Gennaio 11th, 2018 Riccardo Fucile
LA LEGA IN MANO A UN FANCAZZISTA MEGALOMANE , MA SE MARONI SI METTE A PARLARE …
Il calcolo lo ho fatto il mago dei numeri di casa leghista, Roberto Calderoli. “Nella
prossima legislatura — ha detto — noi avremo almeno 110 deputati e 40-45 senatori”. Cifre da capogiro per il Carroccio.
Ma in queste ore il problema non è più “quanti” ma “chi”. Perchè la parola d’ordine consegnata da Matteo Salvini è: nessun collegio per i maroniani o sospettati di simpatie verso il governatore uscente della Lombardia.
L’epurazione, dunque, è già cominciata. E si spiega non soltanto con l’escalation della tensione tra i due big legisti. “Salvini con me si è comportato da stalinista”, ha accusato Bobo. Ribaltando la versione data appena qualche giorno fa sul suo addio al Pirellone: “Incompatibilità con lui”, ammette ora. Il segretario del Carroccio sceglie di snobbarlo pubblicamente attraverso i social. “Preferisco usare il mio (e vostro) tempo — scrive – per lavorare e costruire, non per litigare o rispondere agli insulti”.
Ma visto che neanche Salvini vive di soli tweet, sul piano pratico il suo ordine è arrivato perentorio. E la motivazione più vera e profonda sta nel sospetto — che con il passare delle ore viene considerata una certezza — che tutta l’operazione Maroni non soltanto porti anche le impronte digitali di Silvio Berlusconi, ma abbia soprattutto uno scopo ben preciso: quello di provare a garantirsi una ‘riserva’ di padani più dialoganti da arruolare in caso di governo di larghe intese.
Ad avvalorare nelle truppe dei salviniani il sospetto che l’operazione sia stata così congegnata, c’è anche l’insistente voce che tra i candidati di Forza Italia finisca la portavoce dell’attuale governatore della Lombardia, Isabella Votino.
Se questo è dunque il sospetto, la soluzione è fare in modo che nemmeno uno di quei 150 parlamentari che la Lega conta di eleggere al prossimo giro possa rischiare di essere complice di un tale disegno.
Il compito di fare le liste è nelle mani di Giancarlo Giorgetti, lo stesso che all’indomani del vertice Berlusconi-Salvini-Meloni, si è recato per due ore ad Arcore per spiegare al Cavaliere che se saltava Fontana come candidato in Lombardia saltava tutto.
I potenziali candidati, compresi i parlamentari uscenti, hanno inviato a Giorgetti il loro curriculum vitae, ma molti si sono anche messi in fila dietro la porta del suo studio alla Camera.
In realtà la pattuglia dei maroniani di stretta osservanza non è molto nutrita al momento in Parlamento: al numero uno della lista c’è però Gianluca Pini, il leghista emiliano.
Gli altri nomi di possibili epurati che circolano sono quelli dei deputati Filippo Busin, che si schierò a favore di Gianni Fava nel congresso per la segreteria poi stravinto da Salvini, e Guido Guidesi. Entrambi, però, hanno sempre mantenuto un basso profilo e Guidesi — raccontano — ha la stima di Giorgetti. Al Senato, invece, la poltrona che potrebbe saltare è quella di Giacomo Stucchi.
Ma molti di più sono i nomi di coloro che entreranno nelle file della Lega per la prima volta. “Li conosciamo tutti, abbiamo anche il loro dna”, ironizza un dirigente lombardo. Più complicata potrebbe risultare l’operazione pulizia al Centro-Sud. Sempre secondo i calcoli di Calderoli, per esempio, nel Lazio il Carroccio riuscirà a conquistare 2 deputati e 1 senatore. E d’altra parte, sulla nazionalizzazione della Lega, Salvini si è giocato buona parte della sua leadership. Da Roma in giù, ad occuparsi dei candidati sarà ancora Raffaele Volpi (che non ne ha azzeccate molte).
