Febbraio 1st, 2018 Riccardo Fucile
SCELTA PRUDENZIALE RISPETTO ALLA SAN GIOVANNI DEL 2013
Il Movimento 5 stelle ha scelto. Sarà Piazza del Popolo la cornice per la chiusura della campagna elettorale. I pentastellati stanno già predisponendo tutti i passi formali, ma, a quanto risulta all’Huffpost, la decisione è presa.
Quello in una dei luoghi più suggestivi di Roma è in realtà un ritorno. Lì si chiuse la corsa infruttuosa di Marcello De Vito verso il Campidoglio.
Ma soprattutto fu l’ultima tappa della cavalcata che portò Virginia Raggi a diventare prima cittadina di Roma.
Un precedente che sorride alle truppe guidate da Luigi Di Maio, che sarà il gran mattatore di una giornata che vedrà confluire il suo tour istituzionale con quello che parallelamente Alessandro Di Battista condurrà nelle piazze.
Ad oggi non è certa, ma la presenza di Beppe Grillo per il gran finale sembra scontata, “anche se come valore aggiunto — spiegano — non sarà il centro della giornata”.
Certo non si può non notare come la scelta sia prudenziale.
Cinque anni fa, nel 2013, fu piazza San Giovanni ad accogliere l’episodio finale dello Tsunami tour dell’ex comico. Una spianata che può accogliere un numero assai più ampio di persone, e che si riempì all’inverosimile, fino a debordare nelle vie limitrofe.
La previsione per il gran finale, dunque, stavolta si attesta su cifre più contenute.
Anche per la strategia di DI Maio – meno animale da palcoscenico di Grillo – orientata a rivolgersi a interlocutori mirati e settorializzati, e al contatto porta a porta in teatri e cene di fund raising con gli attivisti.
Con il palco situato verso un terzo della piazza, la location in fondo a via del Corso garantirebbe un buon colpo d’occhio anche con la presenza di qualche decina di migliaia di persone.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 1st, 2018 Riccardo Fucile
TUTTE LE BALLE DI DI MAIO SUI CANDIDATI RICICLATI DEL M5S: IL CANDIDATO PREMIER SI ARRAMPICA SUGLI SPECCHI PER GIUSTIFICARLI
«Avete visto i giornali di oggi?», scrive Luigi Di Maio su Facebook prima di lanciare l’ennesima
diretta dove commenta le notizie del giorno.
Da quando il MoVimento 5 Stelle, o meglio da quando Luigi Di Maio ha presentato le candidature all’uninominale sul M5S sono piovute decine di critiche.
Dopo la lotteria delle Parlamentarie, con le numerose esclusioni senza motivo tutti si aspettavano due cose.
La prima era la pubblicazione dei risultati, del numero di clic, ricevuti da ogni aspirante candidato. La seconda è che almeno per quanto riguarda l’uninominale, dove Di Maio si era impegnato in prima persona, la selezione fosse “ferrea”.
Della prima non si sa più nulla, Di Maio aveva promesso i dati “in settimana” durante una puntata a Porta a Porta. Era la settimana scorsa.
Per la seconda la faccenda è più interessante. Il Capo Politico ha presentato una squadra di “supercompetenti“.
Come l’ha definita oggi una “supersquadra” (i superlativi sono sempre in saldo in campagna elettorale) composta da «sessanta o settanta persone che hanno non solo curriculum enorme, ma una storia professionale che ne ha fatto servitori del paese a vario titolo, nel mondo dell’imprenditoria, delle forze armate…».
E senza dubbio nella squadra del M5S ci sono persone competenti, così come ce ne sono negli altri schieramenti politici.
Dov’è il valore aggiunto? La selezione in teoria, che garantisce che tra i candidati non ci siano riciclati o persone che salgono sul carro del M5S per sperare in una poltrona.
Succede che però tra supercompetenti della supersquadra ci siano diverse persone che con la “vecchia politica” ci hanno avuto a che fare.
Di Maio non ci sta e si lamente che «da vari giorni si parla dei riciclati nel M5S. Io lo voglio dire agli attivisti, a tutto il movimento, non vi fate infinocchiare».
