Settembre 7th, 2016 Riccardo Fucile
“NON SONO IN GRADO DI GESTIRE NULLA, NON HANNO UMILTA'”
Di Maio? Incapace e inesperto. Il giudizio perentorio sul membro del Direttorio M5S è del sindaco di Parma,
Federico Pizzarotti, che in un’intervista a La Stampa punta il dito contro il leader in pectore dei 5 Stelle, coinvolto nelle polemiche della bufera pentastellata al Campidoglio
Sulle motivazioni alla base del comportamento di Di Maio, che avrebbe taciuto sulla vicenda dell’iscrizione nel registro degli indagati della procura di Roma dell’assessore all’Ambiente, Paola Muraro, Pizzarotti è perentorio
“Incapacità . E inesperienza. Perchè Luigi è uno che dal punto di vista amministrativo non ha fatto nulla. E nonostante questo è stato proiettato da tutti come futuro leader, troppo frettolosamente e senza una prova sul campo. Sono inadeguati, stanno inanellando una serie di figuracce senza avere l’umiltà di dire: ci scusiamo e ora vediamo come uscirne. Aspettiamo di capire cosa succede, ma sarebbe grave che Raggi non avesse detto nulla a Di Maio, visto il rapporto stretto che avevano i due.
E sarebbe altrettanto grave che Di Maio non sapesse nulla, visto il suo ruolo di responsabile degli enti locali. Certamente, se tutto fosse confermato, le stesse persone che avevano dato giudizi pesanti e sgradevoli su di me si ritroverebbero ad aver fatto l’esatto opposto di quello che dicevano”.
Dura la critica del sindaco sospeso dal Movimento nei confronti del Direttorio M5S
“Quello che sta accadendo è l’ulteriore dimostrazione del fatto che non siano in grado di gestire nulla a livello locale. Non si capisce cosa facciano Ruocco e Sibilia. Di Battista ormai ha solo un ruolo mediatico. Fico doveva occuparsi dei meet-up e in molte città sono in subbuglio. Infine, Di Maio. Dovrebbe essere il responsabile degli enti locali ed è sotto gli occhi di tutti da mesi come si è comportato con me”
Per Pizzarotti le dimissioni di Muraro e del sindaco Raggi, tuttavia, sono “una soluzione troppo semplice” così come “è sbagliato promettere che si avranno risultati in 100 giorni”.
(da “Huffingtonpost“)
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Settembre 7th, 2016 Riccardo Fucile
TAVERNA: “SI E’ MONTATO LA TESTA”
«Nulla sarà più tollerato» dice Beppe Grillo al telefono. Virginia Raggi è avvisata. O fa come le dicono i vertici del Movimento o le toglieranno il simbolo e ognuno per la sua strada.
Così si conclude la giornata più lunga del M5S. Una giornata che ha un altro protagonista, forse il più importante, sotto accusa.
Potrebbe partire da qui il racconto, dagli occhi Luigi Di Maio. Stanchi, quasi in lacrime, racconta chi è stato testimone della riunione più lunga della storia del Movimento fondato da Grillo e Gianroberto Casaleggio.
Durante l’incontro fiume vengono prese decisioni senza appello sul cerchio magico della sindaca.
Nella lotta di potere interna al M5S sono costretti a intervenire anche Grillo e Davide Casaleggio.
Il comico chiama lo staff, poi alcuni deputati, infine Raggi che nel frattempo è in continuo contatto con la riunione del direttorio alla Camera.
«Non voglio più sentire il nome di Raffaele Marra associato al M5S. Non è accettabile che il vecchio sistema legato ad Alemanno gestisca il Campidoglio». Lei resiste. Prima dice che lo sposta, poi rifiuta.
Il balletto dura qualche ora. Alla fine cede. Marra esce dal gabinetto della sindaca mentre vengono ridimensionati ruolo e stipendio di Salvatore Romeo.
Ma i vertici del M5S vogliono di più. Chiedono la testa di Paola Muraro, assessora all’ambiente indagata, e di Raffaele De Dominicis, il nuovo assessore al Bilancio appena nominato: «Ha il marchio dello studio Sammarco e del giro di Previti» le dicono. Ma su questo non molla.