Salvini non ha ancora capito che non controllera’ mai 150 parlamentari, perchè una volta eletti ognuno andrà dove lo porterà la convenienza, ormai dovrebbe conoscere i suoi polli.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 11th, 2018 Riccardo Fucile
LE SCELTE DI DI MAIO “GLI STANNO STRETTE” E “NON E’ MAI SCATTATO L’INNAMORAMENTO” CON CASALEGGIO JR… SI RIPRENDE ANCHE IL DOMINIO SUL BLOG CHE ANDRA’ IN MANO A UNA SRL
Sarà una scissione invisibile, ed è già cominciata.
Beppe Grillo, il Movimento delle origini, la visione di Casaleggio senior di qua. Luigi Di Maio, Casaleggio junior e le nuove regole di là .
Magari si trasformerà in una guerra , ora ha la forma di una marea: più che un’esplosione, è un discreto ritirarsi.
Lo ha già fatto Alessandro Di Battista annunciando di non candidarsi.
Il prossimo sarà Beppe Grillo, come racconta l’Espresso con un ampio servizio dal titolo: “Grillo non abita più qui”.
È questo che dice chi al comico genovese è vicino davvero. Lo fanno trapelare anche a Milano, dalla Casaleggio Associati, dopo che le nuove regole hanno previsto per la prima volta che il Garante, cioè Grillo stesso, possa dare addio al Movimento.
La discreta ritirata doveva effettuarsi già un mese fa, ora si parla di gennaio ma i più dicono che sarà prudente spostarla a dopo le elezioni.
Dopo averci pensato per mesi, il comico genovese ha infatti chiesto di riavere indietro la proprietà del blog, che ora è formalmente in mano a un militante di fiducia e sostanzialmente gestito dalla Casaleggio.
Il dominio, secondo i piani, dopo lo switch off dovrà finire in mano a una srl unipersonale, cioè a socio unico. Insomma Grillo fa i bagagli.
La versione più benevola del racconto sostiene che voglia tornare a fare il comico impegnato, l’attivista, il giramondo alla scoperta di tecnologie destinate a cambiare il futuro del pianeta; secondo un’altra, meno benevola – non a caso proveniente dall’area della Casaleggio – è stufo di beghe, polemiche, lotte fratricide e soprattutto querele.
Il vero motivo è nascosto nelle pieghe.
Chi conosce bene il comico sa infatti che alcune scelte del nuovo leader Luigi Di Maio «gli vanno un po’ strette» (a esser gentili), mentre con Davide Casaleggio «non c’è mai stato l’innamoramento» che invece era scattato con il padre Gianroberto.
Per lui, ormai, più che una passione, l’M5S è diventato l’assolvimento di un patto d’amicizia con il guru della Casaleggio.
Il presente gli sta stretto. È per questo che nell’illustrare come sarà il futuro, si usa come esempio proprio Di Maio: «Tutto quello che riguarda il partito sarà sul sito a Cinque stelle, mentre beppegrillo.it tornerà ad essere un laboratorio di idee che guarda fuori dal perimetro del partito. Il video di Luigi, che oggi va sul blog, domani andrà sul sito dei Cinque stelle».
Insomma Di Maio finirà da un’altra parte. È questo il punto finale di una strategia che il front man storico dei grillini ha perseguito negli ultimi mesi, facendo «in modo che l’attività del Movimento fosse via via più slegata dalla sua figura». E quindi più autonoma, a partire dagli argomenti del blog.
E non è l’unica spina per il Movimento 5 Stelle, giunto ormai alla versione 3.0.
Come racconta all’Espresso l’avvocato Lorenzo Borrè, nel delineare uno scenario di un Movimento che si sdoppia: «Adesso i vertici hanno fatto una scissione dall’alto, creando una nuova Associazione. Ma la prima non è estinta, conta ancora degli iscritti: quindi al momento ci sono due Movimenti».
Che potrebbero finire in lotta fra loro.
