Ottobre 20th, 2017 Riccardo Fucile
CERTI CHE L’EX PRESIDENTE DEL MUNICIPIO DI MULTEDO VORRA’ ESTENDERE LE ISPEZIONI A TUTTI GLI ABITANTI DEL QUARTIERE, SIAMO DISPONIBILI A VISITARE CASA PER CASA, PER ACCERTARE CHE TUTTO SIA A NORMA DI LEGGE
Caro Mauro,
ho avuto modo in passato di apprezzare la puntualità con cui hai assicurato la tua “presenza istituzionale” in occasione dei fenomeni alluvionali cittadini.
Oggi che non sei più presidente del municipio di Pegli, pur continuando a rappresentare il Pd in Comune, ho letto le tue esternazioni in merito alla vicenda “12 profughi a Multedo” che hai pubblicato su Fb, ricalcando le tesi di una minima parte dei tuoi elettori locali (capisco che sia essenziale per te non perdere il loro voto, ma in politica, oltre alla dignità , esiste anche la possibilità di perderne di più altrove).
Riassumo il tuo sorprendente intervento:
“Perchè non costituire un Comitato di monitoraggio composto da rappresentanti dei cittadini e del Comitato Locale affinchè possano varcare i cancelli e verificare l’esatto numero degli ospiti presenti e le condizioni di vita all’interno dell’ex Asilo Govone. Se non si persegue anche con questi mezzi l’integrazione attraverso la trasparenza e la tracciabilità delle reali intenzioni del Prefetto e della Curia…. Se i cittadini ritengono di dover esercitare un controllo circa il numero dei migranti presenti è semplicemente perchè qualcuno ha inteso portare avanti questa vicenda nel più totale segreto”
Un giornale locale, in merito alle tue considerazioni, ha scritto: “Avvenente invoca un controllo diretto dei cittadini con nuclei ispettivi. Procedura che se venisse estesa a tutti gli ambiti della vita cittadina impegnerebbe qualche migliaio di persone. Resta da capire quali poteri Avvenente voglia dare a questi nuclei territoriali”.
Mi limito a ricordarti:
1) Il municipio Ponente è attualmente , tra tutti quelli di Genova, la zona ad avere il minor numero di richiedenti asilo ospitati, come ricordato dallo stesso sindaco a Pegli, in occasione del confronto pubblico dove eri seduto in prima fila.
2) Come ben sai, la prefettura non è tenuta a chiedere il permesso ad alcuno per stipulare un accordo con “privati” o “enti assistenziali” disponibili all’accoglienza. Ci mancherebbe che uno “non sia padrone a casa propria” (cito uno slogan che pare sia diventato caro anche a un esponente della sinistra come te) e debba trattare chi deve ospitare con razzistelli locali o soggetti in terapia per mania di persecuzione.
3) L’asilo privato delle suore è stato chiuso due anni fa per carenza di bambini iscritti, non per insana malvagltà , ridicolo che gli abitanti ne vogliano solo ora la riapertura pretendendo che soggetti privati lavorino in perdita, ne converrai.
4) L’integrazione non si persegue con la trasparenza, ma permettendo agli altri di non vivere in un clima di odio e di assedio, in primis. Poi attraverso un percorso educativo e scolastico che permetta di apprezzare i valori democratici del nostro Paese e di acquisire esperienze lavorative. Proprio quello che stanno facendo i ragazzi accolti a Multedo che frequentano a Coronata una scuola per imparare un mestiere.
Ma veniamo al punto.
Tu invochi un “Comitato di monitoraggio” che possa andare a verificare “quanti siano i profughi all’interno della struttura” e “le loro condizioni vita”.
Un funzione ispettiva che immagino vada esercitata a qualsiasi ora, anche notturna, visto che non precisi le modalità .
Bene, può essere un’ipotesi di lavoro che va ad inserirsi nel contesto però della giurisprudenza italiana che prevede, come ben sai, che “tutti siamo uguali davanti alla legge”.
Altrimenti che valori andremmo mai a trasmettere?
Ne deriva che deve valere per tutti gli abitanti di Multedo e per lo stesso comitato promotore che non vorrà certamente passare per privilegiato.
Occorre dare l’esempio in politica: quindi propongo che si inizi da casa tua, in fondo una proprietà privata vale un’altra, e a seguire dagli organizzatori dei blocchi stradali di Multedo (che costituisce un reato).
Attendo fiducioso che tu mi comunichi giorno e orario, certo della tua disponiblità .
Ti pregherei di far trovare nell’occasione tutti gli ospiti residenti in casa, affinche possa contarli e che mi si permetta di verificare che tutto sia a norma (dall’impianto elettrico alle norme antincendio, dall’impianto di riscaldamento aggiornato alle nuove normative agli standard sanitari, dalla stabilità di terrazzi e cornicioni al rispetto degli orari per il deposito rifiuti, fino alle verifiche necessarie sui decibel di rumorosità degli elettrodomestici, alle eventuali cantine e alla regolarità dei pagamenti delle tasse locali).
Nella stessa giornata i medesimi rilievi posso farli ovviamente anche presso altri esponenti del Comitato a cui potrai fare da tramite per annunciare la mia gradita visita.
Quanto sopra per instaurare il clima di trasparenza da te auspicato.
Se l’esperimento funziona si potrà cosi estendere a tutti i circa 5.000 abitanti di Multedo, ivi compreso il centro di accoglienza che ti sta a cuore.
Fammi sapere.
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Ottobre 20th, 2017 Riccardo Fucile
ROTONDI E CESA SONO ANDATI AD ARCORE E SILVIO HA BENEDETTO L’INIZIATIVA
Manna dal cielo per i nostalgici. Reduci che si rimettono insieme per riportare in vita la Balena bianca.
