Destra di Popolo.net

STORACE AD ALEMANNO: “AVREI DOVUTO LASCIARTI PER STRADA”

Febbraio 7th, 2018 Riccardo Fucile

ED EPURATOR FA FUORI ALEMANNO DALLA CHAT “W PIROZZI”

Volano gli stracci tra i due ex pesi massimi all’interno del Movimento nazionale per la sovranità , Gianni Alemanno e Francesco Storace.
Ad accendere la miccia la situazione esplosiva rappresentata dalla corsa alla presidenza della Regione Lazio, con la doppia candidatura a destra di Sergio Pirozzi e Stefano Parisi, il primo appoggiato da Storace e il secondo da Alemanno con il resto della coalizione, a partire dalla Lega di Matteo Salvini dove l’ex sindaco di Roma ha trovato una nuova casa politica.
Sono alcune chat interne a raccontare lo scontro tra i due.
In particolare Storace avrebbe attaccato Alemanno per la sua decisione di appoggiare Parisi.
L’ex primo cittadino della Capitale avrebbe risposto di essersi semplicemente allineato alle scelte della Lega e della coalizione e si sarebbe difeso accusando l’ex presidente della Regione di aver in precedenza appoggiato Pirozzi “senza mandato del partito”.
Durissima, a quanto sembra, la controrisposta di Storace: “Ti avrei dovuto lasciare per strada”. Più diplomatica la difesa finale di Alemanno: “Sai solo offendere”
Lo scontro tra Francesco Storace e Gianni Alemanno si arricchisce oggi del ‘capitolo due’
Dopo la lite furiosa che si è manifestata ieri in una chat, durante la quale Storace ha attaccato l’ex sindaco di Roma per aver seguito le indicazioni del centrodestra e della Lega e di avere quindi deciso di appoggiare Stefano Parisi alle regionali, e non Sergio Pirozzi, oggi l’ex presidente della Regione Lazio ha tagliato definitivamente i ponti virtuali con il suo ex alleato.
La chat interna, prima di oggi denominata Mns Roma (Movimento nazionale sovranista), è stata ribattezzata “W Pirozzi”. Storace, in modalità  ‘epurator’, ha poi eliminato dal gruppo alcuni ex compagni di avventura: Gianni Alemanno per primo, e poi altri esponenti come Brian Carelli e Giorgio Ciardi oltre al profilo di “Azione nazionale”. Un addio definitivo, a quanto sembra.
Almeno fino alla prossima chat.

(da agenzie)

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A TRAINI VA CONTESTATO ANCHE IL REATO DI VILIPENDIO DELLA BANDIERA ITALIANA

