Maggio 22nd, 2018 Riccardo Fucile
MA PERDE L’OCCASIONE PER DISTINGUERSI CON UNA LINEA INNOVATIVA E AUTONOMA… SEMBRA IN ATTESA DI UN’OFFERTA PIU’ VANTAGGIOSA
Giorgia Meloni dice ufficialmente no alla proposta di collaborazione tra Fratelli d’Italia e la nuova maggioranza Lega-M5S e, già che c’è, mette i puntini sulle i nei confronti di Matteo Salvini, dipinto come un generale vittorioso che si consegna al nemico, e Giuseppe Conte, dipinto come “di sinistra” e “amico della Boschi”.
La Meloni ha parlato alla Camera dopo la riunione dello stato maggiore di Fratelli d’Italia in cui si è deciso ufficialmente quale posizione prendere nei confronti del nuovo governo, anche dopo l’invito di Di Maio ad entrare in maggioranza sostenendo il suo nome come premier rivelato la settimana scorsa dalla stessa Meloni.
“Fratelli d’Italia conferma che non farà parte nè sosterrà un Governo guidato, se fosse confermato, dal professore Giuseppe Conte: lo facciamo per rispetto della volontà popolare, dei nostri sostenitori. Non penso che la maggioranza dei cittadini che ha votato centrodestra per avere un Governo espressione del popolo sia contenta di ritrovarsi a Palazzo Chigi un altro tecnico espressione di M5S, di sinistra, amico della Boschi e di Napolitano. Per rispetto ai nostri cittadini non lo possiamo sostenere”, ha detto la Meloni a Montecitorio dopo il direttivo del partito.
Poi, riferendosi al segretario Lega, Matteo Salvini, la Meloni ha osservato: “È l’unico generale che conosco che appena vinta la guerra si consegna al nemico, lasciando una parte delle truppe sul campo di battaglia, penso sia caduto nella trappola del Movimento 5 Stelle, per farsi isolare e indebolire anche rispetto ai suoi alleati, per poi finire sostanzialmente in un Governo del Movimento 5 Stelle”.
Nel partito erano state poche comunque le voci a favore dell’entrata in maggioranza. Guido Crosetto era possibilista ma freddo, mentre su Facebook era stato il consigliere regionale Fabrizio Santori a schierarsi per il sì.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 22nd, 2018 Riccardo Fucile
PERPLESSITA’ SULLA FIGURA INDICATA ANCHE NEL M5S, TEMPI PIU’ LUNGHI, MATTARELLA DISPONE CHE “SI VERIFICHI IL CURRICULUM”
Rischiano di allungarsi i tempi dell’incarico a Giuseppe Conte e torna ad affacciarsi l’ipotesi che possa
essere lo stesso Di Maio a tornare in campo per Palazzo Chigi.
A questo punto, in seno allo stesso Movimento, ci si augura che il rinvio dell’incarico a Conte possa nel frattempo far maturare le condizioni politiche per il via libera al capo politico.
Le perplessità emerse da più parti nelle ultime ore sulla figura di Conte e la possibilità di un presidente del Consiglio davvero politico sono al centro del confronto in corso tra il leader di M5S e Matteo Salvini.
Da quanto si apprende il Quirinale considera la procedura “ancora al largo” e da riportare nel giusto alveo costituzionale.
Il presidente Mattarella non può che attendere che vengano dissipati i dubbi sulla figura del candidato di M5S e Lega.
Prima di tutto dovrà essere chiarita la veridicità del curriculum presentato dal giurista. A questo punto, se non verrà cambiato candidato, è difficile che Conte possa ricevere l’incarico prima di giovedì.
Il capo dello Stato, come vuole la prassi, gli chiederà di scrivere un suo programma di governo, considerando il contratto tra Lega e M5S niente di più che un accordo privato tra due parti.
Conte dovrà sottoporre il suo programma a Mattarella e con quel programma presentarsi in Parlamento.
Per quanto riguarda la lista dei ministri, il Quirinale non ha preso in considerazione nessuno dei nomi circolati finora.
La squadra di governo dovrà essere discussa tra il premier incaricato e il presidente della Repubblica come prevede la Costituzione.
