L’ANTIRAZZISMO SI RIPRENDE LA SCENA. DOMANI A ROMA SCENDONO IN PIAZZA I “BUONISTI” INCAZZATI
“OCCORRE COSTRUIRE MODELLI ALTERNATIVI, NON INSEGUIRE I RAZZISTI SUL LORO TERRENO”
Il giornale Libero la definirebbe in maniera sprezzante la manifestazione dei “buonisti”, quella che domani sfilerà per le strade di Roma.
In fondo, alcuni media lavorano da tempo per aumentare stereotipi e timori irrazionali foraggiando l’industria della paura.
Anni a parlare di “invasione dei clandestini”, ad associare i profughi ai terroristi dell’Isis, a trattare l’immigrazione solo come una questione di sicurezza hanno legittimato la guerra tra poveri. Mala tempora currunt.
Anni in cui però i “buonisti” si autorganizzano anche e cercano di far sentire la propria voce battendosi contro ogni forma di deriva populista/xenofoba nel paese.
Parliamo di due modelli di società contrapposti: uno includente, con tutte le sue contraddizioni, l’altro che si chiude dentro ai privilegi di pochi.
Sabato 21 ottobre, nel centro di Roma, sarà l’occasione per una grande mobilitazione nazionale, dallo slogan “Non è reato”, contro il razzismo crescente nel paese e contro il decreto Minniti/Orlando sulla sicurezza urbana, per riaffermare principi come l’uguaglianza, lo Ius soli e per richiedere corridoi umanitari e canali d’ingresso sicuri e regolari in Europa per chi fugge da guerre, povertà e carestie.
Basta morti nel Mediterraneo.
Tra gli organizzatori ci sono Medici Senza Frontiere, Amnesty International, Emergency, Cnca, Gruppo Abele, Libera, Lunaria, e organizzazioni note di una società impegnata che invita a scendere in piazza per ribadire che migrare, accogliere, essere solidali o poveri, dissentire “non è reato”.
Stupisce, ma forse neanche troppo, l’assenza della Cgil nazionale (in piazza ci saranno solo Fiom e Flc) che non ha aderito alla manifestazione ufficialmente perchè impegnata a costruire altre giornate di mobilitazione. Versione ufficiosa: la Cgil, a pochi mesi dal voto del 2018, preferisce stare alla larga da ogni mobilitazione più “radicale” e conflittuale nei confronti del governo e del Pd. Oltre a non voler rompere l’unità sindacale ritrovata con Cisl e Uil.
Nella piazza di sabato, come primo passaggio, si affermerà una nuova narrazione pubblica per decostruire la psicosi di massa che vuole un’invasione dei migranti in Italia.
I numeri dicono altro.
Secondo i dati del ministero dell’Interno quest’anno il numero dei migranti giunto in Italia è diminuito del 24%. Dal primo gennaio al 15 ottobre, nel 2016, gli ingressi erano stati 145mila. Nel 2017, sino ad oggi, la cifra è intorno 100mila persone. Mentre per le Nazioni Unite i migranti sono in aumento dal 1990, anche se sono solo il 3 per cento della popolazione mondiale: “Non siamo in una situazione di emergenza, è difficile, ma strutturale”. Insomma, il problema della diseguaglianza e delle privazioni materiali sarebbe dell’austerity, non del migrante.
Sembriamo, invece, condannati a vivere in una società basata su una solitudine incattivita e rancorosa, in cui prendersela con chi vive nelle nostre stesse condizioni, se non peggiori, prevale sulla necessità di opporsi a chi di tale infelicità è causa.
Una società che pretende di spazzare via i soggetti più fragili a partire da chi ha la colpa di provenire da un altro paese rievocando un nazionalismo regressivo ed erigendo muri culturali, normativi e materiali.
Per questo gli organizzatori della manifestazione si prefiggono di ridurre le diseguaglianze rivendicando, insieme ai migranti e ai rifugiati, politiche fiscali, sociali e abitative diverse che garantiscano per tutti i bisogni primari: “Il superamento delle disuguaglianze parte dal riconoscimento dei diritti universali, a partire dal lavoro, a cui va restituito valore e dignità , perchè sia condizione primaria di emancipazione e libertà “.
Poi si guarda all’Europa e alle sue responsabilità in materia. Bloccare i flussi è un’illusione ipocrita, politicamente insensata, venduta in maniera propagandistica dalle destre xenofobe, e non solo.
Oltre a venire meno ai principi di solidarietà e ai diritti umani sanciti dalla nostra Costituzione è impossibile la paralisi delle migrazioni frutto di guerre e persecuzioni.
Di questo l’Europa ne è consapevole.
E mostrando il volto più cinico e crudele, ha deciso di spostare le frontiere, stabilite a Schengen, più in là : prima in Turchia e ora in Libia. Il flusso, che ha portato al famoso milione di profughi in Europa nel 2015, si è interrotto infatti a marzo 2016, quando l’Unione Europea ha stretto un accordo con la Turchia del sultano Erdogan, delocalizzando sostanzialmente la gestione dei profughi in arrivo in cambio di sei miliardi di euro.
Adesso l’esternalizzazione delle frontiere, sostenuta dal governo Gentiloni con l’avallo di tutte le principali forze politiche compreso il M5s, sta portando a veri e propri lager in Libia dove la realtà è terrificante. L’obiettivo prioritario è bloccare migliaia di persone in un inferno disumano. Bloccarle a qualsiasi costo. Con le buone o con le cattive maniere.
Nei centri libici ci sono persone stipate che farebbero a turno per dormire, non riuscendo a sdraiarsi contemporaneamente. Senza acqua nè cibo a sufficienza, numerosi sono i casi denunciati di violenza e soprusi.
“Negando l’uguaglianza e la libertà delle persone, diventando discriminanti di fronte alla diversità e alla povertà , rischiamo di distruggere quei valori che i nostri padri hanno difeso creando l’Europa patria dei diritti”, è scritto in una lettera a sostegno della mobilitazione di sabato che vede tra i primi firmatari monsignor Raffaele Nogaro, don Luigi Ciotti, Andrea Camilleri, Moni Ovadia, Toni Servillo, Giuseppe Massafra, Luciana Castellina e Carlo Petrini.
In piazza a Roma ci sarà anche uno spezzone più vicino ai movimenti dietro lo striscione No one is illegal, uno “spezzone meticcio” costruito in queste settimane con un percorso largo e pubblico a partire dalle pratiche mutualistiche delle cosiddette città solidali.
Ora, secondo loro, è il momento di dire stop. E di unire quel mondo che senza ideologismi vuole sperimentare politiche di integrazione ponendo la questione a Bruxelles, invocando in primis la modifica del Trattato di Dublino e un nuovo meccanismo di quote nell’accoglienza dei migranti.
“Vogliamo portare in piazza un’altra accoglienza che non si basi sul business dell’immigrazione, il confinamento dei corpi e lo sfruttamento di chi vi lavora, ma che, attraverso pratiche solidali e di mutualismo, promuova diritti e percorsi inclusivi”. L’unico modo, questo, per arginare il vento xenofobo che soffia in Europa.
Costruire modelli alternativi, non inseguire i populisti sul loro terreno.
(da “Huffingtonpost”)
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