Febbraio 7th, 2018 Riccardo Fucile

NON SI ASSOCIA IL SIMBOLO DELLA PATRIA A UN INFAME TERRORISTA CHE DISONORA L’ITALIA

La vicenda di Macerata deborda dai suoi confini territoriali e pone interrogativi che non possono rimanere senza risposta.
La provincia italiana è spesso foriera di fatti di cronaca che poi assumono rilievo nazionale ed internazionale, proprio come le fiction in cui accade di tutto ma sembrano ambientate in sonnolenti territori dove tutto sembra immobile.
In questo caso abbiamo un simbolo che subito conquista le prime pagine internazionali: la bandiera italiana, il tricolore annodato sulle spalle di Luca Traini, il protagonista della tragedia, che per sciatteria o involontaria circostanza viene posto sulle spalle per una foto scattata in caserma dopo il suo arresto.
Sarà  la foto che si ritroverà  su tutti i media, anche all’estero, utilizzata anche solo per contestualizzare il fatto di cronaca, cioè per dire con l’immagine, il fatto è accaduto in Italia.
Manna dal cielo per le redazioni, ma nota stridente sulla vicenda che ha visto le forze dell’ordine attente nell’intervenire prontamente ma ingenue nell’aver fatto uscire la foto di quella bandiera sulle spalle del Traini mentre era seduto sul divanetto rosso accanto al calendario tradizionale dell’Arma.
Una svista, ma anche un elemento rafforzativo a tutti quei messaggi per i quali Traini ha voluto compiere il suo gesto disumano.
Il saluto romano al monumento dei caduti, il tatuaggio che riprende il simbolo del reparto delle SS naziste, il suo annuncio nel bar e in autogrill del gesto folle che si accingeva a compiere.
Quella foto in caserma sul divanetto rosso ha generato immediatamente nel comune sentire un equivoco: quel tricolore con il ragazzotto di provincia simpatizzante della destra estrema già  candidato nella Lega non ha nulla a che fare.
Quella bandiera non può appartenere a chi ha simpatie con i movimenti neonazisti che crescono in Europa ed in Italia e sparano 30 colpi contro inermi ragazzi di colore. Anche il reato di vilipendio alla bandiera dovrebbe essere contestato al Traini perchè ha associato il simbolo che ci unisce e ci rende unici nel mondo al suo gesto sconsiderato ed al suo tatuaggio.
Qui la bandiera è usata come talvolta si usano i simboli religiosi, ovvero per giustificare l’azione terroristica: ecco perchè possiamo parlare di terrorismo politico perchè la cosa ha determinato quel panico che la violenza estrema ed incontrollata scatena nei luoghi più comuni, provocando la sensazione che “accade dove anche io potrei essere”.
Stridono anche le modalità  di trasporto dalla caserma al carcere di Traini, con quell’incauto ammanettamento davanti che il protocollo non prevede di utilizzare con soggetti di quella corporatura e con quella pericolosità  accertata.
Ma a volte non si calcolano gli effetti collaterali che l’esposizione mediatica di un gesto oggi possa provocare.
Gli interrogativi permangono e rendono il caso Macerata inquietante ma allo stesso tempo macabro sintomo di un Paese che non riesce ancora ad elaborare la giusta distanza da xenofobia e razzismo nonostante le leggi, nonostante la Costituzione.

(da “il Fatto Quotidiano“)

argomento: Giustizia | Commenta »

“IL PROGRAMMA DEL M5S E’ UN PLAGIO”: 11 DEI 20 CAPITOLI CONTENGONO INTERI PARAGRAFI COPIATI DA ARTICOLI, DOCUMENTI, STUDI E PERSINO DA ESPONENTI DI PARTITI AVVERSARI

