Agosto 17th, 2015 Riccardo Fucile
IL PREMIER IGNORA I NUMERI ED ESULTA DA SOLO
Angela Merkel e l’Expo. In un colpo solo, con entusiasmo irresistibile, Matteo Renzi li celebra
entrambi.
Oggi pomeriggio la cancelliera visita l’esposizione e il premier non trattiene il giubilo: “Prosegue la straordinaria stagione di Expo”.
Merkel è stata a lungo corteggiata dal presidente del Consiglio nei giorni passati.
Il suo arrivo, malgrado l’invito ufficiale, era rimasto in dubbio: “Ha l’agenda piena — aveva detto Renzi, come lo spasimante ferito che teme il rifiuto — ma cercheremo di tentarla con i prodotti italiani”.
Infine, la trepidazione del partner fedele è stata soddisfatta: Merkel (che ieri ha annunciato una sua possibile ricandidatura) doveva venire martedì, poi ha anticipato di un giorno.Arriva alla fiera oggi pomeriggio alle 17 e 30.
Ad essere onesti sarà una visita lampo, con rigida programmazione: 17.50, visita al padiglione tedesco e 18 e 25 passaggio conclusivo al Padiglione Italia (oltre ai leader, ci saranno i rispettivi consorti, Joachim Sauer e Agnese Landini).
Pochino, ma meglio di niente. Per Renzi è soprattutto il pretesto per un’ennesima sviolinata sull’esposizione universale.
Il segretario del Pd ha parlato di “ottimi risultati anche in questi giorni di Ferragosto”e ha definito quello di Expo addirittura “un incredibile successo di pubblico,di visitatori che continuano e continueranno nei prossimi mesi a venire a Milano”.
In attesa dei numeri di agosto, in questi mesi il Fatto ha raccontato con dovizia di particolari le incongruenze tra le cifre divulgate dal commissario di Expo, Giuseppe Sala, e quelle effettive registrate dai tornelli della fiera.
I primi due mesi, maggio e giugno, si erano chiusi con un bilancio ufficioso — quello dichiarato da Sala — rispettivamente di 2,7 e 3,3 milioni di visitatori, mentre i numeri degli accessi — pubblicati su questo giornale — si fermavano a 1,9 e 2,2 milioni.Rispetto ai 6 milioni di cui aveva parlato l’organizzazione, una differenza di ben 1 milione e 700 mila ingressi ai tornelli (che peraltro non distinguono tra chi entra per lavoro e chi entra con un biglietto: i paganti quindi sono ancora meno).
Idem a luglio: 2,8 milioni di visitatori secondo Sala; 2,2 quelli reali.
Tommaso Rodano
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 17th, 2015 Riccardo Fucile
LA RIPRESA NON DECOLLA
Nessuno sin qui lo esplicita, ma al governo non piace affatto quello 0,2% di pallido rialzo del Pil registrato dall’Istat per il secondo trimestre e reso noto alla vigilia di Ferragosto.
Non piace perchè, se tutto va bene, nel 2015 l’Italia porterà a casa quanto previsto in aprile col Def, lo 0,7% in più di crescita.
Uno scenario da minimo sindacale e probabilmente da Cenerentola d’Europa, non a caso definito dal governo stesso in quel Documento di economia e finanza “prudenziale”.
Un modo per restare bassi, scommettendo sotto sotto sull’effetto a sorpresa del +1% a fine anno.
Effetto che ora sembra dileguarsi. Non solo.
L’Italia dovrà sudare per tenersi stretto almeno lo 0,7%, a detta di analisti ed economisti, assicurandosi un +0,4 e un +0,3 nei restanti due trimestri senza compromettere pure le previsioni per il 2016 (+1,4).
E ancor di più per ottenere da Bruxelles gli sconti auspicati. Con performance così poco brillanti, per la verità condivise pure da Francia e Germania, la trattativa con l’Europa riparte in salita. Pur essendo cruciale, mai come quest’anno
La legge di Stabilità , da confezionare entro la metà di ottobre, viaggia già attorno ai 25 miliardi lordi.
Ne servono ben 19 solo per scongiurare le clausole di salvaguardia (aumento di Iva e accise e taglio delle detrazioni), per applicare tre sentenze della Consulta (Robin tax bocciata, rivalutazione delle pensioni e rinnovo dei contratti pubblici) e lo stop dell’Ue alla reverse charge per i fornitori della grande distribuzione, un meccanismo tributario contro l’evasione Iva.
E poi ci sono le tante promesse fatte dal premier Renzi e dai suoi ministri.
Sei su tutte: risorse per i poveri (i cosiddetti incapienti, tagliati fuori dal bonus da 80 euro), gli autonomi, il Mezzogiorno, la flessibilità in uscita per le pensioni, gli sgravi per il lavoro, la casa.
Solo il piano casa è un capitolo sterminato.
