DI MAIO E SALVINI SONO ARRIVATI AL PUNTO DI OFFRIRE A BERLUSCONI LA TUTELA DELLE AZIENDE, UN PREMIER NON OSTILE, TRE MINISTRI DI AREA, LA PRESIDENZA DELLA COMMISSIONE ELETTORALE PURCHE’ ACCETTI DI NON APPARIRE
QUESTI SAREBBERO I MAGLIARI DEL “GOVERNO DEL CAMBIAMENTO”? PEGGIO DEI PEGGIORI MANEGGIONI DELLA PRIMA REPUBBLICA, INTERESSATI SONO AI LORO AFFARI… NE ESCE DA STATISTA PERSINO BERLUSCONI CHE HA RESPINTO L’OFFERTA, ROBA DA MATTI
Il punto è sempre lo stesso, come un mese fa.
Silvio Berlusconi è irremovibile: “Io non faccio nessun passo indietro come chiedono quelli lì. Ma quale appoggio esterno… O andiamo a chiedere un incarico per il centrodestra, oppure piuttosto andiamo a votare”.
La proposta di Luigi Di Maio trasforma il vertice serale di Palazzo Grazioli in una due ore di tregenda.
Tre alleati, tre linee.
Tanto che alla fine la decisione “sarebbe” di aggiornarsi a domani mattina alle otto, prima di salire al Colle.
“Sarebbe” perchè — e questo la dice lunga del clima da quelle parti — dalla Lega non arriva nessuna conferma, anzi trapela anche una certa irritazione. Segno che la riunione è stata una vera battaglia.
Matteo Salvini, affiancato da Giancarlo Giorgetti è scatenato: “È l’ultima chance e Di Maio ha accettato una delle nostre condizioni, facendo un passo indietro. È un quadro che si può accettare se vogliamo dare un governo a questo paese”.
Il quadro, “concordato” tra Salvini e Di Maio prevede questo: in cambio di un “appoggio esterno” di Forza Italia, Forza Italia incasserebbe, nel nuovo governo Lega-M5s, un premier concordato e non ostile, tre “ministri di area” non politici, graditi a Berlusconi, ma anche la presidenza della commissione speciale per riformare la legge elettorale e l’assoluta garanzia della tutela degli interessi aziendali.
Berlusconi quasi alza la voce: “Non mi fido. Mai con quelli lì”.
Giorgia Meloni sbotta perchè questo significa “dividere il centrodestra”.
La tensione è palpabile, col centralino di Palazzo Grazioli preso d’assalto dalle telefonate di parlamentari di Forza Italia che considerano la prospettiva di un passo di lato di Berlusconi una resa incondizionata, anzi un’umiliazione: “Parecchi dei nostri — riferiscono all’ex premier — voterebbero no comunque”
In ballo c’è il destino della legislatura. Perchè è chiaro che, a questo punto, l’alternativa è: o accordo con i Cinque Stelle, nei termini in cui lo prospettano Di Maio e Salvini o voto, con la legislatura che non si avvia per la prima volta nella storia della Repubblica e col ritorno alle urne a luglio o ottobre. Tertium non datur.
Il governo del presidente è una prospettiva morta sul nascere. Non lo vuole Di Maio. Non lo vuole Salvini: “Sia chiaro che non mi faccio imporre nessun governo nè da Mattarella nè da Bruxelles.”
Ecco, la grande minaccia. La paura del voto è il coltello piantato alla gola di Silvio Berlusconi, posto davanti a questo brutale ragionamento: ti conviene accettare quello che ti si offre adesso, compresa la tutela delle aziende, perchè tra sei mesi il quadro è lo stesso, con rapporti di forza ancora più penalizzanti per te, perchè dalle elezioni hai solo da perdere.
Invece ora, il leader leghista si fa garante di una soluzione “onorevole” per l’ex Cavaliere, con una “dignitosa” uscita di scena.
A conferma che durante l’elezione della presidente del Senato quando Salvini e Di Maio si sentirono telefonicamente durante l’ultimo vertice a Palazzo Grazioli, viene previsto un analogo contatto per domani mattina.
Previsto, nel senso che se ne è parlato. Ma di certezze, a questo punto, non ce ne è nessuna.
La verità è che non c’è uno straccio di denominatore comune tra i tre leader sulla posizione da assumere.
L’unica certezza è che Salvini non è disposto a “rompere” per un governo con Di Maio senza l’accordo con Berlusconi. E le divisioni sono profonde anche sulla formula che, per tenere una parvenza di unità , il leader della Lega offre all’uscita dal vertice: “Governo a un esponente del centrodestra”.
È il punto su cui il centrodestra è uno e trino. Perchè il Cavaliere, anche giura e spergiura il contrario, guarda al Pd.
Un’interlocuzione “spaventosa” anche per Giorgia Meloni, che pure è favorevole a chiedere a Mattarella di consentire alla coalizione di andare in Aula per fare un appello al Parlamento.
Deputati e senatori sono terrorizzati dall’idea di tornare al voto e sono già arrivati segnali che potrebbero nascere gruppi di responsabili.
Il problema è che Mattarella ha fatto sapere che non darà mai un incarico al buio, perchè se il governo che ha appena giurato non dovesse incassare la fiducia resterebbe comunque in carica per gli affari correnti e questo darebbe al centrodestra un vantaggio competitivo in caso di ritorno al voto.
I responsabili dunque dovrebbero appalesarsi prima, non dopo.
Dopo oltre 60 giorni di crisi, l’ombra del voto anticipato avvolge questo terzo giro di consultazioni, se anche chi dovrebbe temerlo, come Berlusconi, lo preferisce a un’ipotesi di accordo avvolta dallo scetticismo.
A proposito. Al Quirinale aspettano il centrodestra in delegazione comune.
Quando la notte è inoltrata non si sa ancora chi parlerà e cosa dirà .
(da “Huffingtonpost”)
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