Destra di Popolo.net

LA DENUNCIA DEL DEPUTATO PALAZZOLO, A BORDO DELLA OPEN ARMS: “MENTRE UNA MOTOVEDETTA LIBICA GIRAVA LA SCENA DEL SALVATAGGIO PERFETTO CON UNA TV TEDESCA, UN’ALTRA LASCIAVA IN MARE DUE DONNE E UN BAMBINO”

Luglio 18th, 2018 Riccardo Fucile

IL PARLAMENTARE DENUNCIA: “TENTATIVO DI DEPISTAGGIO, SALVINI COMPLICE DI QUESTI CRIMINALI”

Quello raccontato dalla giornalista della tv tedesca N-tv Nadja Kriewald e quello testimoniato dal video diffuso da Open Arms sarebbero “due interventi diversi, uno ad 80 miglia davanti ad al Khoms, l’altro davanti a Tripoli”.
Lo scrive su Twitter il deputato di Liberi e Uguali Erasmo Palazzotto, che era a bordo della nave Astral della ong spagnola: “Mentre una motovedetta girava la scena del salvataggio perfetto con una tv tedesca, un’altra lasciava in mezzo al mare 2 donne ed un bambino – racconta Palazzotto, per il quale la versione della giornalista tedesca non sarebbe altro che un “maldestro tentativo di depistaggio.”
Una versione che appare dunque in netto contrasto con quella data dalla Kriewald e dal collega freelance libico Emad Matoug, per i quali al termine delle operazioni di salvataggio delle 158 persone a bordo del gommone “non c’era più nessuno in acqua”. Il loro reportage sarà  trasmesso venerdì prossimo sull’emittente tedesca N-tv.
Ma Palazzotto rimane sicuro di quel che ha visto con i suoi stessi occhi, come raccontato ieri ad Huffpost: “Tra i rottami c’erano tre corpi 2 donne ed un bambino di circa 4 anni. Ci siamo accorti subito che una delle donne era ancora viva ed è partita la macchina dei soccorsi. Mentre ultimavamo il recupero dei cadaveri è arrivato il comunicato della Guardia Costiera libica che annunciava un salvataggio umanitario nel tratto di mare indicato. Si erano dimenticati di dire che avevano abbandonato lì 3 persone di cui almeno una sicuramente viva”
A sostegno della sua versione ci sarebbero “anche le registrazioni intercorse tra la marina libica e un barcone che ha segnalato il barcone alla deriva – racconta ancora Palazzotto al Corriere della Sera, che poi sferra anche un duro attacco al governo – “Il ministro Salvini è complice di questi criminali”.

(da “Huffingtonpost”)

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IL MINISTRO BONAFEDE SI SVEGLIA E PRENDE LE DISTANZE DA SALVINI: DIFENDE LE ONG E DIFFIDA DELLA GUARDIA COSTIERA LIBICA

Luglio 18th, 2018 Riccardo Fucile

“LE ONG FANNO UN LAVORO PREZIOSISSIMO, CON LORO NESSUNA GUERRA”… “L’ITALIA DEVE ACCERTARE CHE LA GUARDIA COSTIERA LIBICA RISPETTI I DIRITTI UMANI”

A sentir parlare Alfonso Bonafede non si può non notare l’imbarazzo rispetto alla posizione assunta dal suo Governo rispetto alle Ong e ai salvataggi dei migranti nel Mediterraneo.
Parole che marcano una distanza rispetto alla strategia di Matteo Salvini e che sono evidentemente più vicine alle critiche espresse più volte dal suo compagno di partito e presidente della Camera Roberto Fico.
Dopo l’ultimo naufragio nel Mediterraneo – e le immagini della donna salvata per miracolo dai volontari dell’Ong Open Arms – il ministro della Giustizia parla alla trasmissione di Rai 3 Agorà  Estate e ammette i suoi dubbi sui libici: “Non posso dire se ci si può fidare o meno della Guardia costiera libica. Il concetto di fiducia a livello di rapporti diplomatici con l’estero è un concetto che va applicato ai fatti. E cioè rispetto alla Guardia costiera libica il governo italiano fa il suo dovere cioè accertare, quando rientra nelle competenze italiane, che tutto si verifichi nel pieno rispetto dei diritti umani delle persone coinvolte”.
Dal Viminale era stata bollata come fake news l’affermazione dei volontari di Open Arms che, dopo aver recuperato in mare i corpi di una donna e di un bambino, avevano accusato la Guardia costiera libica di omissione di soccorso.
Ed ancora sulle Ong, Bonafede esclude che ci sia una guerra in atto, malgrado Salvini abbia annunciato la chiusura dei porti alle loro navi.
Le Ong, dice il Guardasigilli, “hanno fatto un lavoro preziosissimo”, nei loro confronti “non c’è nessuna guerra”.
Nonostante l’evidenza, però, per Bonafede sul tema immigrazione “il governo è stato compatto, e il presidente Conte ha dimostrato che si può davvero coinvolgere altri Paesi europei. Il messaggio non è ‘non li vogliamo’ ma è dire all’Europa ‘li accogliamo tutti?’. Da parte del governo non c’è nessun cinismo nè sottovalutazione dei diritti umani delle persone”.