E se il vintage può andar bene sulle passerelle, perchè non dovrebbe anche sulla scheda elettorale? E così, a quanto pare, alle prossime elezioni Politiche chi lo vorrà potrà tornare a votare “Democrazia cristiana”.
Storia di un eterno ritorno di cui è costellata la storia della Seconda Repubblica.
Eppure questa volta pare che si faccia sul serio: perchè è esattamente di questo che ieri ad Arcore sono andati a parlare il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa e il presidente di Rivoluzione cristiana, Gianfranco Rotondi.
Ricevendo la benedizione di Silvio Berlusconi (davanti al “notaio” Niccolò Ghedini). E anche se ieri non era fisicamente presente, dell’operazione fa parte anche Clemente Mastella che con il leader di Forza Italia ha già avuto modo di parlarne in separata sede. “Sarebbe auspicabile. Esistono le condizioni — dice l’attuale sindaco di Benevento — per creare qualcosa in grado di tenere insieme chi rivendica questa appartenenza da anni”.
Non è il primo tentativo del genere negli ultimi anni e nemmeno negli ultimi tempi.
Basti pensare all’attivismo di Ciriaco De Mita, ora sindaco di Nusco, che da mesi va promuovendo in giro per l’Italia convegni per tentare di riaprire le porte di quella casa caduta in rovina dopo Tangentopoli.
Perchè allora questa dovrebbe essere la volta buona?
Perchè — viene spiegato — proprio a Gianfranco Rotondi sarebbe stata recapitata una sentenza di notifica che gli attribuisce irrevocabilmente l’uso del simbolo della Dc.
Altra controversia che negli ultimi anni è entrata e uscita a ripetizione dalle aule dei tribunali.
Ma, assicurano i promuovendi, non sarà una parata di vecchie cariatidi nè un contenitore di reduci inconsolabili. L’idea è quella di lanciare con il simbolo più ‘polveroso’ che si possa immaginare – quello dello scudocrociato – solo volti nuovi e molto “rosa”.
“Il ritorno della Dc — spiega interpellato da Huffington Gianfranco Rotondi — ha senso soltanto a due condizioni: la prima è che sia aperta a tutti quelli che in questi anni hanno rivendicato l’appartenenza alla Dc senza alcuna esclusione o pretesa di primazia, la seconda è che la lista non sia formata da vecchie glorie ma da giovani e donne. Così si risponde davvero alla richiesta di impegno dei cattolici che è stata fatta da Papa Francesco”.
Berlusconi, viene spiegato, ha affidato ad Alessandra Ghisleri il compito di testare il “valore” che il simbolo scudocrociato può avere sugli elettori. Il Rosatellum che il Parlamento si accinge a votare, d’altra parte, rende molto utili per le coalizioni anche i partiti che non dovessero raggiungere il 3%.
Lorenzo Cesa spiega che non c’è nessuna intenzione di “fare testimonianza” nè operazioni nostalgia che sarebbero “velleitarie” perchè “la Dc è irripetibile”.
“Noi — sottolinea – vogliamo riaggregare un mondo liberal-popolare e collocarlo nel centrodestra, essere insieme a Fi una forte presenza del Ppe in Italia. C’è un 50% di quell’elettorato che non va più a votare, noi vogliamo riavvicinarli sulla base dei nostri valori cattolici”.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 20th, 2017 Riccardo Fucile
IL GIOVANE IRACHENO MORTO A BOLZANO DOPO DIVERSE NOTTI IN STRADA… DIECI MEDICI INDAGATI
Un bambino di 13 anni che arriva dal Kurdistan iracheno, malato di distrofia muscolare
dalla nascita e costretto sulla sedia a rotelle, non può dormire su un pavimento, nè di una chiesa, nè di un albergo, nè tantomeno sotto un ponte.
Non nella civilissima Bolzano, non nella provincia più ricca d’Italia.
Eppure è accaduto una decina di giorni fa al piccolo Adan, morto in ospedale una settimana dopo il suo arrivo in Italia.
È stata aperta un’inchiesta con dieci medici indagati, le associazioni di volontariato hanno denunciato e hanno accusato la Provincia di Bolzano di aver emanato una circolare, la cui applicazione ha ostacolato l’assistenza al bambino e alla sua famiglia. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha chiesto di fare chiarezza sull’accaduto, mentre la Campagna LasciateCIEntrare racconta a ilfattoquotidiano.it che in tutta Italia continuano a morire vittime invisibili della ‘mala accoglienza’.
E mentre veniva applicata la circolare della Provincia, le istituzioni più vicine cosa facevano?
ilfattoquotidiano.it lo ha chiesto all’assessore ai Servizi Sociali del Comune, Sandro Repetto. “È vero che ci sono comuni come il nostro che stanno vivendo una situazione di emergenza — ha risposto — è vero anche che non possiamo accogliere tutti e che abbiamo bisogno del sostegno dell’intero territorio, ma in questo caso c’è stata una falla di fronte alla quale non mi tiro certo indietro. In certi casi, più che l’applicazione di questa o quella circolare, bisogna utilizzare il cervello”.
LA STORIA DI ADAN
Chi era Adan? Insieme ai genitori e ai tre fratelli più piccoli di 6, 10 e 12 anni, il bambino era scappato nel 2015 da Kirkuk, a 250 chilometri da Baghdad ed era arrivato in Svezia, dove la sua famiglia aveva chiesto la protezione internazionale come rifugiata.
Dopo due anni di attesa, la richiesta è stata rifiutata: o ritornavano tra le montagne del Kurdistan o cercavano asilo in un altro Paese. Hanno scelto l’Italia e il 1° ottobre sono arrivati a Bolzano.
La prima notte Adan e la sua famiglia l’hanno passata sotto un ponte. Il giorno dopo hanno chiesto assistenza prima al servizio Consulenza Profughi della Caritas e poi a un’associazione di volontariato.