(da agenzie)
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Maggio 22nd, 2018 Riccardo Fucile
NEL CURRICULUM DI CONTE SI APRONO ALTRE FALLE MAL TAPPULLATE: DA NEW YOK A CAMBRIDGE, DA VIENNA AL SOCIAL JUSTICE GROUP
Di Giuseppe Conte — avvocato civilista e insegnante di diritto di 54 anni, che non ha mai fatto politica ed è stato indicato da Movimento 5 Stelle e Lega Nord come presidente del Consiglio del loro futuro governo — non si sa molto: la maggior parte delle informazioni sulle sue esperienze lavorative e di studio riportate dai giornali provengono da un curriculum redatto da lui stesso e disponibile sul sito dell’Associazione civilisti italiani, mentre un secondo curriculum si trova sul sito della Camera dei deputati.
Alcune cose dichiarate da Conte nei suoi curriculum, però, non tornano.
UNIVERSITA’ DI NEW YORK
Una delle cose dichiarate da Giuseppe Conte nel curriculum dell’Associazione civilisti italiani è che tra il 2008 e il 2009 avrebbe “perfezionato” i suoi studi giuridici alla New York University, di cui una portavoce ha però detto al New York Times di non avere trovato traccia della presenza di Conte nè come insegnante nè ricercatore nè come studente.
Secondo la portavoce della New York University, Michelle Tsai, è possibile al massimo che Conte abbia frequentato dei corsi da uno o due giorni organizzati dall’università e per i quali non vengono conservati documenti.
Tsai ha escluso che Conte tra il 2008 e il 2009 abbia frequentato dei veri corsi di Legge offerti dall’università .
Sul curriculum di Conte disponibile sul sito della Camera — presentato da Conte stesso nel 2013 quando fu scelto dal Parlamento come membro del Consiglio di presidenza della Giustizia Amministrativa — c’è scritto che «dall’anno 2008 all’anno 2012 ha soggiornato, ogni estate e per periodi non inferiori a un mese, presso la New York University, per perfezionare e aggiornare i suoi studi», una formulazione che sembra in contraddizione con quanto dichiarato dalla New York University.
Un comunicato diffuso dal Movimento 5 Stelle dice che «nel suo curriculum Giuseppe Conte ha scritto con chiarezza che alla New York University ha perfezionato e aggiornato i suoi studi. Non ha mai citato corsi o master frequentati presso quella università » e, più avanti, aggiunge che «Conte, come ogni studioso, ha soggiornato all’estero per studiare, arricchire le sue conoscenze, perfezionare il suo inglese giuridico». Questa precisazione aggiunge poco a quanto già si sapesse e non chiarisce i dubbi sulle cose che non tornano. In particolare, continua a non essere chiaro che tipo di corsi abbia seguito Conte alla New York University.
Anzi il tappullo è peggior del buco per un semplice motivo: se uno scrive “dall’anno 2008 all’anno 2012 ho soggiornato, ogni estate e per periodi non inferiori a un mese, presso la New York University, per perfezionare e aggiornare i suoi studi», o risulta dagli elenchi accreditati o andava a pescare invece che all’università o frequentava i viali per ammirare gli studenti. Che ci faceva “almeno un mese” presso la NYU senza uno straccio di accredito, senza un corso da seguire, senza un attestato, senza poter citare alcun riferimento?
Nel pomeriggio arriva in soccorso uno scambio di mail che secondo l’Adnkronos testimonierebbero che durante il soggiorno del 2014 Conte incontrò e interagì con Mark Geistfeld, autorevole studioso della responsabilità civile della NYU School of Law, e da questo scambio è nato l’inserimento del docente statunitense nel comitato scientifico della rivista ‘Giustizia civile’, edita da Giuffrè, di cui Conte è direttore.
Diciamo il soccorso di un amico, quindi.
E la frequenza sarebbe stata “nelle biblioteche” dell’Ateneo.
UNIVERSITA’ DI CAMBRIDGE
In uno dei due curriculum, Conte dice di aver “perfezionato” i suoi studi di Diritto, oltre che alla New York University, anche a Yale (dove sarebbe stato nel 1992), alla Duquesne University di Pittsburgh (sempre nel 1992), alla Sorbona di Parigi (nel 2000) e al Girton College dell’Università di Cambridge, nel Regno Unito (nel 2001). Contattata da Reuters, Cambridge non ha voluto commentare la notizia: una fonte interna all’università ha detto all’agenzia di non aver trovato alcuna traccia di Conte, che però potrebbe aver frequentato un corso organizzato tenuto da personale esterno.
Ma se fosse stato così andava citato che non si trattava di un corso gestito dall’Università e non avrebbe la stessa valenza. Ammesso che esista. Anche qui nessuna spiegazione.