(da “Huffingtonpost”)

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SENZA PAROLE: SALVINI E TONINELLI HANNO IMPEDITO LO SBARCO DEI CADAVERI DELLA MAMMA E DEL BIMBO AFFOGATI, NEANCHE IL RISPETTO PER I MORTI

Luglio 18th, 2018 Riccardo Fucile

ITALIA DISPOSTA SOLA A FAR SBARCARE IN ITALIA LA SOPRAVVISSUTA, OPEN ARMS A QUEL PUNTO HA GIUSTAMENTE DETTO: “ANDIAMO IN SPAGNA, L’ITALIA NON E’ PIU’ UN PORTO SICURO”… POI IL COMUNICATO: “NESSUNO PARLI DI FAKE NEWS, ABBIAMO TUTTO DOCUMENTATO, COMPRESO LA REGISTRAZIONE AUDIO TRA NAVI”

Open Arms si dirige verso la Spagna, con a bordo Josefa e i due cadaveri recuperati ieri nel Mediterraneo.
“Non riteniamo l’Italia un porto sicuro per noi e per la serenità  di Josefa”, afferma Riccardo Gatti della Ong spagnola.
L’Italia, racconta Gatti, aveva offerto il porto di Catania, ma solo per lo sbarco della sopravvissuta.
Tesi congfermata da Luigi Manconi che aveva avviato il dialogo con la guardia costiera italiana. «Solo per vicinanza e solidarietà  verso il lavoro della ong, ho fatto sapere ai massimi responsabili istituzionale che la ong avrebbe voluto fare trasbordare la donna su un loro mezzo. Insieme ai due poveri corpi, ovviamente», spiega. Ma dall’Italia arriva un nì: sì per le cure a Josefa, no per i due cadaveri.
A quel punto, autonomamente, la Open Arms decide di puntare verso le coste spagnole.
Sulle dichiarazioni di Matteo Salvini che ha bollato come fake news la ricostruzione di Open Arms che accusa le motovedette libiche di aver abbandonato migranti in mare, Gatti risponde: “Abbiamo documentato tutto, abbiamo sentito e conservato le conversazioni avvenute via radio”.

(da agenzie)

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LA BENZINA IN ITALIA COSTA DI PIU’ MA LE ACCISE RIMANGONO, NONOSTANTE LE PROMESSE ELETTORALI DI SALVINI

Luglio 18th, 2018 Riccardo Fucile

UN PIENO COSTA IL 13% IN PIU’ RISPETTO ALLA GERMANIA, SE DIESEL SI ARRIVA A PIU’ 18%… A TRE GIORNI DAL VOTO SALVINI AVEVA PROMESSO DI TAGLIARE 72 CENTESIMI DI TASSE

Nonostante la bonaccia degli ultimi giorni, un pieno di benzina in Italia continua a costare molto più che altrove.
L’Unione delle cooperative Uecoop denuncia che per ogni “pieno” al serbatoio, un automobilista italiano paga uno spread del 13% rispetto a un tedesco.
E se deve rabboccare a diesel, il differenziale alla pompa sale al 18%.
La stratificazione delle accise pesa parecchio sul conto finale. Sta di fatto che nell’Ue soltanto nei Paesi Bassi e in Grecia il rifornimento costa più che da noi. Un podio che ci vale anche la top ten a livello mondiale.
E allora non può che tornare in mente “l’impegno concreto, realizzabile, fattibile” di togliere le accise al primo consiglio dei ministri preso da Matteo Salvini durante la campagna elettorale e precisamente in un video pubblicato il primo marzo, a tre giorni dal voto. “Cosa faccio se vinco le elezioni? Faccio giustizia e taglio”.
Ovvero 72 centesimi in totale di tagli alle accise promessi da Salvini.
Il primo consiglio dei ministri del governo Conte si è già  celebrato da un po’, nel frattempo è arrivato anche il secondo, il terzo e così via.
Ma della promessa di tagliare le accise sulla benzina non c’è più traccia.

