Luglio 12th, 2018 Riccardo Fucile
LA RIDICOLA STRATEGIA SULLA PELLE DEI NAUFRAGHI A BORDO DELLA NAVE DICIOTTI
Il pattugliatore Diciotti della Guardia Costiera è entrato pochi minuti dopo le 14 nel porto di Trapani dove era arrivato già questa mattina.
Solo dopo un’ora la nave ha ottenuto il permesso ad attraccare ma le operazioni di sbarco al momento non sono ancora iniziate.
La Diciotti ha a bordo i 67 migranti (tra loro 3 donne e 7 minori di cui 2 non accompagnati) salvati nella notte del 9 luglio dal rimorchiatore Vos Thalassa al largo delle coste libiche.
Alla fine il governo italiano ha ceduto alla forza del diritto internazionale che impone che le persone tratte in salvo in mare vengano sbarcate nel porto sicuro più vicino.
Da giorni il Ministero dell’Interno non ha voluto indicare, ad una nave del governo italiano, su quale porto fare rotta e sbarcare i migranti.
L’altro giorno Salvini aveva addirittura postato una lista delle nazionalità dei migranti su Facebook, quasi a dimostrare che in nessuno dei paesi di provenienza c’è la guerra. Anche se invece in quasi tutti ci sono conflitti armati e situazioni di forte instabilità .
Secondo le agenzie di stampa un ghanese e un sudanese sono stati identificati e denunciati da personale della polizia ma a decidere eventuali provvedimenti dovrà essere la Procura di Trapani
Salvini — impegnato a Innsbruck al vertice dei ministri dell’Interno dell’Unione Europea vorrebbe le manette ai polsi dei migranti colpevoli del “dirottamento”. Ma la Repubblica spiega che:
In mancanza di una flagranza di reato i poliziotti della squadra mobile di Trapani e dello Sco sono partiti per raggiungere in acque internazionali il comandante e l’equipaggio del rimorchiatore e prendere a verbale le loro testimonianze. Interrogati a bordo della Vos Thalassa anche i migranti e i due presunti responsabili, un sudanese e un ghanese. Il fermo di polizia sarebbe possibile solo se venisse ipotizzato a loro carico un reato particolarmente grave, come il tentato omicidio.
Alle tre del pomeriggio (la Diciotti è arrivata in prossimità del porto alle 8 di questa mattina) Matteo Salvini ha fatto sapere da Innsbruck che non aveva dato alcuna autorizzazione a sbarcare e «se qualcun altro lo fa al mio posto se ne assume la responsabilità giuridica e politica».
Secondo il ministro qualcuno dovrà pagare in ogni caso: «se sono stati gli immigrati scendono in manette, se sono stati gli armatori o i marinai che hanno esagerato pagano civilmente e penalmente. Io non ho voglia di farmi prendere in giro. Se c’è stata violenza in Italia questa viene punita, se non c’è stata qualcuno deve pagare». Implicitamente Salvini quindi ammette quello che tutti sanno: ovvero che i migranti sulla Vos Thalassa erano “in Italia”
Nessun ammutinamento a bordo della Vos Thalassa
Salvini in buona sostanza non vuole far sbarcare nessuno fino a che non sia stata fatta chiarezza. Il ministro Toninelli invece dopo tre giorni aveva finalmente indicato Trapani come porto di sbarco.
Su una cosa Salvini e Toninelli erano d’accordo: i facinorosi sarebbero scesi con le manette ai polsi dalla Diciotti.
Ma chi sono questi facinorosi? Nelle ore successive al salvataggio Toninelli si era prodigato a spiegare che i migranti erano stati trasferiti dal rimorchiatore (battente bandiera italiana) Vos Thalassa alla Diciotti perchè i migranti avevano minacciato l’equipaggio e il comandante. Si era parlato addirittura di un ammutinamento a bordo dell’imbarcazione con i 12 marittimi italiani in pericolo di vita e in balia della violenza dei migranti appena tratto in salvo.
In realtà era chiaro fin da subito che le ragioni di quella che tutti i giornali avevano poi definito “situazione di tensione” a bordo della Vos Thalassa era dovuta al fatto che i migranti non volevano essere trasferiti a su una motovedetta della guardia costiera libica che — pare — stava sopraggiungendo.