Se si parla di “riciclati” è perchè ci sono. E questo proprio secondo la definizione che il MoVimento 5 Stelle ne ha sempre dato.
Ora già qui si potrebbe ricordare a Di Maio che i supercompetenti (in questo caso i selezionatori) hanno candidato un ammiraglio che solo grazie ai giornali si è scoperto non solo che si era stato candidato sei mesi fa ma addirittura che è ancora consigliere comunale a Ortona grazie al PD.
Oppure Nicola Cecchi ex PD, sostenitore del Sì al Referendum costituzionale che fino a qualche settimana fa sfotteva Di Maio dicendo che non aveva mai lavorato in vita sua e che ora si trova candidato a Firenze contro Renzi. Un sostenitore, anche molto acceso. Come Paolo Turati, che ha nascosto in fretta e furia il suo passato da estimatore di Forza Italia.
Francessco Mollame nel collegio uninominale al Senato è stato candidato nel 2008 sindaco a Partinico con l’Mpa di Raffaele Lombardo. Non solo: Mollame è stato assessore nel 2013 per Gianfranco Bonnì sindaco contro il M5S. Non proprio una posizione defilata.
C’è poi Gaspare Marinello, anche lui al Senato (ad Agrigento) che aveva corso per le amministrative a Sciacca nel 2009. Di Maio liquida il caso parlando “di uno che è stato candidato 10 anni fa con la coalizione di centrodestra alle amministrative”.
Ed è un peccato che fino a poco tempo fa non avere esperienze politiche pregresse fosse uno degli elementi dirimenti per poter partecipare attivamente alla vita politica nel MoVimento.
Ci sarebbe anche quel codicillo che vieta le candidature a chi “ha partecipato a elezioni di qualsiasi livello, nè aver svolto un mandato elettorale o ricoperto ruoli di amministratore e/o componente di giunta o governo, con forze politiche diverse dal MoVimento 5 Stelle a far data dal 4 ottobre 2009“.
Ecco come ad esempio Di Maio liquida il caso di Vittoria Casa, candidata all’uninominale a Bagheria: “c’è una che otto anni fa è stata coordinatrice del PD a livello comunale”.
Innanzitutto la Casa è stata Segretario del PD di Bagheria. In secondo luogo è stata tre volte assessora, l’ultima con il sindaco Giuseppe Lo Meo nel 2012. Non proprio un profilo da pentastellata modello.
Per tutti costoro Di Maio chiede clemenza al popolo grillino.
Si inalbera, chiedendosi se «questa gente qui non avrà mai più un occasione di mettersi in gioco in politica» a causa di esperienze fatte nel passato. Naturalmente fare politica non è obbligatorio, ci si può limitare a fare attivismo.
Paradossalmente questo è quello che il MoVimento ha sempre detto quando ha dovuto parlare di casi del genere.
Ora la musica è cambiata e Di Maio si rivolge a quelle perosne che «sono entrate nel MoVimento dopo aver conosciuto i partiti ed aver iniziato ad evitarli».
Gente come il fidato braccio destro di Di Maio, Vincenzo Spadafora, che è passato dalla Margherita di Rutelli a Forza Italia (grazie ai buoni uffici di Mara Carfagna) e che ora si trova candidato all’uninominale in Campania per il M5S.
Dopo aver detto che tutti questi “supercompetenti” sono «persone che vengono dal territorio e hanno capito che l’unica speranza è il M5S» Di Maio ci racconta che il MoVimento candida Alessia D’Alessandro “una persona che parla sei lingue” e che da anni vive in Germania.
Innanzitutto la D’Alessandro di lingue dice di parlarne cinque e non sei. In secondo luogo in che modo una persona che negli ultimi anni ha vissuto all’estero possa essere espressione del territorio questo rimane un mistero.
Continua Di Maio, il vero supercompetente del M5S, spiegando che la candidata «ha un curriculum enorme e che ha lavorato in Germania e che sta facendo la consulente per la CDU che è il partito che sostiene la Merkel».
Se si va a guardare il curriculum si scopre però che dopo la laurea (triennale e specialistica) la D’Alessandro ha ricoperto per la bellezza di dieci mesi la posizione assistente al marketing presso il Consiglio Economico della CDU. Che è un’organizzazione imprenditoriale storicamente legata alla CDU.
