Maggio 7th, 2018 Riccardo Fucile
FRANATI I NEGOZIATI SU UN GOVERNO POLITICO, INCERTI I NUMERI DI UNO DI TREGUA, IL QUIRINALE METTE IN CONTO LE ELEZIONI
Come in un farsesco gioco dell’oca, si torna al punto di partenza. Ma con la differenza che, ad ogni giro,
si restringe il ventaglio delle possibilità .
E questa volta, il terzo appuntamento con le consultazioni, ha certificato l’impossibilità di far nascere un governo politico.
E, con essa, la difficoltà anche di ricorrere alla scialuppa di un “governo del presidente” che — sostenuto per qualche mese dai partiti con senso di responsabilità – riporti il paese al voto il prossimo anno, dopo aver approvato una delicata finanziaria e scongiurato l’aumento dell’Iva.
Tentativo che comunque il presidente farà , anche se il nome non sarà annunciato oggi.
Parliamoci chiaro, dietro lo stallo del terzo giro incombe la prospettiva di un ritorno rapido alle urne. A settembre ma anche, e questa è la novità , a luglio.
“Per evitare che gli italiani perdano ancora 3-4 mesi di tempo sentendo parlare solo di legge elettorale, l’8 luglio è la data più vicina e netta per votare” dice Salvini, dopo un confronto con Di Maio alla Camera.
Non è colpa o responsabilità di Mattarella, anzi questa è la soluzione che il capo dello Stato ha provato a scongiurare.
Ma il capo dello Stato non ha la bacchetta magica. E nel corso dei colloqui di oggi si è limitato a registrare che non ci sono più strade da percorrere.
Non ci può essere l’eventualità di un incarico al centrodestra per tentare la via di un governo di minoranza, come ha chiesto Salvini, perchè se venisse bocciato in Parlamento resterebbe comunque in carica per gli affari correnti e avrebbe un vantaggio competitivo sugli altri.
È franato, almeno per ora, l’ultimo tentativo di Luigi Di Maio verso la Lega, perchè sia pur tentato, arrivato al dunque, Salvini non ha rotto dinanzi a un irremovibile Berlusconi.
Ed è maledettamente complicata la via di un governo del presidente, perchè Lega e Cinque stelle si sono mostrate indisponibili e a conti fatti un governo di questo tipo avrebbe il sostegno del solo Pd.
Ecco, che fare? In una situazione del genere è impossibile farsi illusioni dopo aver fatto il possibile per scongiurare l’eventualità , ma la parola voto non è più un tabù, nemmeno associato alla data di luglio, col caldo, le scuole chiuse e mezzo paese in vacanza.
In fondo, tutta questa differenza rispetto a settembre non c’è, politicamente parlando. La vera grande differenza sarebbe tra un “governo di tregua” in grado di fare la manovra e un governo “elettorale” che porta il paese al voto, con ombrelloni aperti o appena chiusi.
Qualora il governo nato su iniziativa del presidente venisse bocciato ci sarebbero i margini per votare prima dell’estate, anche se non è mai accaduto.
Ma, in fondo, tante coste viste negli ultimi mesi non sono mai accadute contribuendo a determinare un unicum: siamo di fronte alla prima volta, nella storia d’Italia, che non si riesce ad avviare la legislatura con il capo dello Stato, suo malgrado, non riesce a fare un governo.
Al Quirinale, in un clima in cui il rischio che si voleva scongiurare è diventato realtà , si ragiona di date, dopo che i partiti hanno emesso la loro sentenza definitiva sul governo di tregua.
Tra scioglimento e voto, per farla breve, passano circa una sessantina di giorni. Il che significa che se Mattarella sciogliesse a metà maggio, si può votare a metà luglio, ad esempio domenica 15.
È un’ipotesi estrema, e c’è nell’ipotesi un altrettanto estremo tentativo di pressione per far ragionare i partiti, ma la situazione è tale che, se Di Maio e Salvini continuano a impuntarsi, lì si finisce.
E la rabbia degli albergatori e il malumore dei bagnini? Toccherà ai partiti placarli dopo che il capo dello Stato parlerà , indicando di chi sono le responsabilità di questa confusione mai vista.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 7th, 2018 Riccardo Fucile
COLLOQUI AL COLLE IN CORSO, LA SOLITA FARSA… SALVINI RICAMBIA IDEA, NON MOLLA BERLUSCONI MA NON SA DOVE PRENDERE I VOTI CHE MANCANO, DI MAIO NON VUOLE L’ESECUTIVO TECNICO
Nessuna intesa tra le forze politiche nelle consultazioni della mattinata.
E il Quirinale fa trapelare l’intenzione di varare in tempi brevissimi un esecutivo di tregua. Se questo governo non trovasse sostegno in Parlamento, anche il ritorno alle urne sarebbe lampo: il Colle non esclude persino l’ipotesi del voto a luglio.
