Maggio 20th, 2018 Riccardo Fucile
ACCORDO CHIUSO CON CONTE PRESTANOME DEI DUE MAGLIARI… I RAZZISTI NEI PAESI CIVILI VANNO IN GALERA NON AL VIMINALE
La squadra di governo è (quasi) fatta. 
Matteo Salvini e Luigi Di Maio si sono visti questa mattina a Roma e hanno chiuso l’accordo. A Palazzo Chigi dovrebbe andare il giurista Giuseppe Conte, già nella squadra presentata dal M5S prima delle elezioni (con delega alla Pubblica amministrazione).
I due leader saranno nel governo: Salvini agli Interni e Di Maio al ministero del Lavoro. Giancarlo Giorgetti in pole position per il ruolo di sottosegretario alla presidenza.
Restano aperte le delicatissime caselle di Economia e Difesa, su cui peserà il parere del Capo dello Stato.
Domani i due leader saranno ricevuti al Quirinale, un passaggio tutt’altro che formale. In queste ore la tensione nei due partiti è palpabile.
Si teme che la squadra non superi il vaglio del Colle. «Abbiamo chiuso l’accordo su premier e squadra governo, e speriamo che nessuno metta veti su una scelta che rappresenta la volontà della maggioranza degli italiani», mette le mani avanti Salvini. «Nessuno dovrà mettere il veto su quello o quel cognome, finalmente c’è una squadra che non arriva via fax da Bruxelles, Parigi o Berlino».
Una chiara minaccia eversiva alle prerogative del Presidente della Repubblica.
D’altronde non c’è da stupirsi più di nulla: nei Paesi civili chi istiga all’odio razziale va in galera, in Italia al Ministero degli Interni.
(da agenzie)
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Maggio 20th, 2018 Riccardo Fucile
“VOTERO’ LA FIDUCIA MA POI BASTA, SE IL MIO CONTRIBUTO NON SERVE PRONTA AD ANDARE VIA”
Paola Nugnes, senatrice napoletana del Movimento 5 Stelle è stata in queste settimane probabilmente l’unica voce critica contro l’accordo dei grillini con la Lega di Matteo Salvini.
La senatrice è molto attiva sul suo profilo facebook dove alterna riflessioni a veri e propri sondaggi tra il suo elettorato, dove la maggior parte dei commenti è sempre espresso critiche all’accordo con la Lega, tenendo presente che proprio in Campania dove i grillini sono andati oltre il 50% dei consensi la Lega ha raccolto un misero 2,9% tra Napoli e provincia.
La Nugnes esce allo scoperto quando la versione dell’accordo tra Lega e M5S è ormai quella definitiva. Fanpage.it ha chiesto alla Nugnes un commento sul contratto di governo tra Di Maio e Salvini.
Senatrice ha letto la versione definitiva del contratto di governo, cosa ne pensa?
Ci sono cose buone e cose meno buone. La cosa importante è che è saltata la parte che definiva una sorta di patto di non belligeranza tra i due gruppi parlamentari. Sono contenta di questo perchè potremo agire con emendamenti sulle leggi proposte dal governo e potremmo proporre dei nostri provvedimenti. In caso contrario sarebbe stata evidentemente una norma incostituzionale. Così invece va meglio, ci sono spazi di manovra.
Tutto è migliorabile insomma ?
Sì certo, spero ovviamente nel sostegno del mio gruppo, che non ci sia ostilità verso di me, poi sarà la Lega a dover decidere sulle nostre proposte
Voterà la fiducia ?
Sì ho intenzione di votare la fiducia perchè sono in questo gruppo da 13 anni, ma non voterò tutti i provvedimenti che ci sono nell’accordo. Valuterò come ha sempre detto Beppe Grillo, proposta per proposta, emendamento per emendamento. La mia è una fiducia critica, non faccio assegni in bianco. E’ un sì che si basa ora sulla disponibilità del mio gruppo a credere che da questo accordo potremmo trarne delle buone cose. Ma questo sarà solo il primo voto di fiducia, ne seguiranno tanti altri e non saranno basati sullo stesso presupposto.
Quali sono i provvedimenti che non voterà ?
La flat tax, così com’è non la voto. Non mi convince, è un provvedimento che non farà altro che allargare il divario sociale. Su questo punto ho registrato anche la defezione del nostro candidato ministro delle finanze. Seguiremo il testo che ci verrà proposto ma così com’è non lo voto, è una tassa iniqua e sicuramente liberista.
