RAI, L’AUDACE COLPO DEI SOLITI NOTI
LA MAGGIONI NON CONTERA’ NULLA, SARA’ LA RAI DI CAMPO DALL’ORTO, “IL PORTACHIAVI DI AFEF”
Nell’estate del 1994, approfittando delle vacanze e dei Mondiali di calcio negli Usa, il governo Berlusconi I si prese tutto in due giorni e quattro mosse.
Il 12 luglio cambiò il vertice Rai, piazzando la Moratti al posto degli odiati (dai partiti) “professori”.
E il 13 luglio convocò il Consiglio dei ministri durante la semifinale Italia-Bulgaria, varando alla chetichella tre decreti-vergogna: il condono che salvava le imprese coinvolte in Tangentopoli dalla legge Merloni del 1993 sugli appalti; il condono fiscale, pudicamente ribattezzato “concordato” da Tremonti, per salvare un bel po’ di evasori; e il decreto Biondi, che proibiva la custodia cautelare in carcere per i colletti bianchi e chiudeva violentemente Mani Pulite (decreto poi ritirato da B. a furor di popolo, di Bossi e di Fini).
Renzi non è B., ma vorrebbe tanto.
E sempre in piena estate, nel giro di pochi giorni, nell’ordine: ha ripristinato di fatto l’immunità parlamentare proclamando che il Parlamento non deve fare “il passa carte delle Procure” e può salvare dalle manette l’Azzollini di turno senz’alcuna prova di fumus persecutionis (basta dire che “potrebbe esserci”, con tanti saluti all’autonomia dei giudici e alla Costituzione); e ha occupato la Rai dettando da Tokyo un Cda e un Dg che più mediocri e obbedienti non si poteva; infine ha coperto il tutto nominando a presidente (carica per lo più onorifica) la giornalista Monica Maggioni, direttora di RaiNews24, bella presenza, “appena cinquantenne” e soprattutto donna.
Un po’ di fumo negli occhi per nascondere la resurrezione del Nazareno in soli due giorni.
La Maggioni piace a tutti, da Renzi a B. al montiano Gubitosi, ma conterà poco o nulla.
Il vero potere sarà nelle mani di Antonio Campo Dall’Orto, ex berlusconiano poi lettiano ora renziano, ma soprattutto grande esperto di super stipendi, buchi di bilancio e ascolti da prefisso telefonico nell’unica esperienza televisiva degna di nota: quella a La7 nell’èra Tronchetti Provera, quand’era considerato il portachiavi di Afef.
Siccome B. non fa nulla gratis, specie nel ramo tv, sapremo presto quante vicedirezioni generali e quante direzioni di rete e di tg gl ihanno promesso,oltre ai due posti nel Cda, in cambio dei suoi voti decisivi con la maggioranza.
Senza contare che l’aurea mediocrità di tutta l’operazione non può che rallegrare Mediaset, dove B. non avrebbe mai nominato nessuno dei neo consiglieri Rai, men che meno quelli scelti da lui (Diaconale e Mazzuca).
Ora si parla di una circolare del dg uscente Gubitosi che vieterebbe di nominare nel Cda quattro pensionati.
Il solito specchietto per le allodole per nascondere la vera, plateale e scandalosa violazione: quella della legge Gasparri.
In un famoso sketch di Raiot (2004), Sabina Guzzanti e Neri Marcorè impersonavano una giornalista spagnola e Maurizio Gasparri in una tragicomica intervista: la prima tentava di farsi spiegare la legge dall’autore omonimo; ma questi confessava non solo di non averla scritta, ma di non averla neppure letta e la pregava— caso mai ci capisse qualcosa — di fargli un disegnino.
Raiot fu subito chiuso dopo quell’unica puntata e la Guzzanti — così come tutti gli altri satirici— non mise più piede in Rai.
Sono trascorsi 11 anni, ma la Gasparri è sempre viva e lotta insieme a noi, utilissima a tutti i governi- Renzi compreso — per papparsi pure gli ossicini del cavallo di Viale Mazzini.
Ma nessuno s’è mai preso la briga di leggerla. A parte forse Bersani, che indicò Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo, non proprio competenti di tv, ma senz’altro indipendenti; e a parte i 5 Stelle che hanno eletto Freccero, unico consigliere dalla notte dei tempi che assommi sia la competenza sia l’indipendenza.
Questi requisiti non sono una fisima dei soliti sofisti,ma una precisa prescrizione di legge, la Gasparri appunto (n.112/2004).
Art. 20, comma 4: “Possono essere nominati membri del consiglio di amministrazione della Rai… persone di riconosciuto prestigio e competenza professionale e di notoria indipendenza di comportamenti, che si siano distinte in attività economiche, scientifiche, giuridiche, della cultura umanistica o della comunicazione sociale, maturandovi significative esperienze manageriali”.
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)
Leave a Reply