Destra di Popolo.net

TRA UNA SETTIMANA “LA COSA” DI DESTRA: INTERVISTA AL “QUARANTENNE ALESSANDRO URZI’

Novembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile

CONFERMATE LE NOSTRE ANTICIPAZIONI: UN NUOVO SOGGETTO POLITICO CON RIFERIMENTO AD AN, DISTANTE DA FDI E LEGA… “ROTTAMARE FINI E ALEMANNO? NO, NOI VOGLIAMO ROTTAMARE RENZI”

«Di Fini e Alemanno? Non è di nessuno se non degli italiani». Alessandro Urzì, consigliere regionale e provinciale dell’Alto Adige nel cuore, è un “quarantenne”: ossia uno dei firmatari della famosa mozione sconfitta all’assemblea della Fondazione An che chiedeva la ricomposizione della diaspora della destra a partire da quella “casa madre”.
Urzì risponde così sulle voci che danno come nascente il nuovo soggetto politico ispirato alla mozione
Iniziamo dai rumor. Sta nascendo il partito di Fini e Alemanno?
«Non è un partito, ma una associazione che vuole riaggregare, rianimare una comunità  fiaccata dalla diaspora seguita all’esaurimento del progetto del Pdl, seguito allo scioglimento di Alleanza nazionale. Riteniamo che esista un largo spazio politico che va colmato. Non vogliamo avere padrini o padroni nel coltivare questo sogno di riscatto».
Che cosa sarà  allora «Azione nazionale»
«Il nome lo comunicheremo lunedì, quindi non faccio anticipazioni, ma non soffermiamoci sulla forma, il nostro progetto è soprattutto sostanza. Siamo un gruppo numeroso di italiani che sentono su di loro il peso della responsabilità  di creare le condizioni per cui la destra, ma anche l’intero centrodestra possa esercitare il ruolo protagonista che le spetta».
Il richiamo ad An ci sarà ?
«Ci sarà  ovviamente in primo luogo nel valore assoluto che ha avuto An, ossia quello di unire anime diverse, traendo da ciascuna di esse il riferimento per una politica nell’esclusivo interesse nazionale. Manca molto oggi tutto questo…»
In polemica con Fratelli d’Italia?
«Non cerchiamo la polemica con nessuno. Anche nella nostra sfida in Fondazione avevamo posto un tema politico: un congresso di fondazione di un nuovo soggetto a cui potessero aderire oltre a Fdi tutte le anime della diaspora. Un congresso, ribadisco, per costruire assieme qualcosa avvertito da tutti come la propria nuova casa di cui ci sentiamo orfani. Ha vinto, di stretta misura (ma solo fra gli iscritti alla Fondazione, l’Italia a cui ci rivolgiamo è un’altra) la linea dettata da FdI di un loro congresso, a cui saremmo stati invitati ad aderire. Se volevamo aderire a FdI lo potevamo fare anche ieri. C’è bisogno, e lo dico con rispetto verso gli amici di Fratelli d’Italia, di un perimetro più ampio, non subordinato alla Lega Nord. Lavoreremo a questo».
Fini e Alemanno non avranno ruoli. È una «rottamazione» a destra?
«Se dobbiamo rottamare qualcuno questo è Renzi. Ma non vogliamo nemmeno che si dica di questo nostro sforzo quello che non è, ossia il partito di altri. Una volta che la sfida viene raccolta da chi non ha rivestito ruoli primari nella politica nazionale riconoscetegli il coraggio: l’impresa è di chi ci crede».

Antonio Rapisarda
(da “il Tempo”)

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SENZA MARCHINI CENTRODESTRA ROMANO ALLO SFASCIO

Novembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile

UN SONDAGGIO INTERNO AI PARTITI INDICA CHE SOLO CON LA   “CIVICA” SI ARRIVA AL 35%… ALTRI CANDIDATI NON ARRIVEREBBERO NEANCHE AL BALLOTTAGGIO

