Marzo di Libera, che ieri ha avuto anche un sostegno dal M5S.
Un’alleanza che, se dovesse crescere, potrebbe creare un fatto politico nuovo.
Ancora più chiaro è stato poi Landini, nel corso del lungo e molto applaudito intervento. “Si tratta di tornare alle radici del movimento operaio” ha ricordato, riferendosi “all’800, quando nascevano le Unions” (titolo della manifestazione di ieri, ndr.), gli operai inglesi in sciopero.
“Si tratta di ripristinare il diritto alla coalizione impedendo la competizione tra gli stessi lavoratori”.
Landini prende a prestito i padri nobili del sindacato, Giuseppe Di Vittorio e il suo “Statuto dei diritti dei cittadini lavoratori”, ma anche Bruno Trentin che pensava “a nuove forme sindacali” (con la vedova, Marcelle Padovani, che però non apprezza).
“Coalizzarsi significa allargare la rappresentanza sociale del sindacato e riformarlo democraticamente” ha spiegato, chiarendo che il cuore della proposta è costituito dalla sfida interna alla Cgil.
Nei prossimi giorni la Fiom designerà due coordinatori per il progetto “coalizione” che dovrebbero essere due giovani dirigenti: Michele De Palma, responsabile Auto e già coordinatore dei Giovani comunisti del Prc e Valentina Orazzini, che si occupa di rapporti europei e molto apprezzata all’interno del sindacato.
Anche le Fiom territoriali dovrebbero organizzarsi per designare dei responsabili e costruire, così concretamente, la nuova rete.
Il collante di tutto, sia pure in negativo, è Matteo Renzi.
Contro di lui si è espressa la piazza — “Abbiamo un sogno nel cuore, Renzi a San Vittore” — si è esercitato Rodotà intervenuto seduto su una sedia: “Renzi dice che i professori sono pigri, io lo sono così tanto da essere venuto con le stampelle”.
Soprattutto, si è dilungato Landini : “Noi abbiamo più consenso di lui”, ha dichiarato a inizio manifestazione per poi bersagliarlo: “Siamo stanchi di spot e slide”, “ha una logica padronale”, “è peggio di Berlusconi”, “la coalizione sociale l’ha fatta con la Bce e la Confindustria”, “in Europa si limita a regalare cravatte a Tsipras”.
Ha poi ricordato il Renzi “gasatissimo” in visita da Marchionne opponendogli lo stile del centenario Pietro Ingrao che, quando fu eletto presidente della Camera, come primo atto si recò alle acciaierie di Terni per dire ai lavoratori che i “costituenti” erano loro.
Discorso da futuro segretario della Cgil, impostato su temi sindacali (salari, occupazione, orari, contratto) e generali (pensione, scuola, fisco).
Lo dimostra anche il gelo con la segreteria nazionale presente con Susanna Camusso, Serena Sorrentino e Franco Martini.
Anche altri dirigenti, come la segretaria dello Spi, Carla Cantone, quello della scuola, Domenico Pantaleo, e del Nidil, Claudio Treves, sono stati in piazza.
Ma la Cgil si è vista poco, se non in forma simbolica. Susanna Camusso è salita sul palco restandone sempre ai bordi e facendo solo una laconica dichiarazione ai giornalisti.
Distanza anche con la politica. Sia con le rappresentanze di Sel e Prc (presenti con Nichi Vendola e Paolo Ferrero) sia con Stefano Fassina e Pippo Civati del Pd.
Unica eccezione, quando Landini ha parlato di appalti e corruzione, la richiesta di un applauso della piazza per Rosi Bindi in quanto presidente della commissione Antimafia.
Le conclusioni sono state dedicate a Giovanni XXIII (“ma non ho la fede”) e a Pablo Neruda: “Prendi il meglio della tua vita e consegnalo alla lotta”.
Tripudio della folla.
Salvatore Cannavò
(da “il Fatto Quotidiano”)
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