Questo però non significa che la D’Alessandro abbia lavorato per il partito della Merkel. E a smentire Di Maio è stato lo stesso Wirtschaftsrat der CDU che ha affidato all’agenzia tedesca DPA una nota in cui ridimensiona il ruolo della candidata pentastellata: “Abbiamo l’impressione che la sua posizione alla Wirtschaftsrat sia stata esagerata dal suo partito nei media italiani”, ha detto il think tank tedesco.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 1st, 2018 Riccardo Fucile
“DELUSI DA UN PARTITO CHE STA MANCANDO DI COERENZA PER RACIMOLARE VOTI AL SUD”… “NON SONO CAPACI NEANCHE DI FAR TORNARE UN UFFICIO ANAGRAFE”
Potrebbe essere un (doppio) caso isolato. Oppure no. Potrebbe essere il sintomo di un processo di malcontento interno latente.
Lega, e non più Lega Nord, dallo scorso inverno. Ed è questo uno dei motivi che hanno spiento Daniele Bonuso e Corrado Falasco, consiglieri municipali del Carroccio in Valpolcevera, a uscire dal partito e andare nel gruppo misto (dove hanno trovato Massimo Pantini, ex Fratelli D’Italia, poi cooptato dal presidente Pd Federico Romeo nella squadra di governo con una delega al decoro urbano e riqualificazione urbana).
Bonuso, 25 anni, e Falasco, 61, non erano nella Lega da moltissimo tempo, un paio d’anni al più, ma abbastanza da definirsi delusi della piega presa dal partito e dagli atteggiamenti di Salvini.
“A Pontida aveva urlato dal palco, mai più schiavi di Forza Italia. E ora?” osserva Daniele Bonuso, che parla anche a nome del compagno.
“Abbiamo preso la nostra decisione con grande difficoltà — continua Bonuso — ma ci siamo resi conto che non possiamo far finta di niente con gli elettori. Durante la campagna elettorale Salvini è venuto a Certosa e a Begato, sono state promesse azioni di cambiamento eppure non sta succedendo nulla. Non ci sono novità neppure sul ritorno dell’anagrafe a Bolzaneto, che è una battaglia che abbiamo intenzione di proseguire”.
“Nei prossimi anni, con i lavori per la gronda, la vallata cambierà radicalmente — aggiunge il consigliere ex Lega — noi siamo intenzionati a vigilare ma non da dentro un partito che cambia nome per racimolare qualche voto a sud”.
(da “Genova24”)
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Febbraio 1st, 2018 Riccardo Fucile
EMMANUELA FLORINO E GIUSEPPE SAVUTO, GLI ARRESTI E LE INTERCETTAZIONI: “PORTATE MAZZE, BOMBE A MANO E PICCONI”
C’era un doppio livello, come avveniva negli anni ’70. 
Una stratificazione della militanza, con un’ala occulta definita dai magistrati “militare”, pronta ad organizzare veri e propri agguati, a gestire la piazza con esplosivi, molotov, coltelli, spranghe, mazze da piccone.
Casapound Napoli, era il gennaio del 2013, mostrava un volto molto diverso rispetto a quello promosso dal segretario nazionale Simone Di Stefano in tour elettorale.
Una vera e propria associazione sovversiva, accusa che portò a 10 arresti, con una trentina di indagati, dopo due anni di indagini dei carabinieri del Ros. Il processo pende ora davanti alla corte di Assise napoletana, dopo un primo avallo del pesante capo di imputazione da parte della Cassazione che — in sede di ricorso della Dda dopo il riesame — ha confermato l’ipotesi dell’accusa.
Tutto è cambiato da allora? Casapound non rinnega quella storia, anzi.
I due principali esponenti che concorrono per la Camera dei Deputati nel collegio napoletano — sia nel listino del proporzionale che nell’uninominale — sono Emmanuela Florino, che all’epoca dell’inchiesta finì ai domiciliari, e Giuseppe Savuto, ritenuto nel 2013 dai magistrati uno dei capi dell’ala militare di Casapound.
Anche dopo gli arresti e la discovery che mostrò il volto violento dell’organizzazione i due non sono mai stati allontanati. Anzi. Oggi sono ai vertici del movimento a Napoli, leader indiscussi.
