Maggio 25th, 2018 Riccardo Fucile
DAVA LA PRECEDENZA PER L’ISCRIZIONE A CHI RISIEDE DA ALMENO 15 ANNI IN VENETO: VIOLA IL PRICIPIO DI UGUAGLIANZA SANCITO DALL’ART.3 DELLA COSTITUZIONE … ALTRO CHE “PRIMA I VENETI”, PRIMA CHI NE HA DIRITTO IN BASE ALLA LEGGE
E’ incostituzionale la legge del Veneto, voluta dal governatore Luca Zaia, della Lega, che dava la
precedenza per l’iscrizione agli asili nido ai residenti da almeno 15 anni nella regione
*Lo ha stabilito la Consulta con la sentenza 107/2018 depositata oggi.
La norma viola il principio di uguaglianza sancito nell’articolo 3 della Costituzione poichè introduce un criterio irragionevole per l’attribuzione del beneficio, e “persegue un fine opposto a quello della tutela dell’infanzia”.
La legge regionale del Veneto, del 2017, è il frutto di quel “prima gli italiani” che è stato anche lo slogan della Lega di Matteo Salvini nell’ultima campagna elettorale. “Prima i veneti resta un principio forte e non scalfibile” aveva detto Zaia quando la norma era stata rinviata alla Corte costituzionale
Ma non è stato così visto che la sentenza della Consulta ha stabilito che la norma è illegittima. Il legislatore Veneto aveva configurato come titolo preferenziale per l’iscrizione dei bambini al nido pubblico la residenza ininterrotta (o l’attività lavorativa, anche non continuativa) per 15 anni in Veneto.
Questa previsione, secondo la Consulta, contrasta con il principio di uguaglianza, poichè introduce un criterio irragionevole per l’attribuzione del beneficio, non essendovi alcuna “ragionevole correlazione” tra la residenza prolungata in Veneto e le situazioni di bisogno o di disagio
La norma contrasta inoltre con la funzione educativa a vantaggio dei bambini dell’asilo nido e con quella socio-assistenziale a vantaggio dei genitori privi dei mezzi economici per pagare l’asilo privato
“La configurazione della residenza protratta come titolo di precedenza, anche rispetto alle famiglie economicamente deboli – spiega la sentenza – si pone in frontale contrasto con la vocazione sociale degli asili nido, servizio che risponde direttamente alla finalità di uguaglianza sostanziale fissata dall’articolo 3, secondo comma, della Costituzione, in quanto consente ai genitori (in particolare alle madri) privi di adeguati mezzi economici di svolgere un’attività lavorativa”.
Quanto poi alla funzione educativa del nido, la Corte ha osservato che è “ovviamente irragionevole ritenere che i figli di genitori radicati in Veneto da lungo tempo presentino un bisogno educativo maggiore degli altri”.
I giudici costituzionali hanno infine richiamato la libertà di circolazione garantita dai Trattati e la giurisprudenza della Corte di giustizia Ue in tema di requisiti per l’accesso a prestazioni sociali erogate dagli Stati membri, sottolineando l’incoerenza dello scopo perseguito dalla norma impugnata e il carattere comunque sproporzionato della durata della residenza richiesta.
(da agenzie)
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Maggio 25th, 2018 Riccardo Fucile
GLI ACCOUNT SUI SOCIAL, LE PAROLE CHIAVE, LE FOTO DA FAR VEDERE E QUELLE DA NASCONDERE, IL PIANO DEI CASALEGGIO BOYS
Come creare un nuovo brand da zero, renderlo popolare, farlo piacere a un pubblico molto esigente.
Sembrano i compiti di un corso di marketing, e invece si tratta dell’ultima sfida della politica italiana: “costruire” dal nulla il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. E farne un prodotto di successo.
Fino a tre giorni fa del professore incaricato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella di formare il governo si conosceva sono il lungo curriculum accademico , diventato in poche ore il suo punto debole a causa di svariate gonfiature e imprecisioni.
Ma nelle scorse ore intorno a Conte si è mosso un nutrito gruppo di professionisti della comunicazione made in Casaleggio associati, “prestati” dal Movimento 5 Stelle come si può leggere nelle cronache di questi giorni , che hanno preso questo professore un po’ “sborone” per trasformarlo ne “l’avvocato degli italiani”.