Il braccio di ferro con il direttorio continua: «Su Muraro avevamo detto che prima leggevamo le carte» dice Raggi, che con i suoi si sfoga: «Io prima devo pensare a Roma, poi al M5S. De Dominicis è un magistrato della Corte dei Conti, non si tocca». Oggi si vedrà come andrà a finire.
Nel frattempo il Movimento deve gestire un’altra grana altrettanto pesante, se non di più.
«Scusate» ripete più volte Luigi Di Maio, l’enfant prodige appena trentenne a cui l’Italia pentastellata aveva offerto il proprio destino. «Ho letto quella mail ma ho capito male» è la sua difesa.
Il processo a Di Maio comincia alle 9.30 del mattino nel peggiore dei modi.
Nelle stanze che ospitano i gruppi del M5S viene sommerso di accuse da Paola Taverna e Carla Ruocco.
Sono «indiavolate» spiega chi era lì. «Luigi io non me faccio lasciare la responsabilità solo a me. Io ti avevo avvertito. Siete solo ragazzini che si sono montati la testa» urla la Taverna, la senatrice che è stata tirata in ballo da Virginia Raggi durante l’audizione di lunedì alla commissione di inchiesta sui rifiuti.
La sindaca seduta accanto all’assessora ha fornito nel giro di poche ore due versioni differenti. Ha detto di aver informato i vertici 5 Stelle, per poi precisare, qualche ora dopo, di averlo detto solo al minidirettorio romano guidato dalla senatrice Taverna. «Non a Di Maio e a Grillo».
Una correzione di rotta dovuta anche al caos scatenato nel frattempo nel M5S dalle sue rivelazioni.
Taverna però non la manda giù, non vuole passare per quella che ha taciuto un notizia così importante e nella notte tra lunedì e ieri lascia trapelare di aver inviato una mail a Di Maio il 5 agosto.
Qui la storia prende tutta un’altra piega. Perchè non solo l’assessora sapeva dal 18 luglio, dopo aver chiesto la certificazione alla procura, di essere iscritta nel registro degli indagati dal 21 aprile.
Non solo lo sapeva Raggi che, informata dall’assessora il giorno seguente, tenta le capriole in avvocatese specificando la differenza tra avviso di garanzia (non ricevuto) e iscrizione sul registro degli indagati.
Qui è la testa del M5S, l’uomo più in vista, il candidato premier, a essere accusato di aver mentito come Muraro e come Raggi. O, perlomeno, di aver nascosto la verità .
E allora nella giornata più convulsa, mentre si alternano riunioni tra il Campidoglio e Montecitorio, in un guerra di tutti contro tutti, il M5S deve capire quale strategia di emergenza adottare per salvare il prescelto Di Maio e l’intera baracca.
Perchè quella mail lui l’ha ricevuta ed è lui stesso ad ammetterlo. «Muraro ha chiesto la certificazione ai pm e risulta indagata da aprile per reati ambientali».
Questo il contenuto di quello che scrive Taverna a lui e in copia conoscenza a Fabio Massimo Castaldo, Stefano Vignaroli e Gianluca Perilli, tutti i membri del minidirettorio. Taverna scrive solo a lui perchè responsabile degli enti locali.
Durante la riunione di ieri Ruocco è senza freni: «Ti stai comportando come una Raggi al quadrato» gli dice.
Anche lei membro del direttorio, era già infuriata per le dimissioni secondo lei telecomandate da fuori di Minenna: «Sei tu che hai scelto di difendere a oltranza la Raggi».
I deputati lo scrutano mentre il suo volto si scava nell’imbarazzo. Gli chiedono il perchè del suo silenzio. Anche Fico che come Ruocco e Sibilia (il più arrabbiato di tutti, raccontano) prendono le distanze.
«Lo abbiamo saputo dai giornali! Vi rendete conto?».