IL KULTUR INSTITUT DI VIENNA CHE NON ESISTE
Il curriculum indica anche un periodo di perfezionamento degli studi di Diritto all’International Kultur Institut di Vienna che non esiste. Esiste, invece l’Internationales Kulturinstitute , che è una scuola di lingue”, si legge in un tweet della giornalista Jeanne Perego. Dal Kulturinstitut di Vienna arriva la conferma che non esistono corsi per giuristi: si tratta di un Istituto che si occupa dell’insegnamento della lingua, ma non fornisce competenze specifiche in ambito legale. Mentre, però, nel curriculum pubblicato sul sito della Camera Conte dichiara genericamente di aver trascorso nel 1993 tre mesi a Vienna e dì aver frequentato l’Istituto, nel curriculum pubblicato sul sito dell’Associazione civilisti italiani si legge: “Perfezionamento studi giuridici presso il Kultur Institut (Vienna 1993)”
IL SOCIAL JUSTICE GROUP DI CUI NON E’ MAI STATO MEMBRO
Nel suo curriculum disponibile sul sito della Camera, inoltre, Conte scrive di essere stato «designato» a far parte del Social Justice Group istituito presso l’Unione Europea.
L’Unione Europea però non ha nessun organo che si chiama in questo modo. Nei primi anni Duemila era invece attivo un collettivo di professori di varie università europee chiamato “Social Justice in European Private Law” e definito con quel nome, che aveva pubblicato un Manifesto nel 2004.
Martijn Hesselink, capo dei professori che ha coordinato la stesura del documento, ha detto al Post che Conte «non è stato membro del Social Justice Group che ha scritto, firmato e pubblicato il manifesto».
Hesselink contesta anche la formula «designato» con cui Conte ha presentato la sua presunta collaborazione: «Il collettivo si è auto-costituito, nessuno è stato designato a farne parte». Da un libro universitario pubblicato nel 2009 sembra che Conte si sia limitato a firmare il manifesto un anno dopo la sua pubblicazione, assieme a una ventina di altri esperti.
Fatto sta che su Wikipedia la voce dedicata alla biografia di Conte è stata per qualche ora offuscata.
Poi è riapparsa ma dal curriculum di studi è scomparso il riferimento alla New York University. Che invece rimane nei curriculum pubblicati sul sito dell’Università di Firenze, su quello dell’associazione Civilisti italiani e su quello ufficiale pubblicato sul sito della Camera.
(da agenzie)
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Maggio 22nd, 2018 Riccardo Fucile
QUEGLI ANALFABETI DI RITORNO CHE CON CARTA E INCHIOSTRO PER STAMPARE BANCONOTE PENSANO CHE UN SOMARO ASSURGEREBBE A REINCARNAZIONE DI RIBOT
Una delle credenze mistico-sciamaniche, veicolate attraverso poderosi ragli cibernetici su internet,
asserisce che se i Paesi emettono la propria moneta sovrana, grazie a misteriosi flussi di energie orgasmico-trascendentali, non possono finire in bancarotta.
In un mondo dove la popolazione riceve un’istruzione scolastica sufficiente a padroneggiare la tavola pitagorica, questa menzogna susciterebbe lo stesso atteggiamento riservato nelle osterie di Pescaracas agli alcolizzati cronici.
Quelli che, sorbito il primo caffè corretto del mattino, inveiscono, con la voce impastata, contro il medico che li ha in cura o la banca tedesca che li ha licenziati, riducendoli a sostentarsi con la vendita nei mercati rionali di croste incorniciate. Invece, in virtù (o, meglio, in vizio) dell’analfabetismo di ritorno (il cui tragitto è affidato a televisioni e giornali spazzatura), queste credenze si diffondono.
E finiscono nelle bozze neo-dadaiste del “Contratto di Governo” o ispirano quelle esche per gonzi denominate minibot.
Per non invadere il campo della psichiatria, confutando con argomenti logici il profluvio di megabyte asinini, mi limito a segnalare il Technical Report 101 della Banca del Canada Database of Sovereign Defaults, 2017, di Beers e Mavalwalla, che riporta i dati delle bancarotte di Stati sovrani, per lo più battenti moneta sovrana, dal 1960 al 2016.
Nel 2016 su 214 Paesi censiti, 80 (dicesi ottanta) erano in bancarotta, cioè il 37% del totale.