Diventa quindi interessante seguire l’evoluzione del personaggio e la sua progressiva costruzione attraverso i vari media. Prima di tutto i social, il cuore di ogni strategia pentastellata.
Si parte quindi da Facebook, con la pagina ufficiale con tanto di spunta blu nata mentre Conte è ancora a colloquio da Mattarella.
Il timing è perfetto: tutti parlano di lui e lui “compare” su Facebook. Ma non finisce qui: la prima foto usata come profilo arriva probabilmente dalla presentazione dei ministri 5 Stelle promossa in campagna elettorale da Luigi Di Maio. Ma qui Conte ha un volto severo, forse troppo austero. Tempo un giorno, la foto cambia e compare un sorriso sul suo volto, con dietro le bandiere istituzionali che lo elevano subito a figura di rilievo. Il “professore” severo diventa l’avvocato degli italiani anche nella foto di Facebook.
Ma Conte, o meglio il suo staff, si muovono subito anche su un altro social ormai sempre più importante per raggiungere i più giovani: Instagram. Sulla app delle foto arriva il profilo ufficiale.
Al momento in cui scriviamo ci sono 5 foto, tutte con Conte protagonista. Il motivo è ovvio: il brand da far conoscere è lui, bisogna insistere sulla sua persona. Ma insistere in maniera elegante: niente selfie, ma scatti perfino didascalici che lo mostrano mentre telefona, mentre stringe mani, mentre fa colloqui. Insomma, lui sta lavorando è il messaggio che deve passare.
Ma l’impronta 5 Stelle al profilo la si vede anche dalle foto scelte per la condivisione e da quelle evidentemente scartate. N
elle ultime ore Conte ha visto presidenti di Camera e Senato, rappresentanti di partito, governatori. Ma quali scatti appaiono e, soprattutto, quali non appaiono?
C’è lui che stringe la mano al presidente della Camera 5 Stelle Roberto Fico, ma non c’è il suo incontro con la presidente del Senato Casellati. La colpa di quest’ultima è essere esponente di Forza Italia e quindi oggi non più spendibile.
Niente foto, su Facebook e Instagram, degli incontri con le delegazioni dei partiti o con il governatore di Bankitalia Visco. Anzi, una foto c’è ed è nelle “storie”, gli scatti che su Instagram scompaiono dopo 24 ore. La delegazione immortalata a colloquio con Conte è chiaramente quella 5 Selle, con Luigi Di Maio, Danilo Toninelli e Giulia Grillo.
Tra le foto condivise sui social quella più interessante lo ritrae però al tavolo con la delegazione dei risparmiatori truffati dalle banche. Anche qui il frame da rafforzare è quello già detto: lui sta lavorando, lui è l’avvocato degli italiani. Del popolo, non della casta.
Il personaggio costruito intorno a Conte è insomma definito nel dettaglio e con perizia di particolari. E, almeno a giudicare dai primi commenti, la strategia funziona alla perfezione. I messaggi lasciati sui social del presidente del Consiglio sono in gran parte positivi: “Buon lavoro Professore. Sarai attaccato in maniera invereconda. Non farci caso, la maggioranza degli Italiani è con Te e sarà la Tua forza”, “Non sarà facile ma lei è l’uomo giusto per iniziare a percorrere la strada del cambiamento. Non molli e cerchi sempre di stare in guardia in quella tana di lupi”.
Non manca qualche commento sopra le righe: “Il suo viso fa trasparire doti di intelligenza, grande determinazione, autocontrollo, acume, saggezza, spirito di finezza e conoscenza del mondo”.
È nata una star.
(da “L’Espresso“)
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Maggio 25th, 2018 Riccardo Fucile
E CHE RESTINO “DIVERSI” IN UN MONDO CHE VALUTI IL MERITO E L’ONESTA’ NON I COLORI
“Ma qual è il tuo amico Francesco?”, chiedo a mio figlio. 
“Quello magro”, risponde lui.
Guardo la foto di classe, cerco. I conti non mi tornano.
Ricordavo… mi sembrava… forse sbaglio.
Provo a richiederglielo. “Ma ce ne sono tanti magri”, ritento.
E mio figlio: “Quello con il maglione viola”.
Cerco nella foto, ce n’è un paio con un maglione viola o bluette. Sto per dirglielo, “Ma quello…?”. Allora mi fermo. Capisco.