Quella stessa notte Adan è stato portato all’ospedale San Maurizio di Bolzano per problemi di respirazione e dolori in tutto il corpo.
Il giorno dopo, il 3 ottobre, il padre e gli altri tre figli sono andati in Questura per la richiesta protezione internazionale. La notte loro hanno dormito in albergo, grazie all’associazione SOS Bozen che ha pagato la stanza, mentre Adan ha dormito in ospedale assieme alla madre.
Mercoledì, dopo una visita, Adan è stato dimesso dall’ospedale e alla madre è stato detto che il ragazzino non aveva in quel momento problemi cardiaci.
Lasciata la struttura sanitaria, la famiglia ha trascorso la giornata e quelle a seguire nel parco della stazione di Bolzano. Per la notte, con l’aiuto delle associazioni di volontariato, hanno trovato posto in un albergo, che però non era dotato di ascensore. E poichè Adan non poteva salire in camera, lui e il padre hanno dormito sul pavimento di una sala di un centro giovanile.
Poi, di giorno, di nuovo nel parco della stazione e la notte su un altro pavimento, quello della chiesa evangelica, “l’unica — hanno denunciato le associazioni — ad aver aperto le porte”.
GLI ULTIMI GIORNI
Venerdì 6 ottobre è stata formalizzata la richiesta di protezione internazionale, ma in assenza di un mediatore linguistico-culturale. Dopo aver lasciato la Questura, mentre la famiglia si dirigeva alla mensa Caritas, a mettersi contro il destino di Adan anche le barriere architettoniche.
Il bambino è caduto dalla sedia a rotelle ed è stato ricoverato in ospedale. E si è scoperto che era in atto un’infezione.
Il 7 ottobre Adan è stato trasferito dal reparto di Rianimazione a quello di Pediatria chirurgica, sotto morfina, ingessato a entrambe le gambe. Niente mediatore neppure in ospedale. Quella notte la febbre è salita e Adan è stato riportato in Rianimazione. I polmoni si sono riempiti di sangue.
Poi non ha potuto più respirare ed è morto per arresto cardiaco alle 2.
L’INCHIESTA E LA DENUNCIA DELLE ASSOCIAZIONI
Sono dieci i medici dell’ospedale di Bolzano iscritti nel registro degli indagati per la morte di Adan. L’inchiesta della procura segue due filoni: oltre a quello per omicidio colposo che riguarda i due ricoveri in ospedale del 13enne e che vede indagati 10 medici dell’ospedale San Maurizio, si indaga anche per l’ipotesi di reato di omissione d’atti d’ufficio e la mancata accoglienza della famiglia in strutture ufficiali.
Da subito le associazioni SOS Bozen e Antenne Migranti hanno denunciato che “il servizio Consulenza Profughi della Caritas ha segnalato alle istituzioni (Servizio integrazione sociale, commissariato del Governo, Provincia) la situazione della famiglia, ma l’unica risposta è stata che non potevano ricevere accoglienza a causa di una circolare firmata un anno fa dal direttore Ripartizione politiche sociali della Provincia Luca Critelli.
Con questa circolare la Provincia ha revocato la possibilità di essere accolti a tutti quelli che, benchè vulnerabili, arrivano sul territorio dopo aver già fatto richiesta di asilo in altri Paesi. Insomma a tutti quelli non inviati direttamente dal Ministero.
Sulla carta la famiglia di Adan, avendo scelto volontariamente di non rientrare in Kurdistan, non sarebbe più potuta rientrare nel circuito dell’assistenza. Ma in pratica era una famiglia con quattro bambini, di cui uno malato.
LA CIRCOLARE
Ma cosa dice la circolare? “Sono escluse dall’accoglienza temporanea quali soggetti ‘vulnerabili’ le persone presenti in altri Stati, europei e non, nei quali era presente la possibilità di chiedervi asilo, nonchè le persone per le quali sia riscontrabile una presenza anche temporanea in altre regioni italiane”.
Ecco fatto, chiuse le porte.
Eppure nella circolare si legge: “Nel caso di famiglie o genitori singoli la possibilità di accoglienza è data in presenza di bambini di età inferiore a 14 anni”. Adan ne aveva 13.
E ancora: “Per le altre situazioni di vulnerabilità previste dalla normativa i requisiti per lo status di soggetto vulnerabile andranno adeguatamente verificati e documentati nella proposta di accoglienza”. Già , verificati. Un accertamento che non c’è stato. Serviva altro tempo, che a Adan non è stato concesso.
Un anno fa su questa circolare Sel depositò anche una interrogazione parlamentare. La Campagna LasciateCIEntrare continua a chiederne l’immediata revoca da parte della Provincia di Bolzano: “In questo caso si trattava di soggetti vulnerabili che dovevano essere accolti in ottemperanza alla normativa nazionale ed europea”.
L’Unhcr ha chiesto che vengano chiarite le responsabilità nella gestione dell’accoglienza a livello locale e che venga abrogata la circolare Critelli che limita il diritto all’accoglienza, in particolare per le persone vulnerabili, “in palese violazione della normativa sull’accoglienza delle persone portatrici di esigenze specifiche”. L’agenzia Onu ha fatto appello alla Provincia di Bolzano e al Commissariato di governo affinchè vengano definitivamente chiarite le responsabilità nella gestione dell’accoglienza a livello locale.
L’ASSESSORE AI SERVIZI SOCIALI: “È VERO, C’È STATA UNA FALLA” —ilfattoquotidiano.it ha chiesto all’assessore alle Politiche sociali del Comune di Bolzano che opinione si sia fatto della situazione. “La circolare — ha detto — è una interpretazione restrittiva della normativa nazionale. Capisco le ragioni da cui parte, dato che le città di frontiera subiscono le conseguenze di richieste di asilo respinte da altri Paesi europei, ma è chiaro che in questa circostanza c’è stata una falla. Una serie di circostanze ed errori che hanno portato a drammatiche conseguenze”.