Di Maio non si nasconde, spiega di aver sottovalutato la questione, di essersi «confuso» e lo motiva così: «Avevo saputo dall’audizione di Daniele Fortini (ex ad di Ama) in Ecomafia il 3 agosto che era andato a denunciare Muraro. Che fosse indagata mi sembrava quasi dovuto, ma mi sembrava una notizia tipo quella delle indagini su Raggi».
Poi quasi in un estremo sussulto di difesa: «Non pensate che senza di me troverete un altro nome. È tutto il M5S a perdere».
Già oggi molto probabilmente Di Maio offrirà le sue scuse al popolo dei 5 Stelle. Intanto, declina all’improvviso l’invito su Raitre alla tramissione Politics.
Anche Alessandro Di Battista annulla la tappa del suo tour sulla costituzione. Bisogna salvare il Movimento, la tv può aspettare.
Ilario Lombardo
(da La Stampa”)
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Settembre 7th, 2016 Riccardo Fucile
“MURARO E’ PULITA?”. “NO”…. DI MAIO SAPEVA DA TEMPO CHE LA MURARO ERA INDAGATA, INFORMATO DA TAVERNA E GASTALDO
Da più di un mese Luigi Di Maio sapeva. Almeno lui, sapeva tutto dal 4 agosto, quando era stato informato nei
dettagli dell’indagine su Paola Muraro.
E quindi anche Di Maio, come la sindaca e l’assessora, mentiva quando sosteneva di non potersi pronunciare sulla vicenda in mancanza di notizie giudiziarie certe.
In quel giovedì 4 agosto sui quotidiani si parlava del caos rifiuti, delle dimissioni del vertice della municipalizzata ambientale e delle ricche consulenze incassate da Muraro, ma il giovane leader pentastellato viene messo a conoscenza di una questione più scottante: l’inchiesta della procura sulla manager a cui Virginia Raggi ha affidato la sfida di ripulire Roma.
A Di Maio le informazioni sono arrivate dai membri del direttorio capitolino, il comitato ristretto che vigila sulle mosse del Campidoglio. Quello che Raggi ha subito avvertito della grana più grande. Sono loro ad avere
fatto salire la notizia fino al vertice dei Cinquestelle.
E qui bisogna fare i conti con la cronologia nota finora, rivelata dagli stessi protagonisti del lungo silenzio che sgretola la promessa di “legalità e trasparenza” della giunta grillina, sospettata invece di avere peccato in parole, opere e omissioni.
Sappiamo che il 5 settembre, durante l’audizione della Commissione parlamentare sulle ecomafie, Muraro rivela di essere indagata.
La procura ha infatti risposto a una sua istanza sulla base dell’articolo 335 del codice di procedura penale, comunicandole che il 21 aprile scorso, guarda caso la ricorrenza della fondazione di Roma, era stato aperto un fascicolo contro di lei.
Dichiara di averlo saputo il 18 luglio: 47 giorni prima, un mese e mezzo di mutismo. Di questo ha discusso subito con la sindaca, che risulta avere fatto due cose.
Anzitutto si è confrontata con Carla Maria Rainieri, capo di gabinetto ma soprattutto fino a luglio giudice della Corte d’Appello di Milano, che ha sconsigliato Muraro dal presentarsi ai pm. Poi Raggi affronta l’aspetto politico della vicenda.
Stando alle sue dichiarazioni, comunica la novità solo al direttorio romano.
Si tratta di Paola Taverna, Stefano Vignaroli, Fabio Massimo Castaldo, Gianluca Perilli. Tutti sostengono di
non avere detto nulla a Beppe Grillo.
E anche Davide Casaleggio si è mostrato totalmente all’oscuro.
Ma tacciono pure con il comitato che governa il movimento? Oltre a Di Maio, è composto da Alessandro Di Battista, Carla Ruocco, Roberto Fico e Carlo Sibilia. Sabato 2 agosto c’è una cena che vede allo stesso tavolo la sindaca, il suo fidato vice Daniele Frongia, il direttorio romano e quello nazionale.
Ruocco e Sibilia hanno dichiarato pubblicamente di non essere stati informati del caso Muraro. Anche Fico dice di non averne saputo nulla.
Ma Repubblica è in grado di documentare come almeno il 4 agosto la cabina di regia romana abbia avvertito Di Maio.