Mio figlio non vede i colori. Non perchè sia daltonico. Semplicemente per lui il compagno non è nero. È soltanto Francesco.
Buono o miserabile; simpatico o stronzo. Chissà . Ma non bianco o nero.
No, non voglio dire che mio figlio sia buono. E nemmeno che i nostri bambini siano migliori di noi. Ma hanno avuto la sorte di vivere in un mondo più grande.
Me la ricordo ancora la prima volta che ho visto un nero, anzi, un negro come si diceva negli anni Settanta. Era vicino al campo di pallone della chiesa, aveva i pantaloni cachi e una camicia azzurra. I sandali. Camminava attaccato al muro e tutti noi lo guardavano, lo indicavamo con il dito puntato. “Guarda!”.
Soltanto oggi, dopo aver parlato con mio figlio, mi chiedo cosa deve aver sentito quel ragazzo vedendosi indicato. E provo un senso di colpa.
Provo disagio ricordando il giorno che il mio amico Mattia si presentò con il suo ragazzo e io piantai gli occhi per terra non sapendo che faccia fare.
Chissà se anche lui ricorda quel mio sguardo vile.
Vorrei chiamarlo adesso, dopo tanti anni, all’una di notte, e chiederglielo. Vorrei dirgli: “Scusa”.
Speriamo che i nostri figli — nonostante le urla di chi vorrebbe farci vedere di nuovo in bianco e nero — non imparino dai grandi.
Speriamo che non si lascino riportare in un mondo più piccolo. Angusto.
Se non riusciremo mai a considerarci TUTTI uguali, speriamo almeno di arrivare a essere TUTTI diversi.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 25th, 2018 Riccardo Fucile
I TRE POSSIBILI SCENARI
Alla pugna finale contro Paolo Savona all’Economia.
E la nota del Quirinale che trapela ufficiosamente nel pomeriggio mostra la prima novità del parto di governo. Un’innovazione della prassi costituzionale, che nel caso diventa soprattutto sostanza politica. Chè il capo dello Stato non solo ribalta la vulgata corrente sull’anziano economista, a suo giudizio imposta dalla Lega: “Il Colle non mette presunti veti”, al contrario “non può subire inammissibili diktat”.
Cioè la quotidiana difesa di Savona da parte di Matteo Salvini e dell’intero Carroccio. Ma rivendica, il Quirinale, le prerogative costituzionali per sè e, questa la novità , per il presidente del Consiglio.
Un unicum, mai visto.
Il presidente della Repubblica che difende l’autonomia del premier: non sono ammissibili, quindi, diktat “nei confronti del presidente del Consiglio e del presidente della Repubblica nell’esercizio delle funzioni che la Costituzione attribuisce a tutti due”.
È la plastica conferma che, dopo l’incarico di mercoledì scorso, il professore Giuseppe Conte condivide le valutazioni negative del Colle sulla nomina di Savona in un dicastero chiave agli occhi dell’Unione europea.
Una sorta di cartina di tornasole per verificare l’affidabilità del primo governo sovranista nel cuore dell’Europa occidentale. Contro le “due prerogative” si è però subito alzata di nuovo la voce di Salvini: “Nessun diktat, ma Savona è il nome migliore”.
L’obiettivo vero della nota del Colle è quello di aumentare il pressing su Luigi Di Maio per convincerlo a isolare il leader leghista e ottenere una lista dei ministri (oggi, ma più probabilmente domani) senza il fatidico nome.
La soluzione ideale per il presidente della Repubblica sarebbe una lista con il nome di Giancarlo Giorgetti, lo sherpa salviniano, al posto di Savona.
E se non dovesse accadere? A quel punto la sfida tra Mattarella e Salvini è da tripla. Tre possibili scenari.
Il primo decisamente hard, conseguenza dell’indurimento mostrato ieri con la nota.
Questo: il Quirinale riceve Conte, legge la lista con Savona e mette il premier incaricato dinnanzi a un bivio: o ti prendi tu l’interim oppure rimetti il mandato.
È la strada della rottura dell’intesa gialloverde, peraltro tornata a circolare ieri dopo il breve colloquio tra Salvini e Berlusconi, incrociatisi durante le consultazioni del professore.