Un caso estremo? “Sì lo era, ma andava verificato e non è stato fatto. Anche perchè è stata applicata alla lettere la circolare, mentre bastava guardare le condizioni di Adan per comprenderne la vulnerabilità . È chiaro che qualcosa va rivisto”.
NON SOLO ADAN
“Quella di Adan è sicuramente una storia particolare — spiega a ilfattoquotidiano.it Gabriella Guido, portavoce della Campagna LasciateCIEntrare — ma che si inserisce in una situazione purtroppo ordinaria, perchè quanto accaduto a Adan in termini di mancata risposta da parte delle istituzioni, accade a molti”.
Nelle ultime settimane sono almeno altri due i casi di ragazzi, soggetti vulnerabili, che hanno perso la vita a causa della mala accoglienza. “È successo in Calabria a un ragazzo affetto da tumore e in Puglia, a un altro giovane ospite di un centro che si lamentava da giorni. Sono stati abbandonati a loro stessi. Sono morti invisibili. E dato che non erano minorenni la loro scomparsa non ha fatto clamore”.
Impossibile fare un censimento “perchè molti non sono neppure registrati ed è facile per le istituzioni locali appellarsi alle leggi nazionali di riferimento e lavarsene le mani”.
Queste storie ricordano quella di Ibrahim Manneh, un ragazzo ivoriano di 24 anni, morto la scorsa estate per ‘addome acuto’ all’ospedale Loreto Mare di Napoli, dopo un vero e proprio calvario tra visite in ospedale e farmacie, fino al rifiuto di un tassista di accompagnarlo all’ospedale senza l’autorizzazione della polizia. Tanto che il fratello e gli amici hanno dovuto caricarlo sulle spalle fino alla guardia medica. Da qui la corsa in ambulanza per raggiungere l’ospedale dove si è morto poco dopo.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 20th, 2017 Riccardo Fucile
I SUOI AGUZZINI IMPUNITI PERCHE’ TROPPO GIOVANI … TANTI SAPEVANO E NESSUNO PARLO’ … E’ L’ITALIA DEI VALORI DA DIFENDERE DAGLI “INVASORI”
È la legge, non c’è niente da fare. E Margherita dovrà per sempre portarsi quel peso sul cuore senza che nessuno – o quasi – paghi per il male che le ha fatto.
Non è questione di «malagiustizia» il finale della storia di Margherita, bambina, tredicenne, che quasi tre anni fa anni fa venne violentata per mesi e mesi in un garage del quartiere Falchera. Violentata e filmata.
E ricattata in modo bieco da quei suoi quasi coetanei, bambini anche loro, ma pronti a tutto. «Se racconti qualcosa i filmati e le foto tue le facciamo vedere in giro. Le mettiamo anche su Facebook». E lei, per paura, ha taciuto. E subito.
«ESITO POSITIVO»
Era il 20 febbraio del 2015 quando la storia deflagrò nel quartiere e poi sui giornali. Manifestazioni in strada. Fiaccolate. Dichiarazioni di solidarietà infinita da parte di questo e di quello: «Le staremo accanto».
Trentadue mesi dopo la giustizia minorile ha fatto il suo corso. Per cinque degli otto imputati – difesi dagli avvocati Wimer Perga, Tartaglino, Villanis e De Sensi – la vicenda va in archivio. Avevano meno di 14 anni, all’epoca. E pertanto non sono punibili.
Per loro il tribunale dei minori ha disposto una serie di incontri al «Centro di mediazione penale». Cioè gli hanno spiegato che ciò che hanno fatto è illegale e ingiusto. «Esito positivo» hanno scritto sulle carte quelli che li hanno incontrati. Tutto finito e per loro il pm Antonella Barbera ha potuto soltanto chiederne l’archiviazione. Disposta dal gip Maria Grazia Devietti Goggia.
OTTO RAGAZZI DENUNCIATI
Ma il gruppo di chi si approfittava di questa bambina era più grande. I carabinieri allora denunciarono otto ragazzi. Tre avevano quasi due anni in più della vittima, ma avevano comunque meno di 16 anni. E per loro è scattato il rinvio a giudizio.
Il che non vuole dire che finiranno in carcere. Anzi. Senza lanciarsi in previsioni di fantagiustizia finiranno probabilmente alla «messa in prova», provvedimento che consente «l’estinzione penale». Ovvero la cancellazione del reato. È una procedura giudiziaria prevista dall’ordinamento. Non c’è scandalo. Se non nel fatto che Margherita, alla fine, è l’unica ad aver pagato il conto più salato di tutti.
ANDARE LONTANO
«Vorrei fuggire da questo posto maledetto. Vorrei andare via con mia figlia e con la mia famiglia. Ma questa casa, in questo quartiere ce la siamo comprata e adesso abbiamo un mutuo da pagare e non possiamo fare altro che resistere» raccontava, trentadue mesi fa la mamma di Margherita.
Lo diceva quasi piangendo, spiegando che quella sua povera figlia era stata costretta a cambiare a scuola. A cambiare vita, ma che quelli che si erano approfittati di lei erano ancora in giro.
Liberi e forse anche felici. Lo spiegava sulle scale, in una mattina di pioggia, rientrando dal mercato carica di borse di plastica.
Due anni dopo Margherita è diventata più grande. Se abbia superato il trauma di quei giorni, non si sa. Di lei, da queste parti, nessuno parla più.
La vicenda di Margherita, la bambina a cui hanno rubato la fanciullezza è diventata una storia vecchia di cui nessuno parla più volentieri.