“Mazze e bombe, lo ha detto Iannone”
Le indagini iniziarono nel 2009, epoca caldissima a Napoli, con continui scontri tra Casapound e gruppi di sinistra, soprattutto all’interno dell’Università .
La “frangia militare” – così definita dal Gip nell’ordinanza del 2013 — era cresciuta in quel contesto. Le modalità operative diventano chiare, per gli investigatori, nel novembre del 2011, quando Casapound decide di organizzare una manifestazione nazionale a Napoli: “L’iniziativa a contenuto ideologico — scrive il Gip – viene corredata dall’organizzazione della violenza. Alla apparente natura paciï¬ca, si contrappone la reale disposizione alla violenza. (…) Non si tratta di un’unica faccia, a quella apparentemente paciï¬ca si afï¬anca quella sotterranea e violenta”.
L’organizzazione di quel corteo avviene, tra l’altro, in stretto coordinamento con il leader nazionale Gianluca Iannone, che darà indicazioni precise.
Le intercettazioni del Ros all’interno della sede storica dell’estrema destra napoletana, il “Berta”, registrazione, tra l’altro, le istruzioni per preparare ordigni micidiali:
Giuseppe Savuto: dobbiamo lanciare un cofano di COBRA (petardi di grosse dimensioni) …perchè se tu lanci e iniziano a lanciare loro la roba, comunque sei tu che parti …inc… e tu devi rispondere con un COBRA solamente non te ne fottere, che poi la DIGOS è difï¬cile che ti portano perchè dentro mille persone, uno da dietro a tutto prende e lancia COBRA in grosse quantit
Senatore Giovanni: io li metterei dentro le bottiglie i COBRA…
Giuseppe Savuto: dentro le bottiglie? e poi come fai ad appicciare? (…)
Senatore Giovanni: …però se la riempi d’alcol possiamo legare pure la torcia
Giuseppe Savuto: ma che cazzo vuoi combinare? Vuoi fare il mostro proprio?
Senatore Giovanni: è una molotov con la torcia… bello e buono perchè poi con la torcia non si scansano più di tanto
Angelo Todaro: invece poi vedono la bottiglia che si avvicina e non hanno più tempo
Senatore Giovanni: se vedono la ï¬amma loro sono convinti che è una torcia dentro lo scuro (…) quando si schiatta a terra poi [fa il verso dell’esplosione]
Anche l’attuale capolista di Casapound in Campania Emmanuela Florino – figlia di un ex senatore An – partecipava attivamente alla preparazione delle azioni di guerriglia.
In quella riunione, registrata dalle microspie, spiegava come dovevano prepararsi i militanti secondo le indicazioni arrivate da Roma:
Emmanuela Florino: Sappiate che cioè proprio da Roma Manolo ha detto che proprio da Napoli, a Toni Mollo lo ha detto, che a Napoli ci deve essere la camionetta piena di caschi, perchè se qua qualcuno gli viene sottratto il casco da una perquisizione ecc. Napoli deve avere caschi, mazze, Napoli deve avere bombe a mano (…) E.. i manici dei picconi, cioè… cioè… queste mazze qua non si possono guardare Peppe, e poi sono poche
Giuseppe Savuto: No ma non sono queste qua, lascia stare
Emmanuela Florino: I manici di piccone noi li dobbiamo comprare, hanno detto andate… non so dove… in questi posti dove vendono proprio i manici di picconi, e comperateli (…) A me hanno detto che dobbiamo ne comprare tanti, perchè ha detto poi non è detto che vi servono tutte quante a voi a Napoli, ha detto, le rivendiamo alle varie sezioni politiche, per l’Italia capito?
Per il Gip quelle indicazioni arrivavano direttamente da Gianluca Iannone: “Dunque Florino si fa portavoce delle richieste romane, provenienti da Iannone: sanpietrini (poi verranno sostituiti dai calcinacci – che si infrangono a terra e non possono essere rilanciati dagli avversari – come chiedeva Coppola), caschi (anche da rubare in caso di numero insufï¬ciente) e mazze, manici di piccone da acquistare, che servono per tutti i partecipanti, compresi quanti sarebbero giunti alla manifestazione da Roma, da dove non potevano muoversi con questo armamentario”.