Febbraio 7th, 2018 Riccardo Fucile

UN’ANALISI SVELA CHE TRA LE FONTI NON CITATE VI SONO ANCHE WIKIPEDIA, REPUBBLICA E LEGAMBIENTE

Se a Sanremo la caccia al plagio è ormai divertissement da assuefatti, quanto affermato da Il Post dovrebbe invece, condizionale obbligatorio, scuotere gli italiani e con essi la campagna elettorale che porta al voto del 4 marzo.
Suscitando ben altro dibattito rispetto all’opportunità  di tenere in gara al Festival l’accoppiata Fabrizio Moro-Ermal Meta.
Perchè Il Post ha fatto le pulci al programma del Movimento 5 Stelle, la forza politica che della propria diversità  nell’onestà  ha fatto la bandiera, scoprendo che in realtà  si tratta di un puzzle di idee e contributi altrui.
Ovvero, tutto tranne che il frutto di quello sforzo collettivo dal basso che avrebbe portato a un programma elettorale “scritto ed elaborato dagli attivisti tramite la cosiddetta piattaforma Rousseau”, il sito controllato da Davide Casaleggio su cui si svolgono le votazioni interne al partito.
Secondo Il Post, invece, un’attenta analisi di quel programma rivelerebbe che “molte sue parti, in alcuni casi intere pagine, sono state copiate da altri documenti di tutt’altra natura, senza alcuna indicazione della loro provenienza. Tra le fonti ricopiate ci sono studi scientifici, articoli di giornale, pagine di Wikipedia, oltre a numerosi dossier e documenti prodotti dal Parlamento, in alcuni casi scritti da esponenti di partiti avversari del Movimento 5 Stelle”.
Il programma del M5s è composto di 20 punti tematici. Secondo Il Post, ben 11 conterrebbero tracce spurie di ben diversa provenienza rispetto a un sincero brainstorming della base. Il punto sullo “Sviluppo economico” ospiterebbe, ad esempio, una decina di paragrafi “copiati senza che sia specificata la provenienza”. Ci sono stralci “di un’interrogazione parlamentare fatta nel 2012 dal senatore Pd Giorgio Roilo, di uno studio IEFE Bocconi e di un articolo del 2010 scritto dall’economista Jean-Paul Fitoussi, le cui parole sono riprodotte come se fossero idee del M5S. C’è anche un’intera intervista di Carlo Sibilia all’attivista svedese Helena Norberg-Hodge, senza che però i nomi di Sibilia e Norberg-Hodge vengano segnalati da nessuna parte”.
“Il plagio più esteso – segnala ancora Il Post – si trova nel capitolo ‘Ambiente'”: due intere pagine copiate da un dossier di Legambiente e “quasi 300 parole copiate senza citazione da un articolo di Repubblica, eliminando i virgolettati e facendo così apparire le parole degli esperti intervistati dal giornale come idee e proposte del Movimento 5 Stelle”. Ci sarebbero ricopiature provenienti da documenti parlamentari, risoluzioni, dossier e altre relazioni anche nei capitoli “Agricoltura”, “Immigrazione”, “Telecomunicazioni”, “Giustizia”, “Sicurezza”, “Beni culturali”, “Trasporti”, “Turismo”. Mentre “diverse definizioni – rileva ancora Il Post – sono copiate da manuali di diritto o direttamente da Wikipedia”.
Curioso, poi, notare come “quando manca meno di un mese alle elezioni, alcuni capitoli del programma, come quello “Immigrazione” e quello “Giustizia”, sono ancora indicati come “parziali”, anche se ormai votati dagli iscritti, pubblicati online e usati per produrre” il documento in 20 punti “presentato ufficialmente e che Luigi Di Maio descrive da giorni come il programma del partito”.
“Non è facile” ammette Il Post, “risalire a chi abbia commesso i plagi”.
Il deputato pentastellato Manlio Di Stefano ha spiegato al Post “che non c’è un vero e proprio autore per ogni capitolo, ma soltanto dei responsabili che si sono occupati di mettere insieme i testi usciti dalle votazioni sul sistema operativo Rousseau, quelli prodotti da esperti e quelli prodotti dagli stessi parlamentari e dai loro staff”. L’analisi si conclude ricordando come non sia di certo la prima volta: le “Linee Programmatiche” per il Comune di Roma, presentate dalla sindaca Virginia Raggi poche settimane dopo l’elezione, “risultarono in parte sottratte ad altri documenti, tra cui una relazione dei Verdi ( allora alleati del Pd)”.

(da “La Repubblica”)

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LA CONNESSIONE TRA I RAZZISTI, LA MERDA, LE FOGNE E I DRONI SI E’ MANIFESTATO A MULTEDO

Febbraio 7th, 2018 Riccardo Fucile

I FOMENTATORI DI ODIO SCONFITTI IN TRIBUNALE, DOVE SI SCOPRE CHE LE DEFECAZIONI “CLANDESTINE” DI 4.000 GENOVESI PROFUMANO ANCHE SE FINISCONO A CIELO APERTO