Ha letto le proposte su sicurezza e immigrazione ? Intende votare quei futuri provvedimenti ?
Mai. Io non voterò mai una legge discriminatoria e lesiva dei diritti civili
Sul Mezzogiorno c’è davvero un paragrafo risibile nel contratto di governo, mentre nella parte sull’ambiente, la “terra dei fuochi” è completamente scomparsa, eppure al Sud avete fatto il pieno. Cosa ne pensa ?
Sono d’accordo sul punto ambiente. Non c’è bisogno di un intervento specifico sulla “terra dei fuochi”, piuttosto dobbiamo spingere su finanziamenti ingenti per le bonifiche che riguardano tutto il paese. Io preferisco sempre parlare di siti in emergenza ambientale e di pratiche da applicare su tutto il territorio senza etichette. Io sono stata nella commissione bicamerale d’inchiesta sui rifiuti e posso testimoniare che le emergenze ambientali sono una questione nazionale e non solo in Campania. Sul Mezzogiorno sì c’è sicuramente un grande vuoto, ma sono tra quelli che si propongono di riempirlo con proposte di legge che sottoporremo all’aula, specifiche sul Sud. Su quello sfideremo tutti a sostenerle.
Lei è stata l’unica voce critica nel M5S, pensa di restare nel Movimento per condizionare il voto visti i numeri risicati al Senato ?
Non sono l’unica voce critica, ce ne sono molte ma si espongono meno. Io resto perchè ho fatto tanto per il Movimento 5 Stelle, ma resto fino a che crederò che il mio contributo serva a qualcosa. Se dovessi capire che il mio contributo e le mie proposte non hanno senso andrò via. In questo momento il quadro politico non offre grande scelta nel panorama parlamentare, direi che c’è un deserto prospettico. Per ora non ci sarebbe un luogo dove andare. Nel caso dovesse esserci una scelta da fare, valuterò.
(da “Fanpage”)
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Maggio 20th, 2018 Riccardo Fucile
MENTRE IL FORZA-LEGHISMO E’ STATO UN VERO BLOCCO SOCIALE, IL GRILLO-LEGHISMO NON ESISTE, IN COMUNE SOLO L’AVVERSIONE ALL’EUROPA
Nel crepuscolo della politica, tra contratti di governo fantasma, consultazioni on line, gazebo feriali, in
questa domenica in cui Lega e Movimento 5 Stelle convocano i loro elettori virtuali a decidere sulla maggioranza futura (non bastavano gli elettori veri dell’ormai lontano 4 marzo?), si è accesa una piccola luce, la lampada di Francesco di Assisi consegnata il 12 maggio alla cancelliera tedesca Angela Merkel dal custode del sacro collegio padre Mauro Gambetti, un bolognese di 52 anni, alto e magro, carattere di ferro sotto l’aspetto mite, laurea in ingegneria, leva militare, una delle figure più interessanti di questa nuova stagione della Chiesa e del laico panorama italiano.
«Quale visione di Europa condividiamo? Vogliamo ancora un futuro comune? Possiamo immaginare un’Europa unita e plurale che sappia precedere gli accordi economici e finanziari, e anche oltrepassarli? La politica è in grado di offrire un indirizzo di senso alle persone e alle comunità ormai disorientate?», si è chiesto il superiore dei frati di Assisi invitando i governi a «rinunciare a interessi particolaristici, privilegi e miopi esercizi di sovranità , per offrire ai nostri figli un orizzonte di unità che sappia valorizzare le differenze e perseguire un destino di pace e di sviluppo»
Parole non ordinarie, pronunciate davanti a Angela Merkel, Paolo Gentiloni, Romano Prodi, il presidente della Colombia Juan Manuel Santos, premio Nobel per la pace, che avrà valutato come l’accordo con i guerriglieri delle Farc sia stato più facile della soluzione alla crisi di governo italiana. Perfino la cancelliera appariva un po’ smarrita e preoccupata, nella sua giacca blu, nei suoi gesti di cordialità meccanica, in questa Europa e in questa Italia ansiosa di voltare pagina.
«Da giovane ho studiato fisica, volevo capire le leggi della natura. Ora ho capito l’importanza dello studio della storia, per comprendere gli uomini», ha raccontato. «Ho fatto il marinaio, so che quando c’è tempesta l’importante è non perdere la direzione», l’ha quasi provata a rincuorare il colombiano Santos, mentre la compagnia di capi di governo, ambasciatori, cardinali, frati francescani entrava nell’immenso refettorio del convento, a pochi metri dal sepolcro del Poverello di Assisi. E ciascuno poteva misurare la distanza delle proprie speranze, o delle proprie ambizioni, dalla realtà dei fatti.