Rispondendo a un suo messaggio, Paola Taverna gli scrive che dalla procura è arrivato il documento sulla posizione della Muraro. “È pulito o no?”, chiede il deputato. E ottiene immediatamente risposta: “Non è pulito”.
Nella stessa data Di Maio ottiene un quadro più preciso.
Glielo trasmette l’altro membro del direttorio romano Fabio Massimo Castaldo, l’eurodeputato con doppia laurea in legge: il reato contestato dai pm alla Muraro è la “fattispecie di cui al comma 4 dell’articolo 256 del Testo unico sull’Ambiente”.
Ossia come chiarisce citando il codice: “L’inosservanza delle prescrizioni o la carenza dei requisiti previsti per legge da parte del gestore” degli impianti per il trattamento dei rifiuti.
A richiesta del deputato, Castaldo non sa precisare se gli addebiti siano relativi alla gestione dello stabilimento Ama di Rocca Cencia o a quello del Salario.
Ma in quel momento Di Maio ha tutti gli elementi per valutare la portata dell’indagine. Ne discute con gli altri big dei 5Stelle o preferisce tacere?
È una domanda fondamentale. Perchè nel primo pomeriggio di quel 4 agosto, quando già è a conoscenza dell’inchiesta, il deputato lancia un tweet: “La nostra colpa a Roma è non avere risolto in venti giorni le emergenze create dai partiti in vent’anni “.
Quelle parole sembrano dettare la linea al Movimento, che pochi minuti dopo prende posizione compatto con l’hashtag #SiamoTuttiConVirginia.
Di Maio, Grillo, Di Battista, Fico, Ruocco, Sibilia si scagliano contro “retroscena e notizie false sui rapporti con Virginia e assessori nel tentativo di screditare l’operato del sindaco e nella speranza (vana) di spaccarci. Virginia e tutti gli assessori stanno lavorando a testa bassa per restituire ai romani una città pulita, ordinata, funzionante, viva e risolvere i danni lasciati da venti anni di mala politica”.
E accusano “amministratori politici che hanno usato l’azienda pubblica Ama e i soldi dei cittadini per fare i propri porci comodi”.
Ossia proprio le vicende di cui si occupa la procura, che non solo sta rileggendo le intercettazioni tra Salvatore Buzzi, il braccio destro di Carminati nelle speculazioni di Mafia Capitale, e Muraro ma l’ha anche messa sotto accusa per le certificazioni rilasciate agli impianti dei rifiuti, incarico che le ha fatto incassare un milione e 156 mila euro in dodici anni.
Il vertice dei M5S è stato ingannato da Di Maio, spingendolo a una difesa senza se e senza ma di Muraro?
Il giorno dopo il deputato ottiene altre notizie. Sono quelle che gli aveva promesso Paola Taverna: una mail riassuntiva della situazione giudiziaria.
Anche in questo caso, però, non sembra sia stata condivisa con il resto del direttorio. Che in quel 5 agosto con una nota ribadisce: “C’è estrema fiducia nei confronti dell’assessore Muraro e del lavoro che sta portando avanti. Gli attacchi politici che le stanno muovendo dimostrano che è la persona giusta al posto giusto per scardinare il sistema”.
“Persona giusta al posto giusto” un’assessora che in quel momento la sindaca, i leader romani e Di Maio sapevano essere sotto inchiesta proprio per la malagestione dei rifiuti?
Di Maio torna occuparsi della capitale soltanto il primo settembre quando l’ondata di dimissioni fa vacillare il Campidoglio: “Subiremo altri attacchi, perchè ci siamo inimicati le lobby dell’acqua, dei rifiuti e delle Olimpiadi”.
L’indomani aggiunge: “A Roma ci sono ancora frattaglie di Mafia Capitale ma la magistratura e i carabinieri stanno continuando a lavorare”. Certo, omette però il fatto che stanno lavorando anche sul ruolo dell’assessora nella gestione dell’affare rifiuti.
Due giorni dopo, il 4 settembre, l’indagine viene infine rivelata pubblicamente.