(da “NextQuotidiano”)

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DI MAIO ASSUME L’AMICA E COMPAESANA

Luglio 18th, 2018 Riccardo Fucile

ASSIA MONTANINO NOMINATA SEGRETARIO PARTICOLARE AL MISE A 72.000 EURO DI STIPENDIO, LAUREA IN ECONOMIA MA SENZA ESPERIENZE E CURRICULUM… LA REPLICA DI DI MAIO

Oggi il Giornale in prima pagina va all’attacco di Luigi Di Maio per la sua segretaria particolare assunta al ministero dello Sviluppo Economico, Assunta Montanino detta Assia.
L’accusa del quotidiano è di aver scelto una persona senza competenze particolari, al contrario del predecessore Carlo Calenda.
Nell’articolo a firma di Pasquale Napoletano si racconta che appena sbarcato al MISE, il capo politico dei Cinque stelle ha cominciato a piazzare gente fidata nei ruoli strategici della struttura ministeriale:
La prima nomina è andata a Vito Cozzoli, scelto da Di Maio come capo di gabinetto: Cozzoli, silurato da Carlo Calenda, è stato richiamato da Di Maio dopo l’esperienza con l’ex ministro Federica Guidi.
L’ultima poltrona è stata assegnata invece ad Assia (Assunta all’anagrafe) Montanino, 26 anni di Pomigliano D’Arco, il comune dell’hinterland napoletano da cui arriva Di Maio e dove vive la famiglia del ministro.
Sul sito del ministero è specificato che Montanino assumerà  l’incarico di «segretario particolare» del ministro. Quindi lo seguirà  dappertutto. […]
La fedeltà  grillina c’è. Manca, per ora, la trasparenza sul curriculum, che non è stato ancora pubblicato sul portale ministeriale.
Una laurea in Economia in tasca, ma sembra che la prescelta non abbia alle spalle alcuna esperienza in ruoli apicali. Esperienza che, al contrario, possedeva chi l’ha preceduta.
L’ex ministro Calenda aveva scelto come segretario particolare infatti David Maria Mariani: manager di lungo corso «sfornato» dalla Luiss, con esperienze a Poste italiane e in multinazionali in Brasile e Argentina.
Notizie facilmente recuperabili dal sito del ministero.
Del curriculum di Montanino invece non c’è traccia. Un mistero? Forse la spiegazione è più semplice: i comunicatori del M5S hanno fatto sparire ogni traccia riconducibili al «segretario particolare»: foto, video e notizie che potrebbero non essere in linea con competenza e meritocrazia.
Il quotidiano racconta che Assia Montanino è stata candidata alle comunali del 2015 con il M5S a Pomigliano raccogliendo 170 voti e sfiorando l’elezione. Era nella lista di Dario De Falco, oggi vero braccio destro di Di Maio. E lo stipendio?
Nel decreto di nomina del segretario particolare del ministro è stabilito un compenso annuo di 72.398,69, applicando il trattamento di responsabile di ufficio previsto dall’ art. 7, comma 1 — lettera c del D.P.R. 198/2008.
È l’importo percepito dall’ex segretario di Calenda, e che dovrebbe intascare anche l’ex attivista grillina. «Perchè — spiegano al Giornale fonti del Mise — non è possibile ridurre il compenso (contenuto in un decreto) se non per legge».
Luigi Di Maio replica a il Giornale:”Non ho mai conosciuto una persona più onesta e leale di lei”, ha scritto Di Maio in un post pubblicato su Facebook. La dottoressa Assia Montanino l’ho conosciuta 5 anni fa. È la figlia di un commerciante che ha denunciato i suoi usurai e ho avuto modo di conoscerla quando sono stato a far visita al padre per portargli la mia solidarietà . Era una giovane universitaria a cui decisi di dare una opportunità  di tirocinio presso la mia segreteria di vice presidente della Camera. Negli anni si è distinta per la sua capacità  di gestire situazioni complesse di segreteria. E posso assicurarvi che non ho mai conosciuto una persona più onesta e leale di lei. Vergognatevi”.
Resta il fatto che il curriculum non è stato pubblicato.

