Destra di Popolo.net

CENA DEGLI ANTI-RENZI: LA MINORANZA MINACCIA LA CRISI DI GOVERNO

Agosto 6th, 2015 Riccardo Fucile

RIFORME COSTITUZIONALI: “SE NON MEDIA LO MANDIAMO SOTTO”

A palazzo Madama già  si sente l’odore del Napalm. È più di una suggestione.
Per la prima volta tra la minoranza del Pd all’ordine del giorno c’è la “crisi” di governo.
L’Apocalypse now sulle riforme. Pier Luigi Bersani lo chiama il “far saltare il tavolo, mandandolo (Renzi ndr) sotto”.
E da giorni ne parla con i suoi. C’è chi è già  pronto. Altri, come Cuperlo, un po’ perplessi.
Perchè è chiaro che ormai gli spazi di mediazione sono aridi come un prato vietnamita: “Neanche nel Pci – dice l’ex segretario a In Onda – si chiedeva la disciplina sui temi costituzionali. E’ offensivo dire che minoranza vuole fermare le riforme. Se Renzi vuole discutere, l’accordo si trova subito. Sennò…”.
Quando Matteo Renzi, nel corso della conferenza stampa, scandisce il suo “no a veti”, lasciando intendere una drammatica conta sulla riforma del Senato, gli eserciti sono già  in campo.
Posizionati nelle ultime, tese, 48 ore. Da un lato il governo, con la tutela di Giorgio Napolitano. Il quale, in un intervento sul Corriere, ci va giù durissimo sulle riforme: “Non si può tornare indietro sulla riforma del Senato”.
L’ex capo dello Stato spiega che “la modifica sul punto nodale del testo” (ovvero quella chiesta dalla minoranza Pd sul Senato elettivo) “farebbe cadere l’impianto”. Parole identiche a quelle pronunciate in commissione da Anna Finocchiaro che — per blindare le riforme — si è mossa sul campo d’intesa proprio con Napolitano: nessuna mediazione sul Senato elettivo, il testo resta così come è.
Dall’altro i vietcong, che prima di lanciare la sfida presentando comunque gli emendamenti sul Senato elettivo, già  discutono del punto di caduta del “far saltare il tavolo”.
Ovvero: come affrontare la crisi il minuto dopo.
Perchè è chiaro che non è un voto come gli altri: se saltano le riforme, salta il governo.
E a qual punto Renzi ha già  fatto capire che punterebbe sul voto anticipato.
La discussione è iniziata martedì sera, quando venti dei 28 senatori contrari alla riforma si sono incontrati nel ristorante Renato e Luisa, a Largo Argentina, con un unico argomento di discussione: “Stavolta andremo fino in fondo. Se Renzi non media, noi teniamo la nostra posizione”.
C’erano pressochè tutti, da Gotor a Migliavacca, da Chiti a Mucchetti: “Se questa è l’apertura a l’ascolto si poteva andare direttamente in Aula” è il refrain.
E stavolta non sarà  come le altre. Ne parlano da giorni, i big della Ditta.
Fosse stato per Massimo D’Alema si doveva rompere sul jobs act perchè “la nostra gente l’avrebbe capito”. Bersani è pentito di aver ceduto sulla scuola.
Sulle riforme, assicurano, “sotto i 25 non si scende, il gruppo tiene, e faremo di tutto per mandarlo sotto”.
La sinistra voterà  i venti emendamenti “pensanti”, su cui coagulare il fronte contrario alla riforma.
L’insofferenza verso Napolitano, dopo il suo intervento sul Corriere, indica che davvero c’è un’aria di Vietnam.
Si misura nelle dichiarazioni, per la prima volta apertamente critiche verso l’ex capo dello Stato.
Ma a microfoni spenti raccontano dell’odio puro di quel gruppo dirigente bersaniano che, negli ultimi anni, ha vissuto Napolitano come una specie di persecutore: dal governo Monti al sostegno che l’allora capo dello Stato ha dato a Renzi.
C’è però un elemento nuovo nel ragionamento di chi pensa di far saltare il tavolo.
Ed è che al Colle, ora, c’è un nuovo capo dello Stato.
Il quale, una settimana fa, ha fatto un discorso molto diverso da quello del suo successore: “Mattarella — spiega un parlamentare in contatto col Colle — ha parlato delle riforme come di una priorità  della legislatura, non del governo, e ha messo in guardia dall’uomo solo al comando. Napolitano invece ha legato riforme e governo”. Significa che, nell’orizzonte di Mattarella, non c’è lo scioglimento anticipato ma il rispetto della sovranità  del Parlamento e del dettato costituzionale secondo cui, finchè c’è maggioranza, non si scioglie.
Un big della minoranza sussurra: “Se salta il tavolo Renzi apre la crisi e punta al voto? Bene. E da segretario del Pd va al Colle dicendosi indisponibile a un nuovo governo? Benissimo. Scherza col fuoco. Al netto delle questioni di legge elettorale, noi diciamo che ci stiamo sia sul governo che sulle riforme, a patto che ci sia un accordo politico. Che fa Matteo? Dice a Mattarella: andiamo a votare perchè pure se loro sostengono il governo, il non voglio mediare su nulla?”.
E Massimo D’Alema, mentre veleggia con la sua barca tra le isole della Grecia, assapora gusto del “colpo che lascia il segno”.