Non basta lo studio della storia a capire quel che sta succedendo in queste settimane, infatti. E forse neppure la conoscenza delle maree e delle correnti per disegnare la rotta. «Stiamo scrivendo la storia», ha infatti detto di sè il giovane Luigi Di Maio, anche se si vede la fatica di scrivere, almeno, la cronaca.
Le forme della politica sono venute meno in questi settantacinque giorni, il capitolo finale di un lungo percorso cominciato con i videomessaggi di Silvio Berlusconi nel 1994 e con i tweet di Matteo Renzi dallo studio della Vetrata al Quirinale per annunciare al mondo dei follower la presentazione della lista dei ministri del suo governo («Arrivo, arrivo!») nel 2014.
In quei casi i mezzi di comunicazione venivano utilizzati per costruire il senso di novità provocato dall’arrivo sulla scena dei nuovi politici. In questo maggio crudele di tempo incerto del 2018, l’uso della rete è diretto a demolire quel che resta di un rito sacro in democrazia, la formazione di un governo e di una maggioranza parlamentare dopo il voto popolare. E invece abbiamo assistito a un concorso per titoli per selezionare il nome destinato a occupare la poltrona della presidenza del Consiglio, in mezzo è finito l’ottimo Giulio Sapelli, vanità delle vanità .
Il premier e i ministri, definiti esecutori da Luigi Di Maio: esecutori del contratto, esecutori del testamento, esecutori dell’ordine da eseguire.
Meri esecutori dei loro mandanti.
I collegamenti via facebook con i faccioni di Salvini e Di Maio che dovrebbero servire a informare elettori e militanti sulle fasi della trattativa e che invece occultano, nascondono, manipolano, come avveniva in passato, ma con in più quel piacere del mostrarsi al loro pubblico, ridendo delle loro stesse battute, due giovani capi nella loro prorompente vitalità .
I cambiamenti nelle dichiarazioni tra i leader di Lega e 5 Stelle, i complotti di Di Battista, la riabilitazione di Berlusconi. Abbiamo raccolto le dichiarazioni più folli deigli ultimi sette giorni: leggetele tutte e votate la miglior
È la cifra dell’operazione, il cartonato di un governo, con il programma svelato dallo scoop dell’Huffington Post, i 250 miliardi di sconto da chiedere a Mario Draghi e l’uscita dall’euro, la fine delle sanzioni a Vladimir Putin e il comitato di conciliazione che dovrebbe dirimere i conflitti tra i partiti e all’interno del Consiglio dei ministri, un organismo apertamente incostituzionale, ma a suo modo geniale, del tutto simile all’Azione parallela immaginata da Robert Musil esattamente un secolo fa, i preparativi per la fantomatica festa dell’Imperatore austriaco Francesco Giuseppe che mai ci sarà . Anzi, la festa coinciderà con il crollo dell’Impero e con la fine del domino degli Asburgo nel cuore dell’Europa.
Il governo Di Maio-Salvini, Lega-M5S è un’Azione parallela alla realtà , una creatura di fantasia tipica della stagione descritta da Giovanni Orsina nello splendido “La democrazia del narcisismo”, pubblicato da Marsilio: «Se il confine fra “dentro” e “fuori”, fra desiderio e realtà , già nel narcisista è labile, in chi fa politica al tempo del narcisismo non potrà che esserlo ancora di più, a maggior ragione perchè gli strumenti a disposizione del politico per trasformare davvero la realtà – potere, tempo, ragione – sono diventati tutti assai fragili e non resta altro da fare che lavorare sulle rappresentazioni, ossia raccontarsi e raccontare.
E tanto più perchè, con la fine delle identità collettive, è venuto meno anche il legame tra èlite e popolo: il popolo non riconosce più alle èlite il diritto di decidere e di guidare, le èlite hanno smesso di considerarsi responsabili nei confronti del popolo e si sentono autorizzate ad abbandonarsi del tutto al narcisismo».
È il narcisismo dei capi Di Maio e Salvini, unito a quello di un pezzo della loro base (l’assoluta certezza di essere sempre dalla parte della ragione anche se i fatti dovessero incaricarsi di smentire questa fede, la pretesa di innocenza), il collante di una coalizione che altrimenti non avrebbe ragione di esistere.
Il Parlamento svuotato, come la famosa scatoletta di tonno che Beppe Grillo voleva aprire, solo che il tonno non c’è.