(da “L’Espresso”)
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Gennaio 11th, 2018 Riccardo Fucile
TROPPE ANIME E NESSUN LEADER VERO CHE SAPPIA FARE SCELTE CORAGGIOSE E SPARIGLIARE I GIOCHI … HA RAGIONE CIVATI: O SI DICE SI’ O NO A TUTTI
Alla fine, quando si consumerà il rituale degli appelli dei padri nobili, dei giochi tattici
(meno nobili) perchè, si sa, ognuno tende a lasciare il cerino nella mani dell’altro, e delle successive recriminazioni, alla fine, dicevamo, accadrà , con molta probabilità , questo: la sinistra di Liberi e Uguali sosterrà la candidatura di Nicola Zingaretti nel Lazio, mentre in Lombardia non sosterrà quella di Giorgio Gori.
Formalmente la scelta è affidata alle assemblee regionali di Leu che si riuniranno nella giornata di domani, ma l’esito è pressochè scontato tanto che, a quella di Cinisinello Balsamo, parteciperà Nicola Fratonianni, presenza che certo non è sinonimo di accordo col Pd.
Pesa in Lombardia la “rivolta” della base e anche dei dirigenti che considerano il renzianissimo Gori “un uomo di destra”, ostile alla sinistra anche nel corso della sua esperienza amministrativa a Bergamo.
Pesa, in tutta questa storia, l’intreccio dei due livelli, nazionale e locale, perchè in una giornata di election day c’è un inevitabile effetto traino che alimenta, attraverso il voto sui presidenti, il voto utile per il partito maggiore, il Pd.
Pesano anche, però, le contraddizioni all’interno del nuovo soggetto nato a sinistra del Pd. Dice un big di Mdp: “La situazione è questa. Fratoianni vorrebbe rompere ovunque e intercetta anche un umore della base. C’è il grosso di Mdp che farebbe l’alleanza col Pd, a partire da Enrico Rossi. Civati invece dice: facciamo la stessa cosa nelle due regioni, purchè sia la stessa, e invoca una linearità “.
E Pietro Grasso non ha la forza, la libertà , la fantasia di un leader capace di una mossa del cavallo, che spiazzi, stupisca, faccia discutere.
La soluzione, al termine di un pomeriggio di riunioni “franche e schiette”, come si sarebbe detto una volta, è di alleanze a macchia di leopardo.
Certo, il profilo dei candidati non è lo stesso: Zingaretti, uomo di sinistra, governatore uscente sostenuto da Liberi e Uguali, ha rifiutato l’alleanza con i centristi della Lorenzin, e ha dato più di un segnale alla sinistra, diversamente da Gori.
E per Bersani, Speranza e gli altri sarebbe stato assai complicato sostenere il candidato della sinistra-sinistra, il verde Paolo Cento, il simpatico “Er Piotta”, come lo chiamano a Roma, contro un governatore sostenuto finora.
Insomma, tra specificità locali e logica nazionale, questa posizione — Zingaretti sì, Gori no – consente di dire: “Non siamo i signor no, ma non siamo neanche appiattiti sul Pd”.
Un compromesso che ripropone la contraddizione di fondo di questo progetto, e cioè proprio il “chi siamo”, perchè il tema delle alleanze qualifica una forza politica.
Perchè, sin dall’inizio, convivono due anime.
C’è chi immagina una forza più radicale, alla Corbyn, che mira al ribaltamento delle politiche economiche di questi anni, considerando il Pd un anello della catena liberista che ha imprigionato il paese. E che dunque si definisce nel suo essere alternativa al Pd, nella politica e nelle alleanze, come unico modo per rompere questa catena.
E c’è chi, come gli ex Pd, si muove ancora nel campo di un “centrosinistra senza Renzi”, rappresentandone l’ala più rigorosa nel programma e nella moralità .
Il problema è che nessuno, ancora, ha formulato un’idea di partito, robusta culturalmente e solida politicamente, capace di far attraversare questo “guado” identitario mentre la leadership di Grasso, moderata e istituzionale, suggerisce l’opzione a favore della seconda “riva”, quella di un nuovo centro-sinistra di governo (senza Renzi).
E non è un caso che, in parecchi a partire da Giorgio Gori, hanno avuto la sensazione che, se fosse stato per il presidente del Senato, l’alleanza si sarebbe fatta anche in Lombardia. Perchè è tradizione della sinistra riformista e di governo separare il piano locale e piano nazionale, come ai tempi in cui Pci e Psi governavano assieme importanti città italiane anche mentre lottavano aspramente sulla scala mobile, per dirne una. In mancanza di un’idea comune di partito invece, cozzano le logiche dei soci fondatori.