«Dimenticateci» aveva detto quel giorno la mamma risalendo le scale. Già , è tutto dimenticato, tutto finito.
Resta – tra le mura di una casa – il trauma di chi ha subito.
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 20th, 2017 Riccardo Fucile
UN SESTO DEI DECESSI MONDIALI CAUSATI DALLO SMOG
L’inquinamento è diventato la più grave minaccia per la salute. 
Nel 2015 ha causato 9 milioni di morti, un sesto del totale. E’ tre volte più dell’effetto combinato di Aids, tubercolosi e malaria; 15 volte più di tutte le guerre e delle altre forme di violenza.
I numeri vengono dal rapporto preparato dalla Lancet Commission on Pollution & Health firmato dalla Global Alliance on Health and Pollution e dell’Icahn School of Medicine del Monte Sinai (New York).
Un prezzo molto alto non solo in termini di vite umane, ma anche dal punto di vista economico: le malattie legate all’inquinamento nei Paesi a reddito medio e basso si traducono in una riduzione annua del Pil che può arrivare al 2% e nei Paesi a reddito alto in un aggravio della spesa sanitaria dell’1,7%. Mentre le perdite di benessere derivanti dall’inquinamento sono stimate in 4,6 trilioni di dollari all’anno: il 6,2% della produzione economica mondiale.
Tra i principali responsabili di questo quadro sanitario, anche per il legame sempre più stretto tra inquinamento e cambiamento climatico, figurano i combustibili fossili: il loro uso, sommato alla combustione della biomassa nei paesi a basso reddito, produce l’85% del particolato e una quota rilevante di altri inquinanti atmosferici.
A fronte di questi dati allarmanti ci sono i vantaggi registrati grazie alle leggi di salvaguardia ambientale. I miglioramenti della qualità dell’aria negli Stati Uniti – testimonia lo studio – non solo hanno ridotto i decessi da malattie cardiovascolari e respiratorie, ma hanno anche prodotto 30 dollari di benefici per ogni dollaro investito dal 1970.
In assenza di interventi efficaci, al 2050 l’aggravarsi del caos climatico sommato alla progressiva urbanizzazione provocherà però un aumento del 50% dell’inquinamento. “Possiamo evitarlo perchè ci sono strategie ben testate e a basso costo che permettono di mantenere l’inquinamento sotto controllo: dobbiamo smettere di avvelenare noi stessi”, commenta il copresidente della Commissione, Richard Fuller.
“In particolare bisogna regolamentare l’uso di alcune sostanze chimiche particolarmente dannose, come i metalli pesanti e i distruttori endocrini che danneggiano l’apparato riproduttivo e il sistema neurologico. Purtroppo in Europa i progressi in questo campo vengono rallentati dall’azione delle lobby dei settori industriali coinvolti”, aggiunge Roberto Bertollini, l’unico italiano presente nella Commissione.
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 20th, 2017 Riccardo Fucile
PIU’ CARE SOLO INGHILTERRA E OLANDA
Istruzione universitaria troppo salata in Italia e con pochissimi incentivi per gli studenti bisognosi e meritevoli.
Il confronto con gli altri Paesi dell’Unione europea è impietoso, in termini di diritto allo studio e aiuti per i giovani che intendono proseguire gli studi dopo il diploma la distanza dal resto del Vecchio Continente è siderale.
Il report arriva dalla Commissione europea che ha aggiornato i dati sui sistemi di tassazione universitaria analizzando i sistemi di supporto per chi incontra difficoltà a pagarsi gli studi.
Un tema caldo nei giorni in cui il governo ha annunciato parte degli interventi della prossima legge di stabilità (quella che una volta era la Finanziaria) con misure che lasciano deluse le organizzazioni studentesche.
In Italia il 90% degli studenti paga le tasse universitarie, le terze più alte d’Europa, e solo poco più di 9 su 100 ricevono una borsa di studio.
Scorrendo i numeri, salta all’occhio il regime di paesi come Francia, Germania e Spagna, diretti concorrenti dell’Italia tra le potenze più industrializzate, dove le tasse universitarie non esistono o sono bassissime.
È il caso della Germania dove non si pagano tasse, sia per le lauree triennali sia per quelle specialistiche, e dove uno studente su quattro può contare anche su una borsa di studio. Tasse bassissime Oltralpe — da un minimo di 184 euro all’anno — e pagate soltanto dal 61 per cento degli studenti. Ma con 4 ragazzi su dieci che ricevono un sostegno economico. E in Italia? Nel 2017/2018 il salasso per affacciarsi ai corsi triennali è salito a 1.316 euro. L’anno scorso eravamo a quota 1.262.
“In un solo anno, il 4,3% in più”, denunciano le organizzazioni studentesche. E a pagare le tasse è il 90 per cento degli iscritti.
L’Italia figura tra gli ultimi Paesi anche per numero di borse di studio erogate: appena 9 ogni cento corsisiti.
La Spagna è il Paese più vicino noi, ma per gli stessi corsi di studio la tassazione media arriva a 1.213 euro e tocca il 71 per cento della popolazione studentesca. Mentre sale al 30 per cento la quota di giovani che percepisce un grant per proseguire gli studi. Nell’Unione Europea, è nel Regno Unito e in Olanda che si pagano i conti più salati. Mentre nella maggior parte dei paesi scandinavi — Danimarca, Finlandia, Svezia — niente tasse e aiuti per la maggior parte degli studenti.