I parlamentari sono fantasmi che si aggirano inquieti, tutti ma proprio tutti sono stati consultati sul contratto e sul futuro governo, i professori, i tecnici, gli esperti, i neutrali, e poi la rete, i gazebo, la piattaforma Rousseau, tutti tranne loro, i deputati e i senatori, gli eletti del popolo, considerati come i più esecutivi tra gli esecutori. Il governo Gentiloni è sopravvissuto a se stesso, il suo presidente passa di congedo in congedo, e ogni passo d’addio è un avvicinamento verso un futuro ignoto.
La presidenza della Repubblica è stata messa in condizione di tensione, ha dovuto subire una mancanza di riguardo istituzionale che ha pochi precedenti, solo l’esempio di come vengono intese le relazioni con le istituzioni, a partire da quelle europee.
Fuori dal Palazzo, usciti dai tavoli di trattativa romani e dal virtuale delle manifestazioni on line e nei gazebo, con le loro masse puramente mediatiche da ostentare, c’è una società italiana ormai da decenni in cerca di rappresentanza. Spostando l’angolo visuale, come proviamo a fare andando nel profondo Veneto e nella desolata Sicilia, ci sono le due Italie che il 4 marzo hanno votato in maniera opposta: il Nord che si è consegnato alla Lega, il Sud che si è affidato al Movimento 5 Stelle. Non c’è un accordo di partito in gioco, ma una coalizione tra due Italie che vivono e pensano diversamente, e studiano, lavorano, consumano.
Ieri – era il 1996 – i gazebo furono convocati dalla Lega per votare per la secessione, per dire addio al Sud che portava il Nord lontano dall’Europa, oggi servono per benedire il contratto con M5S, o meglio il patto del partito nordista e post-padano con un pezzo di notabilato del Sud che si è accasato nel governo del (non) cambiamento.
Non è la nascita di un Grilloleghismo, sulle ceneri del Forzaleghismo coniato da Edmondo Berselli che fu la formula del centrodestra durante la Seconda Repubblica, con l’apice negli anni 2001-2011.
In quel caso c’era un blocco sociale di riferimento omogeneo, un comune modo di pensare, i piccoli e medi imprenditori, le partite Iva, l’Italia messa alla prova da Maastricht, la moneta unica, la fine della svalutazione, ma anche il tessuto operoso di un Nord che restava in campo nella competizione internazionale.
Oggi il vento del Nord incrocia episodicamente lo scirocco del Sud, sono due Italie che non hanno nessun punto di contatto e sono pronte a dividersi rapidamente, sempre che riescano a unirsi, senza nessun altro linguaggio comune che non sia l’avversione, o l’indifferenza, nei confronti dell’Europa.
È stato questo il capolavoro politico di Salvini, spostare l’asse dalla secessione padana alla difesa del sovranismo nazionale, mentre il Movimento 5 Stelle fatica a darsi un’identità politica, c’è la destrutturazione del sistema come mezzo per arrivare al potere e forse anche come fine, che prepara lo sbocco inevitabile: dopo l’Italia, l’Europa, perchè è l’Europa il grande alibi, il grosso capro espiatorio che serve a nascondere il fallimento, ed è l’Europa a fornire altre auto-giustificazioni ai mancati dioscuri, i nuovi del 4 marzo già precocemente invecchiati, l’Europa e i mercati con la loro reazione, il crollo della Borsa e il rialzo dello spread, le dichiarazioni dei commissari di Bruxelles, gli articoli sulla stampa internazionale.
Nel romanzo di Musil, l’Azione parallela si muoveva fuori dalla realtà ed era destinata al fallimento, o meglio a non finire mai, a non essere portata a compimento, perchè questa è la sua natura: una costruzione dalle possibilità infinite, dunque qualcosa che non si muove mai, che resta statica nella contemplazione di ciò che potrà essere fatto e che nella realtà non porterà da nessuna parte.
Nella vicenda italiana di queste settimane post-4 marzo, il Governo parallelo Salvini-Di Maio è senza premier, senza programma, senza identità riconosciute, senza passato e senza direzione di navigazione. Senza maggioranza in Parlamento, forse. Un governo senza qualità .
(da “L’Espresso“)
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Maggio 20th, 2018 Riccardo Fucile
UN MACELLAIO DI MAPPANO (PADAGNA) E’ STATO LICENZIATO
Padre e figlio sono finiti nei guai per una storia davvero singolare.