Questa che stiamo per raccontare è una storia di merda.
Non si scandalizzino i perbenisti, perchè quella che nei mesi scorsi ha agitato e scosso, o indignato a seconda dei punti di vista, i residenti di Multedo schierati su fronti opposti rispetto all’accoglienza di un pugno di giovani profughi, è proprio una storia di merda, in senso letterale.
Tutto è partito infatti dalla cacca di dieci ragazzi, ospitati nell’ex asilo Govone di via delle Ripe, gestito dalle Suore della Neve.
La defecazione dei migranti pare producesse miasmi intollerabili per un gruppo di agguerriti residenti di Multedo, assistiti dall’ineffabile avvocato Alberto Campanella, capogruppo di Fratelli d’Italia a Tursi.
E si capisce, perchè l’asilo, a loro dire, non sarebbe stato allacciato alla rete fognaria comunale e le feci dei giovani sarebbero state scaricate in un rio, come si dice “a cielo aperto” con evidente rischio sanitario, puzze mefitiche e quant’altro.
Peccato, per gli anti-migranti, che alla prova tecnica dei fatti le acque
nere dell’asilo delle Suore siano risultate effettivamente allacciate alla fognatura. Mentre lo stesso non si può dire per un discreto gruppo di caseggiati, nelle immediate vicinanze dell’asilo, nei quali risiedono circa quattromila abitanti, i cui scarichi non sarebbero a norma e finirebbero, questi sì, nei rivi a cielo aperto.
Ironia della sorte, clandestinamente.
Ora, il punto è: la cacca di quattromila genovesi profuma, mentre quella di dieci profughi puzza terribilmente?
E se non è così, come suggeriscono l’esperienza e la chimica, perchè solo quando alla cacca dei quattromila residenti si è aggiunta quella dei dieci profughi si sono alzati miasmi intollerabili
Siccome questa è anche e soprattutto una storia di impegno civile e di carità  cristiana, può venirci in aiuto una parafrasi del Vangelo (Matteo 7:3-5), liberamente adattata ai fatti di Multedo: “Perchè guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello mentre non scorgi il galuscio (parola di incerta etimologia ma a Genova dal forte significato semantico) che è nell’occhio tuo?”
Il fronte degli irriducibili anti-migranti, del resto, non si è limitato a una questione di liquami.
Ha evocato anche lo spettro del terrorismo internazionale, con argomentazioni forti.
Immaginate la scena: i profughi ospiti dell’ex asilo Govone di via delle Ripe si procurano un drone. Poi studiano su Internet come costruire una bomba (ci sono molti siti che spiegano come fare, trasformando in arma letale un banale fertilizzante), agganciano la bomba al drone, salgono sul tetto dell’asilo e da lì guidano con un telecomando il tremendo apparecchietto fino a raggiungere i depositi della Carmagnani.
Quindi sganciano la bomba e distruggono buona parte del Ponente genovese.
Con dovizia di particolari e adeguata competenza questa tesi è stata portata a conoscenza del sindaco Bucci da un esperto in chimica ed è stata esposta anche in Tribunale, dove finalmente, pochi giorni fa, il giudice Raffaella Gabriel ha messo fine a queste sceneggiate definendole “Mere illazioni, come tali prive di alcun valore”.
Anche in questo caso, le nostre menti sbalordite possono trovare conforto e sostegno in un passo del Vangelo (Luca:23,34): “Padre, perdona loro, perchè non sanno quello che fanno”. E neppure quello che dicono, evidentemente.
Pure, queste “illazioni” non sono soltanto parole in libertà  che possono tutt’al più muovere al riso qualsiasi persona di buon senso, indipendentemente dalla fede politica.
Sono idiozie di questo tipo che nutrono rancore e desiderio di violenza nelle persone fragili e deboli, come il mentecatto che a Macerata ha preso la pistola, è salito in macchina e si è messo a sparare sugli immigrati.
Ma il protagonista in positivo della triste vicenda di Multedo, monsignor Giacomo Martino, per tutti semplicemente don Giuacomo, che ha portato i giovani migranti nell’asilo delle Suore di via delle Ripe, non intende farsi forte della sentenza del Tribunale.
Con spirito cristiano, vuole guardare avanti. E ne ha ben donde, perchè, dice, «Questa storia mi ha fatto perdere un sacco di tempo, e costretto a rimandare progetti importanti nel sostegno alle persone che assistiamo, Credo che il senso del nostro percorso sia dare un messaggio positivo, non togliersi sassolini dalle scarpe, una soddisfazione che non porta a nulla e ti fa mettere sullo stesso piano, sterile, di quelli che “parlano di pancia”.
E poi è pericoloso cedere alla tentazione del conflitto, della rissa, anche quando ti prudono le mani».
Don Giacomo, di tempo ne ha poco di suo, perchè è parroco di San Tommaso, ma anche Aiuto Pastorale alle Grazie, ha la chiesa delle Scuole Pie, è Cappellano del carcere di Pontedecimo, Cappellano dei Sert e, buon peso, è impegnato anche nell’Ufficio Migrantes della Curia. Lui e i suoi collaboratori («senza di loro – dice – non riuscirei a fare nulla») assistono circa 350 profughi in diverse strutture sul territorio genovese
«Credo che il bene vada detto, senza suonare le trombe, ma va detto – spiega don Giacomo – Del resto, il Papa, nella sua esortazione apostolica Amoris Laetitia, scrive che chi nutre nel suo cuore sentimenti contro i poveri e contro i profughi non può fare la comunione. Sono parole pesanti, che in pratica equivalgono a una vera e propria scomunica della Chiesa nei confronti di queste persone. I ragazzi che ospitiamo sono spaventati, temono gli atteggiamenti aggressivi di chi vorrebbe rimandarli a casa, nell’orrore da cui sono fuggiti. Spesso sono tanto intelligenti quanto poco scolarizzati. Istruirli è il primo passo, insegnare loro l’italiano è fondamentale perchè senza la conoscenza della lingua non è neppure ipotizzabile un percorso di integrazione. Ed è faticoso, per noi e ancor più per loro. Pure, questi ragazzi hanno un patrimonio enorme di storia personale e possono dare tanto a noi che non abbiamo vissuto le loro enormi difficoltà . Li portiamo nelle scuole, e la reazione degli studenti genovesi è incredibile. Racconto solo un episodio: un giorno siamo andati al Bergese, c’era in classe un putiferio incredibile. Quando hanno preso la parola i nostri due giovani afghani e hanno raccontato la loro storia, si è creato un silenzio perfetto, assordante. È stata una “lezione” indimenticabile».