I ragazzi italiani non ci stanno. “Chiediamo — dichiara Elisa Marchetti, coordinatrice dell’Unione universitari — che si trovino almeno 150 milioni di euro da investire nel Fondo integrativo statale per le borse di studio e che il Fondo di finanziamento ordinario destinato alle università sia incrementato con la finalità prioritaria di abbattere in modo sostanziale la contribuzione studentesca. A breve conosceremo i dettagli della prossima legge di bilancio. Quello che già conosciamo da anni sono i numeri del fallimento
dell’università . Siamo il Paese che meno investe in istruzione e questo si ripercuote soprattutto su coloro che hanno meno possibilità di passare dalla scuola all’università e poi di essere in grado di proseguire il percorso di studio fino al titolo finale”.
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 20th, 2017 Riccardo Fucile
“OCCORRE COSTRUIRE MODELLI ALTERNATIVI, NON INSEGUIRE I RAZZISTI SUL LORO TERRENO”
Il giornale Libero la definirebbe in maniera sprezzante la manifestazione dei “buonisti”,
quella che domani sfilerà per le strade di Roma.
In fondo, alcuni media lavorano da tempo per aumentare stereotipi e timori irrazionali foraggiando l’industria della paura.
Anni a parlare di “invasione dei clandestini”, ad associare i profughi ai terroristi dell’Isis, a trattare l’immigrazione solo come una questione di sicurezza hanno legittimato la guerra tra poveri. Mala tempora currunt.
Anni in cui però i “buonisti” si autorganizzano anche e cercano di far sentire la propria voce battendosi contro ogni forma di deriva populista/xenofoba nel paese.
Parliamo di due modelli di società contrapposti: uno includente, con tutte le sue contraddizioni, l’altro che si chiude dentro ai privilegi di pochi.
Sabato 21 ottobre, nel centro di Roma, sarà l’occasione per una grande mobilitazione nazionale, dallo slogan “Non è reato”, contro il razzismo crescente nel paese e contro il decreto Minniti/Orlando sulla sicurezza urbana, per riaffermare principi come l’uguaglianza, lo Ius soli e per richiedere corridoi umanitari e canali d’ingresso sicuri e regolari in Europa per chi fugge da guerre, povertà e carestie.
Basta morti nel Mediterraneo.
Tra gli organizzatori ci sono Medici Senza Frontiere, Amnesty International, Emergency, Cnca, Gruppo Abele, Libera, Lunaria, e organizzazioni note di una società impegnata che invita a scendere in piazza per ribadire che migrare, accogliere, essere solidali o poveri, dissentire “non è reato”.
Stupisce, ma forse neanche troppo, l’assenza della Cgil nazionale (in piazza ci saranno solo Fiom e Flc) che non ha aderito alla manifestazione ufficialmente perchè impegnata a costruire altre giornate di mobilitazione. Versione ufficiosa: la Cgil, a pochi mesi dal voto del 2018, preferisce stare alla larga da ogni mobilitazione più “radicale” e conflittuale nei confronti del governo e del Pd. Oltre a non voler rompere l’unità sindacale ritrovata con Cisl e Uil.
Nella piazza di sabato, come primo passaggio, si affermerà una nuova narrazione pubblica per decostruire la psicosi di massa che vuole un’invasione dei migranti in Italia.
I numeri dicono altro.
Secondo i dati del ministero dell’Interno quest’anno il numero dei migranti giunto in Italia è diminuito del 24%. Dal primo gennaio al 15 ottobre, nel 2016, gli ingressi erano stati 145mila. Nel 2017, sino ad oggi, la cifra è intorno 100mila persone. Mentre per le Nazioni Unite i migranti sono in aumento dal 1990, anche se sono solo il 3 per cento della popolazione mondiale: “Non siamo in una situazione di emergenza, è difficile, ma strutturale”. Insomma, il problema della diseguaglianza e delle privazioni materiali sarebbe dell’austerity, non del migrante.
Sembriamo, invece, condannati a vivere in una società basata su una solitudine incattivita e rancorosa, in cui prendersela con chi vive nelle nostre stesse condizioni, se non peggiori, prevale sulla necessità di opporsi a chi di tale infelicità è causa.
Una società che pretende di spazzare via i soggetti più fragili a partire da chi ha la colpa di provenire da un altro paese rievocando un nazionalismo regressivo ed erigendo muri culturali, normativi e materiali.
Per questo gli organizzatori della manifestazione si prefiggono di ridurre le diseguaglianze rivendicando, insieme ai migranti e ai rifugiati, politiche fiscali, sociali e abitative diverse che garantiscano per tutti i bisogni primari: “Il superamento delle disuguaglianze parte dal riconoscimento dei diritti universali, a partire dal lavoro, a cui va restituito valore e dignità , perchè sia condizione primaria di emancipazione e libertà “.
Poi si guarda all’Europa e alle sue responsabilità in materia. Bloccare i flussi è un’illusione ipocrita, politicamente insensata, venduta in maniera propagandistica dalle destre xenofobe, e non solo.
Oltre a venire meno ai principi di solidarietà e ai diritti umani sanciti dalla nostra Costituzione è impossibile la paralisi delle migrazioni frutto di guerre e persecuzioni.
Di questo l’Europa ne è consapevole.
E mostrando il volto più cinico e crudele, ha deciso di spostare le frontiere, stabilite a Schengen, più in là : prima in Turchia e ora in Libia. Il flusso, che ha portato al famoso milione di profughi in Europa nel 2015, si è interrotto infatti a marzo 2016, quando l’Unione Europea ha stretto un accordo con la Turchia del sultano Erdogan, delocalizzando sostanzialmente la gestione dei profughi in arrivo in cambio di sei miliardi di euro.
Adesso l’esternalizzazione delle frontiere, sostenuta dal governo Gentiloni con l’avallo di tutte le principali forze politiche compreso il M5s, sta portando a veri e propri lager in Libia dove la realtà è terrificante. L’obiettivo prioritario è bloccare migliaia di persone in un inferno disumano. Bloccarle a qualsiasi costo. Con le buone o con le cattive maniere.