E il 2016 è stato un anno positivo se paragonato ad esempio al 2008, in cui su 213 Paesi, ben 102 (il 48% del totale) erano in bancarotta.
Comunque meno orribile del 1998, quando su 210 Paesi, 113 (54% del totale) non erano in grado di onorare i debiti con istituzioni pubbliche, con banche, con privati o con organismi internazionali.
Negli anni tra il 1989 e il 2003 (con l’eccezione del 1991) furono più i Paesi in bancarotta che quelli in regola con i creditori.
E il database non include svariate decine di casi in cui i governi si rivolsero per un salvataggio al Fondo Monetario Internazionale, come fece l’Italia nel 1974. Insomma, le stampanti della banca centrale funzionano come le Washball magnificate da Grillo (prima di magnificare Di Maio).
Ma le credenze mistico-sciamaniche non sono scalfite dalla realtà . Le grandi menti sovraniste ai fatti elementari obiettano che i governi vanno in default su debiti emessi in valuta straniera.
Per quanto questo non sia sempre vero (leggasi il rapporto), occorre chiedersi come mai i governi emettano debito in moneta forte.
La risposta, per i sani di mente, è ovvia: non si tratta di masochismo, banalmente, nessun governo di cialtroni trova abbastanza gonzi a cui rifilare paccottiglia in denominata in bolivar o in naira.
Il motivo per il quale i gonzi latitano scatena un corto circuito nel cerebro sovranista. Un default è un evento facile da capire per chi ha dimestichezza con il concetto di addizione e soprattutto quello di sottrazione.
Se io presto 1000 bungalire a qualcuno, lo faccio non perchè mi scatena una goduria ricevere dopo qualche anno un pezzo di carta colorato su cui sia scritto “1000 bungalire pagabili a vista”.
Presto perchè mi aspetto di ricevere qualcosa che mi permetta di comprare beni tangibili o servizi reali.
Se quando concedo il prestito con 1000 bungalire posso comprare 1000 chili di pasta, quando il debito viene saldato mi aspetto di ricevere indietro qualcosa che mi permetta di comprare almeno 1000 chili di pasta (oltre agli interessi).
Se invece ricevo una banconota da 2000 bungalire con cui però compro al massimo una scatoletta di tonno (magari la stessa che Grillo paragona al Parlamento) ovviamente sono stato turlupinato.
Ma tale banalità non riesce a perforare la Linea Maginot eretta nei crani sovranisti a protezione delle sinapsi.
Rimangono incrollabilmente persuasi che se un creditore ha ottenuto una banconota dal valore nominale doppio del prestito, la sua ricchezza sia raddoppiata e quindi il governo di criminali politici che l’ha rifilata non è in bancarotta.
Anzi è un fulgido esempio per l’umanità equa e solidale.
Per fortuna di gonzi sovranisti se ne trovano pochi sul mercato e quei pochi spariscono presto nelle succitate osterie di Pescaracas.
Però ce ne sono milioni tra gli elettori, convinti che la stampante della banca centrale abbia gli effetti taumaturgici del Campo dei Miracoli sito in agro di Acchiappa-citrulli.
Pertanto alla genìa borgatara appare del tutto logico che la Banca Centrale Europea faccia sparire 250 miliardi di debiti, come fossero diamanti della Tanzania.
Rimane solo da chiedersi come mai, se il sortilegio della moneta filosofale funziona così bene, ci si debba limitare a far sparire solo 250 miliardi.
Perchè non cancellare tutti i debiti pubblici di tutti i Paesi del mondo? Anzi perchè mai i Paesi sovrani dovrebbero emettere debito?
Basterebbe inviare tutti conti alla banca centrale, senza nemmeno bisogno di imporre tasse, imposte e accise. Anzi, ognuno potrebbe avere la stampante a casa. Con carta e inchiostro a volontà , ogni somaro assurgerebbe a reincarnazione di Ribot avvolto nel tricolore.
Se qualcosa in questo magico mondo degli Harry Potter sovranisti non vi torna, forse dovrebbe sorgervi il sospetto che si stia preparando il mondo meno magico e più prosaico degli Harry Fotter, in volo su giganteschi esemplari di Aquilini Paduli.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 22nd, 2018 Riccardo Fucile
BASTA SPIEGARLO ATTRAVERSO IL BARATTO: NESSUNO VORRA’ PIU’ FARE SCAMBI CON NOI O SOTTOSCRIVERE TITOLI DEL NOSTRO DEBITO
Il contratto di governo discusso da Lega e Movimento 5 stelle ha suscitato fin dalle prime indiscrezioni forti perplessità in tema di coperture, per tacere del potenziale del dirompente di provvedimenti quali la revisione di trattati internazionali o la cancellazione di parte del debito pubblico.