Renzi ha intenzione di cancellare dal 2016 la Tasi sulle prime abitazioni, l’Imu agricola e quella sui macchinari imbullonati, cioè ancorati al suolo. Costo: 5 miliardi. Nello stesso tempo ha rinviato all’autunno la riforma del catasto (con la revisione delle rendite) e l’introduzione della Local tax.
Ce la farà ? Nell’ottica del triennio 2016-2018, quello che accompagna il Paese alle elezioni, le tasse dovrebbero poi calare di ben 35 miliardi (casa compresa), la famosa “rivoluzione copernicana” annunciata a luglio.
Nel 2017 tocca alle imprese (15 miliardi in meno tra Irap e Ires giù al 24%, «un punto in meno della Spagna»). Nel 2018 ai lavoratori (15 miliardi in meno di Irpef).
Come finanziare un programma così ambizioso, voluto per spingere i due pilastri dell’economia italiana fino ad oggi così recalcitranti, cioè crescita e occupazione?
Il taglio della spesa — il piano Gutgeld da 10 miliardi — è pericoloso, si sa.
Toccare sanità e agevolazioni fiscali, seppur evitando l’accetta, può avere un effetto depressivo, l’opposto di quanto ripromesso.
Oltre che alimentare sollevazioni popolari, come il caso della stretta sulle analisi cliniche e la diagnostica dimostra (ma ancora da declinare).
E poi 10 miliardi sono pochi, data l’agenda.
L’altro ruscello a cui abbeverarsi è la flessibilità targata Bruxelles.
L’Italia si è già assicurata due clausole: quella per ciclo economico avverso, con uno sconto dallo 0,5 allo 0,25% dell’aggiustamento richiesto, e l’altra per le riforme (che vale 6,4 miliardi sul 2016, eventualmente da estendere al 2017).
Ora punta alla terza: la clausola per gli investimenti.
L’argomento debole è la crescita. Quello forte, il deficit, ben sotto il 3% (violato da molti in Europa, a partire dalla Francia): non sarà difficile chiudere quest’anno al 2,6%, il prossimo si prevede l’1,8% (e il pareggio nel 2017).
Valentina Conte
(da “La Repubblica“)
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Agosto 17th, 2015 Riccardo Fucile
PARLAMENTARI CHE DIVENTANO ASSESSORI, EX DEPUTATI, TROMBATI CHE PRESIEDONO AUTORITA’…LA PRATICA DI CUMULARE MANDATI
Due settimane fa due parlamentari Pd (Stefano Esposito e Marco Causi), diventando assessori nel
Comune di Roma (Causi anche vicesindaco), hanno annunciato che non lasceranno il posto in parlamento ma si limiteranno a rinunciare al secondo stipendio. Sia pure in forma light, è l’ennesimo caso di cumulo di cariche in Italia.
Una delle proprietà di questo paese, infatti, è l’assenza di qualunque cultura dell’incompatibilità .
Alcune categorie arrivano a sommare, in successione ininterrotta ma anche con spettacolari Sincronie, incarichi pubblici a fasci.
Tra queste spiccano gli esponenti delle più diverse magistrature, politici (trombati e no) di tutte le appartenenze, parapolitici e componenti dei Poteri Forti.
Il cittadino assiste incredulo: come riescono costoro a fare ciò che a lui risulta impossibile?
Certo ,se l’Italia piange altri Paesi non ridono.
In Francia si può esser sindaco di una grande città e ministro.
Il caso è così frequente che un termine poco onorevole lo designa: il collezionista di cariche è un cumulard.
Il povero Hollande s’era impegnato a cancellare questa figura impopolare, ma a tutt’oggi non ci è riuscito. Quando venne fuori che l’allora presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, collezionava incarichi (pubblici e privati) a palate, Enrico Letta, capo del governo, annunciò misure per rendere esclusive le cariche nella sfera pubblica.
Non accadde nulla, nè pare che la questione abbia alcun posto nell’agenda del governo Renzi.
Nella questione dei cumuli si sovrappongono due facce: il conflitto di interesse e l’incompatibilità .
È in conflitto di interessi chi detiene cariche che lo mettono in condizione di prendere iniziative e misure che possono portargli vantaggio personale; si ha incompatibilità quando si ricoprono più cariche che non possono stare insieme, tanto più se cumulando i connessi redditi.
La fenomenologia è vasta e complicata.
Anzitutto è incompatibile chi è nello stesso momento controllore e controllato.
Questo è il caso dell’avvocato che si fa parlamentare senza smettere la professione e che quindi è in condizione di scriversi leggi su misura.
Si ha incompatibilità anche quando l’insieme delle due cariche non permette al titolare, a lume di buon senso e di decenza, di svolgere con dedizione e indipendenza l’una e l’altra.
Questo è il caso dei parlamentari-assessori e dei sindaci-deputati.
Fino all’ultima legislatura perfino i presidenti di regione potevano sedere in parlamento.