I contatti con gli anziani: “Così facevamo gli agguati”
C’è una sorta di testimone che sembar passare dalla vecchia generazione dell’eversione nera degli anni ’70 ai giovani militanti di Casapound.
Un link che diventa evidente a Roma, ma che anche a Napoli appare come un’ombra scura.
Tra le intercettazioni appare una conversazione tra un militante di Casapound e un esponente storico della destra campana, quella generazione che negli ’80 militava nelle sigle dell’estremismo neofascista, Massimo M. (ritenuto estraneo all’organizzazione dal Gip).
Esponente di Casapound: e come dobbiamo fare
M.: blitz blitz..esecuzione esemplare…
Esponente di Casapound: eh
M:. esecuzioni esemplari…cioè te li devi andare a prendere a due o tre alla volta… Hai capito
Esponente di Casapound: noi lo abbiamo fatto
M:. lo sai dove stanno… pigli… senza parlare proprio a dire siamo Casapound…PUUU PUUM PUMMMPT…da sopra un motorino e te ne vai…chi è stato?… e che ne so… noi l’abbiamo fatto..hai capito?… come facemmo noi…
Esponente di Casapound: noi abbiamo fatto le nottate sotto le case di questa gente… a uno gli abbiamo incendiato la macchina… una notte arrivammo sotto la casa e lo abbiamo abbuffato di mazzate
M:. no ma io non voglio incitarvi alla violenza… per carità .. però è la rabbia (…)
Esponente di Casapound: noi vogliamo fare politica
M.: noi non facevamo politica….noi facevamo solo violenza…non facevamo politica… perchè se vogliamo non la sapevamo manco fare…
Esponente di Casapound: è la verità …o fai la politica con tutti gli errori che possono venire o decidi di impugnare un’arma e allora fai il terrorista… però poi…
Quel filo mai interrotto tra le organizzazioni degli anni di piombo e il neofascismo del terzo millennio ha un ruolo molto forte nella capitale.
Roma — raccontano le intercettazioni — è il luogo chiave, una sorta di grande camera di compensazione dell’estrema destra. Con i suoi luoghi simbolo, a partire dalla sede storica di Acca Larentia.
E’ il 4 luglio 2011. Enrico Tarantino — ritenuto dai magistrati a capo della struttura militare occulta di Casapound di Napoli, poi uscito dall’organizzazione pochi mesi prima degli arresti del 2013 — parla con tale Alexander, neofascista campano che si è trasferito a Roma: “Ci stanno parecchi camerati da queste parti, per cui mi trovo, ambiente mio insomma. Mo’ sto collaborando anche con il tuo capo.. .. (nota del Gip: il riferimento è a Iannone , capo di Casapound nazionale)”, esordisce.
Enrico Tarantino: ah si?
Alexander: Aspe’…stiamo facendo delle riunioni ad Acca Larentia ogni settimana… stiamo organizzando una cosa carina…ma penso che lo sai per luglio… Stiamo organizzando per ï¬ne luglio tipo i campi hobbit (…
Enrico: ma chi ci stanno alle riunioni?
Alexander: tutti… ma proprio tutti… cioè i rappresentanti… l’altra volta è venuto Iannone… poi è venuto il rappresentante di forza Nuova… proprio tutti (…) praticamente uno, due rappresentanti per ogni gruppo parlamentare o extraparlamentare che saranno un attimino aldilà degli scontri, anche perchè qua tra Casapound e Forza Nuova è abbastanza tesa la cosa (…
Enrico: va buo’, ma Ciavardini pure sta partecipando a queste riunioni
Alexander: Gigi sta praticamente dietro qualsiasi cosa ma come punto di riferimento per tutti… anche perchè poi…
Enrico: Adinolfi?
Alexander: Adinolfi sta a partecipa ‘…con voi…
Luigi Ciavardini, esponente dei Nar negli anni ’80, è uno degli autori della Strage di Bologna, con una condanna definitiva per il reato di strage.
Gabriele Adinolfi, ritenuto oggi l’ideologo di Casapound, è stato insieme a Roberto Fiore fondatore del movimento “Terza posizione”.
