Luglio 15th, 2015 Riccardo Fucile
AL SUD IL DOPPIO DEL NORD
Dopo due anni di aumento, nel 2014 l’incidenza della povertà assoluta in Italia si mantiene sostanzialmente stabile.
Lo rileva l’Istat nell’indagine sulla spesa delle famiglie, da cui emerge che sono più di 7 milioni, nel 2014, gli Italiani poveri. Di questi oltre 4 milioni vivono in condizioni di povertà assoluta: sono i più poveri tra i poveri, non possono permettersi di acquistare il minimo indispensabile per vivere.
Nel Mezzogiorno la povertà assoluta rimane quasi doppia rispetto al resto del paese, soprattutto nei piccoli comuni.
OLTRE 4 MILIONI DI PERSONE IN POVERTà€ ASSOLUTA.
Nel 2014, 1 milione e 470 mila famiglie (il 5,7% di quelle residenti) è in condizione di povertà assoluta, per un totale di 4 milioni e 102 mila persone (6,8% della popolazione residente).
La povertà assoluta è sostanzialmente stabile anche sul territorio, si attesta al 4,2% al Nord, al 4,8% al Centro e all’8,6% nel Mezzogiorno.
Migliora la situazione delle coppie con figli (tra quelle che ne hanno due l’incidenza di povertà assoluta passa dall’8,6% al 5,9%), e delle famiglie con a capo una persona tra i 45 e i 54 anni (dal 7,4% al 6%); la povertà assoluta diminuisce anche tra le famiglie con a capo una persona in cerca di occupazione (dal 23,7% al 16,2%), a seguito del fatto che più spesso, rispetto al 2013, queste famiglie hanno al proprio interno occupati o ritirati dal lavoro.
Nonostante il calo (dal 12,1 al 9,2%), la povertà assoluta rimane quasi doppia nei piccoli comuni del Mezzogiorno rispetto a quella rilevata nelle aree metropolitane della stessa ripartizione (5,8%).
Il contrario accade al Nord, dove la povertà assoluta è più elevata nelle aree metropolitane (7,4%) rispetto ai restanti comuni (3,2% tra i grandi, 3,9% tra i piccoli). Tra le famiglie con stranieri la povertà assoluta è più diffusa che nelle famiglie composte solamente da italiani: dal 4,3% di queste ultime (in leggero miglioramento rispetto al 5,1% del 2013) al 12,9% per le famiglie miste fino al 23,4% per quelle composte da soli stranieri.
Al Nord e al Centro la povertà tra le famiglie di stranieri è di oltre 6 volte superiore a quella delle famiglie di soli italiani, nel Mezzogiorno è circa tripla.
L’incidenza di povertà assoluta scende all’aumentare del titolo di studio: se la persona di riferimento è almeno diplomata, l’incidenza (3,2%) è quasi un terzo di quella rilevata per chi ha la licenza elementare (8,4%). Inoltre, la povertà assoluta riguarda in misura marginale le famiglie con a capo imprenditori, liberi professionisti o dirigenti (l’incidenza è inferiore al 2%), si mantiene al di sotto della media tra le famiglie di ritirati dal lavoro (4,4%), sale al 9,7% tra le famiglie di operai per raggiungere il valore massimo tra quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione (16,2%).
OLTRE 7 MILIONI DI PERSONE IN POVERTà€ RELATIVA.
Come quella assoluta, la povertà relativa risulta stabile e coinvolge, nel 2014, il 10,3% delle famiglie e il 12,9% delle persone residenti, per un totale di 2 milioni 654 mila famiglie e 7 milioni 815 mila persone.
Anche per la povertà relativa si conferma la stabilità , rispetto all’anno precedente, rilevata per la povertà assoluta nelle ripartizioni geografiche e il miglioramento della condizione delle famiglie con a capo una persona in cerca di occupazione (l’incidenza della povertà relativa passa dal 32,3% al 23,9%) o residenti nei piccoli comuni del Mezzogiorno (dal 25,8% al 23,7%); in quest’ultimo caso il miglioramento si contrappone al leggero peggioramento registrato nei grandi comuni rispetto all’anno precedente (dal 16,3% al 19,8%).
Il Codacons vede nei dati “una sconfitta per l’Italia”, perchè “i numeri dell’Istat ci dicono che non si è verificato alcun miglioramento sul fronte della povertà nel nostro paese, e chi era povero negli anni precedenti lo è rimasto anche nel corso del 2014 – spiega il presidente Carlo Rienzi -Il numero di cittadini in stato di disagio economico era e rimane abnorme (4 milioni e 102 mila persone), e rappresenta una vergogna per un paese civile”.