Una lotta per la sopravvivenza. Di questo si tratta per il centrodestra capitolino, catapultato in una campagna elettorale che lo sorprende senza leader e con i soliti, vecchi, inutili rancori.
Numeri alla mano, tuttavia, i sogno di riconquistare il Campidoglio passa soltanto per un nome, quello del civico Alfio Marchini.
Secondo un sondaggio interno il centrodestra, vale a dire Forza Italia, Fratelli d’Italia, Nuovo Centrodestra, Noi con Salvini, Conservatori e Riformisti, La Destra, Altra Destra, ad oggi, è bloccato al 20 per cento del consenso elettorale.
Le simulazioni effettuate sui possibili candidati, come ad esempio la leader FdI, Giorgia Meloni, cambiano di poco il risultato: 24, 25%.
Vale a dire fermarsi al primo turno, schiacciati dal Movimento 5 Stelle, ad oggi dato ancora sopra la soglia del 30% e da un Pd che, nonostante la crisi e pur partendo dal minimo storico del 17%, ha risorse sufficienti per arrivare al ballottaggio e riconquistare il Campidoglio.
Per questo la scelta di Silvio Berlusconi di puntare tutto sul leader della Civica, Alfio Marchini, sembra non più procrastinabile.
L’ingegnere potrebbe sparigliare le carte di Pd e grillini e giocarsi la vittoria finale.
Una strategia che garantirebbe la sopravvivenza di un centrodestra polverizzato da inchieste giudiziarie, un passato recente di governo alla Regione Lazio e al Campidoglio tutto da cancellare, e da una tardiva resa dei conti che ha di fatto smantellato anche quel minimo di apparato Pdl che pure si era costruito tra una faida e l’altra. Non solo.
Il «listone» civico capeggiato da Marchini e appoggiato dal centrodestra, misurandosi nella Capitale, rappresenterebbe un banco di prova decisivo a livello nazionale.
La nuova legge elettorale infatti impone liste uniche e non più coalizioni di governo.
Una misura necessaria quella che il centrodestra della Capitale è costretto a prendere, cedendo – o meglio tornando – a quel mondo civico che ne è stato poi la fortuna e la maledizione.
La chiusura tuttavia di Fratelli d’Italia sulla candidatura unitaria di Alfio Marchini, senza neanche passare per le primarie, rischia di rompere le uova ancor prima di finire nel paniere.
Difficile infatti una candidatura di Giorgia Meloni in solitaria. Non avrebbe la forza nè di vincere nè di saltare dal tramplino che la lancerebbe come leader nazionale di uno schieramento unitario.
La via dunque sarebbe quella di una candidatura di partito, come ad esempio Fabio Rampelli, per mantenere un consenso intorno al 7% e presentarsi poi al tavolo del ballottaggio.
Una roulette russa insomma, dalla quale tuttavia potrebbero uscire tanti perdenti e nessun vincitore.

Susanna Novelli
(da “il Tempo”)

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PROSPERITA’, L’ITALIA IN SERIE B: E’ AL 37° POSTO SU 142 PAESI

Novembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile

PUNTO DI FORZA LA SANITA’, LATO PEGGIORE LA LIBERTA’ PERSONALE… MEGLIO DI NOI QUASI TUTTE LE NAZIONI UE

L’Italia si conferma nella serie B dei 142 Paesi più posperi alla 37esima posizione anche nel 2015.
E’ quanto emerge, scrive il Daily Telegraph, dal “2015 Propserity Index” ( www. prosperity. com/#!/ ) del think-tank londinese ” The Legatum Institute”.
I punti di forza del nostro Paese sono la sanità , per cui siamo 22 esimi, mentre il lato peggiore – non proprio avvertita come un emergenza dalla maggioranza dei connazionali – è la libertà  personale, per cui siamo 48esimi.
Siamo messi malino anche per l’istruzione, 47esimi, per l’economia ‘tout court, 44esimi, per la pubblica amministrazione, 42esimi, non siamo il massimo come punto di attrazione del business, 41esimi, e per la sicurezza siamo 39esimi.
Il paradiso in terra secondo l’indice resta sempre la Norvegia, come da sette anni a questa parte, seguita da Svizzera, Danimarca, Nuova Zelanda e Svezia.
L’inferno in terra è la Repubblica Centrafricana, l’Afghanistan, Haiti, il Ciad ed il Burundi.
Meglio di noi in Ue, quasi tutti: l’Olanda è ottava, l’Irlanda decima, tredicesimo il minuscolo ma prospero Lussemburgo, la Germania è 14esima, il Regno Unito quindicesimo, sedicesima l’Austria.
Saltando un po’ la Spagna è 22esima e la Polonia e 29esima.
Nella serie B europea ci batte la Slovacchia 35esima.