(da “La Repubblica”)

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CONFERMATO IL SEQUESTRO A BOSSI DI UN QUINTO DELLO STIPENDIO

Febbraio 7th, 2018 Riccardo Fucile

GENOVA, LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DEL RIESAME IN SEGUITO ALLA CONDANNA PER TRUFFA AI DANNI DELLO STATO

Il quinto della pensione da europarlamentare di Umberto Bossi può essere sequestrato anche in futuro.
Lo hanno deciso i giudici del Tribunale del Riesame di Genova, che hanno respinto il ricorso presentato dal legale dell’ex leader del Carroccio, l’avvocato Domenico Mariani.
I giudici sostengono che è vero che non possono essere sequestrati beni futuri, ma il vitalizio percepito dal fondatore della Lega “è un diritto di credito già  maturato, certo e incondizionato, corrisposto in rate mensili”.
I magistrati avevano iniziato a congelare i conti di Bossi, dell’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito e dei tre ex revisori contabili dopo la sentenza di condanna per la maxi truffa ai danni dello Stato per i rimborsi elettorali.
Nelle scorse settimane i pm genovesi avevano iniziato i sequestri dei depositi bancari, trovando poco più di due milioni di euro sui conti dei condannati in primo grado.
Era stato lo stesso Tribunale del Riesame a indicare ai magistrati di prelevare le somme alle persone fisiche, dopo lo stop dei sequestri sui conti del Carroccio.
Tutto era nato dopo la sentenza dello scorso luglio che ha portato alle condanne di Bossi a due anni e due mesi e dell’ex tesoriere Belsito a quattro anni e dieci mesi, oltre a quelle per altri cinque imputati, per la maxi truffa allo Stato sui rimborsi elettorali.
Il Tribunale aveva anche stabilito la confisca di quasi 49 milioni di euro dai conti della Lega, soldi di cui il partito avrebbe usufruito appunto grazie alla truffa in danno a Camera e Senato.
La Pocura aveva trovato quasi due milioni di euro su vari conti del Carroccio e aveva chiesto più volte di poter sequestrare anche le somme che in futuro sarebbero entrate. I giudici avevano negato tale possibilità .
Adesso pende un ricorso in Cassazione sulla vicenda e l’udienza è stata fissata per il prossimo 12 aprile.
Nel frattempo, il Riesame aveva consentito alla Procura di intaccare il patrimonio di Bossi e Belsito. Uno dei revisori contabili a dicembre aveva presentato un esposto, dopo i sequestri, dove denunciava un possibile reimpiego dei rimborsi “truffa”: i pm avevano aperto una inchiesta, a carico di ignoti, per riciclaggio