Di Maio si trincera dietro una posizione da Prima repubblica, il distinguo cavilloso tra iscrizione sul registro degli indagati e avviso di garanzia.
“A oggi Muraro afferma di non aver ricevuto alcun avviso di garanzia. Non esistono le carte per poter valutare. Non faccio dichiarazioni sui se”.
Un maldestro sofisma per cercare un’estrema difesa. La stessa evocata da Muraro e Raggi per giustificare oltre un mese di menzogne: “Noi abbiamo sempre detto che non è arrivato alcun avviso di garanzia”.
Il peso dei silenzi rischia però di innescare un cortocircuito di falsità .
Come è successo due giorni fa, mentre era ancora in corso l’audizione alla Commissione Ecomafie.
Alle 19.13 viene fatta trapelare sulle agenzie seguente dichiarazione: “Il direttorio ignorava che Muraro fosse indagata, nè tantomeno ne era a conoscenza il mini-direttorio”. Tre ore dopo, a precisa domanda della deputata dem Stella Bianchi, è Raggi stessa a smentire, sostenendo di averne parlato con la regia capitolina.
E adesso sappiamo che anche Di Maio era informato.
Perchè tante bugie? Nessuna spiegazione, solo l’evocazione di complotti.
Di Battista twitta: “Credetemi, gira tutto intorno alle Olimpiadi il loro attacco. Ovvero l’obiettivo di quei palazzinari che controllano molti giornali e che hanno perso il controllo della Capitale”.
Intanto però ha deciso ieri di sospendere il tour estivo nelle piazze per sostenere il No al referendum.
Così come Di Maio ha scelto di disertare la prima puntata del talk di Rai 3 Politics, nel quale era previsto come ospite principale.
Una fuga dalla verità ?
(da “La Repubblica”)
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Settembre 7th, 2016 Riccardo Fucile
CONTINUA LA FARSA E OGGI ARRIVA IL CAPOCOMICO
Rinunciare ai fedelissimi Raffaele Marra e Salvatore Romeo, e anche agli assessori Paola Muraro e Raffaele
De Dominicis.
Usa il pugno duro il direttorio del Movimento 5 Stelle nei confronti della sindaca Virginia Raggi.
Che in un primo momento sembrava disposta a seguire le richieste dei vertici del M5s, prima di frenare resistendo ai diktat, in attesa che domani — mercoledì 7 settembre — nella Capitale arrivi Beppe Grillo per provare a risolvere la questione.
È un vero e proprio braccio di ferro quello in atto a Roma, teatro di polemiche e veleni tutti interni ai 5 Stelle.
Uno scontro cominciato con il vertice che alla Camera ha impegnato il direttorio (composto dai deputati Di Battista, Di Maio, Ruocco, Sibilia e Fico) e il mini direttorio del M5s (Perilli, Taverna, Vignaroli e Castaldo).
Un poker di licenziamenti
E dopo più di dieci ore di riunione dai toni molto accesi ecco arrivare le richieste — anticipate dall’agenzia Adnkronos e confermate al fattoquotidiano.it da fonti interne al M5s — per la sindaca della Capitale: via i fedelissimi e via anche gli assessori finiti al centro delle polemiche.
I fedelissimi sono Marra, vice capo di gabinetto, e Romeo, capo della segreteria politica. Il primo è stato additato come l’autore della lettera inviata all’Anticorruzione che ha poi portato alle dimissioni del capo di gabinetto Carla Maria Raineri.
Il secondo, invece, era citato in una missiva spedita alla Raggi dall’ex assessore al Bilancio Marcello Minenna, che definiva “intrinsecamente illegittima” la delibera con cui si decideva la sua nomina.
Ma non solo. Perchè il direttorio ha chiesto alla sindaca di ripensare anche alla nomina dell’assessora Paola Muraro.
La titolare all’Ambiente ha detto davanti alla commissione Ecomafie di essere a conoscenza da quasi due mesi dell’ indagine per reati ambientali a suo carico, e così ha fatto anche la stessa sindaca, mentre in passato avevano sempre negato: è così che è deflagrato definitivamente il caos all’interno del Movimento.
