Febbraio 6th, 2018 Riccardo Fucile
CECCONI E MARTELLI SEGNALATI PER UN RITARDO NEI VERSAMENTI… MA ALLORA PERCHE’ NON E’ STATO SEGNALATO ANCHE DI MAIO CHE SOLO A DICEMBRE HA VERSATO LA QUOTA DI GIUGNO?
Emanuele Dessì, il candidato M5S di Frascati che ha fatto tanto parlare di sè per il video con Domenico Spada, la casa popolare a sette euro al mese e le botte ai rumeni ha annunciato di aver firmato un modulo per la rinuncia alla candidatura, ma di non averne capito il significato.
Il modulo, approntato dal giovane costituzionalista Luigi Di Maio. prevede la “rinuncia alla candidatura da parte del candidato del collegio”. Una volta eletto, secondo la fantasiosa interpretazione della legge a 5 Stelle, Dessì potrà quindi dimettersi senza causare ulteriore imbarazzo nel MoVimento.
Naturalmente si tratta di carta straccia, perchè l’articolo 66 della Costituzione stabilisce che: “Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità ”.
In poche parole sarà l’aula del Senato a decidere sulle dimissioni di Dessì. A quanto pare però l’ex consigliere comunale M5S non sarebbe l’unico ad aver firmato il famigerato modulo inventato da Di Maio.
Stando a quanto riporta Luca De Carolis sul Fatto Quotidiano di oggi anche due parlamentari uscenti avrebbero firmato il modulo di rinuncia.
Secondo le indiscrezioni si tratta del deputato Andrea Cecconi, recordman di preferenze alle Parlamentarie nelle Marche e del senatore Carlo Martelli.
Per entrambi nei giorni scorsi il M5S aveva annunciato la segnalazione al Collegio dei probiviri.
Il blog del MoVimento riferiva infatti che “a seguito di alcune segnalazioni” dalle verifiche sulle rendicontazioni di Cecconi e Martelli è emerso che i due non erano in regola con le restituzioni.
Secondo il Corriere della Sera ci sarebbero alcune indiscrezioni su un non meglio precisato servizio tv sulle rendicontazioni dei portavoce pentastellati.
Il M5S faceva sapere che i parlamentari “hanno immediatamente proceduto a effettuare il versamento al Fondo per il Microcredito” e che nel frattempo i Probiviri decideranno sul provvedimento disciplinare da avviare nei loro confronti.
Secondo De Carolis si potrebbe trattare appunto di una richiesta di farsi da parte una volta eletti. Il problema è lo stesso di Dessì, i due non sono vincolati a dare seguito a quella richiesta e del resto è possibile che le camere respingano la richiesta di dimissioni, come è successo per cinque volte al senatore Giuseppe Vacciano, eletto con il MoVimento 5 Stelle, che per tutta la Legislatura non è riuscito a uscire dal Parlamento.
Andando a spulciare le rendicontazioni sul sito TiRendinconto non si riesce a capire il motivo della decisione del M5S.
§Nel caso di Carlo Martelli ad esempio il senatore è in regola con la presentazione degli scontrini (anche se in nome della trasparenza nessuno ha mai visto questi scontrini) fino a dicembre 2017.
Diverso il caso di Cecconi i cui rendiconti si fermano a giugno. C’è da dire che gli uffici a 5 Stelle della Camera sembrano lavorare più lentamente visto che sono pochi i deputati che hanno rendicontato le spese di dicembre.
Inoltre ci sono un paio di deputati (come ad esempio Brugnerotto e Colonnese) che sono fermi ad agosto mentre l’ultima rendicontazione dell’onorevole Silvia Giordano risale addirittura a maggio 2017.
Guardando le date dei bonifici delle restituzioni risulta invece che Martelli abbia effettuato il 29 dicembre 2017 due bonifici di restituzione (da circa 4mila euro l’uno) relativi a settembre e ottobre 2017 mentre quelli di novembre e dicembre sono stati pagati l’8 e il 18 gennaio 2018.
I pagamenti, seppur a cadenza bimestrale, sembrano in regola.
Per Cecconi invece i versamenti di settembre e ottobre (da circa 1.900 euro) risalgono agli inizi di dicembre.
Ma c’è da dire che questo ritardo nei versamenti sembra essere la prassi.