A confermare che a bordo del rimorchiatore non è successo nulla di quanto raccontato dal governo ci ha pensato Cristiano Vattuone il responsabile tecnico Vroon Offshore Services, armatore della nave intervistato dal quotidiano La Verità . Vattuone ha detto che non c’è stato alcun ammutinamento dei migranti e che la situazione è stata ingigantita: «la rivolta dei migranti è un’esagerazione».
Come era immaginabile quando i migranti (alcuni di loro avevano un GPS con una bussola) si sono accorti che la Vos Thalassa stava facendo rotta verso Sud (ovvero verso il punto d’incontro con la motovedetta libica) e non verso Nord (l’Italia) hanno cominciato ad agitarsi “chiedendo insistentemente” quando sarebbero stati sbarcati. L’equipaggio, capito che la situazione avrebbe potuto degenerare (ma non è successo, per fortuna) e che quando i migranti avrebbero capito che la nave non stava facendo rotta verso il nostro Paese la tensione sarebbe aumentata, ha chiesto l’intervento della Guardia Costiera, per scongiurare il peggio
Non è Salvini a decidere chi deve essere arrestato
Salvini in questi giorni ha dichiarato che «prima di concedere qualsiasi autorizzazione attendo di sapere nomi, cognomi e nazionalità dei violenti dirottatori, che dovranno scendere dalla nave Diciotti in manette».
E così facendo sta continuando a tenere in ostaggio la nave, il suo equipaggio e gli altri 65 migranti.
«Nessuno è stato picchiato nè ci sono stati pestaggi», chiarisce Vattuone, ribadendo che non c’è stata alcuna rivolta e tanto meno un dirottamento.
Nel frattempo, sarà la Procura di Trapani (e non il ministro Salvini) a valutare la posizione dei due migranti, un ghanese e un sudanese, individuati come i presunti responsabili delle minacce.
Al momento non è stato previsto alcun fermo.
E del resto in questi casi la competenza è dei magistrati, non del ministro dell’Interno. L’arresto sarebbe stato possibile solo se la Procura avesse ipotizzato a carico dei due migranti un reato particolarmente grave, come ad esempio il tentato omicidio. Ma la testimonianza di Vattuone sembra escludere questa circostanza (anche perchè manca la flagranza di reato).
Salvini sembra averlo capito solo oggi pomeriggio quando ha dichiarato che «in procura stanno lavorando, attendiamo gli esiti, io non faccio il giudice o il poliziotto, non ho interrogato nessuno, faccio il ministro e cerco di far rispettare l’ordine pubblico».
Il ministro Matteo Salvini però continua ad ostinarsi a non capire che l’accertamento dei reati spetta ai magistrati e non a lui. A farne le spese sono i 65 innocenti a bordo della Diciotti.
Ma il problema non sono i “facinorosi”, è evidente che sul tema immigrazione (perno del consenso politico salviniano) è in corso da giorni uno scontro all’interno dell’esecutivo. Scontro che ha visto scendere in campo anche la ministra della Difesa Trenta che ha spalleggiato Toninelli nella sua lotta contro Salvini.
Il vicepremier non vuole cedere e — come per il caso della Alexander Maersk — rischia di fare fare una bruttissima figura a livello internazionale al nostro Paese.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 12th, 2018 Riccardo Fucile
LA ZECCA ISTERICA CAMBIA VERSIONE: “O C’E’ STATA VIOLENZA O NO, IN OGNI CASO QUALCUNO DEVE ANDARE IN GALERA”… ESATTO: SI CONSEGNI A REBIBBIA IN SERATA PER AVER DIFFAMATO 68 DISPERATI
Il braccio di ferro sulla nave Diciotti della Guardia costiera si fa sempre più aspro. Da Innsbruck
Salvini non perde di vista quella che per lui è ormai una questione di principio: “Io non voglio farmi prendere in giro. Finchè non c’è chiarezza su quanto accaduto non autorizzo nessuno a scendere dalla Diciotti: se qualcuno lo fa al mio posto se ne assumerà la responsabilità “, dichiara.