Questa è la conclusione alla quale il presidente Sergio Mattarella è arrivato dopo l’ennesima fumata nera all’ultimo giro di consultazioni.
Con Luigi Di Maio disponibile a formare un governo politico unicamente con la Lega ma con un premier terzo. E Matteo Salvini che invece rilancia l’unità della sua coalizione e si dice pronto a guidare un governo di centrodestra.
Solo il Pd si dichiara favorevole a sostenere un governo del presidente con un premier super partes e senza porre veti.
I primi a salire al Quirinale sono stati i cinquestelle, con la delegazione composta da Luigi Di Maio e dai capigruppo di Camera e Senato Giulia Grillo e Danilo Toninelli. Al termine del colloquio con Mattarella, Di Maio ha ribadito il no del M5s a un governo tecnico: “O esecutivo politico o si torna al voto. Ho detto chiaramente, ma la Lega lo sapeva già , che sono disponibile a scegliere un premier terzo con Salvini, su un programma. Sono condizioni che ho posto ieri. Io non sono mai stato l’impedimento a firmare il contratto di governo”.
Da alcune fonti si è saputo di una telefonata stamane fra Di Maio e Salvini prima che il segretario della Lega prendesse parte al summit della sua coalizione.
Salvini, invece, si mette in campo in prima persona: “Abbiamo offerto al presidente della Repubblica la mia disponibilità di dare vita a un governo di centrodestra che cominci a risolvere tutti i problemi del Paese. Il Colle ci dia modo di trovare la maggioranza”, afferma dopo l’incontro con il capo dello Stato.
Ribadendo la linea comune stabilita nel corso di un vertice di coalizione che si è tenuto questa mattina a Palazzo Grazioli, al quale hanno partecipato anche il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, Giancarlo Giorgetti, Ignazio La Russa e Giorgia Meloni.
Una posizione, quella del centrodestra, anticipata questa mattina da Licia Ronzulli, senatrice di Forza Italia molto vicina a Silvio Berlusconi, intervistata a Circo Massimo su Radio Capital.
“Noi pensiamo che a questo punto sia urgente dare una soluzione alla crisi. Basta traccheggiare, basta con il gioco dell’oca. Supporteremo l’inziativa del presidente della Repubblica fino in fondo. Bisogna fare tutti un passo avanti, il Paese viene prima di tutto”, dichiara il segretario reggente del Pd Maurizio Martina, facendo appello alla responsabiltà di tutte le altre forze politiche. Anche i dem, prima delle consultazioni, hanno tenuto un vertice al Nazareno allargato anche alle minoranze.
Sul fronte dei possibili candidati premier di un eventuale governo di tregua, in cima alle classifiche figura anche il nome di Carlo Cottarelli, già commissario alla spending review: “Non mi ha chiamato nessuno”, risponde a Circo Massimo.
Ma non nega che “sarebbe pronto a prendersi le proprie responsabilità “.
Ritiene però che “per mettere al riparo da certi rischi l’economia italiana ci vuole un governo politico. I mercati finanziari al momento sono tranquilli, c’è molta liquidità . Non c’è un’emergenza economica in questo momento. Non serve un esecutivo alla Monti”. E aggiunge: “Se non c’è qualche choc esterno non mi aspetto un aumento particolare degli spread anche con le elezioni a ottobre”.
(da agenzie)
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Maggio 7th, 2018 Riccardo Fucile
LA VERSIONE FORNITA A GIUSTIFICAZIONE FA ACQUA DA TUTTE LE PARTI… DA ANNI FICO ABITAVA NELLA CASA DELLA COMPAGNA, NON POTEVA NON SAPERE
Dopo la vicenda della colf in nero che lavora in casa della compagna di Roberto Fico e le minacce di
querela che il presidente della Camera ha fatto inviare tramite comunicato stampa dall’avvocata Annalisa Stile, le Iene tornano sulla questione per rispondere alle obiezioni sollevate nei confronti del primo servizio di Antonino Monteleone e soprattutto per dimostrare che, a differenza di quanto detto sui giornali (e ripetuto dai vari ascari nei commenti dei siti internet) per difenderlo, la casa al Vomero dove lavora Imma e dove ha lavorato Roman è quella in cui vive abitualmente Fico.
A dirlo è lo stesso presidente della Camera nel primo servizio, quando dopo una fuga in auto blu e contromano decide finalmente di rispondere alle domande delle Iene: nell’intervista, in più occasioni, è lui stesso a dire che abita abitualmente in quella casa: «Siete andati sotto la mia abitazione», dice Fico; l’avvocata Stile, nel comunicato stampa, diceva che il presidente della Camera risiedeva al Vomero.
Il che sarà sicuramente tecnicamente vero, nel senso che il presidente della Camera avrà conservato la residenza nella casa dei suoi genitori.