Nei centri libici ci sono persone stipate che farebbero a turno per dormire, non riuscendo a sdraiarsi contemporaneamente. Senza acqua nè cibo a sufficienza, numerosi sono i casi denunciati di violenza e soprusi.
“Negando l’uguaglianza e la libertà delle persone, diventando discriminanti di fronte alla diversità e alla povertà , rischiamo di distruggere quei valori che i nostri padri hanno difeso creando l’Europa patria dei diritti”, è scritto in una lettera a sostegno della mobilitazione di sabato che vede tra i primi firmatari monsignor Raffaele Nogaro, don Luigi Ciotti, Andrea Camilleri, Moni Ovadia, Toni Servillo, Giuseppe Massafra, Luciana Castellina e Carlo Petrini.
In piazza a Roma ci sarà anche uno spezzone più vicino ai movimenti dietro lo striscione No one is illegal, uno “spezzone meticcio” costruito in queste settimane con un percorso largo e pubblico a partire dalle pratiche mutualistiche delle cosiddette città solidali.
Ora, secondo loro, è il momento di dire stop. E di unire quel mondo che senza ideologismi vuole sperimentare politiche di integrazione ponendo la questione a Bruxelles, invocando in primis la modifica del Trattato di Dublino e un nuovo meccanismo di quote nell’accoglienza dei migranti.
“Vogliamo portare in piazza un’altra accoglienza che non si basi sul business dell’immigrazione, il confinamento dei corpi e lo sfruttamento di chi vi lavora, ma che, attraverso pratiche solidali e di mutualismo, promuova diritti e percorsi inclusivi”. L’unico modo, questo, per arginare il vento xenofobo che soffia in Europa.
Costruire modelli alternativi, non inseguire i populisti sul loro terreno.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 20th, 2017 Riccardo Fucile
L’ULTIMA SETTIMANA CI SARA’ TUTTO LO STATO MAGGIORE, COMPRESO FICO E LA LOMBARDI… CANCELLERI RISALE NEI SONDAGGI PERCHE’ MUSUMECI HA PERSO CREDIBILITA’ CON LA CORTE DEI MIRACOLI CHE SI PORTA APPRESSO
“Chi può tra i nostri eletti venga a dare una mano in Sicilia. Anche solo un volantino fa la differenza”. E’ una vera e propria chiamata alle armi, quella che Luigi Di Maio ha inoltrato via mail a tutti i parlamentari.
M5s e centrodestra adesso si contendono la vittoria alle regioni del 5 novembre.
Nel quartier generale di Giancarlo Cancelleri, i pentastellati iniziano a crederci: “Siamo a un passo, tutto dipenderà dall’ultima settimana di campagna elettorale”.
E infatti Beppe Grillo per il rush finale arriverà in Sicilia convinto di recuperare quel due percento che distanzia i pentastellati da Nello Musumeci, secondo il sondaggio realizzato da Demos.
Il leader M5s ha in programma almeno due piazze: Catania il 28 ottobre quando in contemporanea potrebbe esserci Silvio Berlusconi e la chiusura il 3 novembre a Palermo. C’è parla anche di un colpo di scena, con un evento inaspettato.
Se prima Alessandro Di Battista invitava tutti alla calma dicendo “è dura, è dura”, ora le aspettative sono cambiate.
Dall’altro lato nel centrodestra si è meno convinti di avere la vittoria in tasca dal momento che il brand M5s è presente sull’isola in modo forte con una grande capacità di traino.
E in fondo cinque anni fa, alle ultime elezioni regionali, quelle del 2012 Musumeci era dato in vantaggio su Rosario Crocetta proprio di due punti e poi invece il risultato è stato ribaltato, il resto della storia è nota.
Il candidato Fabrizio Micari arranca in un centrosinistra diviso e si difende attaccando “i sondaggi, ultima puntata di un vero e proprio esercizio di manipolazione che è cominciato i primi di settembre e che sta proseguendo”.
I due poli di attrazione rimangono comunque 5Stelle e centrodestra e non è un caso se Beppe Grillo e Silvio Berlusconi potrebbero sfidarsi a Catania nello stesso giorno: il primo in piazza, l’altro probabilmente in teatro.
Il dato politico è quello di una battaglia all’ultimo voto in una città come Catania dove il leader di Forza Italia tirò la volata finale a Gianfranco Miccichè nell’anno del 61 a zero.
Vincere in Sicilia è talmente importante che Luigi Di Maio, sempre presente sull’Isola, lo spiega così: “Se andiamo al governo di questa Regione, potremo andare anche al governo del Paese, per una semplice ragione: se qui Giancarlo batte le ammucchiate, il Rosatellum è nato morto, perchè è una legge che è progettata per favorire le ammucchiate. Noi possiamo battere le ammucchiate”.
Sull’isola nell’ultima settimana prima del voto del 5 novembre arriverà anche tutto lo stato maggiore del Movimento, compreso Roberto Fico, il numero uno degli ortodossi che adesso è tornato sul palco al fianco del candidato premier e che metterà la faccia Sicilia per dimostrare che il partito è unito.
Sarà presente anche Roberta Lombardi, dicono, candidata presente della regione Lazio. E se anche lei sarà a Palermo il 3 novembre, dove ovviamente chiuderà Grillo, significa che i grillini iniziano a sentire l’aria di vittoria nella speranza che l’onda lunga parta dal sud per arrivare nel Lazio e a Palazzo Chigi.
Parte della squadra di Cancelleri deve essere ancora presentata, mancano le donne designate assessore.
Intanto il candidato presidente ha annunciato il programma sulla sanità , tema delicato in Sicilia dove gran parte è in mano ai privati. I grillini propongono che sia la Regione Sicilia a pagare le visite mediche di chi si rivolgerà alle strutture private se non trova posto in quelle pubbliche a causa delle lunghe file.