(da agenzie)

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DECRETO DIGNITA’, CONFINDUSTRIA PIU’ PESSIMISTA DI BOERI: “FRENA CRESCITA E LAVORO, EFFETTI PEGGIORI DI STIMA INPS”

Luglio 18th, 2018 Riccardo Fucile

CRITICA A RITORNO CAUSALI CHE AUMENTANO IL CONTEZIOSO, PUNITIVO SU DELOCALIZZAZIONI, ECCESSIVO SU SPOT GIOCHI

Il punto più critico del Decreto Dignità , secondo Confindustria, è il ritorno delle causali nei contratti a termine.
Se il Parlamento non correggerà  questa misura, il rischio concreto è che le stime dell’Inps sull’impatto del provvedimento dell’occupazione siano conservative.
Il ritorno delle causali, esponendo le imprese “all’imprevedibilità  di un’eventuale contenzioso, finisce nei fatti per limitare a 12 mesi la durata ordinaria del contratto a tempo determinato, generando potenziali effetti negativi sull’occupazione oltre quelli stimati nella Relazione tecnica al decreto (in cui si fa riferimento a un abbassamento della durata da 36 a 24 mesi)” afferma il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci in audizione, chiedendo modifiche ad una disciplina “pregiudizievole” per il mercato del lavoro.
“È necessario – ha proseguito la rappresentante degli industriali – modificare le misure contenute nel decreto-legge sulla disciplina dei contratti a termine, che sono inefficaci rispetto agli obiettivi dichiarati e potenzialmente pregiudizievoli per il mercato del lavoro”. Le riforme degli anni scorsi, ha ricordato Panucci, “avevano contribuito ad abbattere le cause di lavoro sui contratti a termine, passate da oltre 8.000 nel 2012 a 1.250 nel 2016)”.
Secondo Confindustria, più in generale, il Decreto Dignità  “pur perseguendo obiettivi condivisibili” rende “più incerto e imprevedibile il quadro delle regole” per le imprese “disincentivando gli investimenti e limitando la crescita”.
Per le imprese occorre “evitare brusche retromarce sui processi di riforma avviati” e vanno approvati “alcuni correttivi”, che intervengano sulle causali per i contratti a termine e sulle norme ora “punitive e poco chiare” sulle delocalizzazioni.
Nel dettaglio Confindustria chiede di cancellare le causali “almeno fino a 24 mesi”, che sono “il punto più critico, aumentano il contenzioso e non sono una vera tutela per il lavoratore” e di “chiarire la natura non incrementale dell’aumento di 0,5 punti percentuali del contributo addizionale per ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, evitando così un incremento irragionevole e sproporzionato dei costi a carico dei datori di lavoro”.
Vanno poi riviste le norme in materia di somministrazione, “esonerando il contratto a tempo determinato tra l’agenzia per il lavoro e il lavoratore dall’indicazione delle causali, nonchè dalla disciplina degli intervalli temporali tra la stipulazione di un contratto a tempo determinato e il successivo”.
Panucci ha sottolinea anche che il raddoppio dell’indennità  in caso di licenziamenti illegittimi “rischia di scoraggiare le assunzioni a tempo indeterminato” oltre a “non trovare riscontro sul piano comparato” visto che quello minimo (4 mesi) “è quadruplo rispetto a quello di Francia, Germania e Spagna; mentre l’indennizzo massimo (24 mesi) è superiore a quelli di Francia (20 mesi) e Germania (18 mesi)”.
È il presupposto, secondo Confindustria, a essere sbagliato.
“Il confronto internazionale mostra che l’incidenza del lavoro temporaneo in Italia (16,4% del totale dell’occupazione dipendente nel primo trimestre 2018) è in linea con il dato medio dell’Eurozona (16,3%), come lo è anche il tasso di transizione a 12 mesi dai contratti a termine ai contratti a tempo indeterminato (pari a circa il 20%)”.
I dati “non appaiono corroborare quei “fenomeni di crescente precarizzazione in ambito lavorativo” che le modifiche contenute nel Decreto Dignità  intendono contrastare”.
Panucci ha osservato comunque che “è vero che che il tasso di transizione è più basso che in passato (era quasi il 30% nell’immediato pre-crisi) e al di sotto di quello tedesco (30,3%)”. Ma “l’unica strada per migliorare le transizioni è agire sul costo del lavoro per il tempo indeterminato, sul cuneo fiscale, i dati mostrano che quando c’è una riduzione netta le imprese preferiscono questa forma di lavoro”.
Critiche da Confindustria anche alle misure sulle delocalizzazioni, perchè non distinguono quelle buone da quelle selvagge che “vanno contrastate.
La richiesta di Confindustria al Parlamento è quella di intervenire “attenuando il regime sanzionatorio perchè, oltre la restituzione di 4 volte il beneficio ottenuto, è prevista anche una sanzione amministrativa da 2 a 4 volte il beneficio”.
Per Panucci, il rischio è di ‘overshooting’, cioè di esagerare nella sanzione.
Da rivedere, secondo Confindustria, anche le norme sul contrasto alla ludopatia, che sono condivisibili “ma il divieto assoluto della pubblicità  ci sembra eccessivo”. Quelle prese di mira dal documento “sono attività  lecite – sostiene – che se troppo vincolate rischiano di dare spazio a quelle illecite”.
Secondo Panucci, “si potrebbero immaginare meccanismi differenti, chiarendo meglio gli spot. La pubblicità  ha un valore informativo”.