Concentriamoci proprio sulla ventilata ipotesi di “far sparire” una parte del debito pubblico, una fallacia logica che Tommaso Monacelli ha definito “mistica della moneta salvifica” e che Fabio Scacciavillani sul suo blog ribattezzò efficacemente “moneta filosofale”.
Proviamo a fare un passo indietro e a partire dal baratto, la forma più elementare di commercio tra due individui: la transazione si perfeziona solo quando entrambe le parti hanno consegnato la merce che intendevano scambiare.
Se manca il contributo di uno dei due, siamo di fronte a una donazione o a un furto, a seconda che l’altro sia o meno d’accordo a cedere beni senza contropartita.
Questa condizione iniziale — ovvia ed evidente per chiunque abbia superato con profitto le scuole elementari — non si modifica a causa dell’introduzione di tecnologie come la moneta o il credito che servono a rendere le operazioni di scambio più agevoli.
Se lavoro un’ora e ottengo in cambio 10€, che poi utilizzo per comprare un piatto di pasta al ristorante, vuol dire che io sono disponibile a scambiare un’ora del mio lavoro con un pasto e la moneta ha agevolato la conclusione di questo scambio.
Ma tutto si regge sulla mia convinzione che la moneta ricevuta in pagamento possa comprare beni e servizi di valore uguale o maggiore rispetto a quello che attribuisco al mio lavoro.
Discorso analogo per il credito che equivale a uno scambio nel quale la consegna delle contropartite non avviene allo stesso tempo e tipicamente prevede un compenso per l’attesa e il rischio a cui va in contro la parte che viene pagata in modo differito.
Se ho la percezione che la mia controparte non possa rimborsare in tutto o in parte quanto pattuito, non sarò più disponibile a dargli credito o lo farò a condizioni molto più restrittive.
È certo possibile imbrogliare qualcuno temporaneamente, inducendolo a credere che una certa valuta abbia una spendibilità o un valore diverso da quello realmente verificabile, oppure che un debitore sia affidabile, quando invece poi rivelerà inadempiente, ma appunto si tratta di illusioni temporanee, che verranno sfatate quando si cercherà di chiudere nuove transazioni.
Dovrebbe dunque essere chiaro a questo punto perchè non è possibile far sparire un debito pubblico e perchè se viene ripagato stampando moneta esso non sparisce affatto.
Quando è stato emesso quel debito, come quello dei privati cittadini, incorporava la promessa di venire ripagato con valuta spendibile in una certa quantità di beni e servizi.
Cancellarlo implica venir meno alla promessa iniziale e — ritornando al baratto iniziale — equivale a prendere le merci altrui senza consegnare le proprie: nessuno vorrà più fare scambi con noi o sottoscrivere titoli del nostro debito.
Ripagarlo con una moneta che vale di meno — perchè non è stata ottenuta in cambio di beni e servizi reali, ma è stata generata mediante una mera scrittura contabile — equivale a tentare di imbastire una bugia dalle gambe corte: ben presto tutti si accorgeranno che quella moneta non si può spendere nei termini ipotizzati all’inizio e si regoleranno di conseguenza.
Per concludere, ogni volta che qualcuno vi racconta che il debito può sparire senza conseguenze o che si può creare contabilmente moneta analoga a quella ottenuta con transazioni reali, ricordate che il pasto che in quella rappresentazione sembra gratuito avrà invece un conto salato da pagare e che, come in una partita di poker, se non vi è chiaro fin dall’inizio chi è il pollo, vuol dire che il pollo siete voi.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 22nd, 2018 Riccardo Fucile
MONTANTE ACCUSA IL CAPOGRUPPO GRILLINO: “MI HA CHIESTO UN SOSTEGNO ECONOMICO PER UN IMPRENDITORE”… “NON L’HO INCONTRATO REALMENTE, L’HO INCONTRATO IN ALTRA VESTE”: IL CONCETTO METAFISICO FINALE
Un piccolo episodio che racchiude tutto il MoVimento 5 Stelle. Antonello Montante, ex leader di
Confindustria Sicilia, ai domiciliari per associazione per delinquere e corruzione, durante l’interrogatorio di garanzia davanti al GIP di Caltanissetta riportato dal quotidiano
La Sicilia ha respinto, com’era prevedibile, le accuse nei suoi confronti e ha detto di essere vittima di un complotto di mafia e massoneria (e fin qui nulla di nuovo). Montante ha anche parlato di due politici, estranei all’inchiesta, e il Gip glielo contesta: il sindaco “Leoluca Orlando” al quale, ha sostenuto, “avrebbe dato una volta soldi per finanziarlo”, e il leader del M5S alla Regione, Giancarlo Cancelleri, che, fa mettere a verbale Montante, gli “chiese un sostegno per un imprenditore che stava per fallire, ma per il quale non è stato possibile intervenire ipotizzando una vessazione della banca”.