Una vecchia guardia che oggi mantiene contatti attivi con i movimenti della destra radicale: “Roma è tutta un’altra cultura — commenta Tarantino – perchè il testimone passa più facilmente…allora ‘u guaglione di 16 anni cresce sotto al trentenne che già gli spiega per ï¬lo e per segno come deve muoversi e come deve fare. È ovvio che a 20 anni il ragazzino che è cresciuto sotto al trentenne che poi di per sè è cresciuto sotto al quarantenne, già stanno inquadrati diversamente ed è tutta un’altra mentalità per questo tu dici che si respira un’altra aria”.
(da “L’Espresso”)
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Febbraio 1st, 2018 Riccardo Fucile
LA PERIZIA CALLIGRAFICA DISPOSTA DALL’AUTORITA’ GIUDIZIARIA INDICA CHI HA SCRITTO SULLA SCHEDA “IRMA, LA TR…”
La perizia della grafologa ha individuato un nome e un cognome: sarebbe stato il consigliere comunale del Movimento 5 Stelle Francesco Colella a scrivere l’insulto sessista, “Irma la tr….”, sulla scheda del voto segreto per eleggere i giudici popolari in aula Dalfino.
L’episodio risale al 14 novembre. Nel corso della seduta del consiglio comunale a Bari, durante lo spoglio, spuntò la scheda (subito dichiarata nulla) con l’offesa rivolta alla consigliera comunale di centrodestra Irma Melini.
A seguito di quell’episodio sia la consigliera sia il Comune di Bari presentarono denuncia alla procura di Bari.
Il pm Roberto Rossi, allora, decise di convocare tutti i presenti a quella seduta, 23 rappresentanti di tutte le formazioni politiche, per essere sottoposti al saggio grafico.
Nel fascicolo, aperto a fine novembre a carico di ignoti, è stato ipotizzato il reato di diffamazione aggravata.
Il consigliere Colella è stato convocato negli uffici di via Nazariantz per essere ascoltato dagli inquirenti.
Stando al risultato della perizia grafologica sarebbe lui l’autore dell’insulto.
Le prime ipotesi avevano puntato su una donna: la grafia era simile a quella di due consigliere comunale ma il perito incaricato dalla procura ha dato un altro verdetto.
Si attendono ora le mosse della difesa di Colella.
(da agenzie)
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Febbraio 1st, 2018 Riccardo Fucile
NEL 2013 RACCOLSE 58 PREFERENZE A PORTICI, POI DI LEI SI PERSERO LE TRACCE… E ORA UN POSTO ASSICURATO ALLA CAMERA
Nessuno sa chi sia. 
C’è chi dice che lavori per il Milan ma dall’organigramma non risulta, chi dice che sia vicina ad Adriano Galliani.
Di certo c’è che ha ventotto anni ed è candidata per Forza Italia in posizione blindata: al terzo posto nel collegio plurinominale 1 della Campania (Acerra – Pozzuoli – Casoria) dopo Mara Carfagna (che è capolista anche nel listino di Napoli città e quindi potrà optare) e Antonio Pentangelo; e al secondo posto nel collegio di Napoli – Portici dopo Paolo Russo.
È quasi un giallo la candidatura di Marta Antonia Fascina, la giovane bionda che nessuno sembra conoscere.
Però non è nuova alla politica: si è già candidata a Portici alle elezioni comunali del maggio 2013 sempre in lista con Il Popolo delle Libertà raccogliendo in realtà ben poco: solo 58 preferenze.
Allo stesso tempo si era candidata all’università Sapienza per farsi eleggere come rappresentante degli studenti nel Cnsu.
Insomma, il pallino della politica sembra averlo da tempo. Secondo quanto riporta Fanpage.it, in passato avrebbe però promesso di non essere più interessata, dopo l’esperienza alle comunali di Portici. E invece, eccola in posizione blindata.
Una scelta calata certamente dall’alto che però non è piaciuta a tutti.