Il primo, un macellaio di 47 anni ha usufruito dei permessi previsti dalla “legge 104” per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone disabili, ottenendo dall’azienda dove lavorava settimane di congedo per restare a casa ad accudire il genitore, invalido all’80%.
Peccato che quest’ultimo, pensionato di 81 anni abbia guidato l’auto fino a Cattolica per raggiungere, insieme alla moglie, un centro termale, mentre il figlio che avrebbe dovuto accudirlo era in vacanza in Kenya.
Risultato? Il 47enne è stato licenziato, mentre l’Inps di Torino Nord ha avviato un’indagine parallela a quella della Procura per capire chi è che ha riconosciuto l’handicap dell’80% al pensionato, che potrebbe anche perdere l’assegno di invalidità . Tutta la storia viene a galla poco prima del Natale scorso quando qualcuno si è accorto che, sul suo profilo Facebook, postava fotografie di mare, spiagge e gite in barca dal Kenya.
Ovviamente il genitore non era con lui. Anzi, come è poi risultato dagli accertamenti dei carabinieri di Leini, L.G., insieme alla moglie, dal 2 agosto al 3 settembre, si è riposato in un centro per le cure termali di Cattolica, arrivando nella località , peraltro al volante della sua auto. Ovviamente, senza essere accompagnato dal figlio. E così S.B. ha perso il posto dove era impiegato da diversi anni e il genitore 81enne rischia di vedere evaporare la sua pensione di invalidità e d dover rimborsare le casse dello Stato.
(da agenzie)
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Maggio 20th, 2018 Riccardo Fucile
98 MILIARDI GIA’ INVESTITI, 35 DA FINANZIARE IN ALTRE DECINE DI PROGETTI… SOLO BLOCCARE LA TAV COMPORTA PAGARE ALLA FRANCIA 2,3 MILIARDI
Non solo TAV. Ieri MoVimento 5 Stelle e Lega hanno cominciato a litigare via mass media sull’Alta
Velocità , sul Terzo Valico e sulla Torino-Lione, dopo aver firmato un contratto di governo in cui simulavano un accordo inesistente.
Ma le infrastrutture potrebbero costituire a breve anche un punto di rottura per l’alleanza tra i due partiti, vista la clamorosa distanza programmatica ieri ribadita di nuovo da Luigi Di Maio, che forse per evitare gli attacchi dei NO-TAV, da sempre fiancheggiati dai 5 Stelle, ha trasformato la prudenza presente nel testo del contratto sull’Alta Velocità in una presa di posizione di netta contrarietà all’opera che però presto andrà a scontrarsi con l’ostilità dei francesi, che già ieri hanno cominciato a parlare di possibili risarcimenti in caso di cambio di verso sull’opera.
Ma c’è di più. Perchè oltre alla TAV ballano anche un centinaio di altri progetti per un costo totale di 133 miliardi di euro, di cui 98 già investiti e 35 ancora mancanti, secondo l’ultimo DEF firmato dal governo Gentiloni.
E il Corriere della Sera oggi ricorda che la disdetta dell’accordo con la Francia motivato dalla mancanza dei presupposti per l’opera (la saturazione del traffico, cui fa riferimento l’accordo bilaterale invocato dal M5S), avrebbe comunque conseguenze economiche pesanti.
Bisognerebbe rimborsare Ue e Francia della spesa fatta finora, circa 2,3 miliardi, poi ripristinare le aree dove sono state già costruite le opere.
Poi ci sono il MOSE, il TAP, la rete SNAM: e soprattutto il Terzo Valico ferroviario Milano-Genova, ovvero i collegamenti Alpi-Liguria.
Un progetto da 8,2 miliardi, già quasi interamente finanziato. Infine ci sarebbe da ricordare che il governo Lega-M5S dice che vuole far ripartire gli investimenti e le infrastrutture sono proprio investimenti.
Ma queste sono quisquilie.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 20th, 2018 Riccardo Fucile
SPEDITO PER POSTA A CASA UN OPUSCOLO CHE ERA GIA’ ONLINE E CHE SI SAREBBE POTUTO INVIARE VIA MAIL: COME I GRILLINI SPUTTANANO I SOLDI DEGLI ITALIANI
Vedi alla voce priorità . Mentre è ancora coinvolta in una procedura di concordato con esiti pericolosi e con la vicenda dei Flambus che rischia di esplodere dopo la sospensione della sindacalista Micaela Quintavalle, ATAC decide di aggiudicare il bando di gara per la spedizione di un opuscolo di 64 pagine che riporta agevolazioni e sconti per gli abbonati Metrebus al costo di 138.621 euro più IVA.