È la tesi, questa, di quanti dentro la Lega sperano che Salvini usi la questione Savona per tirarsi indietro all’ultimo minuto e ritornare nel centrodestra a pieno titolo.
In ogni caso, a Salvini, B. avrebbe chiesto garanzie sui nomi alla Giustizia e allo Sviluppo economico (a dire il vero destinato a Di Maio) che ha in pancia le amate Comunicazioni.
Il secondo risultato vira su un esito mediamente soft.
Chè è vero che al momento non è previsto “alcun cedimento” al Colle sull’economista. Ma la politica è “l’arte del compromesso” e magari un’abiura pubblica di Savona sulle “sue posizioni anti-euro” chiuderebbe la vicenda.
Non solo, e questa è la terza e ultima possibilità .
Cioè un compromesso ancora più indolore basato sull’incontro che oggi Conte avrà con Ignazio Visco, il governatore della Banca d’Italia. Una mossa che sarebbe stata ispirata proprio da Mattarella.
Ecco: alla fine del colloquio, Conte potrebbe farebbe (un po’ come l’altro giorno nella prima parte delle sue dichiarazioni alla stampa dopo l’incarico) una solenne professione di fede nell’eurozona, giurando che il suo governo non parlerà mai dell’uscita dalla moneta unica dell’Ue.
In questo caso, il premier diventerebbe il garante di Savona ministro dell’Economia e il tormentone finirebbe, senza più altre complicazioni e tensioni tra Mattarella e la Lega.
Queste tre ipotesi sono al centro delle riflessioni di Mattarella.
La sua speranza è che il nome venga tolto da Conte (e Di Maio) prima di salire al Quirinale. In caso contrario, la decisione è tutta da prendere.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 25th, 2018 Riccardo Fucile
“IN GIOCO LA FIDUCIA DEL GOVERNO”: E METTE IL ATTO IL SOLITO RICATTO
Oggi Matteo Salvini metterà alla prova Luigi Di Maio. Vuole capire fino a che punto può contare
sulla sponda dell’alleato e del premier incaricato che hanno scelto assieme.
Giuseppe Conte vedrà entrambi i leader per risolvere il puzzle del governo entro stasera. E decidere soprattutto chi mandare al ministero-cardine dell’Economia attorno al quale ruota la battaglia di nervi di queste ore.
Un nome, Paolo Savona, sta già lacerando le certezze del patto giallo-verde. Il Quirinale vorrebbe un’alternativa per via XX Settembre. Conte, durante il colloquio di mercoledì con Sergio Mattarella, avrebbe già aperto alla possibilità di convincere i leghisti e i 5 Stelle a dirottare Savona altrove, magari con un incarico ad hoc.
Il capo politico del M5S non avrebbe alcun problema. E infatti ha smussato: «Savona è uno dei nomi» ma «dei ministri se ne occuperanno il presidente incaricato Conte e il presidente Mattarella».
Affermazioni che non sono piaciute a Salvini, per il quale a Conte «spetteranno» non solo gli onori ma anche «gli oneri di dire nomi e ruoli».
Nelle riunioni ristrette Salvini non parla mai male di Mattarella, nonostante avverta da parte del Capo dello Stato la sfiducia nei suoi confronti.
Detto questo, è rimasto sorpreso da quanto fatto filtrare dal Quirinale: l’irritazione di Mattarella per presunti «inammissibili diktat» che limiterebbero le prerogative del Presidente della Repubblica e del premier sui ministri.
«Ma quali diktat? Piuttosto idee, proposte e suggerimenti» replica piccato Salvini: «Savona resta il nome migliore». È una questione anche politica, di rapporti di forza. Il leader della Lega insiste e lo farà di nuovo, anche oggi, con Conte.
Perchè nella divisione dei dicasteri, all’Economia deve andare qualcuno che è stato indicato dal Carroccio e,«alla fine – ripete ai suoi deputati – il governo dovrà ottenere una fiducia».
Insomma, se salta Savona, «tutto potrebbe essere rimesso in discussione», spiega il vicepresidente leghista della Camera, Lorenzo Fontana. La Lega nega che ci sia qualche chance per Luigi Zingales, economista altrettanto euroscettico, che appena tre giorni fa su Foreign Policy tesseva le lodi dei «populisti italiani al governo» in grado «di battere l’establishment europeo».
Sul tavolo non c’è altro nome per il Tesoro, giurano. Oggi però potrebbe arrivare.
