SVELATO IL BLUFF DI SALVINI: IN EMILIA CINQUESTELLE E PD VOTANO CHIUSURA CAMPI ROM, LEGA E FORZA VOTANO CONTRO
EVIDENTEMENTE A LORO INTERESSA CHE PERMANGANO I CAMPI PER POTER CONTINUARE A SPECULARE
Sì alla chiusura dei campi Rom e Sinti in Emilia Romagna.
È stata approvata con 32 voti favorevoli, 10 contrari e nessun astenuto la legge regionale per l’inclusione sociale voluta dalla giunta Pd a guida Stefano Bonaccini, che per la prima volta in Italia recepisce la Strategia europea per l’integrazione di Rom e Sinti disponendo lo smantellamento dei campi nomadi in favore di soluzioni abitative autofinanziate, che comprendono alloggi nel mercato, case popolari oppure micro aree familiari non sovvenzionate dal denaro pubblico.
Un provvedimento, passato col voto favorevole anche del Movimento 5 Stelle, per il quale la Regione stanzierà 700mila euro destinati ai Comuni che applicheranno la nuova normativa, che rappresenta una svolta nella regione rossa per eccellenza, specie perchè ricalca una battaglia che per colore ricorda più la Lega Nord che il Partito Democratico.
Ma che, sottolinea la vicepresidente della Regione Elisabetta Gualmini, “era necessario: prima di tutto ci sono delle normative internazionali e delle direttive nazionali a cui una società bene ordinata deve adeguarsi”, e il riferimento è al vertice che a marzo si era svolto al Viminale tra il ministro dell’Interno Angelino Alfano, i governatori delle regioni italiane e l’Anci.
“E poi — continua Gualmini — perchè è ovvio che l’approccio attuale, che comporta l’erogazione a pioggia di fondi pubblici, non può più funzionare. Dal 1988 a oggi in Emilia Romagna abbiamo speso 10 milioni di euro per i campi Rom e Sinti, finanziamenti senza controllo e senza valutazione che devono finire. Bisogna avere il coraggio di cogliere questi temi al balzo e affrontarli”.
La nuova normativa, quindi, che sostituisce la legge precedente, del 1988, punterà sull’inclusione sociale, “che per noi significa — sottolinea Giuseppe Boschini del Pd — far rispettare le regole conservando le diverse culture. La legge prevede la chiusura dei grandi campi multifamiliari: questo vuol dire che ognuno è responsabile della propria area, e paga le bollette di cui è intestatario (salvo i casi di indigenza esattamente come per qualsiasi cittadino italiano). Se l’area è pubblica chi ne usufruisce ha un contratto nominativo col Comune, e per abitarla deve sottostare a determinate condizioni, tra cui la legalità e la scolarità dei figli”.
Al posto dei campi Rom e Sinti, che in Emilia Romagna ospitano 2.745 persone, lo 0,06% della popolazione, perlopiù cittadini italiani, “nasceranno di micro aree per chi non vuole una piena stanzialità , prevedendo al contempo specifici piani di inserimento per chi sceglie di vivere in abitazione. Noi diciamo no alle ruspe, e sì alle regole”.
Nel testo, poi, sono inserite anche nuove disposizioni sul versante sanitario, cioè politiche relative alla salute, “viste — spiega Gualmini — le condizioni igieniche assolutamente intollerabili e indecenti dentro queste aree”, e la lotta all’abbandono scolastico tra i giovani Sinti e Rom.
“Ciò che proviamo a fare con questa legge è dare delle risposte a un problema che sappiamo essere scivoloso. A nessuno piace vivere vicino a un campo nomadi, non vogliamo essere ipocriti e sappiamo che il percorso iniziato sarà complesso, tuttavia accettiamo la sfida”.
Via libera al provvedimento anche da parte del Movimento 5 Stelle, “sebbene — precisa la capogruppo Giulia Gibertoni — sarebbe servito più coraggio. Il nuovo testo lascia irrisolti alcuni nodi importanti, primo tra tutti quello legato all’individuazione delle zone dove andranno ad insistere le micro aree”.
Contro alla legge regionale, invece, Forza Italia e Lega Nord, che avrebbero voluto la chiusura dei campi nomadi senza l’opzione delle micro aree.
“Queste popolazioni non vogliono abitare in case vere, sono loro che rifiutano l’integrazione — critica Fabio Rainieri, vicepresidente del consiglio regionale dell’Emilia Romagna e segretario nazionale della Lega Nord Emilia.
Peccato che in Francia questo metodo abbia invece funzionato, ma non è obbligatorio che Rainieri, condannato per diffamazione aggravata dalla discriminazione razziale, lo sappia.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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