Ora, attenzione.
L’agenzia di stampa ANSA ha sentito Cancelleri per chiedergli la sua versione dei fatti e la risposta del capogruppo M5S in Sicilia è stata questa: “Antonello Montante dice il falso e per questo lo querelerò per diffamazione, anche se credo che questo sarà l’ultimo dei suoi problemi di fronte a quelli giudiziari che sta affrontando”.
“Io, col titolare di un’impresa per cui avevo lavorato e che aveva problemi di accesso al credito nonostante numerosi appalti in corso non abbiamo incontrato Antonello Montante, ma quello che rappresentava: il presidente della Camera di commercio di Caltanissetta. L’incontro con la Camera di Commercio era di dominio pubblico visto che interessai l’allora assessore regionale Vancheri che doveva essere presente all’incontro e il Presidente della III Commissione, Marziano. Fra l’altro l’appuntamento fu preso tramite la segreteria della Camera di commercio e al termine diramai anche un comunicato alla stampa.
Gli abbiamo chiesto se potesse intervenire, magari con una nota ufficiale all’Abi, per illustrare l’accaduto e chiedere, come Camera di Commercio, di sbloccare la situazione, ma lui ci ha parlato di un fondo della Camera di commercio che si poteva utilizzare per agire in Tribunale ipotizzando una vessazione della banca. Una iniziativa alla quale non ho creduto. Infatti, uscendo alla Camera di commercio, dopo l’incontro, ho detto al mio ex datore di lavoro ‘guarda che questo ci sta prendendo in giro…’”.
Ora, come i più acuti di voi avranno notato, la storia è questa: Montante dice di aver incontrato Cancelleri; Cancelleri dice che Montante dice il falso e poi conferma di aver incontrato Montante.
Non è meraviglioso tutto questo?
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 22nd, 2018 Riccardo Fucile
IN REALTA’ NON ESISTONO PENALI MA INVESTIMENTI DA RESTITUIRE, PARI A CIRCA 2-3 MILIARDI… I NO TAV LIGURI E PIEMONTESI ACCUSANO IL M5S: “AVETE CAMBIATO IDEA SUL TERZO VALICO IN CAMBIO DI QUALCHE POLTRONA”
«Con riguardo alla Linea ad Alta Velocità Torino-Lione, ci impegniamo a ridiscuterne integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia». P
oche parole al punto numero 27 del Contratto di Governo tra M5S e Lega Nord per dire che il no al TAV non è poi così netto e definitivo.
Il rischio, temono i comitati della Val di Susa e i No Tav, è che alla fine quello che oggi sembra un nì possa diventare un sì.
Non esistono penali ma investimenti da restituire
A mettersi di traverso sull’ipotesi di fermare definitivamente i lavori per la linea ferroviaria Torino-Lione c’è soprattutto l’ipotesi di una “penale” da pagare per l’interruzione dei lavori.
Chi ha usato per primo il termine penali? I No Tav accusano il Presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino e il commissario Paolo Foietta di aver detto «si dovrebbero pagare 2 miliardi di penale, tanto quanto costa costruire il tunnel di base!».
Una bufala hanno subito detto i No Tav ma nell’articolo di Repubblica il riferimento alla penale da due miliardi non è un virgolettato attribuito a Chiamparino e nemmeno Foietta ha parlato di penali
Altri invece hanno parlato di “costi” e soldi da restituire.
Ad esempio il 18 maggio Stephane Guggino, delegato generale del comitato della Transalpine, ha detto «la Francia ha sbloccato dei crediti, l’Europa ha fatto altrettanto. Se si decide unilateralmente di sospendere il progetto, di chiudere il cantiere, ciò comporterebbe necessariamente la conseguenza che il Paese che si ritira rimborsi all’Europa e al suo partner francese le somme che hanno speso».