“O hanno mentito gli armatori denunciando aggressioni che non ci sono state – e allora devono pagare – o l’aggressione c’è stata e allora i responsabili devono andare in galera”.
Per il titolare del Viminale, i presunti responsabili dei disordini a bordo del rimorchiatore Vos Thalassa che hanno giustificato l’intervento della Guardia costiera e il trasbordo dei 67 migranti devono scendere dalla nave in manette.
Ma dall’indagine-lampo effettuata dalla polizia nelle ultime 24 ore in mare non sembrano essere emersi elementi tali da giustificare un fermo.
Ci sono due denunciati: il cittadino ghanese e di quello sudanese identificati già ieri. A decidere saranno i magistrati della Procura di Trapani, ma potranno farlo solo una volta attraccata la nave: solo in quel momento infatti si radicherà la competenza della Procura.
Tra gli elementi che la Procura di Trapani si ritroverà a valutare nelle prossime ore prima di decidere eventuali provvedimenti a carico dei presunti “facinorosi” tra i migranti recuperati dalla Vos Thalassa ci sono anche le dichiarazioni di Cristiano Vattuone, portavoce della Vroon, la società olandese proprietaria della nave che lavora nel servizio di sorveglianza di una piattaforma petrolifera Total
“Nessuna insurrezione a bordo, la situazione è stata ingigantita dai giornali, non c’è stato nessun ammutinamento e nessuno è stato pestato”, dice a “La Verità “
Parole quelle di Vattuone che alimentano il giallo su quello che è veramente successo nel Mediterraneo tra domenica e lunedi e che, in mancanza di informazioni tempestive che ormai da settimane vengono negate dalla Guardia costiera italiana ai mass media, è stato ricostruito sulla scorta delle mail intercorse in quelle ore tra la nave Vos Thalassa, la sala operativa di Roma e la sede della società armatrice.
Che, pur accollandosi la responsabilità di quella richiesta di aiuto volta a favorire un rapido intervento risolutivo della Guardia costiera italiana, nega che a bordo della Vos Thalassa sia accaduto nulla di così grave da lasciar ipotizzare una situazione di ammutinamento a bordo o peggio ancora di dirottamento, per utilizzare le parole del ministro Salvini
“A bordo ci sono stati momenti di tensione, di confusione – spiega il portavoce dell’armatore – Ovviamente la tensione saliva anche perchè siamo stati due giorni e mezzo in attesa e i migranti non volevano essere riconsegnati ai libici che poi non si sa cosa ne facciano. Ma non non ci sono state rivolte, non ci sono stati pestaggi e non è stato picchiato nessuno”
Insomma, la richiesta di aiuto alla sala operativa di Roma c’è stata ma sarebbe stata una “’soluzione” adottata per cercare di risolvere la fase di stallo e giustificare l’intervento della Guardia costiera per prevenire una situazione di rischio che, con il passare delle ore, sarebbe potuta diventare ingestibile.
Un escamotage, se si vuole, utilizzato da sempre dalle navi mercantili che, negli ultimi anni, si sono ritrovate a dover operare dei soccorsi ma che non per questo sono disposte a perdere giorni di lavoro e soldi rimanendo ostaggio delle dinamiche politiche.
Come sarebbe successo anche in questo caso se il Comando generale della Capitanerie di porto, a questo punto con le mani libere dovendo intervenire a tutela della sicurezza di una nave italiana, non avesse ordinato il trasbordo dei migranti sulla nave Diciotti, prendendo in contropiede il ministro dell’Interno.
(da agenzie)
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Luglio 12th, 2018 Riccardo Fucile
LA RELAZIONE DEL NUCLEO AIR (ANALISI IMPATTO VALUTAZIONE) DEL DIPARTIMENTO AFFARI GIURIDICI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E’ UN DURO ATTO DI ACCUSA … MANCAVANO LE COPERTURE E NON INDICA L’IMPATTO SOCIALE ED ECONOMICO SUI BENEFICIARI
Luigi Di Maio sostiene che oggi il Decreto Dignità verrà finalmente pubblicato in Gazzetta Ufficiale con la bollinatura della Ragioneria Generale dello Stato che certifica le coperture del provvedimento.
Nei giorni scorsi il Decreto Dignità si era perso dopo la sua approvazione formale in Consiglio dei Ministri proprio per un problema di coperture. Che alla fine sono state trovate.