Ad esempio Alessandro Di Battista (le cui rendicontazioni si fermano a settembre) ha effettuato i versamenti per agosto e settembre a fine novembre.
Addirittura Luigi Di Maio (anche lui fermo a settembre) ha regolato la sua posizione sulle restituzioni di giugno, luglio, agosto e settembre 2017 con quattro distinti bonifici in data 13 dicembre 2017 (Di Maio aveva pagato maggio 2017 ad ottobre).
Non sappiamo se in quella data Di Maio ha versato le restituzioni dei restanti mesi del 2017, se così fosse a dicembre il Capo Politico del M5S era indietro di sette mesi con i versamenti.
Insomma se davvero ci sono stati dei ritardi nei versamenti dei bonifici questi non sembrano essere una particolarità di Cecconi e Mattelli.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 6th, 2018 Riccardo Fucile
UN SISTEMA DI CORRUZIONE PER INVENTARE COMPLOTTI, SCREDITARE COLLEGHI, SCIPPARE DOSSIER AD ALTRE PROCURE PER POI ARCHIVIARE INDAGINI
Un’associazione a delinquere di stampo giudiziario, con avvocati e pubblici ministeri che si sarebbero
coalizzati per inventare complotti, screditare e minacciare i colleghi, scippare ad altre Procure o simulare, per poi archiviare, indagini su fatti delicati di livello internazionale.
Una maxi-inchiesta su un sistema di corruzione dentro i palazzi di giustizia mette insieme tre Procure, Messina, Roma e Milano, per spezzare una trama da spy-story. Nel mirino pure l’Eni.
Prima fermata, Siracusa
La Procura di Messina, coordinata da Maurizio De Lucia (15 gli arresti ordinati dal Gip), si è mossa in parallelo a quella di Roma, coordinata dal maestro professionale di De Lucia, Giuseppe Pignatone, e d’intesa pure con Milano, con il procuratore Francesco Greco e l’aggiunto Fabio De Pasquale.
La competenza della Città dello Stretto nasce dal coinvolgimento di un magistrato del distretto di Catania, Giancarlo Longo, 48 anni, già in servizio a Siracusa e oggi giudice civile a Napoli, finito in carcere assieme agli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore, di 48 e 38 anni, e all’imprenditore Alessandro Ferraro, di 46. Gli altri 12 sono ai domiciliari.
Anche Longo, come in precedenza i colleghi Ugo Rossi e Maurizio Musco (quest’ultimo di nuovo nella città aretusea, nonostante una condanna penale definitiva per abuso d’ufficio), era finito nel mirino della giustizia disciplinare. Per questo aveva ottenuto il trasferimento a richiesta.
Nel caso dell’ex procuratore Rossi e di Musco, adesso più volte intercettato con il collega Longo, le questioni ruotavano attorno a interessi prettamente economici e a presunti affari comuni con gli avvocati: ora invece è venuto fuori il “sistema”. Il cui scopo sarebbe stato quello di tentare di determinare, tra l’altro, fortune e malasorte dei vertici Eni.
L’affaire Eni e Wikipedia
L’inchiesta sul pm di Siracusa è nata dall’esposto di otto magistrati dello stesso ufficio e a fare la differenza col passato, nella prospettiva dell’accusa, è l’organizzazione meticolosa, puntuale, ramificata, estesa, un meccanismo praticamente perfetto, in cui Longo era un ingranaggio fondamentale, per la spregiudicatezza con cui, per limitarsi a un solo esempio, avrebbe finto di interrogare un sedicente teste-chiave della vicenda Eni-Nigeria, come il tecnico petrolifero Massimo Gaboardi.
Gli accertamenti tecnici sulle origini e sugli orari di creazione e ultima modifica del file hanno fatto emergere infatti che il verbale dell’1 marzo 2016, redatto apparentemente nel pomeriggio, era stato preconfezionato e consegnato al suo amico Longo dall’avvocato Calafiore, la mattina alle 9, per non essere più modificato.
Gaboardi, secondo quanto confessato dall’ex cognato, Alberto Castagnetti, costretto ad ammettere dopo essere stato intercettato, si sarebbe reso disponibile a firmare quelle accuse in cambio di soldi, uno stipendio mensile da cinquemila euro: «Mi disse — racconta Castagnetti — che quella sorta di emolumento gli veniva dato dal “ciccione” per rendere dichiarazioni e testimonianze finalizzate a “sponsorizzare” la sostituzione dell’amministratore delegato di Eni Descalzi a favore di un altro di cui io non ricordo il nome».