(da “Huffingtonpost”)

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IMPRENDITORE DI 30 ANNI: “ASSUMO, MA TROVO POCHE PERSONE DISPOSTE A FARE FATICA”

Agosto 6th, 2015 Riccardo Fucile

LO SFOGO DEL TITOLARE DI UNA SOCIETA’ DI CONSULENZA: “SEMPRE MENO GIOVANI DISPOSTI A METTERSI IN GIOCO”

Questa non è la lettera di un imprenditore in difficoltà , disilluso da anni di lotta con la burocrazia o soffocato da un mercato in crisi; e non è neppure il lamento di un vecchio del mestiere in conflitto con le nuove generazioni.
Al contrario, questa è la riflessione di una persona che, ancora distante dalla soglia dei 40, ha avuto la fortuna di poter contribuire a creare un’impresa — una società  di consulenza — che continua a crescere di anno in anno, raggiungendo traguardi sempre più ambiziosi, perseguendo l’espansione internazionale, e operando presso clienti prestigiosi.
Impresa alla quale, in un momento in cui (apparentemente in controtendenza) gli ordini continuano a crescere e i progetti diventano più entusiasmanti, si palesa una difficoltà  inconsueta: trovare persone che abbiano voglia di mettersi in gioco, di imparare, di crescere, di lavorare. Di fare fatica.
Fatica non di quella fisica, da cantiere, ma di quella fatta di scadenze incombenti, di (eufemisticamente ) vivaci scambi di opinioni, di trasferte, del sentirsi sempre messi in discussione a fronte di un contratto (quello con il cliente) vincolato ai risultati.
Fatica che, per chi come me e come noi sta forse riuscendo a costruire qualcosa, non è mai stata un problema, e che è sempre venuta in secondo piano nei confronti della soddisfazione di vedere i risultati — aziendali prima e personali poi — del nostro lavoro. Quando infatti abbiamo creato Auxiell, ormai dieci anni fa, freschi di laurea, in un periodo in cui le uniche startup parevano dovere essere quelle a contenuto tecnologico, ci siamo posti un obiettivo: lavorare per contribuire a creare imprese eccellenti non solo nel prodotto, ma anche nei processi che le compongono.
Ecco perchè Auxiell esiste: per creare esempi di eccellenza, perchè gli imprenditori e i manager possano andare fieri di quanto fanno di giorno in giorno e dei risultati che raggiungono.
Ma per creare esempi bisogna, in prima battuta farsi esempio, mettendo quando necessario gli interessi del cliente, del progetto o dell’azienda davanti ai propri.
Eppure, in un momento in cui si fa un gran parlare di crisi e di disoccupazione, e in cui noi invece avremmo abbondanza di lavoro da offrire, ci confrontiamo frequentemente con persone la cui mentalità  prevede l’equazione «ricevo un compenso e quindi posso affrontare dei sacrifici» e non, piuttosto, «non mi pongo il problema di affrontare qualche sacrificio e di conseguenza so che potrò ambire a raggiungere qualcosa».
E non è questione di età  o di area geografica di provenienza: troppe volte, ormai, ci siamo trovati di fronte a simili obiezioni per poter pensare di attribuirle ad un singolo cluster di popolazione.
Si badi bene, qui non si parla di «sfruttare» il lavoro, men che meno quello dei giovani neolaureati come peraltro noi stessi siamo stati qualche tempo fa.
Si tratta di condividere (sì, condividere) i frutti di un lavoro solo dopo che questo lavoro è stato svolto, senza occhio all’orologio o al calendario, con un pizzico di quella tanto elogiata (a parole…) mentalità  imprenditoriale. Per noi la sfida è aperta.
P.S. Per rispondere ad alcuni commenti dei lettori vorrei precisare che non abbiamo mai usato contratti a progetto.
Ad oggi, più del 90% sono tempi indeterminati — e i tempi determinati sono legati solo a nuove assunzioni.
Per quanto riguarda le retribuzioni:
-Ingresso per neolaureato brillante: 26.000 + auto + Pc e telefono.
-Ad un professionista: a partire da 40.000 + auto + Pc e telefono.
– Tutti hanno diritto ad una diaria trasferta, oltre ovviamente ai rimborsi totali delle spese vive
– Tutti, anche i neoassunti e neolaureati, hanno diritto a premi proporzionali ai risultati individuali, di team e aziendali. A titolo informativo, negli ultimi due anni abbiamo distribuito circa il 25% dell’utile annuo in premi ai dipendenti
– Tutti i dipendenti, fin dal momento dell’assunzione, hanno chiaro il percorso di crescita che possono percorrere per, a fronte di incremento di competenze e raggiungimento di risultati, poter diventare partner della società 
– Ogni anno investiamo consistentemente in formazione, interna ed esterna (ad esempio, ogni anno inviamo almeno una persona in Giappone per studio e approfondimento), e ciascun collaboratore usufruisce di un percorso di coaching personalizzato per sviluppare le proprie skill.