Ma i vicini di casa e i negozianti della zona di Posillipo ripetono all’inviato delle Iene in più occasioni che Fico non vive più in zona perchè da anni si è trasferito in casa della compagna Yvonne La Rosa, esattamente come viene raccontato nel primo e nel secondo servizio delle Iene.
Le Iene poi mostrano ripetutamente la parte dell’intervista in cui il presidente della Camera dice che “se c’è qualcuno da chiedere qualcosa, si faccia avanti che capiamo come affrontare la situazione“.
Il riferimento, chiarissimo, è alla stessa Imma che forse Fico in quel momento pensava avesse raccontato lei stessa la vicenda alle Iene. Successivamente è stata invece accusata una non meglio precisata “manina interna” che avrebbe passato le informazioni alle Iene
In tutta la questione l’unica cosa certa è che le frasi del M5S che ha difeso Roberto Fico sono una pietosa bugia davanti all’evidenza dei fatti.
«Se pure i due collaboratori domestici di cui parlano Le Iene non avessero un regolare contratto, tutto ciò non è accaduto nella residenza di Roberto Fico a Roma, ma nell’abitazione di Napoli della compagna. Fico poteva non sapere», hanno sostenuto dalle parti del MoVimento 5 Stelle dopo qualche giorno dallo scoppio della vicenda.
Invece, come abbiamo capito tutto, Fico, a prescindere dal fatto che potesse non sapere, in realtà sapeva tutto tanto che ha confermato sia la questione che riguardava Imma che quella che riguardava Roman, anche se, contraddicendo quanto affermato dalla stessa Imma, il presidente della Camera ha invece detto che la donna non lavorava presso Yvonne La Rosa ma che si scambiava favori con lei.
Ma se, appunto, la donna si scambiava favori con Yvonne La Rosa, perchè allora Fico ha successivamente detto davanti alle telecamere delle Iene che “se c’è qualcuno da chiedere qualcosa, si faccia avanti che capiamo come affrontare la situazione“?
A una persona che si scambia favori con te non c’è da chiedere nulla. O no?
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 7th, 2018 Riccardo Fucile
STASERA UN SERVIZIO SUGLI STRANI INTRECCI CON IL CLAN SPADA
Report dedicherà un servizio della puntata di stasera alla famigerata vicenda della spiaggia di Libera e del suo curioso destino.
All’interno dell’inchiesta è possibile anche ascoltare un’intervista a Paolo Ferrara, capogruppo M5S al Comune di Roma, a cui Giorgio Mottola chiede perchè, se il famoso manufatto doveva essere abbattuto, il MoVimento 5 Stelle organizzò la festa di fine della campagna elettorale del 2013 gestito da Roberto Bocchini.
Ma forse è necessario un riassunto della vicenda: nel 2010 in una determina l’allora dirigente del municipio X Franco Nocera bolla come abusivo un chiosco che si trova su una spiaggia in concessione a Ostia e che all’epoca è gestito da Roberto Bocchini e successivamente gli viene revocato per altre irregolarità e viene assegnato nel 2014 con bando a Libera e all’Uisp, lasciate del tutto ignare dell’abuso.
Ma quella determina rimane in un cassetto per anni.
Nocera è stato arrestato per corruzione nel dicembre scorso in un’altra vicenda. Il Municipio con lettera protocollata, aveva comunicato in data 18 Marzo 2015 l’esatto contrario: che la struttura era parte della dotazione della spiaggia e regolarmente utilizzabile ai fini di una migliore erogazione dei servizi.
La determina del 2010 è un atto totalmente sconosciuto alle associazioni Uisp, Libera e Le Gran Coureur. Poi accade qualcosa.
Nocera, racconta Repubblica Roma, nel 2016 manda quel foglio tramite WhatsApp alla dirigente del X Municipio, Cinzia Esposito. Le cronache dell’epoca raccontano che il documento viene reso noto dal Municipio all’ATI (associazione temporanea di imprese) non in sede di bando, nè tanto meno di firma della convenzione con lo stesso X Municipio, ma solo in data 30 Marzo 2016 a seguito di un esposto presentato dall’ATI affidataria alla Procura di Roma.
Il direttore dell’epoca è Aldo Papalini, anche lui arrestato e già condannato per corruzione, per aver favorito perfino gli interessi del Clan Spada sugli stabilimenti balneari.
L’ordinanza era stata omessa dal bando di gara, dalla convenzione e dalle comunicazioni, compresa quella del direttore del municipio che affermava che il chiosco fosse acquisito a demanio marittimo.
Per questo alla fine Libera e UISP lasciano la spiaggia il 26 aprile 2016. In seguito ai rilievi dell’ANAC il bando del 2014 viene annullato.
Quello era il lido che gestiva «Roberto Bocchini, amico dei “neri” e poi degli emergenti 5S Paolo Ferrara e Davide Barillari».