E il “ciccione” sarebbe stato Ferraro. Nello stesso verbale i consulenti dei pm avevano trovato un «riferimento ipertestuale»: in sostanza, per scoprire chi fosse il personaggio nigeriano oggetto delle dichiarazioni, l’autore del documento aveva interrogato Wikipedia.
Gli agenti nigeriani
Nel settembre scorso la collaborazione tra le Procure di Messina e Milano aveva fatto venire fuori che contro l’ad di Eni Claudio Descalzi in realtà la congiura era assai presunta.
Lui era infatti indagato da Greco e De Pasquale per affari poco chiari in Nigeria, con fatti di corruzione internazionale che vedevano implicato pure l’ex vertice della compagnia petrolifera di Stato, Paolo Scaroni.
Un contesto molto opaco: l’ipotesi degli inquirenti è che, per accreditare la tesi di un Descalzi vittima di trame oscure, sarebbero state in qualche modo utilizzate le Procure di Trani e Siracusa, destinatarie di esposti anonimi e «testimonianze» — come quella di Gaboardi — che avevano suggerito trame complesse quanto fumose, la presunta azione coordinata portata avanti da 007 nigeriani e imprenditori iraniani, l’asserito ruolo di complottisti di un pool di avvocati Telecom legati all’ex presidente Franco Bernabè, al petroliere (e ora banchiere di Carige) Gabriele Volpi e all’imprenditore Marco Bacci, indicato nelle carte come vicino all’ex premier Matteo Renzi.
Se però Trani era stata coinvolta senza che vi fosse alcuna complicità interna alla Procura (e difatti il procuratore, Carlo Capristo, aveva poi ceduto il passo), Siracusa sarebbe stata chiamata in causa in virtù di un presunto traffico di pietre preziose provenienti dalla Nigeria, che si sarebbe svolto proprio nella città siciliana.
Come nei film, Ferraro, in pieno agosto del 2015, sarebbe stato sequestrato per alcune ore da agenti nigeriani: dopo la sua denuncia, Longo, data l’assenza per le ferie del procuratore Francesco Paolo Giordano e del suo aggiunto, Fabio Scavone, si sarebbe autoassegnato il relativo procedimento. In realtà lo scopo ultimo sarebbe stato quello di fingere di approfondire per archiviare poi tutto.
Milano non ci sta
L’obiettivo di scippare o depistare Milano fu mancato miseramente. Secondo la ricostruzione del Gico e del Nucleo regionale di polizia tributaria della Guardia di Finanza, Longo, pilotato dall’avvocato Amara, consulente legale di Eni, avrebbe cercato di far credere che Descalzi e Scaroni fossero stati bersaglio dei loro avversari interni all’Eni, i consiglieri Luigi Zingales e Karina Litvack, ma pure di Umberto Vergine, ad della controllata Eni Saipem, che sarebbe stato interessato a subentrare a Descalzi.
Sul finire del 2016 il fascicolo era passato di mano e da Siracusa era andato alla sua sede naturale, Milano, grazie all’intervento del procuratore Giordano. A Milano, Amara e Ferraro erano finiti indagati (con Gaboardi) per associazione a delinquere, messa su — sostiene l’accusa — per realizzare un «vero e proprio depistaggio, intralciando lo svolgimento dei processi in corso a Milano contro Eni e i suoi dirigenti» e per screditare Zingales, che si era dimesso, e Litvack, prima allontanata e poi richiamata dal gruppo. L’inchiesta va ancora avanti. E non più solo a Milano.
(da “La Stampa”)
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Febbraio 6th, 2018 Riccardo Fucile
CONTINUA LA SCIENTIFICA PROPAGANDA DI CHI SEMINA ODIO, TANTO IN GALERA NON CI VA NESSUNO
Un altro fotomontaggio con protagonista Laura Boldrini, la cui testa è stretta da una sorta di cesoia tenuta in mano da un personaggio col volto insanguinato, è apparso sulla pagina dei Sentinelli di Milano, che avevano segnalato su Facebook il primo post di minacce contro la candidata di LeU.