Non quello del capogruppo dei deputati Giancarlo Giorgetti. È vero che piace ai grillini e non dispiace al Colle, ma semplicemente lui non vuole. Preferisce entrare a Palazzo Chigi da sottosegretario per garantire al Carroccio un controllo sulla presidenza del Consiglio, anche se non avrà la delega ai servizi che invece andrà a un grillino, tra Vincenzo Spadafora e Vito Crimi.
Salvini sospetta che si sia già creato un asse tra Mattarella, Conte e Di Maio.
Sente che i 5 Stelle non sono compatti su Savona ma teme che possa prevalere il pragmatismo del leader anche per evitare una grana al premier incaricato e un dispiacere per il Capo dello Stato.
Una soluzione, ha proposto qualcuno dal M5S, potrebbe essere una dichiarazione pubblica dell’economista, magari attraverso un’intervista al Financial Times, che parli all’Europa, alle cancellerie e ai mercati, che rassicuri sulla stabilità dei conti e sulla moneta unica.
Sembra che glielo abbiano suggerito e che Savona abbia dato prova del suo ruvido carattere. Di fatto, dichiarazioni del genere avrebbero sollevato il Colle, ma avrebbero anche contraddetto anni di tesi e pubblicazioni che hanno sempre messo nel mirino l’euro e il dominio economico tedesco.
Non c’è però solo il Mef a impensierire Conte.
Nel primo giorno da premier incaricato ha capito che sono tanti i pezzi a mancare e troppe le richieste che si mescolano ai veti.
La Lega vuole le Infrastrutture, come Salvini ha ribadito a Conte, per accertarsi che si faranno le grandi opere. Inoltre, non piace l’accorpamento che sogna Di Maio tra Lavoro e Sviluppo economico, dentro il quale c’è il dipartimento alle Telecomunicazioni, di grande interesse per le aziende di Silvio Berlusconi.
I 5 Stelle invece hanno un problema da risolvere agli Esteri. I parlamentari hanno detto al capo politico che non vogliono l’ex ambasciatore Giampiero Massolo.
Enzo Moavero Milanesi, in quota Lega, è prenotato per gli Affari europei ma non è escluso che possa essere dirottato alla Farnesina.
I leghisti fanno il nome di Pasquale Salzano, ambasciatore in Qatar, di Pomigliano come Di Maio. Ma questa voce è smentita con decisione dai vertici del M5S.
(da “La Stampa”)
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Maggio 25th, 2018 Riccardo Fucile
“LE CONTRADDIZIONI DEL POPULISMO MINANO IL GOVERNO, LE PRIME VITTIME DELLA SUA POLITICA ECONOMICA SARANNO I SUOI ELETTORI”
«Il nuovo governo italiano non durerà a lungo, per due motivi: primo, gli elettorati di M5S e Lega hanno interessi divergenti, e queste contraddizioni diventeranno ingestibili; secondo, gli obiettivi economici non sono realizzabili, perchè mancano le risorse».
È il giudizio di Ian Bremmer, politologo della New York University e fondatore di Eurasia.
In una recente nota ai suoi clienti, lei ha scritto che la comune avversione per l’establishment non basterà a tenere insieme M5S e Lega. Quali sono le contraddizioni più gravi?
«Il loro approccio all’economia è la differenza più significativa. Entrambi favoriscono l’espansione fiscale, la Lega tagliando le tasse, e M5S spendendo nel welfare. Ovviamente sono politiche che aiutano elettorati diversi. M5S, almeno in privato, è più pragmatico e conscio dei limiti della politica fiscale; la Lega è più bellicosa nella sfida all’Unione europea, che impone disciplina».
Le diverse demografie dei due partiti non potrebbero far nascere una nuova coalizione populista, capace di governare l’Italia e diffondersi in altri Paesi europei?
«È difficile, viste non solo le differenti strutture dei due partiti, ma anche i gruppi specifici e le persone che si aspettano benefici dalle loro politiche divergenti. Nel tempo, potrebbe accadere che uno dei due si adatterà , e avrà più successo. Ma è più probabile che questi due elettorati finiscano per litigare sulle risorse sempre più scarse, piuttosto che inventare un nuovo paradigma socioeconomico. L’espansione fiscale non è sostenibile, non per le regole dell’Ue o i limiti istituzionali, ma per la fragili previsioni fiscali sull’Italia. L’elettorato della Lega resta nel Nord industriale, anche se grazie al tema dell’immigrazione ha guadagnato voti al Sud per la prima volta. Il M5S ha una base più nazionale, ma il suo supporto è radicato nel Meridione».