Tra chi sta ancora dentro il Pd, aspettando solo il minuto in cui, se mai arriverà , Renzi toglierà il disturbo.
E una certa mentalità gruppettare che porta, eccone un’altra, a mettere il veto sulla candidatura di Bassolino a Napoli, che pur fu accolto come una star alla festa nazionale di Mpd.
Insomma, questa vicenda della “macchia di leopardo” racconta di un rapporto ancora tutto irrisolto tra Pd e Liberi e Uguali, ennesimo strascico di una “scissione”, ancora non consumata ed elaborata fino in fondo, ma non solo da chi dal Pd se ne è andato.
Perchè le alleanze, o le non alleanze, o le alleanze a metà , si fanno in due e neanche dal Nazareno sono arrivati tutti questi segnali per trovare un filo comune di buon senso, da parte di un leader preoccupato, e non da oggi, più dalla ricerca di una rivincita sulla sinistra che dalla costruzione di una prospettiva comune con la sinistra.
Come prima della rottura del Pd, come ai tempi in cui si discuteva di alleanze, anche sulle regionali cadono nel vuoto gli appelli dei padri nobili, da Prodi e Veltroni, perchè — dopo l’appello — nessuno si fa carico di tradurlo in politica: contenuti, programmi, incontri comuni, telefonate e non solo interviste per dimostrare che è colpa dell’altro, riproponendo il vecchio mantra del “così vince destra”, ma senza tentarle tutte, ma proprio tutte, affinchè questo non accada.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 11th, 2018 Riccardo Fucile
IL SINDACO BUCCI E’ INVECE INTERVENUTO: “SONO COSE CHE NON DEVONO ACCADERE A CHI E’ NOSTRO OSPITE”… CARO BUCCI, NON DEVE NEANCHE ACCADERE CHE UN DIFFAMATORE ABBIA UNA DELEGA DEL COMUNE, QUINDI PROVVEDI
Sono stati dimessi i sette profughi feriti ieri sera nel crollo del soffitto del soggiorno dell’appartamento trasformato in centro di accoglienza in via Sampierdarena.
L’ultimo a lasciare l’ospedale sarà il gambiano arrivato in ospedale in codice rosso, il cui stato di salute, dopo gli accertamenti, è apparso meno grave rispetto al momento del ricovero.
Nel centro di via Sampierdarena erano ospitati anche altri due migranti. Uno è scampato al crollo perchè si trovava nella sua camera, l’altro invece era a scuola: frequenta un corso di formazione professionale all’Istituto scolastico Odero.
I nove ospiti del centro sono tutti africani: tre del Gambia, uno della Nigeria, uno del Camerum, tre senegalesi e un cittadino del Mali. Il centro è stato posto sotto sequestro dalla procura per agevolare le indagini sulle cause del crollo. I nove stranieri sono stati tutti alloggiati provvisoriamente in due alberghi della città convenzionati con il Comune: uno a Sampierdarena, uno in centro città .
Dopo l’arrivo dei soccorsi, anche il sindaco Marco Bucci si era recato sul posto. «Sono cose che non devono succedere a gente che è nostra ospite, dobbiamo capire il perchè e fare in modo che non succeda più» , ha detto il sindaco.
Stamane la nota stonata: invece che preoccuparsi di chi è “nostro ospite” e che ha rischiato di morire, Sergio Gambino, consigliere comunale di Fratelli d’Italia, dimostrando una grande umanità , ha sostenuto che “all’interno del centro di accoglienza c’erano anche due irregolari”
“Uno dei feriti finiti all’ospedale Evangelico non è un richiedente asilo, ma un clandestino in possesso di un permesso di soggiorno scaduto. E c’è anche un’altra incongruenza: dalle documentazioni, fra i 9 migranti ospitati c’è uno straniero che risulta irreperibile. Se così fosse sarebbe una truffa, perchè la cooperativa incassa 35 euro al giorno per ospitare una persona che in realtà non vive nell’alloggio».