(da “La Repubblica”)

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UN ANNO PERSO IN 17 UFFICI: COME LA BUROCRAZIA BLOCCA LE OPERE CONTRO LE ALLUVIONI

Novembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile

NEANCHE UN EURO DEI 650 MILIONI DISPONIBILI E’ STATO SPESO… CINQUE PASSAGGI ALLA CORTE DEI CONTI IN DIECI MESI

Da un anno ci sono 650 milioni di euro nelle casse dello Stato, stanziati per opere necessarie a curare il dissesto idrogeologico. Soldi disponibili, interventi decisi.
E sono tutti d’accordo: ministeri, organi contabili, Regioni, popolazioni.
Eppure in un anno di ordinaria burocrazia nemmeno un centesimo è stato speso.
Il dramma di questa vicenda è che non c’è niente di anomalo.
Per una volta non è questione di ostacoli tecnici, errori amministrativi, conflitti di competenze, inerzia politica, come per i 2,3 miliardi stanziati nel 2009 e non utilizzati (su 1647 opere previste in quel piano, ne sono state completate solo 183).
Nè ci sono contenziosi tra imprese a bloccare i lavori o sospensive decise da Tar e Consiglio di Stato, a torto additati al pubblico ludibrio nell’ottobre 2014, dopo l’ennesima alluvione del Bisagno a Genova, con un grottesco scaricabarile politico.
LA FISIOLOGIA
No, questa volta tutto è andato perfettamente, siamo solo prigionieri di un fisiologico labirinto burocratico.
Quattro mesi e mezzo per scrivere e vistare la delibera del Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica.
Cinque passaggi alla Corte dei Conti. Diciassette diversi uffici pubblici coinvolti. Tre ministeri. Carte che rimbalzano per decine di volte tra gli enti interessati. Risultato: quattrini fermi per un anno.
Domani il ministro dell’Ambiente Galletti e sette governatori firmeranno gli accordi di programma definitivi. Poi la Corte dei Corti dovrà  registrali.
A quel punto i soldi saranno materialmente utilizzabili dalle Regioni, che avvieranno le procedure di gara delle opere. Altri mesi.
Se tutto va bene, nella primavera del 2016 si apriranno i primi cantieri, a un anno e mezzo dalla definizione del piano operativo. E a fine 2016 sarà  speso il 20-25% dei 650 milioni di euro.
«Come un pellegrinaggio sul cammino di Compostela, trasportando per mesi dieci pagine essenziali sulle tante scrivanie di una miriade di uffici e lasciandole in attesa di firme, visti, timbri, bollinature», scrive Erasmo D’Angelis, messo da Renzi a capo della task force di Palazzo Chigi prima di transitare alla direzione dell’Unità , nel libro «Un Paese nel fango», in uscita da Rizzoli.
IL CAMMINO A OSTACOLI
Il pellegrinaggio comincia nel novembre 2014, quando la task force di Palazzo Chigi contatta Comuni e Regioni, chiedendo di segnalare opere cantierabili.
A dicembre arrivano richieste per 1,5 miliardi. Si fa una scrematura da cui esce l’elenco di 33 opere prioritarie nelle grandi aree urbane: dal Bisagno a Genova al Seveso a Milano. Alcune attese da mezzo secolo.
A metà  gennaio 2015 la palla passa al ministero dell’Economia e alla Ragioneria dello Stato, per trovare i soldi.
Il 20 febbraio il Cipe assegna con una delibera i primi 650 milioni. Quattro giorni dopo il decreto della presidenza del Consiglio con i criteri di selezione dei progetti è pronto e viene inviato alla Corte dei Conti per la registrazione, che avviene a fine marzo.
A questo punto la palla torna nelle mani del governo, ma passa più volte da Palazzo Chigi al ministero dell’Economia, a quello dell’Ambiente e a quello delle Infrastrutture. Capi di gabinetto, direttori generali, ministri…
Il 21 maggio Renzi firma la delibera Cipe e la invia alla Corte dei Conti. Nel frattempo le Regioni chiedono modifiche al primo decreto di Renzi sui criteri di priorità  per scegliere le opere.
Il primo decreto viene modificato e inviato di nuovo alla Corte dei Conti, che lo registra il 15 giugno. Il 4 luglio la delibera Cipe del 20 febbraio firmata da Renzi il 21 maggio e registrata in giugno dalla Corte dei Conti viene pubblicata in Gazzetta Ufficiale.
Ora serve un altro decreto di Renzi con i dettagli delle opere. A fine luglio è pronto.
Ad agosto tutti al mare. Il 15 settembre il nuovo decreto viene firmato da Renzi e inviato alla Corte dei Conti per la registrazione, che avviene a fine ottobre. Domani il ministro dell’Ambiente e le Regioni firmeranno gli accordi di programma che saranno inviati alla Corte ei Conti per la quinta registrazione. Solo a quel punto i soldi saranno trasferiti nelle contabilità  regionali.
IL BILANCIO
L’Italia è assetata di investimenti in lavori pubblici, calati di un terzo (quasi venti miliardi in meno l’anno) nell’ultimo decennio.
Nelle classifiche Ocse, siamo al terzultimo posto (davanti a Portogallo e Grecia), per investimenti in rapporto alla spesa pubblica, solo il 20,9%. L’Italia è anche un Paese vulnerabile a frane, esondazioni, alluvioni.
Secondo il Consiglio nazionale dei geologi ogni euro investito in prevenzione ne fa risparmiare fino a 100 per i danni provocati dai disastri.
Per anni gli investimenti sono stati bloccati dall’assenza di finanziamenti. Ora anche quest’alibi è caduto.