(da “Huffingtonpost”)

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IL PIANO DEL GOVERNO: REGOLARIZZARE GLI IMMIGRATI ECONOMICI COME AI TEMPI DI MARONI

Luglio 18th, 2018 Riccardo Fucile

CONTRORDINE PADAGNI: TRA POCO I MIGRANTI DIVENTERANNO UNA RISORSA ANCHE PER SALVINI… BASTA PORTARE I FLUSSI LEGALI DA 30.000 A 100.000 E IL GIOCO E’ FATTO (E IL VECCHIETTO PUO’ AVERE LA BADANTE E L’AZIENDA LA MANODOPERA MANCANTE)

Era il 24 giugno quando il presidente del Consiglio e avvocato del Popolo Giuseppe Conte all’indomani del Consiglio Europeo presentava la sua fantastica e originalissima European Multilevel Strategy for Migration.
Così fantastica che al vertice dei capi di governo dell’Unione Europea venne deciso tutt’altro.
Tra i vari punti della strategy di Conte c’era quello riguardante il contrasto dei movimenti secondari dei migranti all’interno dei paesi europei.
Veniva inoltre ribadito il principio che ogni Stato aveva la prerogativa di stabilire quote d’ingresso per i cosiddetti migranti economici.
Sulla Stampa di oggi Federico Capurso racconta un retroscena che riguarda proprio questi due temi della strategia di Conte.
Nei giorni scorsi il ministro degli interni tedesco Seehofer ha minacciato una stretta sui movimenti secondari.
Berlino e Vienna si sono trovate d’accordo sul “rispedire al mittente”, ovvero al nostro Paese, i migranti che varcano la frontiera del Brennero per andare in Austria e in Germania.
Per risolvere il problema il governo starebbe quindi pensando ad una regolarizzazione dei migranti che non rientrano tra coloro che hanno diritto al riconoscimento dello status di rifugiato politico o ad altre forme di protezione (sulla protezione umanitaria e sui finti profughi Salvini ha già  fatto sapere come la pensa).
L’idea sarebbe quella di inserire i richiedenti asilo, vale a dire i migranti che dopo essere arrivati via mare chiedono l’asilo politico, tra le categorie che possono beneficiare del decreto flussi previsto dalla Legge Bossi-Fini che regola le quote d’ingresso dei cittadini extracomunitari in Italia.
Queste quote vengono decise annualmente in base al decreto flussi.
Per il 2018 la presidenza del consiglio dei ministri ha stabilito (a dicembre 2017) che la quota massima di lavoratori non comunitari subordinati, stagionali e non stagionali, e di lavoratori autonomi che avrebbero potuto fare ingresso nel nostro Paese era pari a 30.850 persone (12.850 lavoratori subordinati non stagionali e 18.000 stagionali).
Per fare un confronto, otto anni prima, con il decreto flussi 2010 (relativo al 2011) l’Italia aveva aperto le porte   a 100 mila lavoratori extracomunitari.
Una vera e propria “invasione” che qualcuno definì una sanatoria mascherata e che fu voluta dall’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni.
Dieci anni fa, nel 2008 (sempre durante il medesimo governo Berlusconi) il decreto flussi aveva messo il tetto a 150 mila ingressi.
Il precedente governo (Prodi) aveva fissato il limite degli ingressi ad un massimo di 170.000 lavoratori extracomunitari.
Il governo insomma starebbe prendendo atto di quanto detto nei giorni scorsi dal presidente dell’Inps Tito Boeri che aveva sollevato la questione dei contributi versati dai lavoratori di origine straniera spiegando che sono fondamentali per il sostentamento del nostro sistema pensionistico.