L’Unione nazionale consumatori chiede al Governo di “estendere il bonus di 80 euro anche agli incapienti o di valutare un reddito minimo garantito per questi poveri”.
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 15th, 2015 Riccardo Fucile
DOMANI A ROMA PRESENTA LOGO E PROGRAMMA DEI “CONSERVATORI RIFORMISTI”…”NE’ CON LA MERKEL, NE’ CON MARINE LE PEN”… “VOGLIAMO CHE IL POPOLO DI CENTRODESTRA TORNI A VOTARE”
«Il nostro movimento nasce per stare fuori dai cortili di Camera e Senato. Stiamo lontani dai
patti del Nazareno futuri così come siamo stati lontani da quelli del passato. E non abbiamo nulla a che vedere nè con il mercato di senatori nè tantomeno con la contabilità dei transfughi».
Ancora ventiquattr’ore e Raffaele Fitto solleverà il sipario sul suo movimento.
Dopo mesi scanditi prima dalla rottura con Forza Italia poi dalla nascita di un gruppo autonomo a Palazzo Madama, l’ex ministro presenta «Conservatori e riformisti».
Forte di un ancoraggio europeo ai conservatori che non stanno nel Ppe, e con in tasca un rapporto privilegiato con i britannici di David Cameron, la «cosa» fittiana potrebbe avere come simbolo un leone, simbolo della pattuglia a Bruxelles.
O, in subordine, l’albero che sta nel simbolo del conservatori d’oltremanica.
Anche Denis Verdini, come lei, sta lasciando Forza Italia. Non farete pezzi di strada insieme ?
«Siamo all’opposizione del governo Renzi. I “nazareni” presenti o futuri non ci interessano»
Anche Silvio Berlusconi è venuto sulla vostra linea.
«Berlusconi si è chiuso in una gabbia di rancore. Mi creda, lo dico col rammarico di chi continua a provare affetto per lui nonostante tutte le cattiverie che mi sono state riservate».
E sulla politica?
«Sulla politica Berlusconi, di fatto, non esiste più. E dire che avrebbe potuto uscire di scena agevolando un ricambio, cosa da cui si è tenuto ben lontano… Il risultato è che ora c’è un centrodestra che non ha più respiro, chiuso in una ridotta minoritaria, in cui Matteo Salvini può agevolmente fare la voce grossa e giocare la sua partita personale».
Resta il fatto che sempre a quel centrodestra vi rivolgerete anche voi. O no?
«Noi siamo per una nuova visione. Tanto per capirci, come non stiamo con Alexis Tsipras, non stiamo nemmeno con Angela Merkel o con Marine Le Pen. I nostri orizzonti sono a Washington, a Londra e a Gerusalemme»
Ambiziosi.
«Semmai realisti. C’è un intero blocco sociale, che un tempo votava per Forza Italia o per Alleanza nazionale, che adesso si tiene ben distante dalle urne. Noi puntiamo a riprendere quei voti. Voti di partite Iva, di artigiani, di piccoli imprenditori, di professionisti. Un elettorato, insomma, che il Berlusconi di oggi non può più riportare a casa».
E voi sì?
«Noi lavoreremo per questo. Gliel’ho detto, abbiamo già iniziato a mettere il naso fuori dai cortili del Parlamento. E proprio per questo non siamo per nulla interessati nè ai giochetti di palazzo di Matteo Renzi, nè a quelli di altri».
Pensa che Renzi e il suo governo siano messi male?
«Il presidente del Consiglio e i suoi hanno il fiato corto. Boccheggiano manco fosse la fine della legislatura. Lo si vede da come sono impegnati a raccattare a destra i voti al Senato e a come provano a tenere buona la sinistra interna giocando con i rinnovi alle presidenze della commissioni parlamentari. Renzi ha inanellato una serie infinita di partite giocate male. È sotto gli occhi di tutti».
I vostri programmi? Puntate alle primarie del centrodestra, magari con una sua candidatura?
«Le primarie sono ancora un obiettivo ma non è il momento dei nomi. Nel nostro programma ci sono sia uno shock fiscale che quei tagli alla spesa pubblica che il governo aveva promesso e poi non ha mai fatto. Penso a Carlo Cottarelli. E a quel suo lavoro di spending review finito in chissà quale cassetto».