Nella comunicazione dell’esito di gara si spiega che la struttura Marketing non aveva “ritenuto tale servizio “una priorità ineludibile nell’ottica dell’operatività aziendale”, a causa del concordato, ma poi nella municipalizzata dei trasporti romana hanno cambiato idea: “A seguito di recenti direttive espresse nell’ambito del Management Meeting del 5.12.17 in merito alla necessità di proseguire con la produzione del Libretto “ATAC Vantaggi” al fine di assicurare lo svolgimento di un servizio riconducibile all’ordinaria gestione, in conformità di quanto previsto nella D.O. n. 212 del 2017, viene inoltrato per l’approvazione il provvedimento di aggiudicazione della gara a Ultima srl per un importo di € 138.621,00 oltre IVA di legge”.
E così un’azienda a un passo dal fallimento, con difficoltà nella manutenzione dei bus e con una cronica carenza di servizi decide di spendere 138mila euro più IVA per inviare a casa degli abbonati un opuscolo che già si trova online e che poteva in ogni caso essere inviato agli stessi abbonati via mail.
Meglio di così è difficile.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 20th, 2018 Riccardo Fucile
CANCELLATA LA NORMA CHE AVEVA PROPOSTO ZAIA, TRADITO DAI SUOI … APPROVATA LA MARCHETTA A FAVORE DI CANDIDATI LEGHISTI E DI FDI
In Veneto tornano i professionisti della politica, i consiglieri regionali a cui la carica piace così tanto
che non la lascerebbero mai, i rappresentanti del popolo che si sono affezionati agli scranni di Palazzo Ferro Fini, al punto da non volerli lasciare neppure dopo due legislature, ovvero dieci anni di mandato.
A Venezia, nel corso della piccola maratona per l’approvazione della nuova legge elettorale, gli Zaia-boys, i leghisti in genere e gli altri rappresentanti della maggioranza di centrodestra, hanno presentato — e approvato — un emendamento che toglie il limite dei due mandati istituito non più tardi di tre anni fa.
Un’inversione di marcia piuttosto vistosa, considerando che il limite dei due mandati è, per legge dello Stato, previsto per il governatore e gli assessori, mentre per i semplici consiglieri è affidato alla normativa regionale.
Di questo sbarramento a chi è intenzionato a trasformare la politica in un’attività permanente, il governatore Luca Zaia aveva fatto un motivo di vanto.
Ospite il 6 marzo ad Antenna Tre, due giorni dopo le elezioni politiche, il governatore aveva dichiarato: “I grillini? Sono i miei discepoli. Dicono di voler introdurre il limite dei due mandati in Parlamento. Bene, in Veneto lo facciamo già dal 2012, benvenuti! Noi siamo l’unica regione che ha introdotto il blocco dei mandati a due per presidente, assessori e consiglieri regionali, a valere dal 2015”.
È bastato un voto della maggioranza, appena tre anni dopo, per cancellare tutto.
In realtà la legge numero 5 del 16 gennaio 2012 aveva fissato il paletto dei due mandati, ma per il solo presidente della giunta e per gli assessori, con la possibilità di un terzo mandato se uno dei due non aveva superato i due anni e mezzo di durata.
È stata poi la legge numero 1 del 27 gennaio 2015, pochi mesi prima della fine della IX legislatura, ad introdurre il limite anche per i consiglieri.
Era un segnale (votato all’unanimità ) di rinnovamento della politica.
È durato lo spazio di tre anni finchè i capigruppo di maggioranza hanno inserito nel dibattito in corso in consiglio regionale l’emendamento che ha fatto cadere quella fragile barriera.
Sul limite dei due mandati, a giustificazione del voto del consiglio, è intervenuto il presidente della commissione Affari Istituzionali, il leghista Marino Fantozzi. È stato lui a mettere la firma alla proposta di modifica decisa dai capigruppo della maggioranza. “In Italia solo noi con i due mandati e il Friuli con tre abbiamo questa limitazione, che si rivela una discriminazione. Si tratta di una norma che fu voluta nella scorsa legislatura da consiglieri senza più chance di rielezione, per avvelenare i pozzi”.
Dall’entourage del governatore Zaia non arrivano dichiarazioni ufficiali. Di certo il presidente leghista non ha gradito, perlomeno perchè il voto è la sfacciata sconfessione di quanto da lui dichiarato solo due mesi fa.
Zaia ha sempre considerato “il consiglio regionale sovrano”, ma è evidente che un presidente con tale consenso in Veneto è in grado di indirizzare le scelte dei consiglieri di una maggioranza che appare schiacciante.