La stessa cosa vale per i componenti di altre categorie (medici, professionisti diversi) che non sospendono l’attività se eletti.
Esistono però anche miriadi di casi di incompatibilità e di cumulo non visibili a occhio nudo: eletti che hanno posti in consigli di amministrazione della miriade di società pubbliche e para-pubbliche, nazionali e locali.
Esiste il caso della carica ricoperta per comando, che si porta appresso insieme allo stipendio nuovo anche quello vecchio.
Questa era la situazione dei tanti consiglieri di Stato operanti come capi di gabinetto, segretari generali, dirigenti di ministero, che hanno incassato per decenni doppio malloppo.
Lo scandalo è finito con una misura del governo Monti, ma non sono sicuro che,nel labirinto del pubblico,non ci siano ancora situazioni dello stesso tipo.
Quando l’incompatibilità è diacronica, sfrutta il sistema che negli Usa si chiama delle sliding doors, le “porte scorrevoli”.
Consiste nel passare da una sfera pubblica all’altra in serie, profittando di occulte passerelle: dal sindacato alla politica o alle aziende pubbliche , dalle aziende pubbliche alla politica, dal parlamento alle municipalizzate o alle autorità , con totale spregio di ogni requisito di competenza.
Il salto di Lapo Pistelli da sottosegretario agli esteri a vicepresidente dell’Eni ha fatto qualche scandalo.
Meno rumore ha suscitato il balzo di Antonello Soro dal parlamento alla presidenza di un’Autorità o quello dei magistrati che zompano in politica e poi, se trombati,ritornano al loro mestiere senza batter ciglio.
Nessun rumore ha fatto il passaggio di ex ministri dell’economia a posizioni di vertice nella finanza privata: Domenico Siniscalco, Vittorio Grilli…
Non mancano scivolose commistioni pubblico-privato:fino a qualche tempo fa il presidente del Consiglio di Stato era anche capo della commissione per l’assegnazione di immobili del Vaticano (sic!).
Raffaele Simone
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 17th, 2015 Riccardo Fucile
CASTA E PALAZZI, CONFERMATI GLI AFFITTI DI FAVORE
“L’articolo del Fatto Quotidiano del 15 agosto, relativo alle recenti decisioni assunte in tema di alloggi di servizio dalla Presidenza della Repubblica, non coglie appieno la portata delle nuove disposizioni”.
Il Quirinale inizia così la lettera inviata al nostro giornale, dopo il decreto presidenziale sugli alloggi di servizi dati in“concessione”.
Quello che la Presidenza della Repubblica propone è un altro punto di vista di una notizia che non viene smentita.
Punto di vista pienamente accolto ieri da diversi organi di stampa che, dopo la pubblicazione della notizia da parte del Fatto, hanno ripreso titolato: “Tagli al Quirinale, Mattarella: ‘Via chi non ha i requisiti’”.
Un modo per rivendicare la funzione di moralizzazione del Presidente.
Che Sergio Mattarella abbia fatto dei tagli è vero: da settembre, infatti, si deciderà a chi dare gli appartamenti ‘di servizio’, liberando anche“vaste aree immobiliari vicino al Quirinale, che quindi saranno destinate a un uso pubblico”.
Gli alloggi verranno distribuiti tra il personale del Segretariato Generale ma solo a chi è ritenuto necessariamente reperibile 24 ore su 24,anche oltre l’orario d’ufficio.
Si produrrà , così, “un risparmio di denaro pubblico” mentre il nuovo regolamento punta a mettere fine“all’esistenza di alloggi di servizio non motivata da esigenze dell’Amministrazione”.
La preoccupazione per gli sprechi di denaro pubblico e l’ansia di dare segnali positivi in tal senso caratterizza l’azione del Quirinale dal momento del suo insediamento. Nell’articolo pubblicato dal Fatto, però, scrivevamo che il canone che dovrà pagare il personale selezionato, sarà di gran lunga inferiore a quello degli affitti in zone così centrali a Roma.
Secondo il decreto firmato il 6 agosto sui 58 appartamenti che fanno parte del Fabbricato San Felice, di quello Martinucci, delle Scuderie da Tiro e del palazzo di Sant’andrea,“gli alloggi di servizio sono assegnati, anche secondo un principio di rotazione,al personale del Segretariato generale chiamato a svolgere funzioni e mansioni la cui piena ed effettiva continuità di esercizio è ritenuta strettamente necessaria per il buon andamento e l’efficienza dell’Amministrazione”.
Chi rientrerà in questa categoria dovrà pagare un canone (oltre le utenze e il secondo parcheggio) assai ridotto rispetto ai prezzi di mercato. Come stabilito dall’articolo 8 dello stesso decreto, “3 euro e 60 al metro quadrato, per i primi cento metri; 5 euro e 40 al metro quadrato, per i metri quadrati eccedenti i primi cento”.
Valeria Pacelli
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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