Per l’ex consigliere Regionale campano Carlo Aveta “Portici avrà il suo deputato, una ventottenne che Forza italia ha blindato in ben due listini al proporzionale, come se fosse un big nazionale, dall’alto delle sue 58 preferenze raccolte alle comunali del 2013 con il Popolo della Libertà . Egregio Presidente Berlusconi, la ringrazio per averci spinto a sostenere le forze politiche anti sistema, quel sistema che lei con i suoi comportamenti pubblici e privati ha contribuito a far degenerare, mortificando la politica, i territori e gli elettori”
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 1st, 2018 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELL’ORDINE SI E’ CANDIDATO SENZA DIMETTERSI, ORA CENTINAIA DI LEGALI CHIEDONO LE SUE DIMISSIONI
Qualche giorno fa il M5S ha annunciato ha annunciato la candidatura del Presidente dell’Ordine degli avvocati di Roma, Mauro Vaglio, nel collegio uninominale 3 di Roma — Quartiere Portuense per il Senato.
Contestualmente l’Avvocato Vaglio ha spedito una mail a tutti i circa 25mila iscritti all’Ordine di Roma per annunciare di aver accettato l’invito del Capo Politico del MoVimento.
Nella mail il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma faceva sapere che ci saranno ulteriori comunicazioni, scrive, “sarò lieto di condividere con voi le motivazioni che mi hanno indotto a tale scelta”.
La decisione di Vaglio di utilizzare la mailing list degli iscritti al COA non è stata gradita dai suoi colleghi.
Molti avvocati romani hanno iniziato una vibrante protesta sui social per chiedere le dimissioni di Vaglio dalla carica di Presidente.
Come ha spiegato l’avvocato Antonio Conte, già Presidente dell’Ordine di Roma nel 2011 «ogni avvocato è libero di candidarsi per qualsiasi partito politico, ma prima se ricopre una carica Forense si deve dimettere per evidenti ragioni di opportunità ed equidistanza».
Altrimenti, prosegue Conte, «può sorgere il dubbio che si è “utilizzata” la “carica Forense” per ottenere quella candidatura”.
Altri contestano proprio il fatto che il Presidente, oltre alla sua carica, abbia anche utilizzato “gli strumenti messi a disposizione per via della sua appartenenza all’Ordine”. Insomma la mail è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma non è solo quello il punto della questione.
Certo, a qualcuno viene il dubbio che il Presidente possa aver avuto accesso agli elenchi del COA. Ed il problema qui è che probabilmente un avvocato — anche facendone richiesta — non potrebbe averne accesso.
L’avvocato Massimiliano Cesali ribadisce che il problema non è essere un avvocato candidato alle Politiche, ce ne sono molti e ce ne sono sempre stati.
Il problema è essere candidato da rappresentante degli avvocati.
In questo caso — prosegue Cesali — «è doveroso dare le dimissioni per non coinvolgere la categoria in una campagna elettorale e non alimentare sospetti di “sfruttamento” della posizione soprattutto durante gli eventi a cui si partecipa nell’esercizio delle funzioni».
Quella che molto avvocati romani chiedono è una scelta di buon senso.
Se Vaglio si dimettesse dalla sua carica nessuno avrebbe da eccepire sulla sua candidatura. La mail inviata a tutti gli associati rimarrebbe, ma sarebbe un episodio tutto sommato marginale. Al massimo potrebbe essere vista come una caduta di stile, ma in fondo la campagna elettorale non è certo un pranzo di gala.
C’è anche chi ha invitato il Presidente dell’Ordine “a dichiarare puntualmente che la sua posizione politica è strettamente personale, e non degli Avvocati dell’Ordine di Roma”.
Ciò che ha creato più di qualche mal di pancia è la “questua” dei voti per via telematica che secondo qualcuno è quasi un “abuso” della sua posizione.
L’avvocato Conte ha annunciato che oggi (1 febbraio), durante l’Adunanza settimanale del COA di Roma, i nove consiglieri di minoranza formuleranno formale istanza con richiesta di dimissioni nei confronti dell’Avvocato Vaglio “raccogliendo la legittima indignazione di centinaia di avvocati romani.”
L’avvocato Libero Petrucci fa anche notare che non è solo Vaglio l’unico a ricoprire una “carica Forense” ad essere candidato senza essersi prima dimesso.
C’è chi scrive che le istituzioni forensi devono essere “a servizio della categoria e non rampa di lancio per proprie ambizioni politiche”.