Una riflessione alla Raggi è stata chiesta anche sul neo assessore al Bilancio Raffaele De Dominicis, ufficializzata soltanto due giorni fa, per sostituire il dimissionario Minenna.
L’incarico affidato all’ex magistrato della Corte dei conti è finito al centro delle polemiche dopo i riferimenti fatti dallo stesso De Dominicis, a Pieremilio Sammarco, il titolare dello studio dove ha lavorato la sindaca come avvocato e anche il professore universitario che le ha fatto ottenere nel 2003 il praticantato nello studio Previti (con il quale ha collaborato fino al 2006).
Muraro, un caso anche all’interno del direttorio
Marra, Romeo, Muraro, De Dominicis: sono questi i nomi che i componenti del direttorio vorrebbero vedere cancellati dal governo Capitolino, anche se per il momento le dichiarazioni dei vertici M5s sono caute.
“È un’ipotesi che non smentiamo”, dice Carla Ruocco. “È una delle soluzioni”, spiega Roberto Fico, sottolineando che “la riunione non è finita, è solo sospesa e potrà continuare anche domani è una riunione in fieri”.
Non tutti i componenti del direttorio, infatti, seguono la stessa linea. Se da una parte si chiede di azzerare tutte le nomine scomode, dall’altra ci sono i parlamentari romani Stefano Vignaroli e Paola Taverna che difendono l’assessora Muraro.
Il primo è il grande sponsor della nomina fin dall’inizio (gliel’ha presentata la senatrice Pd Laura Puppato mesi fa) e continua a ritenerla una buona scelta.
Inoltre i due eletti M5s erano informati dell’indagine, così come lo stesso Luigi Di Maio. Il problema è che fin dall’inizio si sono sottovalutate le conseguenze: il sospetto era che Muraro fosse indagata in seguito a una delle tante denunce ricevute dall’ex presidente di Ama Daniele Fortini e quindi la linea è sempre stata quella di aspettare di “vedere le carte”.
Anche ora, nonostante il direttorio chieda un passo indietro della titolare all’Ambiente, si è pronti a trattare perchè fino ad oggi, spiegano, “nessuno sa per che cosa è indagata”.
Di questa situazione non erano a conoscenza nè Beppe Grillo nè Davide Casaleggio.
Grillo domani a Roma. La Raggi resiste al diktat
Dopo aver sentito i componenti del direttorio durante le dieci ore di riunione fiume, domani il comico sarà a Roma, per affrontare di persona il problema e cercare di trovare la mediazione che accontenti tutti e permetta di ripartire.
Una la questione fondamentale che interessa Grillo: la defenestrazione di Marra e Romeo.
Il fondatore del M5s per primo aveva chiesto alla sindaca di rinunciare ai suoi fedelissimi: una richiesta che, in un primo momento, la prima cittadina era pronta ad avallare. Anzi, per la verità , in un primo momento Raggi sembrava disposta ad accettare tutti i quattro punti del diktat del direttorio.
Poi, però, la sindaca — che domani insieme alla giunta incontrerà i consiglieri comunali — ha frenato su ogni fronte: dal siluramento di Marra, che vorrebbe solamente spostare d’ufficio, a quello di Romeo, per il quale potrebbe profilarsi un ridimensionamento del ruolo e dello stipendio.
Sibillino il commento del vice capo di gabinetto a chi gli chiedeva un commento sul suo prossimo licenziamento auspicato dal direttorio: “Chiedete a loro. Prima o poi parlerò anche io”, ha detto, uscendo dal Campidoglio, dove fino a tarda sera la sindaca era chiusa in riunione con gli assessori.
Scontro totale o nuovo azzeramento
Raggi sembra orientata a tenere duro anche sulla defenestrazione dei due assessori, soprattutto dal punto di vista delle modalità : la sindaca, come d’altra parte Vignaroli e Taverna, aspetta di “vedere le carte” sull’indagine a carico di Muraro.
Più in generale Raggi non sembra intenzionata a revocare di sua iniziativa le deleghe all’assessore all’ambiente e a De Dominicis.