Ma la presidente della cooperativa Saba, che gestisce l’appartamento dove è avvenuto il crollo, ha replicato così a queste frasi: «Ogni giorno controlliamo chi vive nelle nostre strutture e comunichiamo i nomi alla Prefettura, che dopo le verifiche autorizza il pagamento delle rette. Un ospite clandestino? E’ un richiedente asilo che ha fatto ricorso, la Prefettura ne è stata informata. Escludo che uno straniero irreperibile possa risultare fra i nostri ospiti. Ripeto: tutti i giorni controlliamo i nomi degli ospiti e li comunichiamo. Se fossero emerse anomalie, ne saremmo a conoscenza».
A stretto giro arriva la nota ufficiale della Prefettura che smentisce l’esponente di Fratelli d’Italia: «I nomi degli ospiti del centro corrispondono ai richiedenti asilo che hanno diritto ad alloggiare in quella struttura», hanno chiarito dall’ufficio del prefetto, Fiamma Spena.
Ora la Genova civile attende che il sindaco Bucci tolga la delega al diffamatore.
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Gennaio 11th, 2018 Riccardo Fucile
LA EX MUNICIPALIZZATA E’ STATA COLONIZZATA DAI GRILLINI CHE HANNO ASSUNTO SOLO FEDELISSIMI
Raccontano strabuzzando gli occhi che, al confronto, il noto Manuale tipizzato dal
democristiano Massimiliano Cencelli sia persino troppo raffinato.
Dicono che quel che sta accadendo in Acea, scatola nera del potere romano, non l’hanno mai visto in decenni di potere di destra e di sinistra: e sì che chi naviga in queste acque è abituato a vederne di tutti i colori.
Insomma nella Capitale il paradosso grillino è il seguente: dopo aver urlato alla discontinuità e al rifondiamo tutto, giunti al potere i Cinque stelle hanno in effetti compiuto davvero una impresa diversa dal solito.
Trasformare lo spoil system nel tabula rasa system.
Via tutti, largo ai fedelissimi, trasformando così, nel giro di pochi mesi, la società quotata in borsa della quale il Comune ha il 51 per cento (Gaz de France il 23, Caltagirone il 5 e via dettagliando) in una specie di feudo esclusivo, ancorchè occupato tutt’altro che da neofiti del potere.
E se come usava dire Luigi Di Maio già all’epoca della vittoria, Roma anticipa ciò che accadrà al livello nazionale, tenersi forte.
All’Acea, alla faccia delle attente procedure di selezione, si va allegri di cooptazione e epurazione grilline, naturalmente entrambe con le dovute eleganze (chi arriva, proviene dai soliti poltronifici), con parcheggi e stanzini più o meno metaforici per i dipendenti improvvisamente fuori linea o, per dirla con chi sa stare a tavola, “preparati, ma troppo attivi” (tra gli stanzinati c’è pure il fratello di un noto attore vicino alla destra, non siamo mica a un pranzo di gala).
Con una velocità di esecuzione soprattutto nelle nomine che, dicono, dipenda pure dal timore di veder anzitempo tramontare la stella della sindaca Virginia Raggi, peraltro chiamata giusto il 9 in Tribunale anche lei per questioni di nomine.
In attesa di veder realizzato il pur ambizioso piano industriale appena presentato (3 miliardi di euro di investimenti in quattro anni) dal nuovo management formato dal presidente Luca Lanzalone e dall’ad Stefano Donnarumma, scorrazzano così per la multiutility di acqua e luce nuove figure di comprovata fede. Otto in più solo nella comunicazione, per dire.
Prima fra tutte Massimiliano Paolucci, ex relazioni esterne a Condotte spa, prima ancora Telecom e Aeroporti di Roma (dove ha conosciuto Donnarumma), si dice legato a Fabrizio Palenzona, che è riuscito — segno di indubbio potere — a riassumere in sè le deleghe alle relazioni esterne e quelle agli affari istituzionali, prima separate: non è un caso che nei corridoi di Acea si usi ormai soprannominare l’intera azienda “Paolucci spa” a significare la carta bianca di cui dispone.