Riccardo Pavanato
fondatore di Auxiell, società  di consulenza

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ALLA FESTA DEL PD IL SUPPLEMENTO ORIGANO SULLA PIZZA E’ DI UN EURO

Agosto 6th, 2015 Riccardo Fucile

UN PARTECIPANTE PUBBLICA LO SCONTRINO: “NON MI VEDRANNO PIU'”

“Compagno, vuoi una spolverata di origano sulla pizza? Allora è un euro in più”.
Deve essere questa la frase che ha fatto andare di traverso la cena a un militante del Partito democratico del bresciano.
Insomma, origano come fosse caviale.
Come racconta il Corriere di Brescia, la vicenda che ha fatto indignare un militante del Pd non è accaduta a Venezia o a Milano, ma in via del Marmo, Botticino, hinterland bresciano, alla Festa Valverde del Partito.
“Ovviamente non mi vedranno mai più, diffondete che è meglio per tutti”, scrive su Facebook il partecipante alla festa Pd, infiammando la polemica sui social.
Scrive il Corriere di Brescia:
Uno dei tanti partecipanti alla festa del Partito Democratico ordina due pizze capricciose e chiede di aggiungere l’origano, ingrediente che ben si sposa con la pietanza. Lo scontrino è indigesto: «Ovviamente non mi vedranno mai più, diffondete che è meglio per tutti», si legge nella didascalia dell’immagine postata dall’uomo, bresciano.
«Non è una spezia proibita ma è solo a prezzo proibitivo», ci ride poi sopra con gli amici. Solitamente già  incluso nel conto, l’aggiunta di origano costa al massimo 50 centesimi nelle normali pizzerie della zona.

(da “Huffingtonpost”)

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GUELFI E DIACONALE NON VOGLIONO MOLLARE LO STIPENDIO RAI

Agosto 6th, 2015 Riccardo Fucile

IL RENZIANO: “VERSO LA MIA PENSIONE DI 144O EURO ALLA RAI, MA VOGLIO LO STIPENDIO”… DIACONALE: “NON LAVORO GRATIS”