Concetto che ha fatto balzare qualcuno sulla sedia considerato che si parla dei privati. C’è chi cita la strategia di “un colpo al cerchio e uno alla botte”, sintomo di una ricerca spasmodica di voti in un rush finale, dove si deve fare leva su quel 52% che vorrebbe astenersi.
E infatti i big in prima linea hanno mandato anche una mail a tutti gli attivisti per sollecitare l’impegno per questa battaglia che fino a un po’ di tempo fa sembrava impossibile da vincere.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 20th, 2017 Riccardo Fucile
IL COMUNE INCAPACE DI RISCUOTERE MULTE E CREDITI E’ ORMAI AL DISSESTO
Sessanta giorni per evitare il fallimento di Napoli, un comune totalmente incapace di
riscuotere multe e crediti. La Corte dei Conti campana ha fatto partire il conto alla rovescia che porta alla dichiarazione di dissesto dell’ente partenopeo perchè del risanamento promesso dal sindaco Luigi De Magistris non si vede neppure l’ombra.
Il primo cittadino campano, però, fa orecchie da mercante e commentando il lavoro della magistratura contabile si limita a dire: “Non ho responsabilità politiche”.
Dimenticando, forse, che il dissesto finanziario non ha colori o bandiere politiche, ma solo effetti drammatici sui cittadini.
I numeri fallimentari della giunta arancione sono chiari come la luce del sole, ma De Magistris non si scompone: “La relazione non è una bocciatura, certifica una fotografia di preoccupazione che è la stessa preoccupazione nostra”.
Il sindaco, però, omette una serie di particolari importanti: a cominciare dal fatto che il Comune sopravviva solo grazie all’aiuto dello Stato.
Dopo la dichiarazione di pre-dissesto del 2012, all’ombra del Vesuvio sono arrivati 235 milioni di euro di crediti a cui sono stati aggiunti altri 1.163 milioni di euro con i pagamenti della Pubblica amministrazione: poco meno di 1,4 miliardi di euro che hanno permesso a De Magistris di andare avanti nonostante previsioni di entrate completamente sballate.
Proprio per questo la Corte dei Conti chiede di “evitare che le entrate di dubbia esigibilità previste ed accertate nel corso dell’esercizio possano finanziare delle spese esigibili nel corso del medesimo esercizio”.
In sostanza la magistratura contabile vuole che il comune smetta di mettere a bilancio dei crediti fittizi o comunque di difficile esigibilità a copertura di spese indifferibili. La Giunta, però, prosegue per la sua strada sforando puntualmente il patto di Stabilità interno.
Di fatto di conti del comune sono falsati da stime errate: “Le previsioni di entrata (e quindi di spesa) dovrebbero essere riviste alla luce di quelli che sono i ritmi delle riscossioni effettive, perchè altrimenti su capitoli come le multe continueranno a verificarsi accumuli di residui attivi che in buona misura il Comune non riuscirà a riscuotere” spiega Riccardo Realfonzo, l’economista che per due volte è stato assessore al Bilancio del comune di Napoli.
L’ultima esperienza, con De Magistris, è durata pochi mesi: “Fino alla delibera per la verifica dei residui con i quali — ricorda Realfonzo — nel 2012 fu scoperto che i crediti del comune erano carta straccia e che il buco di bilancio ammontava a 850 milioni di euro”. E fu proprio quella delibera che imponeva una ricognizione straordinaria dei residui a causare la rottura tra l’economista e il sindaco — che l’allora assessore aveva messo in guardia dal rischio dissesto — con la conseguente uscita dalla giunta nel 2012.
Da allora la situazione è precipitata: nonostante le promesse con cui ha vinto la battaglia elettorale, il sindaco non è riuscito — e forse non ha neppure voluto — affrontare la situazione di petto dichiarando guerra all’occupazione abusiva del suolo pubblico; affrontando il tema centrale della riscossione delle tasse; degli affitti e lavorando all’incremento delle entrate attraverso la vendita del patrimonio immobiliare.
“Nel 2011 — prosegue l’ex assessore — la situazione era ancora recuperabile. C’era un piano di cessione di immobili da 80 milioni di euro l’anno che in 10 anni avrebbe rimesso in sesto la città : oggi le dismissioni immobiliari valgono pochi milioni di euro e sono fallite partecipate comunali come Bagnoli Futura per la quali i creditori chiedono 400 milioni di euro al comune”
Tradotto: uscire dall’impasse è quasi impossibile.
Anche perchè alla fine dello scorso anno il disavanzo è esploso a 1,9 miliardi di euro compresi 2,3 miliardi di residui attivi che sono ancora peggiorati.
Ed alla luce di questi numeri e della totale incertezza sull’effettiva capacità di recuperare i crediti a bilancio che la sezione campana della Corte dei conti giudica non veritiero il bilancio e non credibile il piano di rientro pluriennale.
D’altra parte come potrebbe essere credibile un Comune che riscuote meno del 50% della Tari e dei fitti attivi e meno del 20% delle multe?
Peggio, da quando è salito in sella De Magistris, la capacità di riscossione del comune è persino peggiorata: la capacità di riscuotere multe da violazione del codice della strada è calata dal 4,45% del 2012 all’1,75%.
Un dramma per una voce che vale 542 milioni di crediti.
Così come pazzesca è la vicenda del patrimonio immobiliare: “Il comune — ricorda Realfonzo — si è fatto trovare impreparato, mentre scadeva il contratto con Romeo Immobiliare non ha organizzato la successione facendo poi un tardivo affidamento a Napoli Servizi che non aveva alcuna competenza nel settore. L’operazione è stata un flop clamoroso”.
(da ““Business Insider”)
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