Qualche tempo prima dei fatti che hanno coinvolto l’oggi arrestato Nocera infatti ci fu quella che potremmo tranquillamente definire come la più grossa cantonata politica presa dal MoVimento 5 Stelle romano: quella della falsa relazione antimafia desecretata e della conferenza stampa in cui tutto il gotha romano di M5S, da De Vito a Barillari, da Ferrara a Ruocco e Di Pillo, con tanto di Raggi e Frongia e insieme alla special guest Giarrusso, presentò un dossier di 42 pagine sulla mafia nel litorale romano (per il quale oggi un consigliere regionale minaccia querele) che si rivelò poi un cumulo di bufale e false accuse.
Quella storia ha però un antefatto che riguarda proprio quella spiaggia e Paolo Ferrara, che oggi guida il gruppo del M5S in Campidoglio.
Prima di Libera, dicevamo, questa era gestita da Roberto Bocchini e con essa quel famoso chiosco che era stato dichiarato abusivo in una determina dirigenziale di Nocera che risale al 2010 ma era rimasta però per sei anni nel cassetto.
La spiaggia si chiamava Amanusa e ai 5 Stelle doveva essere nota visto che ci hanno organizzato un aperitivo elettorale a conclusione della campagna quando proprio Ferrara era candidato al municipio nel 2013.
Bocchini e Ferrara a quanto pare erano amici, anche se in un’intervista al Tempo del settembre 2015 l’attuale capogruppo M5S in Campidoglio disse «Lo conosco, ma non è mio amico».
Il giorno prima invece Ferrara lo aveva proprio definito amico, e per questo Bocchini si era risentito molto il giorno dopo quando era stato derubricato a conoscente a mezzo stampa. Il problema diplomatico tra i due conoscenti-amici-compagni di scuola era stato generato non certo dalla scoperta dei “piccoli problemi di giustizia” di Bocchini ma proprio dalla polemica che era nata dopo l’articolo del Tempo sul dossier dei 5 Stelle depositato all’Antimafia.
Il resto è storia.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 7th, 2018 Riccardo Fucile
LA GUARDIA COSTIERA ITALIANA MANDA LA NAVE ONG IN SOCCORSO, DONNE E BAMBINI OSTAGGIO DELLA BUROCRAZIA, DELLA DEMENZIALE POLITICA EUROPEA SUI TRASBORDI E DELLE MINACCE GIUDIZIARIE… A BORDO C’E’ ANCHE IL RADICALE MAGI
Un veliero con 105 migranti soccorsi a dodici miglia dalla costa libica rispondendo a una richiesta di
intervento urgente avanzata dalla guardia costiera italiana sta navigando da più di 24 ore in condizioni igieniche e di vita estreme senza aver ricevuto alcuna indicazione formale su cosa fare dei 105 ospiti.
La nave Astral della Ong Proactiva OpenArms è in navigazione lungo le coste libiche in soccorso dei naufraghi che lasciano la Libia cercando un modo di raggiungere l’Europa.
Ieri mattina all’alba, la Astral ha risposto a un dispaccio “a tutte le navi presenti nell’area” per il soccorso di un gommone in emergenza, alla deriva senza motore con 105 migranti tra cui sei donne e sei bambini, il più piccolo dei quali ha due anni e 4 mesi.
Normalmente la Astral opera i soccorsi su indicazione della guardia costiera italiana competente, e trasferisce successivamente i migranti – sempre su indicazione dell’autorità marittima italiana – su altre imbarcazioni più grandi e adatte al trasferimento “nel più vicino porto sicuro”, come prevede la normativa internazionale. Ma da qualche giorno la procedura si è arenata: la guardia costiera libica adesso rivendica il diritto di intervento sulle emergenze e l’autorità marittima italiana, che le ha fornito mezzi e istruzioni, le trasferisce l’autorità per gestire i soccorsi, chiamandosene così fuori.
La guardia costiera libica però non collabora con le ong, cui ordina di tenersi al largo, lasciando i migranti in concreto pericolo di vita.
Per questo ieri la guardia costiera italiana, una volta effettuato il soccorso da parte della Astral, ha comunicato al veliero che a gestire il destino dei migranti soccorsi devono essere le autorità libiche o quelle di bandiera, cioè britanniche.
Ma il capitano della Astral, Riccardo Gatti, non accetta di riportare i migranti nel Paese da cui tentano di fuggire per chiedere asilo in Europa, perchè “è tutt’altro che un porto sicuro e sarebbe un illecito respingimento di richiedenti asilo”.
La palla passa dunque alla Gran Bretagna, le cui autorità marittime non hanno mai gestito la questione.
Stanotte alle 4, dopo un fitto scambio di telefonate con la cabina di comando della Astral, è arrivato il via libera al trasferimento a bordo della nave Aquarius, un traghetto di 70 metri della ong Sos Mediterranèe perfettamente attrezzato per gestire l’emergenza.