Ma, ci racconta oggi Roberto Petrini su Repubblica, la questione delle coperture è stata affrontata con leggerezza.
Nei primi testi semplicemente mancavano: è molto meglio infatti mostrare quello che si dà senza perdere tempo a illustrare gli inevitabili costi. Alla fine, grazie alla fermezza della Ragioneria, e allo stand by al Quirinale, le coperture si sono magicamente materializzate. Si è scoperto che lo stop allo split payment anti-evasione per i professionisti costa 140 milioni in tre anni e che si dovrà rovistare tra i fondi di tutti i ministeri per coprirli.
La lotta alla ludopatia comporta minori entrate per 150 milioni solo nel 2019: giusto farla, ma i costi non possono essere nascosti e così spunta un aumento delle tasse sui giochi.
L’impreparazione al potere non paga, ma qualche lezione la dà : dal testo è scomparsa la paradossale pretesa del governo di provocare un aumento di consumi e del gettito per via delle maggiori assunzioni a tempo indeterminato.
Cosa che molti ritengono improbabile anche perchè il decreto le ha rese meno convenienti.
Il primo provvedimento legislativo di Di Maio ha anche altri problemi: lui stesso ha annunciato oggi in un’intervista al Fatto che verrà modificata la parte che riguarda l’attuazione delle norme sul divieto di pubblicità del gioco d’azzardo perchè alcune società di calcio (A.S. Roma e S. S. Lazio, quotate in Borsa) hanno firmato contratti nel periodo che è andato dall’approvazione in CDM alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Il ministro ha sostenuto che farà annullare questi contratti ma la decisione non sembra essere priva di conseguenze — anche legali — visto che si parla di un totale di dodici milioni di euro di (mancate?) sponsorizzazioni.
C’è però un altro documento che vale la pena leggere per giudicare la serietà e l’attenzione del ministro nei confronti del suo primo provvedimento legislativo.
Ed è la valutazione del Decreto Dignità fornita dai tecnici del Nucleo Air (Analisi Impatto Valutazione) del Dipartimento per gli Affari Giuridici della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il documento è pubblicato online sul sito del governo. Si tratta di tre pagine datate 9 luglio 2018 nelle quali il giudizio dei tecnici sembra essere piuttosto netto.
Prima si fa notare che mancano dati e numeri: “Dalla lettura della Relazione, in particolare, non si deduce alcuna informazione in ordine alla “consistenza numerica” (articolo 10, comma 1 del dPCM 15 settembre 2017, n. 169) dei potenziali destinatari dell’intervento (ad es. numero di contratti a termine, numero di contratti di somministrazione a termine, numero di imprese che hanno usufruito di aiuti di Stato, ecc.)”.
I tecnici dicono anche che per il contrasto al precariato gli indicatori sono insufficienti visto che mancano dati come il “numero di contratti a tempo determinato di durata superiore ad un anno; variazione del contenzioso in merito alle motivazioni dei rinnovi; numero licenziamenti senza giustificato motivo; ecc. Tali indicatori specifici andrebbero integrati anche con altri indicatori più generali relativi all’andamento del mercato del lavoro quali quelli relativi a occupazione, inoccupazione, ecc”.
Ma la parte più interessante sono gli ultimi due paragrafi, nei quali si dice che la relazione “non dà conto dell’impatto sociale ed economico dei provvedimenti sui destinatari”, non dice in quale numero siano, nè quali siano i benefici per i lavoratori e le imprese, nè parla delle “condizioni giuridiche, organizzative, finanziarie, economiche, sociali e amministrative che possono incidere in modo significativo sulla concreta attuazione dell’intervento e sulla sua efficacia”.
Queste carenze informative, avvertono i tecnici di Palazzo Chigi, “possono impedire l’azione di monitoraggio e di valutazione a posteriori dell’intervento”.