Tommaso Labate
(da “il Corriere della Sera”)
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Luglio 15th, 2015 Riccardo Fucile
EVIDENTEMENTE A LORO INTERESSA CHE PERMANGANO I CAMPI PER POTER CONTINUARE A SPECULARE
Sì alla chiusura dei campi Rom e Sinti in Emilia Romagna.
È stata approvata con 32 voti favorevoli, 10 contrari e nessun astenuto la legge regionale per l’inclusione sociale voluta dalla giunta Pd a guida Stefano Bonaccini, che per la prima volta in Italia recepisce la Strategia europea per l’integrazione di Rom e Sinti disponendo lo smantellamento dei campi nomadi in favore di soluzioni abitative autofinanziate, che comprendono alloggi nel mercato, case popolari oppure micro aree familiari non sovvenzionate dal denaro pubblico.
Un provvedimento, passato col voto favorevole anche del Movimento 5 Stelle, per il quale la Regione stanzierà 700mila euro destinati ai Comuni che applicheranno la nuova normativa, che rappresenta una svolta nella regione rossa per eccellenza, specie perchè ricalca una battaglia che per colore ricorda più la Lega Nord che il Partito Democratico.
Ma che, sottolinea la vicepresidente della Regione Elisabetta Gualmini, “era necessario: prima di tutto ci sono delle normative internazionali e delle direttive nazionali a cui una società bene ordinata deve adeguarsi”, e il riferimento è al vertice che a marzo si era svolto al Viminale tra il ministro dell’Interno Angelino Alfano, i governatori delle regioni italiane e l’Anci.
“E poi — continua Gualmini — perchè è ovvio che l’approccio attuale, che comporta l’erogazione a pioggia di fondi pubblici, non può più funzionare. Dal 1988 a oggi in Emilia Romagna abbiamo speso 10 milioni di euro per i campi Rom e Sinti, finanziamenti senza controllo e senza valutazione che devono finire. Bisogna avere il coraggio di cogliere questi temi al balzo e affrontarli”.
La nuova normativa, quindi, che sostituisce la legge precedente, del 1988, punterà sull’inclusione sociale, “che per noi significa — sottolinea Giuseppe Boschini del Pd — far rispettare le regole conservando le diverse culture. La legge prevede la chiusura dei grandi campi multifamiliari: questo vuol dire che ognuno è responsabile della propria area, e paga le bollette di cui è intestatario (salvo i casi di indigenza esattamente come per qualsiasi cittadino italiano). Se l’area è pubblica chi ne usufruisce ha un contratto nominativo col Comune, e per abitarla deve sottostare a determinate condizioni, tra cui la legalità e la scolarità dei figli”.
Al posto dei campi Rom e Sinti, che in Emilia Romagna ospitano 2.745 persone, lo 0,06% della popolazione, perlopiù cittadini italiani, “nasceranno di micro aree per chi non vuole una piena stanzialità , prevedendo al contempo specifici piani di inserimento per chi sceglie di vivere in abitazione. Noi diciamo no alle ruspe, e sì alle regole”.
Nel testo, poi, sono inserite anche nuove disposizioni sul versante sanitario, cioè politiche relative alla salute, “viste — spiega Gualmini — le condizioni igieniche assolutamente intollerabili e indecenti dentro queste aree”, e la lotta all’abbandono scolastico tra i giovani Sinti e Rom.
“Ciò che proviamo a fare con questa legge è dare delle risposte a un problema che sappiamo essere scivoloso. A nessuno piace vivere vicino a un campo nomadi, non vogliamo essere ipocriti e sappiamo che il percorso iniziato sarà complesso, tuttavia accettiamo la sfida”.
Via libera al provvedimento anche da parte del Movimento 5 Stelle, “sebbene — precisa la capogruppo Giulia Gibertoni — sarebbe servito più coraggio. Il nuovo testo lascia irrisolti alcuni nodi importanti, primo tra tutti quello legato all’individuazione delle zone dove andranno ad insistere le micro aree”.
Contro alla legge regionale, invece, Forza Italia e Lega Nord, che avrebbero voluto la chiusura dei campi nomadi senza l’opzione delle micro aree.
“Queste popolazioni non vogliono abitare in case vere, sono loro che rifiutano l’integrazione — critica Fabio Rainieri, vicepresidente del consiglio regionale dell’Emilia Romagna e segretario nazionale della Lega Nord Emilia.