Discorso diverso, invece, se i due si dimettessero. A quel punto gli allontanamenti sarebbero quattro: un poker che suona come un vero e proprio azzeramento in Campidoglio.
Il secondo, dato che dalle dimissioni in blocco dell’assessore Minenna, del capo di gabinetto Raineri, dei vertici di Atac e Ama Rettighieri, Brandolese e Solidoro sono passati soltanto cinque giorni: probabilmente i peggiori nella storia del Movimento. Almeno fino ad oggi.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 7th, 2016 Riccardo Fucile
“NON HA CAPITO CHE LA MURARO FOSSE INDAGATA: LA PENOSA BUGIA…E QUESTO VORREBBE FARE IL PREMIER?
“Ha sbagliato a leggere la mail”. La lunga giornata di Luigi Di Maio, finito nel mirino dei colleghi del Direttorio, per non aver comunicato loro dell’iscrizione dell’assessore all’Ambiente Paola Muraro nel registro degli indagati, finisce così: con una surreale giustificazione secondo la quale la tanta agitazione del Movimento 5 Stelle e della base sarebbe semplicemente il frutto di un equivoco.
Insomma, un misunderstanding. In pratica, Di Maio, responsabile degli Enti locali e leader in pectore, non avrebbe capito il contenuto della mail, inviatagli dal mini-direttorio, da Paola Taverna in primis, che lo informava del fatto che l’assessore Muraro fosse indagata.
A tarda sera viene spiegato all’Adnkronos che il vicepresidente della Camera aveva inteso, dalla mail, che il fascicolo sulla Muraro si riferiva all’esposto del numero uno di Ama, Daniele Fortini, che il due agosto si era recato alla Procura di Roma, notizia rimbalzata sui giornali. Tre giorni dopo, il 5 agosto, Di Maio riceve la mail e pensa che il fascicolo Muraro sia riconducile all’affaire Fortini, ormai di dominio pubblico.
Tutto questo insieme di garbugli viene fatto filtrare dalla comunicazione M5S alla fine di un’estenuante giornata per il mondo pentastellato e dopo undici ore di riunione. Praticamente un conclave a porte chiuse.
Nel frattempo Di Maio disdice la sua partecipazione a Politics e si apre un giallo sulla sua presenza o meno all’incontro tra Direttorio (Carla Ruocco, Roberto Fico, Carlo Sibilia) e il mini direttorio (Paola Taverna e Stefano Vignaroli).
Il tutto va avanti con un’aura di mistero, fino a quando si apprende che il vice presidente della Camera era presente. In contatto c’era anche Beppe Grillo.
Qualcuno racconta che agli altri componenti del Direttorio proprio non sia andato giù di essere stati tenuti all’oscuro di tutto e inoltre non hanno gradito il fatto che Di Maio non li abbia informati del caso Muraro.
Non a caso, appena appresa la notizia durante l’audizione in commissione Ecomafie, Ruocco e Sibilia hanno subito twittato di non saperne nulla.
Versione da loro confermata anche alla fine della riunione.
A domanda precisa “Di Maio sapeva?”, i due rispondono: “Io non sapevo”. Ma nessuno di loro e neanche Fico dicono con chiarezza se Di Maio fosse a conoscenza o meno.
Sibilia si lancia in un “forse Di Maio non ha considerato importante un’iscrizione nel registro degli indagati perchè non è un avviso di garanzia ed è stata Muraro a chiedere informazioni alla Procura sul suo conto”.
Poco dopo viene battuta l’agenzia sul vice presidente di Montecitorio che invece non aveva capito il contenuto della mail.
A pensar male si fa peccato, ma tutto lascia pensare a un modo studiato e articolato dalla comunicazione 5Stelle per salvare il salvabile e quindi la posizione barcollante di Di Maio, finito sotto attacco dei più puri sul tema della trasparenza.
Si racconta che Ruocco e Fico fossero i più infuriati durante il tesissimo vertice.
È stato il giorno più difficile nella storia dei 5Stelle è quello in cui tutti si sono convinti del fatto che “Di Maio non poteva non sapere”, anzi in questo caso “sapeva e non poteva non aver capito”.
(da “Huffingtonpost”)
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