Stamattina all’alba la Astral ha raggiunto la Aquarius, mantenendo sempre informata la guardia costiera italiana.
Ma quando tutto sembrava pronto al trasbordo dei migranti, costretti a una nottata spossante all’addiaccio sul veliero di trenta metri senza nemmeno una toilette a disposizione, la burocrazia si è inceppata.
Nave Aquarius chiede un’autorizzazione formale al trasferimento, per evitare una possibile denuncia per traffico di esseri umani come è avvenuto in queste ultime settimane in casi analoghi.
Ma l’autorità marittima britannica, contattata dalla Astral, di fronte alla richiesta di mettere nero su bianco l’autorizzazione al trasbordo ha preso tempo dicendo di attendere, e confermando qualche ora dopo di essere “al lavoro sul caso”.
Nel frattempo Astral e Aquarius navigano affiancate in attesa di ordini, e la stuazione a bordo del veliero è sempre più complicata e rischia di diventare un problema sanitario, oltre che burocratico.
Il medico di bordo ha segnalato casi che necessitano un intervento rapido o rischiano di aggravarsi, tra cui un’otite perforante.
A bordo della Astral c’è anche il deputato Riccardo Magi, segretario dei Radicali italiani, che sta seguendo la vicenda tentando di sensibilizzare le istituzioni italiane ed europee.
(da “La Repubblica”)
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Maggio 7th, 2018 Riccardo Fucile
AVEVA 86 ANNI, “L’ALBERO DEGLI ZOCCOLI” IL SUO CAPOLAVORO
È morto, all’età di 86 anni, il regista Ermanno Olmi. Era ricoverato da alcuni giorni all’ospedale di Asiago. Il grande regista bergamasco, autore di film bellissimi e amatissimi, se n’è andato avendo accanto la moglie e i figli
I funerali, come desiderava e in linea con una vita piena di affetti e amicizie ma riservata, si svolgeranno in forma strettamente privata.
Se dovessimo sintetizzare in un solo aggettivo il grande cinema di Ermanno Olmi sceglieremmo ‘imprevedibile’.
All’inizio della sua fama (erano gli anni Sessanta), per film come Il tempo si è fermato, Il posto, I fidanzati gli fu applicata l’etichetta di cantore della gente comune, delle piccole cose: definizione non immotivata e anche apprezzabile, in un panorama cinematografico omogeneo e poco permeabile, dopo la fine del neorealismo, alla rappresentazione del quotidiano
Nei decenni successivi, però, la tavolozza di Olmi si è ampliata fino a includere i toni e i generi più differenti: dal racconto storico all’allegoria, a varie declinazioni della fiaba.
In origine il regista bergamasco, classe 1931, fece le sue esperienze nel documentario, curando il servizio cinematografico della Edisonvolta per la quale realizzò decine di titoli: tra i più noti La diga sul ghiacciaio, Tre fili fino a Milano, Un metro è lungo cinque. Si tratta sì di testimonianze dell’attività della società elettrica, come negli auspici dell’azienda committente, però già piene di attenzione per gli sforzi e l’operosità della gente che vi lavora.
Degli anni Cinquanta sono anche alcuni ‘corti’ a soggetto, come Manon finestra 2 e Grigio (col testo di Pier Paolo Pasolini).
Il 1959 è l’anno del primo lungometraggio, Il tempo si è fermato, destinato in origine a essere un documentario e che viene presentato alla Mostra di Venezia.
Ancora a Venezia, due anni dopo, Olmi porta Il posto, delicata storia di due giovani al primo impiego in un’azienda milanese ai tempi del cosiddetto boom economico. Segue I fidanzati, ambientato nel milieu operario ma dove si affacciano già preoccupazioni per la crisi dei sentimenti.
Con E venne un uomo (1965), biografia di papa Giovanni XIII, il regista dà spazio al proprio sentire religioso, però in forma sempre terrena ed eminentemente umana. Dopo alcuni film variamente risolti, già più tinti di metafora (Un certo giorno, Durante l’estate, La circostanza), realizza quello che resta con ogni probabilità il suo capolavoro: L’albero degli zoccoli, fiaba contadina che a Cannes vince una Palma d’Oro di straordinario significato per un film parlato in dialetto bergamasco, recitato da attori non professionisti, tutto affidato all’espressività di gesti atavici.
Circondato da una fama internazionale, Olmi si trasferisce ad Asiago, in provincia di Vicenza, e nel 1982, a Bassano del Grappa, dà vita a Ipotesi Cinema, ‘bottega del cinema’ che collaborerà con la Rai di Paolo Valmarana e sfornerà nuovi registi.
Colpito da una malattia invalidante, e da conseguente depressione, il regista resta lontano dal set per un lungo periodo.