Peccato che in Francia questo metodo abbia invece funzionato, ma non è obbligatorio che Rainieri, condannato per diffamazione aggravata dalla discriminazione razziale, lo sappia.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 15th, 2015 Riccardo Fucile
NELLE INTERCETTAZIONI DEL NOE IL TENTATIVO DEI FUNZIONARI DEL MINISTERO DI SALVARE LA CENTRALE DI VADO LIGURE
“Cerchiamo di fare una porcata… che almeno sia leggibile”. Risposta: “Un porcellum”. 
L’inchiesta sulla centrale a carbone di Vado Ligure, sull’inquinamento e sui morti, è tutta in questo scambio di battute tra due dirigenti del ministero dell’Ambiente. Che ne esce a pezzi.
Ma le 110 pagine dei Noe dei carabinieri citano spesso Claudio De Vincenti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, uomo forte di Matteo Renzi.
Riguardo a De Vincenti — non indagato — gli investigatori dicono: “Le registrazioni dimostrano come la pubblica amministrazione con particolare riferimento all’allora viceministro dello Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti, si adoperi per suggerire la strada a Tirreno Power per aggirare la prescrizione che impone la copertura del carbone”.
De Vincenti, secondo gli investigatori, avrebbe ipotizzato di chiedere al Csm un’azione disciplinare contro il pm Francantonio Granero.
Un lavoro corposissimo quello della Procura di Savona e dei Noe: 800mila pagine.
Le frasi dei dirigenti dei ministeri sono rivelatrici: “Se si volesse fare una cosa pulita”, “Questa pulita non potrà mai essere, meno sporca…”.
Ancora: “Abbiamo una porcata da fare in trenta minuti, scritta da loro, dallo Sviluppo Economico”. Senso di colpa o sarcasmo? “Mi sputerei in faccia da solo”.
Fino a un riferimento forse all’Ilva: “Stiamo scrivendo un’altra norma porcata… c’ho un conato”.
Dal rapporto del Noe emergerebbero gli appoggi della società Tirreno Power, fino a pochi anni fa controllata da Sorgenia che faceva capo al Gruppo De Benedetti (ora è passata a Gaz de France).
De Vincenti, quindi.
Ecco una conversazione tra Massimiliano Salvi (direttore di Tirreno Power) e due dirigenti del ministero dell’Ambiente: “La Severino (Paola, ex ministro della Giustizia, oggi avvocato di Tirreno Power, ndr) mi dice… in questo Paese i governatori possono fare quello che vogliono… pure De Vincenti ieri mi dice… ma non si può fare un esposto al Csm? Non si può fare aprire un’indagine al ministero della Giustizia…”, dice Salvi. Il sottosegretario di Renzi, che si occupava di una centrale responsabile — per i pm — della morte di centinaia di persone, ipotizza con i dirigenti di perseguire i magistrati?
I carabinieri fanno altri nomi: “A un certo punto sembra che il tentativo delle istituzioni di “dare una mano” a Tirreno Power con una norma ad hoc diventi concreto… Emerge che l’avvocato Severino abbia avuto a questo proposito un incontro con il ministro Guidi (nessuna delle due è indagata, ndr)”.
Un altro dialogo tra dirigenti, ironico, secondo gli investigatori sarebbe riferito al ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti: “Deve andare dal ministro”, “Dalla Severino?”, “Dalla Guidi con la Severino”. Quindi la conclusione: “Meno male che è il ministero dell’Ambiente”.
I carabinieri annotano che la norma ad personam finora non è stata approvata. Ma sono in tanti, secondo gli investigatori, a essersi spesi per la battaglia.
Così colpisce il colloquio tra un dirigente di Tirreno Power e Francesco Claudio Dini (indagato, all’epoca direttore Affari Generali del Gruppo Cir e oggi nel cda dell’Ansa e del gruppo Espresso).
I due sembrano conoscere ogni mossa del governatore Claudio Burlando: “Su Tirreno pare esserci un buon allineamento… Claudio (Burlando, ndr) ha fissato una riunione”. Burlando e il suo dirigente Gabriella Minervini, per i Noe, “si lamentano addirittura che i pareri (dei tecnici, ndr) rinforzano tantissimo la posizione del pm”.
E l’allora assessore Renzo Guccinelli (tutta la giunta Burlando è indagata) convoca i “comuni che fanno le bizze”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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