I “pontieri” tra giunta e consiglio sono già al lavoro per preparare una modifica legislativa, tra qualche mese, che salvi la faccia senza sconfessare platealmente i consiglieri di maggioranza.
La riforma elettorale che è in discussione punta a premiare il partito o la coalizione che ottiene almeno il 40 per cento dei voti, con il 60 per cento dei componenti del consiglio; se rimane sotto la soglia del 40 per cento, i seggi sono pari al 55 per cento. Ma ha anche tolto l’incompatibilità della carica di consiglieri regionali e di consiglieri comunali.
Il che sembra fatto apposta per l’ex assessore Sergio Berlato (Fratelli d’Italia) e per il presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti (Lega), candidati per il consiglio comunale di Vicenza, nonchè per i leghisti Riccardo Barbisan e l’assessore Federico Caner entrambi candidati alle amministrative di Treviso.
La legge veneta ha dato il via libera anche alle candidature in tutti i sette collegi elettorali del Veneto, mentre prima un candidato poteva presentarsi soltanto in tre.
La norma non è stata ancora approvata perchè si cerca una via d’uscita sul tema degli assessori, ovvero sull’incompatibilità alla doppia carica di assessori e consiglieri.
La proposta è quella di surrogare (dal 2020) un consigliere regionale che diventa assessore con un consigliere supplente. Il primo dei non eletti subentra al suo posto, ma nel caso l’assessore lasci l’incarico tornerebbe a occupare nuovamente il suo posto.
Un paracadute per chi dovesse entrare in rotta di collisione con il governatore.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 20th, 2018 Riccardo Fucile
IL RIFIUTO PERCHE’ “NON SIAMO UNA FAMIGLIA TRADIZIONALE”
Alla fine, l’appartamento da prendere in affitto lo hanno trovato. “La casa in questione è ben più grande di quella vista precedentemente, siamo in mezzo alla natura, i proprietari disponibilissimi e sorridenti”, hanno scritto in un post su Facebook corredato da una foto che li mostra sorridenti col pollice alzato in segno di vittoria. Prima di arrivare al lieto fine, però, Marco Biasetti e Giorgio Colpani hanno vissuto un’esperienza amara, di quelle in cui mai avrebbero pensato di imbattersi.
Marco, musicista di quasi quarantuno anni, è mantovano, bergamasco Giorgio, che di anni ne ha trenta e lavora come ballerino e insegnante di danza, vivono nella zona del lago di Garda e avevano trovato una casa “perfetta per le nostre esigenze” a Camalavicina, frazione di Castelnuovo del Garda, in provincia di Verona. Ma non gliel’hanno affittata, “perchè non siamo una coppia tradizionale, ci hanno detto proprio così”, sospira Marco.
Niente casa perchè ragazzi gay, dunque. Dopo quello dei giovani omosessuali che si sono visti negare dal sindaco di Sorrento il permesso a celebrare l’unione civile nel Chiostro di San Francesco, di proprietà comunale e utilizzato per i matrimoni civili, dalla provincia di Verona arriva un altro caso di discriminazione a stampo omofobo. Stigmatizzato sul suo profilo Facebook anche dalla senatrice dem, Monica Cirinnà .
“Un episodio assurdo”, lo definisce Marco che, d’accordo con Giorgio, ha deciso di raccontarlo ad HuffPost “per rompere quello che evidentemente è ancora un tabù, una mentalità chiusa che fa soffrire tante persone”.
Ripensandoci, nonostante sia passata qualche settimana, Marco e Giorgio non si capacitano che la trattativa sia stata mandata a monte per il motivo dichiarato. Eppure sembrava cosa fatta, la documentazione necessaria era stata presentata, la proposta economica avanzata, il deposito cauzionale versato.
“Il giorno in cui avremmo dovuto chiudere ufficialmente – va avanti Marco – dopo che l’incontro era stato rinviato un paio di volte, dall’agenzia ci hanno telefonato per comunicarci che non ci avrebbero affittato l’appartamento perchè i proprietari non volevano, visto che non siamo una coppia tradizionale. Dopo un primo momento di stupore, abbiamo realizzato. E ci siamo rimasti malissimo”.
Marco e Giorgio dividono la vita e la casa da due anni e mezzo. Il loro amore, nato anni dopo il primo incontro avvenuto nel 2011, è sfociato in una relazione stabile, che ha superato anche la prova della quotidianità . Nel tempo sono arrivati due gatti e, come accade quando crescono i progetti da realizzare insieme, gli spazi si sono fatti più stretti.