L’Italia può provocare la spaccatura dell’Ue?
«No. La fase attuale di crescita aiuta, perchè non vi trovate nella depressione come la Grecia. I due partiti diventeranno più pragmatici, una volta al governo. Nessuno dei due ha fatto apertamente campagna per uscire dall’euro, e l’esecutivo non ha il mandato per farlo. Capiranno che ricattare l’Ue sarebbe una strategia completamente controproducente».
Il programma economico è sostenibile, o spingerà l’Italia verso l’insolvenza?
«Aumenterà il carico già pesante del debito. Le suggestioni che l’espansione fiscale si pagherà da sola alimentando la domanda interna sono ampiamente irrealistiche. Un deficit più alto, specialmente se unito all’abbassamento dell’età pensionabile, processi politici erratici, e retorica anti euro, aumenterà la pressione dei mercati. Qualunque beneficio in termini di domanda interna verrà annullato dalla crisi del credito, risultante dal prevedibile incremento dei “sovereign yields” e lo “spillover” nel sistema bancario. Soprattutto se le previsioni economiche generali peggioreranno: ci sono segnali che la ripresa europea sta rallentando, i prezzi dell’energia salgono, e la Bce stringerà la cinghia nel medio termine».
Gli elettori di M5S e Lega saranno le prime vittime delle loro politiche economiche?
«Sì, con tutta probabilità ».
Entrambi i partiti vogliono togliere le sanzioni alla Russia e ritirarsi dall’Afghanistan. Come reagirà l’amministrazione Trump?
«Non mi aspetto grandi reazioni. In questo momento gli europei non sono esattamente i favoriti di Trump, su qualunque tema. In principio, lui concorda con M5S e Lega su entrambi questi punti, ma è bloccato dal Congresso e dalla sua amministrazione. Un po’ come il nuovo governo italiano con l’Ue. E poi ci sono i problemi logistici. L’Italia non può revocare unilateralmente le sanzioni contro la Russia. Il rinnovo avviene ogni sei mesi: finora è stato consensuale, ma non richiede l’unanimità . È improbabile che l’Italia riesca a costruire una coalizione di Stati abbastanza grande da cancellare le sanzioni».
Nella sua nota ai clienti ha previsto che il nuovo governo non durerà oltre un anno. Poi non vinceranno ancora i populisti?
«Senza dubbio c’è questo rischio. Ma quali populisti? Non è detto che un’altra elezione riproduca lo stesso esecutivo. In verità è logico aspettarsi che questi due partiti domineranno la scena politica italiana per un certo periodo, anche se perderanno un po’ di sostegno. È difficile prevedere che un governo favorevole all’Europa e alle riforme possa prevalere nel prossimo futuro».
(da “La Stampa”)
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Maggio 25th, 2018 Riccardo Fucile
LA PAPABILE MINISTRA E’ UNA DELLE FONTI DEL LIBRO “SUPERNOVA” DOVE VENGONO SVELATI GLI INTRALLAZZI DEL GRUPPO DI POTERE DEL M5S… ORA E’ DIVENTATA DIMAIANA DI FERRO
Nicola Biondo e Marco Canestrari, i due ex collaboratori della comunicazione grillina in Parlamento
e della Casaleggio Associati, hanno rivelato a Carmelo Lopapa di Repubblica che la deputata piemontese Laura Castelli è una delle fonti che hanno utilizzato per il libro Supernova, che racconta i retroscena della gestione del MoVimento 5 Stelle e il “tradimento” degli ideali grillini con la parlamentarizzazione del M5S.
La rivelazione “a orologeria” arriva proprio mentre la Castelli è ripetutamente nominata nel totoministri come possibile responsabile delle Infrastrutture, nonostante nei giorni scorsi si parlasse ripetutamente di un veto nei suoi confronti da parte della Lega e di Confindustria a causa delle sue posizioni NO-TAV.