“Verso alla Rai la mia pensione, e l’azienda mi paga lo stipendio”.
Guelfo Guelfi, neo consigliere dell’azienda del servizio pubblico ed ex spin doctor del premier Matteo Renzi, non intende fare il consigliere Rai gratis.
E per aggirare le norme che impediscono che un pensionato, come lui, riceva uno stipendio da parte di un’azienda controllata dallo Stato, ha avuto una brillante idea.
La legge 114/2014 vieta ad un lavoratore in pensione di assumere incarichi nelle società  controllate dallo Stato.
L’unica ipotesi è quella di assumere l’incarico e lavorare gratis e per la durata di un anno, come stabilisce la riforma della Pa appena approvata.
Ma Guelfo Guelfi non ci sta, e allora sul suo profilo facebook lancia la sua proposta: “I pensionati del cda versino le rispettive pensioni alla Rai e riscuotano la spettanza per l’incarico che si trovano a svolgere”.
Un bel guadagno per Guelfi, se si fanno rapidamente due conti: “La mia pensione è di 1440 euro al mese”, dice sempre su Facebook.
Se si tiene conto che lo stipendio di un consigliere d’amministrazione Rai si aggira intorno ai 60mila euro, l’ex capo comunicazione dello staff di Renzi guadagnerebbe quasi il doppio.
L’unico ad aver accettato subito l’ipotesi di lavorare senza percepire stipendio è stato Carlo Freccero: “Non solo gratis, pur di fare un dispetto a Renzi lavorerei anche in catene”, ha detto il consigliere eletto in quota M5S e Sel.
Gli altri tre (dei 7) membri del Cda in pensione, alle prese con il nodo legislativo sullo stipendio che, a norma di legge, non possono ricevere, sono appunto Guelfi, Mazzuca e Arturo Diaconale.
Proprio Diaconale ha bocciato ieri l’idea di lavorare gratis: “Potrei anche fare il consigliere per puro divertimento, ma sarebbe una cosa bizzarra. E’ la Costituzione che impone la retribuzione per chi svolge un’attività “.

(da “Huffingtonpost”)

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GIANNI BONCOMPAGNI SULLA RAI: “RENZI HA FATTO UN CASINO, IN GIAPPONE SI SARA’ DISTRATTO CON LE GEISHE”

Agosto 6th, 2015 Riccardo Fucile

“I NUOVI CONSIGLIERI? NON LI CONOSCO, LI AVRANNO PRESI A CASO DALL’ELENCO TELEFONICO”

Sulle nomine Rai “hanno fatto troppo casino. Chi? Renzi, Renzi, Renzi. È tutta un’operazione di Renzi, voleva fare tutto da solo e non ha ascoltato nessuno. Sa com’è, era in Giappone con le geishe e si deve essere un po’ confuso e un po’ distratto”.
Ma è sposato.
“Ha ragione, ha la moglie. Facciamo che si è confuso senza l’ausilio delle geishe”.
È molto critico Gianni Boncompagni nei confronti del premier Matteo Renzi per le nomine del nuovo Cda.
In un’intervista al Fatto Quotidiano, l’autore televisivo ricorda i tempi che furono, quelli di Andreotti e Craxi
Le nomine Rai? “Che meraviglia. Un glorioso ritorno agli Ottanta. Al craxismo. Ai tempi belli in cui a dettare legge erano la Dc e il Partito Socialista. Questo Cda sembra proprio diretta espressione del Caf. Alla fine, se riflette bene, tra Cda e Caf cambia solo una lettera”.
Sulle personalità  scelte per andare a comporre il Cda, Boncompagni afferma che “non so chi siano. Non li ho mai sentiti nominare. Credevo fossero dei passanti. Molti in effetti sono dei passanti. Gente presa a caso sull’elenco del telefono. Ad agosto non si trova nessuno ed ecco il risultato”.
Come presidente Rai è stata scelta Monica Maggione, direttore di Rai News 24: “Dunque non Barbara Palombelli? Ha fatto bene a rinunciare. Troppo libera. Meglio allontanarsi e togliersi di torno, la capisco perfettamente. Hanno fatto troppo casino da quelle parti. Chi?
Renzi.
Ironico anche sulla scelta di una donna al vertice di viale Mazzini: “Moderno, Renzi. Proprio moderno. Uno così moderno che di più moderni in giro non ce n’è”.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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LA NEO-CONSIGLIERA RAI RITA BORIONI: “IL SATELLITE? IL DIGITALE? NON SO CHE SIANO, IO MI OCCUPO DI CULTURA”