“Giustizia per Pamela Mastropietro barbaramente uccisa e fatta a pezzi – è scritto sul fotomontaggio – da una risorsa nigeriana amica della Boldrini”.
“Questa è arrivata sulla nostra pagina stanotte – si legge sulla pagina social dei Sentinelli – È tempo di maldestri emuli, avvoltoi da social, disperati che provano, dispensando odio in rete, a essere considerati per cinque minuti”.
Contattato dall’ANSA Luca Paladini, portavoce dei Sentinelli, spiega di aver già provveduto a segnalare il post con nome e cognome di chi l’ha scritto alle autorità .
L’immagine usata è la locandina del violentissimo film ‘Spit on your grave’ del 2010, del genere horror ‘rape and revenge’.
Si tratta del remake del controverso film ‘Non violentate Jennifer’ del 1978.
Sulla pagina Facebook dei Sentinelli alcuni utenti hanno segnalato che la persona che aveva postato il fotomontaggio ha già cancellato il suo profilo social.
Altri hanno notato che il mittente si è presentato con lo stesso cognome del 58enne che aveva postato l’immagine sgozzata, e che è già stato denunciato dalla Polizia.
Ieri era stato identificato in Gianfranco Corsi il responsabile del post su Facebook con il fotomontaggio della testa decapitata e sanguinante della Boldrini. Secondo il procuratore, Mario Spagnuolo, “C’è un aumento massivo, con trend esponenziali, di questo tipo di reati, come se la rete fosse un far west, dove tutto è possibile”.
(da agenzie)
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Febbraio 6th, 2018 Riccardo Fucile
CONVALIDATO L’ARRESTO MA SOLO PER OCCULTAMENTO E VILIPENDIO DI CADAVERE… LE SEI VITTIME DI TRAINI ORA POSSONO RINGRAZIARE CHI OTTERRA’ UN SEGGIO IN PARLAMENTO PER AVER ISTIGATO ALL’ODIO RAZZIALE SENZA MOTIVO
Occultamento e vilipendio di cadavere. 
Sono queste le sole accuse per cui il gip di Macerata Giovanni Maria Manzoni ha convalidato il fermo di Innocent Oseghale nell’inchiesta sulla morte di Pamela Mastropietro, la 18enne il cui corpo è stato ritrovato a pezzi in due valigie.
Il giudice, confermano fonti giudiziarie, ha ritenuto non vi fosse fosse prova certa per sostenere l’addebito di omicidio per il quale Oseghale resta indagato.
Un altro pusher nigeriano è invece indagato per la cessione dell’ultima dose di eroina alla studentessa romana.
L’uomo avrebbe poi aiutato Oseghale a comprare la candeggina per cancellare le tracce dell’orrore. Gli inquirenti lo stanno cercando.
Come anticipato da “Repubblica”, il messaggio inviato dal gip nella convalida del fermo è stato chiaro: impossibile per ora stabilire se a uccidere Pamela sia stata una lama o un’overdose dopo mesi di astinenza in comunità .
Come rivelato dal “Resto del Carlino”, sul braccio di Pamela era stata accertata una iniezione recente che, collegata all’acquisto di una siringa, hanno fatto ipotizzare la possibile morte per overdose.
Non è dato sapere se sono stati completati i risultati dell’autopsia sul corpo della ragazza, ma la decisione del Gip potrebbe essere motivata da qualche anticipazione degli stessi.
La famiglia di Pamela nei giorni scorsi aveva fatto un appello a fermare la violenza dopo il raid di Macerata — Luca Traini ha detto di aver agito per vendicare la ragazza — aveva invitato alla calma. “Chiediamo solamente giustizia — aveva dett la madre intervistata -. Condanniamo fermamente l’attacco, non siamo razzisti e anche Pamela se fosse ancora viva sarebbe inorridita per questo atto di odio”.
(da agenzie)
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Febbraio 6th, 2018 Riccardo Fucile
LE DIMISSIONI DI UN DIRETTORE D’ORCHESTRA DI FAMA INTERNAZIONALE IN UNA GENOVA IN MANO A QUATTRO ARROGANTI INCOMPETENTI E CON UNA OPPOSIZIONE RIDICOLA
La figuraccia dell’assessora Serafini, che ha spinto Fabio Luisi, uno dei più importanti e stimati direttori d’orchestra, a rinunciare alla direzione artistica del Premio Paganini, e ha fatto perdere alla città il genovese oggi, con Renzo Piano, più conosciuto e prestigioso nel mondo, non fa neanche vergognare la colpevole, che procede imperterrita con l’arroganza della padrona e l’incoscienza dell’incompetente.