Scrivono a Repubblica i due autori: «Ci siamo chiesti se continuare a coprire una delle tante fonti che ci hanno permesso di scrivere il libro e che sapevamo stesse mentendo, pur essendo un parlamentare della Repubblica. Pare che occuperà ruoli di governo. Prima che accada, riteniamo giusto fornire le informazioni in nostro possesso utili a giudicare i comportamenti di un possibile ministro: comportamenti pubblici opposti a quelli privati per fini che, evidentemente, attenevano alla sua personale carriera»
I due decidono di rendere pubbliche quelle mail “top secret” dell’ex dissidente divenuta “dimaiana” di ferro.
C’è un intero capitolo del libro Supernova che porta il titolo “Le parole dell’insider” sull’ascesa del capo politico, dalla pagine 287 in poi rivelano gli autori, scritto grazie alle mail inviate dall’attuale deputata.
E i giudizi della Castelli sono impietosi sia nei confronti di Di Maio — «La sua arma vincente è stata quella di escludere dall’assemblea la discussione» — che dei colleghi, descritti come «Lobotomizzati, che non sanno e non vogliono capire bene le dinamiche».
La rivelazione è stata fatta proprio per avere ripercussioni mentre il totoministri impazza. E non è difficile pronosticare che potrebbe avere ripercussioni sulla ascesa di Castelli al ministero che fu di Delrio o alla Pubblica Amministrazione, come si pronosticava in questi giorni
La più esplosiva — consegnata dagli autori assieme ad altre a Repubblica — è datata 2 settembre 2015.
Si racconta del duo Dibba-Luigi che si affranca da Grillo, «finalmente autonomi e ormai cresciuti rispetto a Papà Beppe». Di Maio che diventa «ricettore di tutti i gossip e i malumori: racconta una storia interna (al M5S, ndr) e raggiungerai il paradiso per sempre, entrando nelle sue grazie».
Il ragazzo di Pomigliano d’Arco che «spinge emendamenti o proposte di legge da rivendere nelle piazze e in apparizioni tv». Il leader «invitato d’oro nelle grandi feste del M5S in tutta Italia: gli attivisti non possono fare a meno della star».
Col tempo, «Gianroberto Casaleggio prende a comunicare solo con Di Maio, qualunque informazione viene filtrata da lui: non parla più con i deputati, cosa molto grave, non parla con i deputati che ricoprono ruoli per statuto, come capigruppo vice, presidente, tesoriere».
Scrive di non meglio specificate «richieste deliranti di Milano» (cioè della Casaleggio Associati).
Ma la battuta più significativa è quella che conclude tutto, giocando con una parola che è ritenuta molto importante per il MoVimento 5 Stelle: «Tutto resta negli spifferi delle finestre di Montecitorio, in questo brutto alone di omertà , che poco ha a che fare con l’onestà ».
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 25th, 2018 Riccardo Fucile
LE PRESSANTI RICHIESTE PERCHE’ GLI TROVI UNA SISTEMAZIONE DOPO CHE RUTELLI AVEVA PERSO LE ELEZIONI… TIPICO ESEMPIO DI PERSONA COERENTE, DEGNO MINISTRO DEL GOVERNO DEI CIALTRONI
Tanto per movimentare un po’ la seconda giornata delle consultazioni, in un articolo a firma di Marco Lillo oggi il Fatto pubblica le telefonate e sms scambiati dal 2008 al 2010 da Vincenzo Spadafora, fedelissimo di Di Maio, con l’ex presidente del consiglio dei lavori pubblici Balducci, sintetizzati nei brogliacci del Ros che indagava sulla Cricca. Per queste vicende non è stato mai indagato.
Balducci, condannato in primo grado nel 2018 a 6 anni e mezzo per lo scandalo degli appalti della Cricca, era molto amico di Spadafora.
Proprio a lui l’attuale esponente M5S chiese più volte un lavoro nel 2008.
All’inizio dell’anno Spadafora è nella segreteria di Francesco Rutelli, vicepresidente del Consiglio di Prodi e ministro dei Beni Culturali. Balducci gestisce i grandi eventi. Il centrodestra vince le elezioni e Rutelli perde con Alemanno a Roma.
Spadafora vede nero. Il 1° maggio chiama Balducci e gli racconta che“ieri sera l’ha chiamato Rutelli e gli ha detto che ha sentito Figliolia (Ettore, capo gabinetto di Rutelli, ndr) per cercare di sistemare gli amici più cari tra i quali lui Vincenzo”.