(da “il Secolo XIX”)

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LE TARIFFE PER ANDARE IN PARLAMENTO

Febbraio 7th, 2018 Riccardo Fucile

ECCO QUANTO PAGANO I CANDIDATI AI PARTITI

Un partito, una tariffa. Perchè essere candidato costa. E anche parecchio.
Va così: insieme all’accettazione della candidatura i futuri parlamentari hanno firmato anche altro.
Nel migliore dei casi una fideiussione; nel peggiore, un assegno per le spese di campagna elettorale che, per tutti i partiti, si profilano a casse vuote.
Ai candidati il Pd chiede 25 mila euro (erano 50 mila nel 2013).
Con una differenza: i capilista dei listini bloccati, quelli che comunque saranno eletti, li versano subito, così come i candidati nei collegi uninominali devono provvedere a pagare la propria campagna elettorale; gli altri, quelli che non sono in pole position, verseranno il contributo solo se eletti.
Nel frattempo si arrangiano un po’ tutti perchè le casse del Nazareno languono e quelle delle federazioni liguri sono praticamente vuote.
«È stato scelto di togliere il finanziamento ai partiti ed ora è tutto più faticoso» osserva il dem Pippo Rossetti, consigliere regionale che corre nel collegio Genova- Bargagli: metterà  a disposizione della sua campagna elettorale i 25 mila euro richiesti e in più può contare sui sostenitori che gli hanno messo a disposizione un ufficio e un pulmino, «che finiranno nel rendiconto finale» assicura.
Il contributo una tantum se lo divideranno il Pd nazionale e quello regionale.
Alle federazioni locali non resta che inventarsi cene ed aperitivi a pagamento, come accadrà  a Genova, da trasformare in manifesti e iniziative elettorali. §
In casa di Forza Italia il contributo richiesto è di 30 mila euro, ma solo se eletti.
Per il momento i candidati hanno firmato una fideiussione (una specie di obbligazione di risultato) a scanso di equivoci visto che nel partito, da almeno 20 anni, sarebbe obbligatorio versare un contributo mensile di 1.000 euro, ma sono pochissimi quelli che in passato lo hanno fatto.
In più i candidati di centrodestra saranno spinti ed aiutati dalla Fondazione Change che aprirà  la cassaforte per sostenere chi porta a Roma l’idea di centrodestra unito nata in Liguria con Giovanni Toti.
La prima cena di finanziamento a Genova è prevista per lunedì 12 febbraio: 500 euro la quota minima per sostenere la causa. «Noi? Ci autotassiamo. Ventimila euro a testa».
Al contributo dei candidati si affida anche Liberi e Uguali che, non essendo ancora strutturata, si affida alla buona volontà  dei singoli e alle donazioni dei sostenitori.
«Un bilancio preventivo? Impossibile farlo» osserva Stefano Quaranta, capolista al Senato, che da quando è cominciata l’avventura di LeU ogni mese contribuisce con 1.500 euro per il nazionale e circa 2.000 per i bisogni del partito in Liguria.
«Noi non abbiamo tariffe per le candidature» spiega orgoglioso Sergio Battelli, candidato del M5S al proporzionale. Il metodo: ogni candidato e ogni sostenitore, a seconda delle proprie possibilità , può fare un versamento alla campagna Rally di Luigi Di Maio. Provvede a tutto il Movimento, mentre i gruppi locali si autofinanziano. «Quanto ho messo io? La mia parte, ma quanto non lo dico», chiude Battelli.