Giuseppe Salvaggiulo
(da “La Stampa”)

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I SOLDI DEL BAMBIN GESÙ PER IL SUPER ATTICO DI BERTONE

Novembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile

ANTICIPAZIONE DEL LIBRO “AVARIZIA” SULLA SOCIETA’ CHE UTILIZZAVA I FONDI DESTINATI ALL’OSPEDALE ROMANO E FINITI NEL RESTAURO DELLA CASA DEL CARDINALE

Il superattico del cardinale Tarcisio Bertone è stato ristrutturato con i soldi destinati ai giovani dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù.
Lo scrive il giornalista dell’Espresso, Emiliano Fittipaldi, nel suo libro “Avarizia” in uscita da Feltrinelli. Lo riporta un’anticipazione pubblicata dal quotidiano “la Repubblica”.
Partiamo dal Bambin Gesù. O meglio da una fondazione controllata, nata nel 2008 per raccogliere denaro per i piccoli pazienti.
Gli investigatori della società  di revisione PricewaterhouseCoopers (PwC) nella bozza del rapporto consegnata al Vaticano il 21 marzo 2014 dedicano alla onlus italiana con sede in Vaticano alcuni passaggi della loro due diligence.
Nel focus si evidenzia l’affitto di un elicottero, nel febbraio 2012, per la bellezza di 23 mila e 800 euro. Pagati sull’unghia dalla fondazione Bambin Gesù “a una società  di charter per trasportare monsignor Bertone dal Vaticano alla Basilicata per alcune attività  di marketing svolte per conto dell’ospedale”.
Ma c’è un’altra spesa della fondazione non pubblicata sul rapporto PwC che rischia di imbarazzare il Papa e il Vaticano
Quella che riguarda il pagamento dei lavori della nuova casa di Bertone a palazzo San Carlo.
La fondazione, definita da PwC come “un veicolo per la raccolta di fondi volti a sostenere l’assistenza, la ricerca e le attività  umanitarie del Bambin Gesù” ha saldato le fatture dei lavori per un totale di circa 200mila euro, pagati all’azienda Castelli Real Estate dell’imprenditore Gianantonio Bandera.
“Gentile dottor Fittipaldi, alle sue domande” precisa Bertone, “rispondo che il sottoscritto ha versato al medesimo governatorato la somma richiesta come mio contributo ai lavori di ristrutturazione. Non ho nulla a che vedere con altre vicende “.
Profiti, fino al 2015 presidente sia del Bambin Gesù che del consiglio direttivo dell’omonima fondazione conferma invece la spesa autorizzata a favore dell’appartamento di Bertone, già  finito nella bufera per la sua ampia metratura.
La parcella, spiega Profiti, sarebbe stata giustificata dal fatto che la casa del cardinale sarebbe stata poi messa a disposizione della fondazione stessa per finalità  “istituzionali”:
“È vero: con i soldi stanziati da noi è stata ristrutturata una parte della casa di Bertone. Cercando di ottenere in cambio la disponibilità  di potere mettere a disposizione l’appartamento”.

(da “Huffingtonpost”)

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MESSINA DI NUOVO SENZ’ACQUA: UN’ALTRA FRANA ROMPE CONDOTTA CHE RIFORNISCE LA CITTA’

Novembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile

UNA VERGOGNA CONTINUA NELL’INCAPACITA’ DELLE ISTITUZIONI: DANNEGGIATA LA CONDOTTA DI FIUMEFREDDO

Messina di nuovo senza acqua.
Una frana ha, infatti, causato la rottura della condotta di Fiumefreddo a Calatabiano che fornisce l’acqua alla città .
La tubazione era stata riparata nei giorni scorsi, dopo che la città  siciliana era rimasta senz’acqua per sei giorni ; l’emergenza aveva anche causato la chiusura degli uffici pubblici e delle scuole.
La situazione era tornata a un’apparente normalità  venerdì 30 ottobre grazie all’intervento dell’Amam (Azienda Meridionale Acque Messina) .
“Ci stiamo recando sul posto per vedere l’entità  del danno, comunque valuteremo di attivare anche il bypass”, ha detto il direttore della partecipata, Luigi La Rosa.
Il governo tace, ma è inconcepibile che in certe zone del Sud si costringa a vivere la popolazione in condizioni da terzo mondo.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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