Vi torna nella seconda metà degli anni Ottanta con la parabola Lunga vita alla signora! (Leone d’Argento) e con La leggenda del Santo bevitore, Leone d’Oro a Venezia, tratto dal romanzo di Joseph Roth che il critico e amico Tullio Kezich (poi suo co-sceneggiatore nel film) gli ha fatto conoscere.
Per questo film Olmi si avvale di attori professionisti come Rutger Hauer e Anthony Quayle; replicherà l’esperienza cinque anni dopo, dirigendo Paolo Villaggio nel Segreto del bosco vecchio, dal romanzo di Dino Buzzati.
Dal 2000 in avanti la filmografia olmiana inanella titoli di assoluta originalità . Intanto l’eccezionale Il mestiere delle armi, opera di respiro rosselliniano sugli ultimi giorni della vita di Giovanni dalle Bande Nere; poi Cantando dietro i paraventi, fiaba pacifista in costume interpretata da Bud Spencer assieme a un cast di attori orientali. Del 2007 è la parabola cristologica Centochiodi, che Olmi dichiara essere il suo ultimo film narrativo prima di dedicarsi esclusivamente al documentario. In realtà dirigerà ancora storie di fiction, col Villaggio di cartone e col dolente, bellissimo Torneranno i prati (2014), ambientato nelle trincee dell’altopiano di Asiago durante la prima guerra mondiale.
Titolare di Leone d’Oro alla carriera e di una quantità di altri premi italiani e internazionali, Olmi è anche l’autore di alcuni libri: il più noto è Ragazzo della Bovisa, ma il titolo più bello resta L’Apocalisse è un lieto fine. Storia della mia vita e del nostro futuro (Rizzoli).
(da “La Repubblica”)
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Maggio 7th, 2018 Riccardo Fucile
LA VIOLENZA PERCHE’ DUE ESPONENTI DEL CLAN NON ERANO STATI SERVITI PER PRIMI: “SE CHIAMI LA POLIZIA TI AMMAZZIAMO”… DOV’E’ LO STATO? DOVO SONO I CORAGGIOSI SOVRANISTI DIFENSORI DELLA SICUREZZA? ANDATE A PRESIDIARE QUEL BAR, CAZZARI!
Frustate in pubblico, in pieno giorno, perchè il messaggio deve arrivare a tutti. Anche ai bambini che
guardano spaventati grondare il sangue a terra, perchè “qui comandiamo noi e se non fai quello che diciamo, ti ammazziamo ” , parola dei Casamonica.
È la domenica di Pasqua quando due esponenti del clan entrano in un bar della periferia sud- est della capitale e compiono un massacro.
Picchiano una giovane donna disabile solo perchè osa parlare, poi ritornano, colpiscono a bottigliate il barista e gli distruggono il locale. Non li ha serviti per primi, ha mancato di rispetto e la deve pagare.
I Casamonica, mille affiliati e un patrimonio da quasi cento milioni di euro.
Il loro regno è un territorio militarizzato, con le vedette a ogni angolo e le ville barocche che occupano pezzi di strade e marciapiedi.
Lo sfarzo ostentato per intimorire e celebrare la potenza criminale, come per le esequie di zio Vittorio, tre anni fa: con le carrozze, l’elicottero e l’acclamazione a re. Prepotenza e brutalità sono la regola, si vive sotto assedio.
Il primo aprile è una giornata di festa. Dentro al bar di via Salvatore Barzilai, periferia sud-est della città , una bimba sorride in braccio al suo papà , alcuni ragazzi prendono il caffè, una giovane è in coda alla cassa,
Entrano i boss, vogliono le sigarette e pretendono di essere serviti subito. Funziona così, per loro non esiste la fila.
Il barista, un ragazzo romeno con gli occhi azzurri e tre dita perse lavorando, non se ne accorge e loro non lo possono tollerare. ” Questi romeni di merda non li sopporto proprio” urla Antonio Casamonica al cugino Alfredo Di Silvio.
La giovane dietro di lui li riprende: “Se il bar non vi piace andate altrove ” . È la fine. Casamonica, 26 anni e all’attivo condanne per estorsione e falso più un processo per evasione, le strappa con una mano gli occhiali e li lancia dietro al bancone, poi si sfila la cinta dai pantaloni e la passa a Di Silvio.
I due sanno come fare: sono corpulenti e già da piccoli hanno imparato a picchiare.
La prendono alle spalle, la frustano e poi calci, pugni fino a quando crolla a terra massacrata.
La bambina sgrana gli occhi terrorizzata, ma nessuno si muove, nessuno interviene per difendere quella giovane. Una donna e disabile. Le strappano di mano il telefono e, mentre lei striscia a terra e chiede di riaverlo indietro, glielo lanciano contro ordinando: ” Se chiami la polizia ti ammazziamo ” .
Il messaggio vale per tutti. Il locale si svuota, resta solo il barista a soccorrerla e a consigliarle di andarsene “perchè torneranno ” .