(da “il Secolo XIX”)

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NEGLI ULTIMI CINQUE ANNI LE TASSE SONO SCESE

Febbraio 7th, 2018 Riccardo Fucile

QUANTO DETTO DAL MINISTRO PADOAN E’ CORRETTO

Le tasse sono un tema centrale di questa campagna elettorale.
Mentre i partiti parlano di «caro fisco», i dati dell’ultima legislatura mostrano una diminuzione della pressione.
A rivendicarlo è stato il Ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan nella trasmissione Otto e Mezzo su La7.
«Nella legislatura che sta finendo abbiamo abbassato le tasse di 32 miliardi, e in termini percentuali di un punto e mezzo sul Pil», ha affermato l’attuale titolare del Mef e candidato Pd martedì 6 febbraio nel corso del programma condotto da Lilli Gruber.
La prima parte della dichiarazione è confermata dai dati Ocse che nelle «Revenue statistics» rilevano una pressione fiscale in diminuzione che dal 44.1% rispetto al Pil nel 2013 passa al 43,5% nel 2014, al 43,3% nel 2015 al 42,9% nel 2016.
Per il 2017, anno di chiusura di questa XVII legislatura, si prevede il 42,3% (fonte Documento Economia e Finanza 2017).
La seconda parte della dichiarazione, sui 32 miliardi, è il risultato di una stima del Dipartimento finanze del Mef.
Le maggiori componenti di questa cifra sono le seguenti: 9,5 miliardi dal bonus degli 80 euro, 5,6 dall’alleggerimento dell’Irap, 5,4 dalla decontribuzione per l’assunzione a tempo indeterminato (partita nel 2015, ma i cui effetti sono di durata triennale e contribuiscono ancora al risultato del 2017), 2,9 dalla diminuzione dell’aliquota Ires, 3,5 dall’abolizione della Tasi sulla prima casa, 600 milioni dal pacchetto agricoltura, 530 milioni dall’esenzione dell’Imu per gli imbullonati, 943 milioni dal bonus degli ammortamenti, 600 milioni dall’incentivazione della contrattazione aziendale.
I rimanenti 3 miliardi nel calcolo del Ministero riguardano altre voci.

(da “La Stampa”)

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FICO SI SMARCA DA DI MAIO: “A MACERATA TERRORISMO STILE ISIS, VIA LA PAROLA RAZZA DALLA CARTA”