Si parla di una cifra intorno ai due miliardi di euro, ma il calcolo non è stato fatto con precisione.
Di penale ha però parlato ieri il vicepresidente della regione Auvergne-Rhà’ne-Alpes (la regione francese che sta dall’altra parte del tunnel) Etienne Blanc che ha detto «Viste le penali da pagare, per l’Italia sarebbe più costoso interrompere i lavori che proseguirli fino alla fine come concordato».
Nessuna penale del resto è prevista nè dai trattati stipulati tra Italia e Francia (nel 2001, 2012 e 2015) nè da quello con l’Unione Europea del 2015.
Blanc quindi ha sbagliato a parlare di penali e già il presidente dell’Osservatorio per l’Asse ferroviario Torino-Lione Paolo Foietta aveva precisato la settimana scorsa che i costi da sostenere in caso di stop ai lavori derivavano dall’obbligo di restituire i finanziamenti già concessi.
Foietta spiegava che sono già stati investiti «oltre 1,4 miliardi in studi, progetti ed opere finanziati per metà dall’Unione Europea e al 25 per cento a testa tra Italia e Francia.
L’Europa ha inoltre già assegnato una prima tranche di 813 milioni di euro di finanziamento, nell’ambito del programma Tent-T 2015-2019».
All’AGI Foietta ha confermato che non esistono penali e di non averne mai parlato (al contrario di quello che dicono i No Tav).
Di fatto c’è la possibilità che la UE (che ha investito 700 milioni di euro) e la Francia (che ne ha messi 350 milioni) possano chiedere indietro i soldi qualora l’Italia si ritirasse unilateralmente.
Anche gli 813 milioni del programma Tent-T andrebbero restituiti, non essendo concesso il cambio di “destinazione d’uso”
Il tradimento dei No Tav Terzo Valico
A questi vanno aggiunte le eventuali cause intentate dalle aziende che hanno vinto gli appalti e i costi dei lavori di chiusura e messa in sicurezza dei cantieri.
Però Di Maio ha parlato di “ridiscutere” il progetto e quindi c’è la possibilità che si arrivi ad un accordo.
Ma che accordo ci può essere tra due parti dove una vuole proseguire mentre l’altra non accetta compromessi e dice unicamente “no”?
È questo il grande dilemma del nuovo governo e soprattutto sarà questo il problema che il MoVimento 5 Stelle dovrà affrontare nei prossimi mesi.
La speranza per ora è che le castagne dal fuoco le levino proprio i francesi, vista la freddezza dimostrata da Macron nei confronti del progetto della Torino-Lione.
Se in Val di Susa si combattono le fake news e sperano che il governo riesca nel suo intento altri No Tav, quelli del Terzo Valico si sentono traditi dal MoVimento.
Quelli del no al Terzo Valico dei Giovi (TAV Tortona-Novi Ligure-Genova) ricordano a Di Maio di quando aveva promesso di fermare anche quella tratta ferroviaria.
In campagna elettorale Di Maio disse che il Terzo Valico “andava messo da parte” e gli andava preferito “il potenziamento della linea attuale Genova-Milano”.
Promesse a quanto pare dimenticate perchè se nelle bozze del contratto c’era “l’impegno al completamento dell’opera” nella versione definitiva del Terzo Valico non si parla proprio.
E i No Tav liguri temono che il MoVimento abbia usato il Terzo Valico come merce di scambio con la Lega (sia i leghisti che il Presidente della Liguria Toti sono favorevoli all’opera) per ottenere qualche poltrona.
(da “NextQuotidiano“)
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Maggio 22nd, 2018 Riccardo Fucile
IN UN GOVERNO DOVE SE NON HAI MAI LAVORATO DIVENTI MINISTRO DEL LAVORO O DEGLI INTERNI, CAZZO VOLETE CHE SERVA TAROCCARE UN CURRICULUM
Piccolo consiglio ai nominandi ministri del nominando governo Conte. 
Lasciate perdere quello che state facendo (un abito blu ce l’avrete, e il programma è già scritto, firmato e registrato, quindi non c’è nulla di urgente di cui vi dobbiate occupare fino al voto di fiducia, peraltro già scontato).
C’è una cosa importante, di cui vi dovete occupare con la massima urgenza: il vostro curriculum.