E senza dubbio in un mondo ideale dovrebbe essere così. Non bisogna essere ingenui e dimenticare che l’aspirare ad cariche elettive risponde sì all’esigenza di mettersi “al servizio” della categoria (o della comunità ) ma anche all’ambizione personale di veder riconosciuto (e votato) il proprio ruolo.
Anche il Presidente della Cassa Forense Nunzio Luciano è candidato per Forza Italia al Senato nel Collegio proporzionale del Molise.
Secondo quanto scrivono gli avvocati anche il Presidente del Consiglio Nazionale Forense Andrea Mascherin sarebbe candidato con Forza Italia ma non risulta in nessun elenco dei candidati.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 1st, 2018 Riccardo Fucile
PER LA SERIE FATEVI SEMPRE CONOSCERE… L’EX PRESTIGIOSO DIRETTORE DEL METROPOLITAN DI NEW YORK SBATTE LA PORTA AI CUCUZZARI
È in programma tra poco più di due mesi, dopo tre anni di attese e sogni in grande, ma non avrà la
sua vera stella, insieme direttore artistico, nome tutelare, “ testimonial” dell’evento e della città di livello mondiale, il Maestro Fabio Luisi.
Il direttore d’orchestra genovese, già direttore della Metropolitan Opera di New York, da pochi mesi anche sul podio dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, non è più il direttore artistico del Concorso Internazionale di Violino Premio Paganini.
L’ amministrazione dovrà ora cercare un sostituto in vista del concorso in programma tra due mesi.
Secondo quanto si apprende, Luisi era formalmente decaduto dall’incarico di direttore artistico del Concorso internazionale di violino ‘Premio Paganini’ a giugno scorso, in occasione delle elezioni amministrative che portarono al rinnovo del Consiglio comunale di Genova. L’articolo 5 del regolamento del concorso stabilisce che “la scadenza, ovvero lo scioglimento del Consiglio comunale, determinano la decadenza anticipata degli organi” del Premio Paganini.
A quanto risulta, l’assessore comunale alla Cultura Elisa Serafini avrebbe voluto riconfermarlo con l’indicazione di una “maggiore internazionalità della Giuria del premio”, ma la ‘rottura’ del confronto sulla sua composizione renderebbe ormai impossibile una mediazione o il ritorno di Luisi alla direzione.
In particolare Luisi critica la proposta del Comune di inserire in giuria il violinista russo Zakhar Bron che nel 2015 in un concorso a Lublino in Polonia avrebbe fatto vincere un primo premio a due suoi studenti: il fatto destò scandalo e il concorso venne sospeso.
Genova perde un grande personaggio e forse ospita un maneggione.
Ottima scelta della giunta leghista, come sempre.
(da agenzie)
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Febbraio 1st, 2018 Riccardo Fucile
LEI RISPONDE CON IRONIA: “IL MIO GRAFICO E’ MOLTO MEGLIO E SI RIFIUTA DI TOGLIERMI LE RUGHE ACCANTO ALL’OCCHIO”
“Sbaglio o ha usato lo stesso grafico della Meloni?”.
Qualcuno già ipotizza il ricorso a photoshop per “correggere” le imperfezioni ma lei, Anna Ascani, candidata Pd alle prossime elezioni politiche come capolista per la Camera nel collegio dell’Umbria, smentisce con simpatia.
“Sbagli. Il mio è molto meglio, si chiama Nicola e si rifiuta di togliermi le rughe accanto all’occhio”.
Non è però passata inosservata la nuovo foto profilo della deputata uscente, renziana di ferro (nel suo collegio per il Senato il capolista è proprio Renzi) su Facebook.
E tanti sono i complimenti e gli incoraggiamenti per la sua campagna elettorale. Come quello dell’amico Nicola: “Le rughe d’espressione sono la testimonianza di una donna felice e il lascito della saggezza del tempo”. Oppure: “Avanti senza tentennamenti sulla buona strada!!!!”.
Quanto a photoshop, di certo non c’è paragone con la Meloni, dicono i suoi follower: “Ma le rughe tu non le hai poi vuoi mettere gli occhi tuoi con quelli della Meloni, non c’è paragone”.
Insomma, photoshop o meno, la nuova foto profilo è un successo.
(da “Huffingtonpost”)
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