In prima fila, e in ottimi rapporti con lui, ci sono infatti Giuseppe Gola, ex Enel, Wind e altre di telecomunicazioni, che è arrivato dopo l’estate alla guida di Amministrazione, Finanza e controllo, previa defenestrazione del predecessore dopo soli 18 mesi; il Ceo Office Massimiliano Garri, ex Bip e Deloitte consulting; Michele Grassi, che viene da Enel e adesso è responsabile Commerciale e trading AceaEnergia; quello che è il vero nuovo capo delle risorse umane, Pierluigi Palmigiani, per far posto al quale è stato gentilmente messo da parte il predecessore, peraltro fratello del medico personale di Berlusconi (non siamo a un pranzo di gala).
Molti ingressi come si diceva nello specifico della comunicazione, dove messi da parte i tre che c’erano, ne sono arrivati sei — dirigenti esclusi.
Tutti inquadrati, per lo meno come quadri o super quadri e, nel caso dei consulenti, prossimi all’assunzione o garantiti con stipendi equiparati (complessivamente una media di settanta mila euro all’anno, giusto per dare l’idea).
Tutti personaggi che vengono da mondi noti. Vi è chi lavorava alla segreteria tecnica dell’ex assessore Colomban e di Romeo, chi stava con Paolucci già in Condotte, chi proviene da Telecom o da Alitalia, chi era direttore generale di Assoelettrica e ha collaborato con il management Acea ai tempi di Alemanno.
Insomma la solita trasversalità , solo molto più feroce.
(da “L’Espresso”)
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Gennaio 11th, 2018 Riccardo Fucile
I DATI UFFICIALI SULLA DIFFERENZA TRA SERVIZIO PROGRAMMATO E QUELLO EFFETTIVAMENTE RESO E’ IMPIETOSO SULLA INEFFICIENZA DEGLI AMMINISTRATORI
ATAC ha pubblicato sul suo portale i dati relativi al confronto tra servizio programmato e quello reso nel mese di novembre 2017, dal quale si evince che la perdita per il servizio di superficie è del 14,42% mentre per le metropolitane arriviamo al 16,44%.
Il dato più interessante però è quello che riguarda la Metro B, dove la differenza tra servizio programmato e servizio reso è molto più evidente: la percentuale di perdita arriva al 23,6%, il che significa che quasi un treno su quattro da quelle parti “sparisce”.
Nel mese di ottobre, a fronte di una perdita di servizio per le metro pari al 16,59%, quello della Metro B è pari al 21,3%, ovvero un treno su cinque è “sparito”.
I conti di ATAC però includono nel servizio reso anche quello non effettuato per cause indipendenti dalla volontà di ATAC (ovvero per cause esogene).
Scorporando le cause esogene la produzione effettuata a novembre 2017 si “scopre” che la differenza tra servizio reso e programmato nella Metro B arriva a superare il 25% (ovvero è del 25,7%), nella Metro A è quasi del 20% (18,3%).
Questo vuol dire, semplificando, che un treno su quattro nella metro B sparisce regolarmente.
Questo è attualmente il livello del servizio dei trasporti pubblici via ferro a Roma.
Non è incredibile?
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 11th, 2018 Riccardo Fucile
“TUTELA DEI DIRITTI, RISPETTO DEL GARANTISMO, IMPEGNO CIVILE”… TRA I FIRMATARI I GENITORI DI GIULIO REGENI, IL REGISTA OLMI, GLI SCRITTORI MURGIA E SAVIANO
Da Roberto Saviano ai genitori di Giulio Regeni, ma anche il giornalista Pierluigi
Battista, il regista Ermanno Olmi e la scrittrice Michela Murgia.
Sono più di 80 le personalità che hanno lanciato un appello affinchè il lavoro svolto dal senatore Luigi Manconi possa proseguire anche nella prossima legislatura.