Fosca Bincher (alias Franco Bechis), che parla del documento sul Tempo, conclude così: “Insomma, Di Maio vorrebbe aiutare i lavoratori precari ma non sa dire bene come e se quel che fa li aiuterà davvero. Non è poco…”.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 12th, 2018 Riccardo Fucile
IN UNDICI PAESI INDICATI CI SONO GUERRE E PERSECUZIONI DEI CRISTIANI, MA AI RAZZISTI NON FREGA UN CAZZO
Quanti dei 67 migranti imbarcati sulla Diciotti e bloccati a lungo in mare da Matteo Salvini
provengono da territori di guerra?
Messa così, sembra una domanda neutra. Al netto del fatto che chi scappa da dittature o carestie debba essere considerato profugo di serie B. Chissà perchè.
Ma se la questione viene posta dal Ministro della Paura in persona, sul proprio account Facebook, in un profluvio di punti interrogativi (tre di fila) ecco che diventa un quesito retorico di cui i fan del Capitano conoscono già la risposta: nessuno.
Ecco, no.
Prendendo per buone, e ci vuole un po’ di impegno, le nazionalità che lo stesso Salvini comunica ai suoi follower, quasi tutti scappano da conflitti e/o persecuzioni.
I 23 pakistani sono potenziale carne da cannone di due guerre civili, di Al Qaeda, dell’Isis e di altre 24 gruppi terroristici.
Idem l’Algeria, il cui meridione è tuttora nelle mire di quel che resta di Daesh. Così la Libia, con la sua tremula democrazia.
Il Ciad se la vede con Boko Haram. In Sudan c’è appena stato un genocidio. L’Egitto è quel bel posto in cui il governo fa sparire gli oppositori in carcere o peggio. Anche italiani.
La Palestina è LA guerra permanente che fa da detonatore a tutte le altre.
E via dicendo.
In un elenco da cui restano fuori solo un paio di Paesi su tredici rappresentati.
Quindi, la risposta corretta alla domanda di Salvini è “quasi tutti”. Ma questo non conta nulla. La sua strategia mediatica, che disintermedia l’informazione e la trasforma sempre e comunque in propaganda social, è un muro di gomma che rimbalza ogni ragionamento.
Parla ai convertiti. Solidifica i loro pregiudizi. Scarica coscienze.
Così come a suo tempo è stata creata un’emergenza migranti inesistente, il dato oggettivo che i profughi siano realmente profughi è destinato a non fare breccia.
Aggredirebbe un caposaldo dell’altra balla salviniana, quella con cui i cattivisti si lavano le coscienze: noi non siamo razzisti, noi accogliamo a braccia aperte solo chi vive una reale emergenza.
Bugie.
(da “La Repubblica”)
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Luglio 12th, 2018 Riccardo Fucile
LA LAUREA IN SCIENZE POLITICHE CITATA SU VIKIPEDIA (OGGI VELOCEMENTE CORRETTA) E SU SITI A LUI VICINI NON E’ MAI ESISTITA, LA SUA CONDANNA PER BANCAROTTA FRAUDOLENTA INVECE E’ VERA
Armando Siri, sottosegretario alle infrastrutture del governo Lega-M5S che non sapeva che il suo ministro fosse Toninelli, ideologo della flat tax che ha patteggiato una pena per bancarotta fraudolenta e addirittura proposto come ministro dell’Economia da Luigi Di Maio a Mattarella (secondo lui, il Quirinale ha smentito), ha un problema.
Un altro, verrebbe da dire.
Dovrà infatti smentire le tante risorse sul web (e i giornali come il Corriere della Sera) che lo danno come laureato in Scienze Politiche all’Università di Genova.
Siri, infatti, non è laureato — come ha scoperto il pregiatissimo cacciatore di titoli inesatti professor Riccardo Puglisi — come si evince dal DPR di nomina dei sottosegretari e viceministri del governo Conte, dove viene indicato solo come senatore e non anche come dottore, a differenza degli altri vice laureati.
Eppure fino a ieri la sua pagina di Wikipedia — che nel frattempo ha corretto -, un articolo del Corriere della Sera che risale al maggio scorso e alcuni siti internet parlavano della sua presunta laurea in Scienze Politiche.
Ad esempio il sito del PIN, Partito Italia Nuova che aveva fondato nel 2011 e nel frattempo naufragato, o alcuni piccoli siti umbri.