Agosto 6th, 2015 Riccardo Fucile

AL “MESSAGGERO” LA NUOVA CONSIGLIERA RENZIANA SVELA LA SUA “COMPETENZA”

Consigliera Borioni, lei che si autodefinisce «una tecnica», quale tecnica userà  per battere la concorrenza di Sky?
«Sky?».
Sì, quella televisione che si chiama così.
«Io non ce l’ho Sky».
In che senso, scusi?
«Non ho la parabola».
Sta dicendo che si concorre meglio contro l’avversario, non conoscendolo?
«Ha anche un costo l’abbonamento a Sky».
Eccessivo?
«Non dico questo, ma in tempi di ristrettezze economiche per tutti….».
Insomma non vede Sky?
«Ogni tanto mi capita. Per esempio a casa di mio fratello. Comunque ora l’abbonamento lo farò».
E il digitale terrestre lo sa che cos’è?
«Io mi occupo di cultura».

(da “Huffingtinpost”)

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RAI, LOTT-IZZAZIONE CONTINUA

Agosto 6th, 2015 Riccardo Fucile

SPARTIZIONE ANCHE DEI VICEDIRETTORI, UNO RENZIANO E L’ALTRO DI CENTRO: DE SIERVO E LEONE

Il Patto del Nazareno risorge in viale Mazzini. O nella “palude” di viale Mazzini, come la chiama il direttore di Repubblica Ezio Mauro, secondo cui quello che è andato in scena in questi giorni è “solo una lottizzazione asfittica, che imprigiona quel che può della televisione pubblica, rinunciando a governarla”.
La ritrovata intesa tra Renzi e Berlusconi è stata siglata attorno a Monica Maggioni.
Il neo presidente Rai era nella rosa dei nomi graditi a Matteo Renzi, ma di sicuro non la prima scelta.
Il premier — ricostruisce il Messaggero — avrebbe preferito Simona Ercolani, considerata astro nascente del settore televisivo o Antonella Mansi, ex Mps e numero due di Confindustria.
In alternativa, Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria.
Ma per evitare che la trattativa si prolungasse fino a settembre e che i nomi venissero bloccati in vigilanza, si è deciso di puntare su Maggioni, figura di mediazione gradita a Silvio Berlusconi e soprattutto a Gianni Letta.
Ma il nuovo asse con l’ex Cavaliere — rotto durante l’elezione di Mattarella — può tornare utile a Renzi soprattutto in vista della riforma costituzionale e di quella del Senato in cantiere per settembre, in modo da evitare i possibili agguati della minoranza dem.
La svolta che ha portato Monica Maggioni al vertice di viale Mazzini è arrivata dopo una telefonata all’ora di pranzo con l’ex premier e il suo braccio destro.
L’inviata era fortemente voluta dai forzisti ma ha raccolto l’apprezzamento anche di Luigi Fierro e del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni.
Ma l’accordo tra Renzi e Berlusconi sulla Maggioni è l’apripista per un’altra intesa: quella su due vicedirettori generali interni che dovranno aiutare il futuro direttore generale Antonio Campo Dall’Orto, che una foto de ilfattoquotidiano.it immortala al tavolo di un ristorante dei Parioli insieme al neo presidente, nel giorno in cui il cda discute proprio la nomina del dg.
Insomma, altro che “via i partiti dalla Rai” come annunciava il premier in tv quando era sindaco di Firenze.
Da premier, Renzi è in prima linea per la spartizione delle cariche in viale Mazzini. E i social non perdono l’occasione per rinfrescargli la memoria.
Il primo dei due vicedirettori — anticipano il Messaggero e la Repubblica — sarà  il fedelissimo renziano, De Siervo, sotto il cui controllo andranno la parte corporate e le società  controllate.
Il secondo sarà  il centrista e uomo Rai per eccellenza Giancarlo Leone, a cui spetterà  curare i contenuti, e tagliare il numero dei talk-show. Le due nomine potrebbero arrivare a settembre.
Quando dovranno essere scelti il nuovo direttore di Raiuno e di Rainews 24, lasciata scoperta dalla Maggioni.
Qui potrebbe arrivare l’inviata di guerra Lucia Goracci, esperta di questioni internazionali.
Poi ci sarà  la partita cruciale dei tg generalisti.
A sostituire Bianca Berlinguer al Tg3 potrebbe arrivare l’attuale vicedirettore della rete, Luca Mazzà  o il conduttore di Lineanotte Maurizio Mannoni. Al Tg2 Andrea Covotta potrebbe sostituire Marcello Masi.
Ma l’obiettivo di Campo Dall’Orto e Maggioni è quello di accelerare sul processo di accorpamento delle testate giornalistiche che è già  iniziato sotto la guida di Luigi Gubitosi.
E arrivare così a un’unica contenitore informativo della Rai e dunque a un solo direttore unico.
Il primo step di questo processo prevede però la nascita di due testate. La prima composta da Tg1, Tg2 e Raiparlamento che potrebbe andare a Mario Orfeo che ha avuto il merito di ridare prestigio al Tg1.
La seconda comprende Tg3, Rainews e il web che potrebbe essere affidata proprio alla Goracci.
A capo di tutta l’informazione Rai verrà  messo un “papa straniero”.
Si parla già  — anticipa Repubblica —   del direttore de la Stampa, Mario Calabresi o dell’attuale direttrice di Sky Tg24, Sarah Varetto.
La tabella di marcia di viale Mazzini è in linea con i principi della riforma Rai di cui si riparlerà  a settembre e che darà  la delega al governo per riscrivere il testo unico della Tlc e avviare la cancellazione della Gasparri.
A ottobre, invece, verrà  approvata la nuova governance e il dg Campo Dall’Orto avrà  poteri da amministratore delegato.
“In quel momento di fatto il cda e il presidente conteranno poco o nulla, a comandare davvero sarà  un nostro uomo”, confida un renziano a il Messaggero.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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PREMIATO IL MERITO? MA SE LA MAGGIONI HA FATTO CROLLARE GLI ASCOLTI DI RAINEWS24