E infatti mezz’ora dopo eccoli arrivare, Alfredo Di Silvio irrompe con il fratello Vincenzo. Spaccano la vetrina, rovesciano tavoli e sedie: ” Qui comandiamo noi, non te lo scordare: questa è zona nostra. Ora questo bar lo devi chiudere, altrimenti sei morto ” .
Anche questa volta non interviene nessuno. Sono cinque i clienti che rimangono seduti a giocare ai videopoker. Il barista è a terra, il suo volto è coperto di sangue. Gli schizzi arrivano fino al muro, colano accanto al calendario della Guardia di finanza. Intorno a lui sembra sia scoppiata una bomba, è tutto in frantumi.
Trenta giorni di prognosi per lei, otto per lui. Li hanno massacrati.
La giovane non conosce i suoi aguzzini, era lì per caso, ma ha capito che appartengono alla famiglia, quella che comanda e di cui bisogna aver paura.
Il barista invece sa bene chi sono, i Di Silvio abitano nella stessa via e i Casamonica cento passi più in là .
Le due vittime però, il giorno dopo, si fanno coraggio e denunciano. Un affronto senza precedenti, quando il clan lo scopre fa scendere in campo un pezzo da novanta. Enrico, il nonno dei fratelli Di Silvio, condannato per sequestro di persona e lesioni, si presenta al bancone.
Ordina un caffè e il ritiro immediato delle accuse, pena la morte. La violenza mafiosa di chi sente padrone. Il barista è terrorizzato e per due giorni la serranda rimane abbassata. La moglie però non ci sta, quel locale aperto con tanti sacrifici è il loro lavoro, la loro vita e non possono rinunciarci.
All’angolo della strada due ragazzoni appoggiati alla macchina fissano l’ingresso del bar. Dentro sembra non sia successo nulla, il giovane romeno è tornato dietro al bancone. Dopo tre caffè racconta la sua paura e, solo quando non ci sono più clienti, tira fuori il telefonino.
Mostra le immagini riprese dalla telecamera sopra i gratta e vinci e i tabacchi. Ha immortalato la sequenza dell’orrore criminale. Da quel giorno ha cambiato le sue abitudini, il percorso per tornare a casa e teme che in ogni momento possa entrare qualcuno della “famiglia”.
All’uscita i due sono ancora lì, lo sguardo fisso sul locale. Quello di chi impone il suo violento potere mafioso.
(da “La Repubblica”)
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Maggio 7th, 2018 Riccardo Fucile
L’AGGRESSIONE FUORI DA UN PUB DI GENOVA … IL TURISTA ELVETICO SI ERA RIFIUTATO DI OFFRIRE DA BERE
Una militante genovese di Casapound, Monica Deiana, 22 anni, è stata denunciata dalla Digos alla procura di Genova per un’aggressione avvenuta venerdì sera fuori da un locale di Boccadasse, il Derry Pub di via Cavallotti.
Secondo quanto appreso la vittima, un cittadino svizzero di 25 anni, si trovava fuori dal locale quando è stato avvicinato da un gruppetto di tre persone che gli ha chiesto se offriva loro da bere.
La più insistente sarebbe stata proprio la ragazza che al diniego del giovane lo avrebbe tempestato di domande a sfondo politico fino a mostragli una foto di Hitler dicendogli se lo conosceva.
In base a quanto riferito dal giovane straniero, che ha riportato una ferita al viso refertata al pronto soccorso dell’ospedale Galliera, la sua reazione perplessa avrebbe scatenato la violenza.
Uno dei giovani lo avrebbe afferrato per il collo scaraventandolo a terra mentre Deiana lo avrebbe colpito con una bottigliata in faccia. Per lei è scattata la denuncia per lesioni aggravate.
Proseguono le indagini della Digos per identificare l’altro aggressore, anche in questo caso si tratterebbe secondo gli investigatori di un militante del partito di estrema destra.
La ventiduenne denunciata era presente, seppur con ruolo marginale, all’aggressione del 12 gennaio scorso a un antifascista genovese.
(da “Genova24″)
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Maggio 7th, 2018 Riccardo Fucile
QUESTI SAREBBERO I MAGLIARI DEL “GOVERNO DEL CAMBIAMENTO”? PEGGIO DEI PEGGIORI MANEGGIONI DELLA PRIMA REPUBBLICA, INTERESSATI SONO AI LORO AFFARI… NE ESCE DA STATISTA PERSINO BERLUSCONI CHE HA RESPINTO L’OFFERTA, ROBA DA MATTI
Il punto è sempre lo stesso, come un mese fa. 
Silvio Berlusconi è irremovibile: “Io non faccio nessun passo indietro come chiedono quelli lì. Ma quale appoggio esterno… O andiamo a chiedere un incarico per il centrodestra, oppure piuttosto andiamo a votare”.