Nell’appello si legge: “La legislatura appena terminata si è connotata per il riconoscimento di fondamentali diritti civili e di libertà : l’approvazione della legge sul testamento biologico, la regolamentazione delle unioni civili, la previsione del reato di tortura. Tappe essenziali, nel cammino dell’affermazione di quei diritti che riguardano tutti, persone e collettività . In ciascuna delle conquiste che la XVII legislatura ha lasciato alle donne e agli uomini di questo Paese ha avuto un ruolo importante, spesso decisivo, Luigi Manconi, sia come promotore di iniziative parlamentari, sia come presidente della Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato”
I firmatari sottolineano come “l’impegno politico” di Manconi “affonda le proprie ragioni in quelle battaglie capaci di muovere dal dolore e dalla forza dei singoli e di tradurli in mobilitazione collettiva, di trasformare la promozione della dignità delle storie individuali in garanzie e diritti generali”.
Secondo i firmatari dell’appello “il traguardo del pieno riconoscimento e di un’ampia tutela di quei diritti è però ben lontano dall’essere stato raggiunto”.
“Così – spiegano – quella stessa XVII legislatura non ha approvato la legge sullo ius soli e culturae per i tanti figli di genitori stranieri, cresciuti al fianco dei nostri; non ha affrontato la gestione dei flussi migratori con politiche di accoglienza capaci di garantire la convivenza pacifica tra residenti e nuovi arrivati; non ha sottratto i minori alla detenzione in cella con le proprie madri; non ha abolito la contenzione meccanica nelle residenze sanitarie assistenziali”.
“Per rendere, insomma, la nostra democrazia più ricca e più compiuta, molto resta ancora da fare. Il voto popolare del prossimo 4 marzo sarà un’occasione decisiva per affrontare tutte le questioni legate ai nodi fondamentali del nostro vivere civile. Riteniamo importante, dunque, che Luigi Manconi possa proseguire nella prossima legislatura, all’interno del Parlamento, il suo lavoro istituzionale, sempre condotto con spirito pluralista, a tutela dei diritti umani e delle minoranze e nel rispetto del più rigoroso garantismo: per vigilare sulle conquiste ottenute, per conseguire nuovi traguardi”, conclude l’appello.
Ecco i nomi dei firmatari dell’appello
Paola Deffendi e Claudio Regeni
Elisa e Rino Rocchelli
Ermanno Olmi
Agnese Moro
Gad Lerner
Gustavo Zagrebelsky
Massimo Recalcati
Ilvo Diamanti
Roberto Saviano
Valerio Onida
Luigi Ferrajoli
Pierluigi Battista
Massimo Cacciari
Elio De Capitani
Elena Stancanelli
Alessandro Bergonzoni
Maurizio Maggiani
Michela Murgia
Dacia Maraini
Gaetano Azzariti
Ilaria Cucchi
Roberto Zaccaria
Rita e Giovanni Cucchi
Nicola Lagioia
Elena Cattaneo
Daniel Cohn-Bendit
Don Luigi Ciotti
Giuliano Pisapia
Paolo Fresu
Simona Argentieri
Fiorella Mannoia
Chiara Saraceno
Carlo Feltrinelli
Fulvio Scaparro
Luca Formenton
Sandro Veronesi
Eugenio Finardi
Vittorio Emiliani
Manlio Milani
Milly e Massimo Moratti
Cecile Kyenge
Gianni Amelio
Paolo Virzì
Daniele Vicari
Moni Ovadia
Gherardo Colombo
Maddalena Crippa
Valerio Mastandrea
Padre Guido Bertagna sj
Alessandra Ballerini
Don Gino Rigoldi
Giacomo Marramao
Goffredo Fofi
Monica Guerritore
Ginevra Bompiani
Oliviero Toscani
Eligio Resta
Don Virginio Colmegna
Christian Raimo
Igiaba Scego
Ascanio Celestini
Lucia Uva
Patrizia Moretti Aldrovandi
Guido e Andrea Magherini
Franco Lorenzoni
Costanza Quatriglio
Sandro Bonvissuto
Sandro Portelli
Paolo Nori
Guido Vitiello
Ricky Gianco
Giuseppe Cederna
Laura Balbo
Bianca Pitzorno
Giuliano Battiston
Nadia Terranova
Gloria Ghetti
Eraldo Affinati
Fabio Anselmo
Christopher Hein
Fabrizio Gifuni
Peppino Di Lello
Annarita Bartolomei
Flavio Insinna
Annalisa Camilli
Luca Zevi
(da agenzie)
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Gennaio 11th, 2018 Riccardo Fucile
FITTO: “PUNTIAMO AL 6%”, CESA: “CON NOI IL CENTRODESTRA VINCE”
Lo scudocrociato della Democrazia Cristiana con la scritta Libertas posto sopra una striscia tricolore e sovrapposto alla scritta “Udc” in trasparenza.