I siti in cui compare l’informazione errata della laurea sono risorse collegate a iniziative dello stesso Siri (e in uno della Lega viene chiamato “dottore”): chi ha fornito a loro (e al Corriere) l’informazione errata?
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 12th, 2018 Riccardo Fucile
SETTANNI HA PRESTATO CENTINAIA DI MIGLIAIA DI EURO AL CASSIERE DEL CLAN MAFIOSO PARISI
Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, appena nominato, ha dovuto risolvere il problema del
tribunale di Bari: l’edificio di via Nazariantz è a rischio crollo: costruito sulla sabbia e abusivo in alcune sue aree, è di proprietà dell’Inail, ed è stato dichiarato inagibile e le aule si sono trasferite in tende fatte montare nel cortile del Palazzo di Giustizia.
Il ministro ha prima sospeso le udienze fino al 30 settembre e poi ha svolto una ricerca di mercato che si è aggiudicata una società di proprietà di un amico di Gianpi Tarantini.
Il ministero ha quindi ordinato il trasferimento del Palazzo di giustizia di Bari in un immobile di proprietà di Giuseppe Settanni, l’«unico amico» di cui Tarantini si poteva fidare, l’uomo che ha prestato «centinaia di migliaia di euro» al cassiere del clan mafioso Parisi.
Spiegano oggi Giuliano Foschini e Francesca Russi su Repubblica:
Settanni è infatti amministratore della Sopraf srl, società di cui la sua famiglia è proprietaria al 50 per cento con l’imprenditore Roberto Patano. Sopraf è proprietaria dell’immobile appena scelto, al termine di una ricerca di mercato, dal ministero della Giustizia per ospitare gli uffici giudiziari penali di Bari che erano ospitati in tende da campo
Settanni deve essere un imprenditore di razza, uno di quelli che riesce a vedere nel futuro. Ha acquistato infatti il palazzo, sfitto da tempo, da un fondo pubblico, soltanto pochi mesi fa. Un acquisto che si è trasformato in un grande affare: il ministero dovrà infatti pagargli un milione e 200mila euro circa all’anno per i prossimi sei anni, salvo che non si trovi una soluzione definitiva in tempi più brevi.
D’altronde, del grande fiuto per gli affari di Settanni era certo il suo grande amico Gianpaolo “Gianpi” Tarantini, l’imprenditore barese che scalò Palazzo Chigi nel 2011 presentando prostitute all’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi
«Io ho solo un amico di cui potermi fidare – raccontava Tarantini ai magistrati che lo interrogavano – Pino Settanni».
E per questo si spese con lui: attraverso Walter Lavitola, il re dei facilitatori italiani, cercò di procurare all’imprenditore, che all’epoca lavorava nel mondo di rifiuti, un contatto per un appalto con Eni.
«Pino – diceva Tarantini – è così straricco che non ha bisogno. Mi diceva: “Se ti danno quello te la gestisci tu, ti faccio un contratto di direttore commerciale, ti prendi il compenso più alto e tu diventi completamente autonomo. Parliamo che potevo gestire cifre – almeno per quello che diceva lui – di 30, 40, 50mila euro al mese. E finalmente potevo svoltare».
Quelle di Lavitola erano però, come spesso gli accadeva, soltanto parole al vento: «Mi ripeteva sempre: “Sì, sì ho parlato con Scaroni, lo stiamo facendo”. Questo Pino, che non è uno scemo, diceva: “Gianpaolo, vedi che ti stanno prendendo in giro”». E così, infatti, era
Il nome di Settanni torna poi in un’altra indagine della procura di Bari, ma lui non è mai stato indagato: sentito come testimone, ha spiegato di aver prestato soldi a Michele Labellarte, imprenditore considerato il cassiere del clan Parisi.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 12th, 2018 Riccardo Fucile
SCOPPIA LA RISSA ALLA CAMERA,VOLANO SCHIAFFI TRA GLI EX AMICI DI FRATELLI D’ITALIA E LEGA… IMBARAZZO DEL MINISTRO BONAFEDE
Il tribunale di Bari rischia di trasferirsi in un edificio di proprietà di un imprenditore ritenuto vicino ad ambienti mafiosi, tanto da prestare soldi a quello che viene definito il presunto cassiere del clan Parisi.