Agosto 6th, 2015 Riccardo Fucile

PERO’ HA PARTECIPATO ALL’INCONTRO ANNUALE DEL CLUB BILDEBERG A COPENHAGEN

A fronte delle nomine Rai, il premier Renzi ha affermato che è stata premiata la competenza.
Il solito vetusto richiamo alla presunta “meritocrazia”, concetto con cui ormai si cerca di propinare agli imbecilli il peggior clientelismo.
Non a caso su sette consiglieri di amministrazione della Rai, ne sono stati nominati sei che la Tv l’hanno al massimo vista dalla poltrona di casa.
Ma fingiamo di credere per un attimo che sia stato seguito il concetto “meritocratico”.
La neo presidente Monica Maggioni, oltre ad avere un padre della Fiom e un fidanzato di destra, che “meriti” avrebbe conseguito sul campo?
Sappiamo che ha diretto per due anni e mezzo RaiNews24 con un risultato disastroso, nonostante siano aumentati budget, mezzi e personale (ben 120 dipendenti) della rete all-news.
Ma facciamo parlare i dati ufficiali Rai.
Ecco qui lo share di RaiNews24 da quando è direttore la Maggioni (dal 10 gennaio 2013):
share medio 2013 0,68%
share medio 2014 0,57%
share medio 2015 0,52% (primi 6 mesi)
Già  se la passava male, sono stati investiti milioni e il risultato è di aver perso il 20% circa di telespettatori in quasi tre anni.
In qualsiasi azienda privata la Maggioni sarebbe già  stata accompagnata alla porta, in Italia la nominano presidente della Rai.
Poi si viene a sapere che la Maggioni bazzica gli ambienti della Commissione Trilaterale e del Bilderberg e che ha partecipato a Copenhagen alla loro ultima riunione.
E allora una risposta forse potete darvela.

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RAI, L’AUDACE COLPO DEI SOLITI NOTI

Agosto 6th, 2015 Riccardo Fucile

LA MAGGIONI NON CONTERA’ NULLA, SARA’ LA RAI DI CAMPO DALL’ORTO,   “IL PORTACHIAVI DI AFEF”