Ma che l’interessata incassi il colpo con disinvoltura e anzi rilanci con improntitudine rientra nello stile inelegante e protervo dei nuovi politici.
Quello che è incomprensibile è che l’opinione pubblica non misuri l’enormità della cosa, prenda per buona l’interpretazione dell’assessora, che presenta come rinnovamento una politica che induce ad andarsene, per non trovarsi in cattiva compagnia e non avere più a che fare con amministratori così ineducati e impreparati, una persona integerrima e di altissimo livello professionale come il Maestro Luisi.
Il sindaco, in genere così pronto ad alzare la voce e a marcare la sua presunta differenza dal baraccone degli assessori, dirà qualcosa? E Toti?
In realtà non parlerà nessuno della destra regionale, dove la cultura non va oltre i tappeti rossi e la pesca a casaccio di star vere o supposte e l’ultima cosa che può creare disagio è che la giunta comunale genovese costringa alle dimissioni un grande direttore d’orchestra che il mondo ci invidia e che gratuitamente dirigeva e dava lustro al vecchio Premio Paganini.
E la sinistra, dove milita un buon conoscitore di musica come Cofferati, cosa dice? E il Pd? C’ è da temere che esca anche stavolta una Paita o un Regazzoni ad applaudire alla bellezza del rinnovamento culturale.
Speriamo che, anche a prescindere dall’uso elettorale dell’episodio, il Pd se ne serva per capire e interpretare la sensibilità e le attese del suo elettorato. Una cosa infatti è certa: se qualche cittadino si scandalizza, questo non è un elettore del centro destra, ma del centro sinistra. Se un fatto del genere fosse stato provocato da un assessore di centrosinistra i primi a sparargli addosso sarebbero stati i suoi elettori. Da destra nessuno batte ciglio.
Dall’area dei sempre più disperati elettori di centrosinistra arriva invece l’accorato sms del mite e colto signore che mi esorta a chiedere pubblicamente alla Serafini di vergognarsi e rendere alla città il prezioso servizio di andarsene: cosa che faccio senza speranza ma con molta convinzione.
A volte ho l’impressione che Renzi sottovaluti la qualità civile e intellettuale del suo elettorato. Chi dirige il partito dovrebbe esserne cosciente e ricordarsi che l’atteggiamento e il pensiero dei suoi elettori non coincidono necessariamente con le misurazioni interne di congressi e altri riti “aziendali”.
Tra i superstiti elettori del Pd c’è un alto tasso di gente non solo in grado, per stare al caso specifico, di sapere chi è Fabio Luisi, apprezzarne il valore, amare la grande musica ecc., ma anche di misurare l’inaccettabilità di una politica e di politici così maldestri e balordi nello stile e disastrosi nei risultati.
Chi resiste a votare perfino un Renzi ormai troppo innamorato delle sue battute è gente che ha ben chiaro che il governo degli incompetenti prima o poi porta nel baratro, come già si è visto con l’ultimo di Berlusconi; non parliamo poi se gli incompetenti non hanno neppure l’intelligenza dell’umiltà che serve a riconoscere i propri limiti e quindi a cercare di porvi rimedio senza presunzione.
Se il Pd non raccoglie più la voce di gente come il signore del messaggino perde ben più che un certo numero di voti. Perde elettori di qualità , moderati ma aperti, non faziosi, e sino a un certo punto anche pazienti; loro sono la sua vera e maggior forza, da blindare molto più della blindatissima Boschi; a loro deve la sua residua autorevolezza nella società civile.
Il caso Luisi interpella soprattutto la sinistra e il Pd perchè il loro elettorato non tollera che uno scandalo del genere sia minimizzato e neppure capito da chi lo ha fatto.
Se la politica avesse un più alto grado di signorilità , la Serafini sarebbe andata in ginocchio da Luisi per farlo tornare o si sarebbe dimessa di sua iniziativa, senza aspettare l’invito di uno sgomento e pacato cittadino.
Vediamo se glielo chiederà il Pd.
(da “La Repubblica”)
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