La proposta di Luigi Di Maio trasforma il vertice serale di Palazzo Grazioli in una due ore di tregenda.
Tre alleati, tre linee.
Tanto che alla fine la decisione “sarebbe” di aggiornarsi a domani mattina alle otto, prima di salire al Colle.
“Sarebbe” perchè — e questo la dice lunga del clima da quelle parti — dalla Lega non arriva nessuna conferma, anzi trapela anche una certa irritazione. Segno che la riunione è stata una vera battaglia.
Matteo Salvini, affiancato da Giancarlo Giorgetti è scatenato: “È l’ultima chance e Di Maio ha accettato una delle nostre condizioni, facendo un passo indietro. È un quadro che si può accettare se vogliamo dare un governo a questo paese”.
Il quadro, “concordato” tra Salvini e Di Maio prevede questo: in cambio di un “appoggio esterno” di Forza Italia, Forza Italia incasserebbe, nel nuovo governo Lega-M5s, un premier concordato e non ostile, tre “ministri di area” non politici, graditi a Berlusconi, ma anche la presidenza della commissione speciale per riformare la legge elettorale e l’assoluta garanzia della tutela degli interessi aziendali.
Berlusconi quasi alza la voce: “Non mi fido. Mai con quelli lì”.
Giorgia Meloni sbotta perchè questo significa “dividere il centrodestra”.
La tensione è palpabile, col centralino di Palazzo Grazioli preso d’assalto dalle telefonate di parlamentari di Forza Italia che considerano la prospettiva di un passo di lato di Berlusconi una resa incondizionata, anzi un’umiliazione: “Parecchi dei nostri — riferiscono all’ex premier — voterebbero no comunque”
In ballo c’è il destino della legislatura. Perchè è chiaro che, a questo punto, l’alternativa è: o accordo con i Cinque Stelle, nei termini in cui lo prospettano Di Maio e Salvini o voto, con la legislatura che non si avvia per la prima volta nella storia della Repubblica e col ritorno alle urne a luglio o ottobre. Tertium non datur.
Il governo del presidente è una prospettiva morta sul nascere. Non lo vuole Di Maio. Non lo vuole Salvini: “Sia chiaro che non mi faccio imporre nessun governo nè da Mattarella nè da Bruxelles.”
Ecco, la grande minaccia. La paura del voto è il coltello piantato alla gola di Silvio Berlusconi, posto davanti a questo brutale ragionamento: ti conviene accettare quello che ti si offre adesso, compresa la tutela delle aziende, perchè tra sei mesi il quadro è lo stesso, con rapporti di forza ancora più penalizzanti per te, perchè dalle elezioni hai solo da perdere.
Invece ora, il leader leghista si fa garante di una soluzione “onorevole” per l’ex Cavaliere, con una “dignitosa” uscita di scena.
A conferma che durante l’elezione della presidente del Senato quando Salvini e Di Maio si sentirono telefonicamente durante l’ultimo vertice a Palazzo Grazioli, viene previsto un analogo contatto per domani mattina.
Previsto, nel senso che se ne è parlato. Ma di certezze, a questo punto, non ce ne è nessuna.
La verità è che non c’è uno straccio di denominatore comune tra i tre leader sulla posizione da assumere.
L’unica certezza è che Salvini non è disposto a “rompere” per un governo con Di Maio senza l’accordo con Berlusconi. E le divisioni sono profonde anche sulla formula che, per tenere una parvenza di unità , il leader della Lega offre all’uscita dal vertice: “Governo a un esponente del centrodestra”.
È il punto su cui il centrodestra è uno e trino. Perchè il Cavaliere, anche giura e spergiura il contrario, guarda al Pd.
Un’interlocuzione “spaventosa” anche per Giorgia Meloni, che pure è favorevole a chiedere a Mattarella di consentire alla coalizione di andare in Aula per fare un appello al Parlamento.
Deputati e senatori sono terrorizzati dall’idea di tornare al voto e sono già arrivati segnali che potrebbero nascere gruppi di responsabili.
Il problema è che Mattarella ha fatto sapere che non darà mai un incarico al buio, perchè se il governo che ha appena giurato non dovesse incassare la fiducia resterebbe comunque in carica per gli affari correnti e questo darebbe al centrodestra un vantaggio competitivo in caso di ritorno al voto.
I responsabili dunque dovrebbero appalesarsi prima, non dopo.
Dopo oltre 60 giorni di crisi, l’ombra del voto anticipato avvolge questo terzo giro di consultazioni, se anche chi dovrebbe temerlo, come Berlusconi, lo preferisce a un’ipotesi di accordo avvolta dallo scetticismo.
A proposito. Al Quirinale aspettano il centrodestra in delegazione comune.
Quando la notte è inoltrata non si sa ancora chi parlerà e cosa dirà .
(da “Huffingtonpost”)
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