Lo scrive Repubblica che, tracciando un profilo dell’imprenditore Pino Settanni (tra le altre cose definito da Gianpaolo Tarantini “l’unico amico”) ricorda che — dopo una ricerca di mercato — il ministero della Giustizia ha siglato un contratto con la società Sopraf (di Settanni) per una cifra intorno a un milione e 200mila euro all’anno fino al 2024.
E così ora, per il primo atto amministrativo del governo Conte che arriva in Parlamento dopo l’insediamento dell’esecutivo, si consuma il primo scontro tra maggioranza e opposizione.
Da una parte le opposizioni — il Pd in testa — che chiedono un rinvio del voto del decreto, che il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede riferisca in Aula e urla “Onestà , onestà “, evidentemente emulando quello che tante volte hanno fatto i parlamentari dei Cinquestelle.
Una questione che i due sottosegretari alla Giustizia presenti in Aula (Vittorio Ferraresi del M5s e Jacopo Morrone della Lega) non hanno chiarito rimanendo in silenzio per tutta la durata del dibattito.
Dopo un dibattito di oltre un’ora durante il quale è stato chiesto l’intervento risolutivo del ministro della Giustizia, Bonafede ha scritto su facebook che saranno effettuati “ulteriori approfondimenti”.
Dichiarazione che ha, se possibile, alzato ulteriormente la tensione finchè si è arrivati a una vera e propria bagarre nell’emiciclo con uno scontro fisico tra deputati di Fratelli d’Italia e della Lega.
Sono stati visti volare dei ceffoni, con conseguente sospensione dei lavori del presidente Fico. Nel frattempo dai banchi del Pd si è levato il grido: “Dimissioni, dimissioni!”.
Il sottosegretario Vittorio Ferraresi aveva appena iniziato a parlare, infatti, sostenendo di aver “sentito in quest’Aula delle inesattezze gravi, alcune anche con peso penale di cui ciascuno si assume la responsabilità ”.
Parole che hanno scatenato la reazione dell’opposizione. Emanuele Fiano (Pd) ha chiesto al presidente Fico di “richiamare formalmente il sottosegretario che ha minacciato i deputati. Lui non è qui a fare il pm, e non ha il diritto di minacciare”.
Nel frattempo, però, è iniziata una rissa a destra tra deputati di Fdi e della Lega. Fico richiama Marco Silvestroni e un altro deputato, e intervengono i commessi a separare la rissa in corso. Volano schiaffi e pugni e alla fine la seduta viene sospesa.
Il Pd chiede la convocazione urgente della conferenza dei capigruppo. “L’atteggiamento del governo è stato grave e serio”, ha detto il capogruppo Graziano Delrio, sostenendo che “la comunicazione del governo via Facebook è umiliante”. Alla richiesta di Delrio si è associato Francesco Paolo Sisto che ha chiesto “un richiamo esemplare” per il sottosegretario Ferraresi, perchè “qui non si minaccia nessuno”.
“Il governo qui è ospite”, ha ribadito Fabio Rampelli di Fdi stigmatizzando la “minaccia indirizzata verso il Parlamento ed i parlamentari. Va richiamato e basta”. L’incidente si è concluso con Fico che, chiarendo che il governo “qui non è ospite”, ha ricordato al sottosegretario Ferraresi che l’articolo 68 della Costituzione tutela la libertà di espressione e di parola di tutti i parlamentari senza temere risvolti penali.
Bonafede alla fine ha comunicato non in Aula nè attraverso i suoi sottosegretari, ma su facebook.
Dopo l’articolo di Repubblica il ministro ha chiesto “un ulteriore approfondimento“. “Ricordo a tutti — conclude Bonafede — che il decreto legge in discussione alla Camera non riguarda l’assegnazione dell’immobile ma la sospensione dei termini per permettere lo smantellamento delle tende”.
Dichiarazione che — letta in Aula dal capogruppo di Liberi e Uguali Federico Fornaro — non ha placato le opposizioni, anzi hanno suscitato ulteriori proteste.
“Le pare dignitoso — sostiene Alessia Morani, del Pd — che siamo qui a discutere e a chiedere con forza l’intervento del governo in Aula, nel frattempo fuori di qui Bonafede faccia dichiarazioni sul merito della nostra discussione?