Nell’estate del 1994, approfittando delle vacanze e dei Mondiali di calcio negli Usa, il governo Berlusconi I si prese tutto in due giorni e quattro mosse.
Il 12 luglio cambiò il vertice Rai, piazzando la Moratti al posto degli odiati (dai partiti) “professori”.
E il 13 luglio convocò il Consiglio dei ministri durante la semifinale Italia-Bulgaria, varando alla chetichella tre decreti-vergogna: il condono che salvava le imprese coinvolte in Tangentopoli dalla legge Merloni del 1993 sugli appalti; il condono fiscale, pudicamente ribattezzato “concordato” da Tremonti, per salvare un bel po’ di evasori; e il decreto Biondi, che proibiva la custodia cautelare in carcere per i colletti bianchi e chiudeva violentemente Mani Pulite (decreto poi ritirato da B. a furor di popolo, di Bossi e di Fini).
Renzi non è B., ma vorrebbe tanto.
E sempre in piena estate, nel giro di pochi giorni, nell’ordine: ha ripristinato di fatto l’immunità  parlamentare proclamando che il Parlamento non deve fare “il passa carte delle Procure” e può salvare dalle manette l’Azzollini di turno senz’alcuna prova di fumus persecutionis (basta dire che “potrebbe esserci”, con tanti saluti all’autonomia dei giudici e alla Costituzione); e ha occupato la Rai dettando da Tokyo un Cda e un Dg che più mediocri e obbedienti non si poteva; infine ha coperto il tutto nominando a presidente (carica per lo più onorifica) la giornalista Monica Maggioni, direttora di RaiNews24, bella presenza, “appena cinquantenne” e soprattutto donna.
Un po’ di fumo negli occhi per nascondere la resurrezione del Nazareno in soli due giorni.
La Maggioni piace a tutti, da Renzi a B. al montiano Gubitosi, ma conterà  poco o nulla.
Il vero potere sarà  nelle mani di Antonio Campo Dall’Orto, ex berlusconiano poi lettiano ora renziano, ma soprattutto grande esperto di super stipendi, buchi di bilancio e ascolti da prefisso telefonico nell’unica esperienza televisiva degna di nota: quella a La7 nell’èra Tronchetti Provera, quand’era considerato il portachiavi di Afef.
Siccome B. non fa nulla gratis, specie nel ramo tv, sapremo presto quante vicedirezioni generali e quante direzioni di rete e di tg gl ihanno promesso,oltre ai due posti nel Cda, in cambio dei suoi voti decisivi con la maggioranza.
Senza contare che l’aurea mediocrità  di tutta l’operazione non può che rallegrare Mediaset, dove B. non avrebbe mai nominato nessuno dei neo consiglieri Rai, men che meno quelli scelti da lui (Diaconale e Mazzuca).
Ora si parla di una circolare del dg uscente Gubitosi che vieterebbe di nominare nel Cda quattro pensionati.
Il solito specchietto per le allodole per nascondere la vera, plateale e scandalosa violazione: quella della legge Gasparri.
In un famoso sketch di Raiot (2004), Sabina Guzzanti e Neri Marcorè impersonavano una giornalista spagnola e Maurizio Gasparri in una tragicomica intervista: la prima tentava di farsi spiegare la legge dall’autore omonimo; ma questi confessava non solo di non averla scritta, ma di non averla neppure letta e la pregava— caso mai ci capisse qualcosa — di fargli un disegnino.
Raiot fu subito chiuso dopo quell’unica puntata e la Guzzanti — così come tutti gli altri satirici— non mise più piede in Rai.
Sono trascorsi 11 anni, ma la Gasparri è sempre viva e lotta insieme a noi, utilissima a tutti i governi- Renzi compreso — per papparsi pure gli ossicini del cavallo di Viale Mazzini.
Ma nessuno s’è mai preso la briga di leggerla. A parte forse Bersani, che indicò Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo, non proprio competenti di tv, ma senz’altro indipendenti; e a parte i 5 Stelle che hanno eletto Freccero, unico consigliere dalla notte dei tempi che assommi sia la competenza sia l’indipendenza.
Questi requisiti non sono una fisima dei soliti sofisti,ma una precisa prescrizione di legge, la Gasparri appunto (n.112/2004).
Art. 20, comma 4: “Possono essere nominati membri del consiglio di amministrazione della Rai… persone di riconosciuto prestigio e competenza professionale e di notoria indipendenza di comportamenti, che si siano distinte in attività  economiche, scientifiche, giuridiche, della cultura umanistica o della comunicazione sociale, maturandovi significative esperienze manageriali”.

Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)

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