A 34 anni, rischia di restare a spasso.
Il 9 maggio scrive a Balducci: “Se da te contratto ci può essere parliamone molto concretamente. Altrimenti in queste ore faccio in tempo a parlarne con Rut e Donato (Mosella, capo della segreteria politica di Rutelli appena eletto deputatoPd, ndr)per altre situazioni (…). Ti prego. V”
Sono giorni di fibrillazione per tutti. Barbara Palombelli, moglie di Rutelli, scrive a Spadafora: “Il famoso contratto di Luca Imperiali non è stato ancora mai firmato. Ci dobbiamo preocc?”.
Il 14 maggio 2008 Spadafora gira l’sms a Balducci. Ma anche Balducci è in ansia per la sua poltrona. Il 20 maggio scrive a Spadafora che sta parlando con Mauro Masi, segretario generale di Palazzo Chigi. E Spadafora: “Digli che se non ti tratta bene, organizzo un presidio di balduccini sotto Palazzo Chigi in forma di protesta. Spiegagli che siamo tanti, ma proprio tanti!!”
Il termine ‘balduccino’ è usato anche in altri sms con tono ironico.
Per esempio un anno dopo, quando esplode il caso Noemi, ironicamente Spadafora scrive a Balducci: “Ciao Papi, incontreresti un tuo giovane balduccino?”. Successivamente Spadafora viene nominato all’UNICEF, ma non per intercessione di Balducci. Poi arriva un altro messaggio: “Giov devo vedere Rut che torna dagli Stati Uniti. Devo sapere se devo chiedergli un aiuto su altri fronti o se si chiude la cosa con te. Mentre tu giochi con me, IO NON POSSO PIU PERMETTERMI DI NON LAVORARE. V”.
Poi, scrive Lillo, nel suo curriculum Spadafora riporterà una collaborazione con la struttura di missione per i 150 anni dell’Unità d’Italia, mentre il figlio di Balducci avrà una collaborazione con l’UNICEF.
Spadafora sostenne di non aver mai avuto favori da Balducci.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 25th, 2018 Riccardo Fucile
PESANTI CRITICHE CONTRO UN GOVERNO A TRAZIONE ANTI-EUROPEA
Rappresentato come l’Arlecchino servitore di due padroni della commedia di Carlo Goldoni,
Giuseppe Conte oggi è finito nelle grinfie dell’Economist, che già in tante occasioni ha giustiziato presidenti del Consiglio italiani (il più celebre è Berlusconi unfit to lead Italy) e che oggi se la prende con Matteo Salvini e Luigi Di Maio, azionisti del “governo del cambiamento” che al settimanale britannico non pare molto ben fondato: l’unica qualifica di Conte è il fatto che sia stato accettato come soluzione di compromesso dalla Lega, scrive l’Economist, e oggi pare un dead man walking anche se ha confessato di aver sempre votato a sinistra e Salvini è un amicone di Marine Le Pen.
Ciò nonostante quello che preoccupa l’Economist è la reazione dei mercati finanziari alla candidatura di Paolo Savona per il ministero dell’Economia, viste le frasi sulla gabbia dell’euro e la Germania nazista appena uscite nella sua autobiografia.
L’Economist ricorda che Conte ha dichiarato al Quirinale di voler confermare il posizionamento europeo dell’Italia e i partner della coalizione hanno escluso di lavorare a un piano per esplorare le modalità di uscita dall’euro.
Ma poi riporta le critiche di Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, che ha chiesto al nuovo governo di attenersi a una politica di bilancio responsabile, mentre i mercati hanno reagito con ansia alla prospettiva dell’approdo al potere di una coalizione populista e lo spread ha avuto l’impennata che lo ha portato vicino a quota 200.
Anche a causa del progetto di Mini-bot, unico a sopravvivere (anche senza essere nominato) della prima versione del contratto di governo tra M5S e Lega.
I minibot dovrebbero servire a ripagare i debiti della pubblica amministrazione e potrebbero essere utilizzati successivamente per pagare le tasse o per effettuare pagamenti tra privati.
L’effetto, paventato qualche giorno fa anche dal Financial Times, sarebbe quello di creare una valuta parallela al di fuori del controllo della BCE, con conseguente indebolimento dell’euro.
(da “NextQuotidiano”)
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