Il tutto sotto la scritta bianca su fondo blu “Noi con l’Italia”.
È il simbolo della ‘quarta gamba’ del centro-destra che è stato presentato oggi in una conferenza stampa a Roma.
“Puntiamo al 6 per cento”, promette Raffaele Fitto, mente Lorenzo Cesa assicura: “saremo quelli che determineranno la vittoria del centrodestra”.
“Nei prossimi giorni la nostra presenza sarà sempre più decisiva e determinante. Saremo la sorpresa di queste elezioni. Siamo indispensabili per trasformare la vittoria politica del centrodestra in una vittoria numerica che dia stabilità “, sostiene Raffaele Fitto, presidente di Noi con l’Italia, che si dice assai fiducioso rispetto alla performance che “non è la somma di diversi simboli elettorali ma un progetto politico per il futuro. Non stiamo facendo qualcosa di verticistico ma un movimento politico. I sondaggi oggi ci fanno intorno al tre per cento e non siamo nemmeno partiti. Penso che possiamo puntare almeno al 6 per cento. È un obiettivo realistico. Ci vediamo il 5 marzo e vedrete che avrò avuto ragione”, sottolinea, aggiungendo che “‘Noi con l’Italia’ vuole rivolgersi agli elettori delusi e che non vogliono votare, in modo da essere una alternativa”.
Gremita la sala della presentazione. Tra gli altri ci sono Maurizio Lupi e Roberto Formigoni, Saverio Romano, Enrico Zanetti, Mario Tassone, Enrico Costa e Paolo Cirino Pomicino, ma anche il presidente della Sampdoria Massimo Ferrero, il quale ha puntualizzato che non intende candidarsi.
Fitto assicura che la nuova formazione starà nella coalizione di centrodestra “con dignità ed orgoglio”: un messaggio che suona rivolto alla Lega (“Salvini fa il suo”), che “è alleata e non in contrasto, visto c’è dialettica”. Di sicuro la ‘Quarta gamba vuole l’obbligo dei vaccini e non vuole lasciare l’Euro. E “fondamentale” viene considerata la presenza nella compagine di Maurizio Lupi “per il lavoro che faremo a livello nazionale e soprattutto in Lombardia”.
(da agenzie)
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Gennaio 11th, 2018 Riccardo Fucile
DALL’ABITAZIONE DI ISABELLA VOTINO, VICINO AL CASTELLO SFORZESCO, SOTTRATTI OROLOGI E PREZIOSI
Il furto è stato scoperto il 30 dicembre. Proprio nei giorni in cui il presidente della
Regione Roberto Maroni rifletteva sul suo futuro politico, arrivando infine al recente annuncio di non ricandidarsi alla guida del Pirellone, l’appartamento della sua storica portavoce e consigliera, Isabella Votino, è stato svaligiato.
I ladri sono entrati nell’appartamento in pieno centro, non lontano dal Castello Sforzesco, e hanno avuto il tempo di rovistare in tutte le stanze.
A quanto trapela non avrebbero portato via molti oggetti (qualche capo di abbigliamento, alcuni gioielli, un orologio), ma il valore sarebbe comunque piuttosto alto.
Dopo la scoperta del furto, nello stabile sono arrivate le Volanti della polizia e gli uomini della Scientifica per i rilievi.
Nei giorni seguenti, subito dopo Capodanno, i ladri sono entrati anche in un altro appartamento del centro, vicino all’università Statale, in un palazzo dove da decenni vivono le famiglie Mondadori-Formenton. Anche su questo furto indaga la polizia.
(da “il Corriere della Sera”)
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