Per restituire dignità alla discussione chiami Bonafede qui e chiarisca su questo immobile che è dirimente per noi”.
E rincara la dose Jole Santelli (di Forza Italia): “E’ uno schiaffo per Fico e per l’Aula da parte di un governo Stranamore”.
Dello stesso tenore gli interventi dei deputati di Fratelli d’Italia. “Sospenda l’aula — ha detto Walter Rizzetto rivolgendosi al presidente della Camera — Convochi la capigruppo e faccia in modo che il ministro della Giustizia Bonafede venga in aula a raccontare come stanno veramente le cose. Nella passata legislatura, davanti ad una vicenda così grave, lei con il suo gruppo, avrebbe occupato questa aula. Oggi, da Presidente della Camera e quindi da presidente di tutti i deputati, lei non può far finta di nulla e accettare che un ministro risponda sui social media alla richiesta di chiarezza che arriva dai gruppi parlamentari”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 12th, 2018 Riccardo Fucile
NON TUTTI NEL M5S SONO PRONI AI RAZZISTI CHE VIOLANO LE LEGGI INTERNAZIONALI
Il senatore del MoVimento 5 Stelle Gregorio De Falco, che sul tema ha una certa esperienza
(eufemismo), va all’attacco del ministro dell’Interno Matteo Salvini in un’intervista rilasciata al Tempo che prende spunto dal caso della nave Diciotti, in arrivo stamattina alle 8 a Trapani. De Falco aveva già criticato altre uscite del ministro in un’intervista al Fatto qualche giorno fa.
Alla fine i migranti della Diciotti vanno a Trapani. Era possibile impedirne lo sbarco come avrebbe preteso Salvini?
“No poichè siamo in presenza di una nave sulla quale sventola la bandiera della Marina Militare. Un pezzo dello Stato che risponde all’intera catena di Comando e controllo. Non a caso, gli esperti di diritto internazionale definiscono la nave militare come “territorio flottante”. A titolo pieno».
Salvini ha posto come precondizione allo sbarco, la garanzia che i presunti “dirottatori” scendano in manette. Vuol dire che per il vicepremier dovrebbero essere processati a bordo?
«Non so che cosa significhi esattamente l’affermazione».
Prima che i migranti salissero sulla Diciotti erano stati soccorsi dalla Vos Thalassa. Ma anche in questo caso alla nave era stato vietato l’approdo in Italia, perchè secondo Salvini l’imbarcazione avrebbe dovuto lasciare l’intervento alla guardia costiera libica. Ragionamento corretto?
«La regola è semplice. La nave che prende a bordo i naufraghi è il primo posto sicuro. Dopo di che, sotto l’autorità del soggetto responsabile del coordinamento dei soccorsi in mare, l’imbarcazione soccorritrice si deve dirigere verso il porto o il posto più sicuro».
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 12th, 2018 Riccardo Fucile
UNO DEI PICCOLI MIGRANTI CHE UN SEDICENTE “BUON PADRE DI FAMIGLIA” VORREBBE IN MANETTE
La foto è stata scattata dai volontari di Unicef. E’ uno dei “pericolosi delinquenti” – secondo Salvini – a bordo della Diciotti, con lui altri 66 naufraghi salvati da un cargo italiano a largo delle coste libiche.
Come non si possa vergognare un ministro, un uomo, un padre (è lo stesso Salvini a definirsi spesso così sui social) a trattare dei disperati così, a volerli in manette, è un mistero.
Intanto a Trapani, in attesa della nave Presidio antirazzista al grido “Restiamo umani” al molo Ronciglio di Trapani.
Magliette, bandane e cappelli rossi colorano il sit-in promosso da varie associazioni intenzionate a ribadire i valori dell’accoglienza anche in occasione dell’approdo della ‘Diciotti’ con 67 migranti. “Vogliono mettere muri – dice Maria Pia Erice, tra gli organizzatori – fra i migranti e le nostre città . Non ci stiamo. Facciamo un appello al M5s: conosciamo i valori di molti di voi, non fatevi trascinare da Salvini”.
“Sono i magistrati che decidono chi deve essere arrestato, non Salvini”, dice un manifestante.
(da Globalist)
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