“Proprio perchè intendiamo dare a questa relazioni basi più solide e, diciamolo, anche a causa del fatto che io, con i miei strumenti musicali, sono ingombrante – racconta Marco – un paio di mesi fa abbiamo cominciato a cercare un appartamento più grande”.
Qualche “bidone da parte di agenzie poco professionali” e poi, finalmente, la ricerca sembra conclusa nell’appartamento di Camalavicina.
“Siamo andati a vederlo, già allora l’agente immobiliare, senza che noi avessimo detto nulla sul nostro essere una coppia, fece riferimento a una certa rigidità dei proprietari, che, a quanto ci risulta, lavorano in una scuola di Verona. Noi non ci facemmo caso, non avremmo neanche lontanamente immaginato che arrivasse un epilogo come quello che c’è stato”.
E invece. Superato il rammarico iniziale, Marco e Giorgio inviano una mail all’agenzia per sottolineare quanto il riferimento al fatto che non siamo “la classica famiglia con una mamma e dei figli”, ci ha fatto sentire umiliati. Ci siamo sentiti ghettizzati – scrivono – ammutoliti e vuoti. Ci vogliamo bene, stiamo costruendo un futuro con le nostre mani, i nostri sacrifici”.
L’incontro, il giorno dopo, con l’agente immobiliare si rivelerà “piuttosto imbarazzante, sembrava quasi che volesse giustificare la decisione dei proprietari e avanzò una serie di motivazioni, tra le quali il fatto che nè io nè Giorgio abbiamo un contratto a tempo indeterminato.
Io ho una partita Iva, il mio compagno è dipendente di una cooperativa, lavoriamo entrambi, paghiamo le tasse, siamo persone oneste e comunque prima di quel momento alla nostra situazione lavorativa non era stato fatto cenno. Se ci avessero detto “siete due poveracci” ci avrebbero fatto meno male. E poi ci è spiaciuto che i proprietari non abbiano sentito neanche l’esigenza di conoscerci di persona”.
L’amarezza è stata in parte attutita dalla solidarietà , arrivata anche via Facebook. “In tanti ci hanno fatto notare che purtroppo in Veneto questa mentalità chiusa, omofoba, è piuttosto radicata e questo vuol dire che la strada da fare per arrivare alla piena eguaglianza è ancora lunga. Episodi come quello che, nostro malgrado, ci siamo trovati a vivere io e Giorgio lo dimostrano. Ma non hanno minato la nostra identità . Noi siamo e continuiamo a sentirci uguali a tutti gli altri”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 20th, 2018 Riccardo Fucile
IL MINISTRO DELL’ECONOMIA LE MAIRE: “GLI ITALIANI DEVONO CAPIRE CHE CI SONO REGOLA DA RISPETTARE”… SONO ALLARMI MOTIVATI, NON INGERENZE, MA LO SCOPO DEI PUTUNIANI VENDUTI A INTERESSI STRANIERI E’ EVIDENTE
Il ministro francese dell’economia, Bruno Le Maire, mette in guardia che la stabilità della zona euro
sarà «messa a rischio» se il prossimo governo italiano non rispetterà i suoi impegni su debito e deficit.
“Se il nuovo governo non rispetterà i suoi impegni sul debito, sul deficit, ma anche sul consolidamento delle banche, l’intera stabilità finanziaria della zona euro sarà minacciata», ha avvertito nel corso di una trasmissione televisiva.
«O siamo in grado di ridurre le divergenze economiche, o l’euro sarà indebolito o minacciato di scomparire», ha osservato il ministro francese, in un’intervista radiotelevisiva per CNews ed Europe1.
E alla domanda circa la possibilità che si formi un esecutivo populista in Italia, ha risposto: «Gli italiani devono capire che il futuro d’Italia è in Europa e non altrove, ma ci sono regole da rispettare. Se il nuovo governo si assumerà il rischio di non rispettare i suoi impegni sul debito, sul deficit ma anche sul consolidamento delle banche, tutte la stabilità finanziaria della zona euro sarebbe minacciata».
Le Maire ha poi ribadito l’intenzione di raggiungere un accordo con la Germania per fissare «una tabella di marcia» per la riforma della zona euro il prossimo giugno. Gli impegni presi dall’Italia valgono qualunque sia il governo, io rispetto la decisione sovrana del popolo italiano, ma ci sono impegni che superano ognuno di noi”.
(da “La Repubblica”)
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