Recuperatelo immediatamente, prima che sia troppo tardi, e poi tagliate, tagliate, tagliate.
Tutto quello che avete scritto può essere usato contro di voi, se avete commesso quello che vi magari sembrava solo un piccolo peccato di vanità .
Guardate quello che sta capitando al professor Giuseppe Conte – non ancora presidente del Consiglio – che aveva scritto nel suo sterminato curriculum di 12 pagine di aver «soggiornato, dall’anno 2008 all’anno 2012, ogni estate e per periodi non inferiori a un mese, presso la New York University per perfezionare e aggiornare i suoi studi», e che oggi ha dovuto leggere una secca smentita del portavoce dell’università americana («Una persona con questo nome non compare nei nostri archivi come studente o membro di facoltà »).
E magari il professor Conte avrà fatto cose interessantissime, nelle sue estati newyorkesi, esperienze preziose per la sua cultura giuridica, ma quei pignoli degli americani sono andati a cercare nei registri e il suo nome non c’è proprio.
Un po’ imbarazzante, per il prossimo premier italiano, esordire così sul New York Times.
Si dice che l’esperienza insegna. Forse, ma non in Italia.
Abbiamo visto una ministra dell’Istruzione che fin dal giorno in cui è stata nominata è stata inseguita da una feroce polemica per la scoperta nel suo curriculum di una laurea che non era una laurea.
Abbiamo assistito alla stroncatura della carriera politica di un promettente e brillante leader di partito che aveva inserito nel suo curriculum due lauree e perfino un master a Chicago, purtroppo per lui mai conseguiti.
Eppure c’è ancora qualcuno che pensa che non ci sia nulla di male, a scrivere «visiting professor alla XY University» anche se ha tenuto solo una lezione a un seminario.
Errore. Anzi, doppio errore. Perchè il curriculum corto aiuta.
Se non hai la laurea, puoi tranquillamente guidare un partito.
Se non hai mai avuto una busta paga, puoi diventare addirittura ministro del Lavoro. Non lasciatevi ingannare dalla parola “meritocrazia”, è messa lì perchè piace alla gente, ma poi è un altro – da sempre – il criterio con cui si assegnano i posti di potere.
Quindi andate su Wikipedia, su Facebook, su Linkedin e su qualunque altro sito dove avete pubblicato il vostro curriculum e riducetelo all’essenziale.
Se non volete correre rischi, lasciate solo l’indispensabile. Siate ancora più parchi della vostra carta d’identità , perchè anche sull’altezza, sul colore dei capelli e sullo stato civile possono nascere equivoci imbarazzanti.
Mettete solo così: «Nato in tal posto, tale giorno, vivente».
(da “La Repubblica”)
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Maggio 22nd, 2018 Riccardo Fucile
ALLORA RICONOSCE DI ESSERE UN LADRO
Ieri Luigi Di Maio ha spiegato al Popolo che Giuseppe Conte non è un premier “non eletto” da quest’ultimo perchè il suo nome era nella squadra di governo che lui aveva presentato prima delle elezioni.
Ciò ha ovviamente generato grida di giubilo negli altri nomi annunciati all’epoca e nel frattempo dimenticati, perchè questo significa che pure loro sono stati “eletti dal popolo” e quindi potranno agevolmente passare all’incasso.
Intanto, però, vale la pena di ricordare cosa diceva Luigi Di Maio in pirzona pirzonalmente il 12 febbraio 2014 su Facebook, quando la Kasta addirittura annunciava la staffetta Letta-Renzi e il nuovo governo con l’appoggio di Scelta Civica e Forza Italia:
Il vero tradimento degli elettori sta nel fatto che i partiti di Monti, Bersani e Alfano (in campagna elettorale) non hanno mai detto di essere disposti a fare un Governo insieme. Lo hanno detto solo dopo le elezioni, dopo aver “fregato” il voto agli italiani.
Altrimenti col cavolo che prendevano il 29%!
Ora, i più puntigliosi e rompiballe di voi si saranno accorti del fatto che Lega e MoVimento 5 Stelle hanno detto peste e corna l’uno dell’altro durante le elezioni e dopo hanno “detto di essere disposti a fare un governo insieme”, fregando il voto agli italiani.
Ma queste sono quisquilie, bazzecole, pinzillacchere per chi, come Giggetto, aveva promesso ai cittadini romani un miliardo di sprechi da tramutare in servizi (in biglietti di piccolo taglio, possibilmente).
(da “NextQuotidiano”)
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