Febbraio 7th, 2018 Riccardo Fucile

“E’ ORA DI PARLARE CONTRO LA VIOLENZA”… MA SEMBRA UN GIOCO DELLE PARTI

Toglierebbe la parola razza dalla Costituzione, come ha proposto la senatrice a vita, sopravvissuta ad Auschwitz, Liliana Segre?
Roberto Fico ci pensa un attimo, e prima di rispondere raccoglie i pensieri per dire la cosa più giusta: «Io conosco solo la razza umana. Anzi, la specie umana. Quindi sì, la toglierei senza problemi».
Dopo Macerata, dopo la tesi del leghista Attilio Fontana sulla «razza bianca», la questione del razzismo è riemersa con durezza in una campagna elettorale dove l’immigrazione è preda di facile propaganda.
Persino Beppe Grillo torna a parlare di politica e consegna la sua visione in uno strampalato post sul suo nuovo blog: «La globalizzazione ha bisogno che scompaiano le razze ma ha anche la necessità  che nasca l’eupensiero, dal razzismo al pensierismo».
La razza per Grillo sono i neri a cui «riesce meglio il jazz», è Louis Armstrong alla tromba.
La razza, dunque, esiste per Grillo che considera la ritrovata campagna anti-razzista un diversivo per non parlare delle nuove ingiustizie, dall’omologazione dei media alla riduzione del costo del lavoro.
Non una parola per le vittime di Macerata, per lo sparatutto neonazista. Ma Grillo può, al solito, ammantare le sue parole della libertà  concessa ai comici, soprattutto ora che non ha più responsabilità  politiche.
Non possono fare altrettanto i grillini. I termini sono importanti per Fico che invece di razzismo parla eccome e va pure oltre: «Quello di Macerata non è stato solo razzismo, è stato terrorismo, esattamente come l’Isis».
Il deputato campano non si accoda al silenzio dettato da Luigi Di Maio come strategia. Per oltre 48 ore dalla sparatoria di Macerata l’intero M5S ha taciuto.
L’unica eccezione, già  poche ore dopo i fatti, è stato Fico, su Facebook.
Attacca Matteo Salvini, e avverte «la democrazia prevede vicinanza ai più deboli e cooperazione, accoglienza e dialogo. L’unica forma di Paese che riconosco è un Paese non violento e contro ogni idea che inciti al razzismo o alla violenza».
Eppure Fico, sebbene non sposi la linea di Di Maio, è il rappresentante di punta di un Movimento che ha preferito stare zitto.
Una mossa che non è piaciuta ai militanti che sui social hanno ammonito i grillini di essere «pavidi per tattica elettorale».
Fico sorride: «Andate a vedere invece i commenti sotto il mio post». Molti lo sostengono, qualcuno lo critica, lo definisce «vicino alla signora Boldrini».
Lui risponde e difende lo Ius soli, la legge sulla cittadinanza affossata anche dal M5S. Ma il silenzio su Macerata è stata una giusta scelta o no, secondo Fico?
«Il silenzio va bene all’inizio, quando parte la gran cassa dei partiti che speculano. In questo sono d’accordo con Di Maio. Ma il silenzio deve durare poco».
Perchè ha parlato allora? «Perchè siamo una squadra. Uno dice una cosa, l’altro aggiunge». O forse compensa.
In fondo Fico è identificato con l’anima di sinistra del Movimento, anche se lui preferisce definirsi «post-ideologico». Lo ribadisce mentre esce dal Senato, dopo la conferenza sui lobbisti, dove Di Maio ha promesso che abolirà  il 2 per mille ai partiti e le detrazioni sulle donazioni.
Qualcuno vocifera che se però il M5S resterà  all’opposizione a Fico potrebbe toccare la presidenza della Camera.
Discuterne ora, per lui, è troppo presto: «Mica è come prendere un aperitivo».
Con Di Maio si parlano a lungo e sembra tornata l’armonia. Fuori da Palazzo Madama si incrociano, Di Maio lo invita a pranzo e Fico ne approfitta per liberarsi dei cronisti: «Tranquillo – scherza il candidato premier – a me non si avvicinano, ho la kryptonite».

(da “La Stampa“)

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ALESSIA D’ALESSANDRO E LA DENUNCIA DEL FURTO DI IDENTITA’

Febbraio 7th, 2018 Riccardo Fucile

LA CANDIDATA M5S “STRAPPATA ALLA MERKEL” DENUNCIA: “LADRI DI IDENTITA’ PARLANO A MIO NOME”

Alessia D’Alessandro, la candidata del MoVimento 5 Stelle alla Camera in Campania, ha pubblicato sulla sua pagina Facebook un appello per denunciare un furto:
“In queste ore qualcuno sta creando delle pagine false, abbiamo già  segnalato ai responsabili di facebook il furto d’identità  in atto. Vi chiedo di condividere questa pagina per evitare che qualcuno cada in tranelli di persone che stanno comunicando a mio nome.”
Nella pagina di ricerca di Facebook in verità  non compaiono nuove pagine a nome di Alessia D’Alessandro, che quindi potrebbero essere state già  canncellate nel frattempo.
Alessia D’Alessandro è la candidata presentata come “economista strappata alla Merkel” dai giornali all’epoca della presentazione dei candidati scelti per l’uninominale da Luigi Di Maio, il quale a sua volta ha ripetuto la bufala da Giovanni Floris qualche giorno dopo

(da “NextQuotidiano”)

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