Un’ipotesi duramente rigettata da Salvini ma alla quale i numeri danno ragione.
E non è solo l’Inps a chiedere di aumentare le quote.
Il presidente della Comunità  di Sant’Egidio Marco Impagliazzo ha raccontato di aver incontrato il presidente del Consiglio al quale ha detto che il blocco del decreto flussi crea un problema per le badanti che si occupano degli anziani italiani:«Le badanti non vengono più e questo è un problema per gli anziani.
Senza di loro, senza l’assistenza domiciliare o senza la creazione di forme alternative di co-housing non possono più stare a casa loro e c’è un tasso di mortalità  in aumento».
Secondo Sant’Egidio nel nuovo decreto flussi c’è bisogno di «non meno di 50 mila visti per motivi di lavoro». Anche Confindustria vedrebbe di buon occhio un nuovo decreto flussi con quote aumentate, perchè avrebbe maggiore disponibilità  di lavoratori.
Anche Emma Bonino qualche tempo fa aveva proposto di risolvere il problema dell’afflusso via mare dei migranti (non tutti sono rifugiati) con una sanatoria regolarizzando i migranti economici.
In questo modo si potrebbe far emergere il lavoro sommerso e di conseguenza anche aumentare l’ammontare dei contributi versati.
Inoltre non essendoci più la necessità  di rimpatriare gli irregolari lo Stato risparmierebbe tempo e denaro; anche perchè non tutti gli stati di provenienza hanno sottoscritto accordi per il rimpatrio assistito.
Senza contare che una regolarizzazione consentirebbe agli immigrati di trovare un impiego stabile e quindi farebbe perdere l’attrattiva non solo al lavoro nero ma anche alle offerte lavorative della criminalità  organizzata, che cerca manodopera proprio tra coloro che a causa della mancanza di un permesso di soggiorno non possono lavorare onestamente.
Il nodo della questione naturalmente è la Lega. In questi anni Salvini ha battuto sul tasto dell’invasione facendo credere agli italiani che i circa 100 mila ingressi all’anno costituissero un pericolo e facessero parte di un piano di sostituzione etnica.
Ma ancora una volta la storia può venire in aiuto della Lega, non risulta infatti che nessun leghista si sia lamentato quando Maroni aveva fatto entrare 100 mila lavoratori extracomunitari.
E nulla dissero i “padani” quando nel 2002 un altro governo Berlusconi (con Maroni al dicastero del Lavoro) regolarizzò 200 mila extracomunitari la maggior parte dei quali (come si evince dalla cartina qui sopra) nelle provincie e nelle regioni del Nord. Insomma, in Italia non sono i buonisti a riempirci di immigrati, non lo possono fare perchè la destra e i “sovranisti” si mettono subito a strepitare.
Ma quando un governo di destra fa sanatorie e regolarizzazioni nessuno fiata.
E allora chi sono i veri fautori dell’invasione?

(da “NextQuotidiano”)

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NADJA KRIEWALD, “LA TESTIMONE” DEL VIMINALE CHE NON SMENTISCE NULLA

Luglio 18th, 2018 Riccardo Fucile

HA ASSISTITO SOLO A UNA OPERAZIONE DI SALVATAGGIO, MA NON PUO’ DIRE CHE SIA LA STESSA, ANCHE PERCHE’ IL CORPO DI UN BIMBO ANNEGATO IN QUEL CASO E’ STATO RECUPERATO (E ANCHE IN QUEL CASO IL GOMMONE E’ STATO AFFONDATO E NON PUO’ DIRE CHE NON CI FOSSE NESSUNO ANCORA A BORDO)

Ieri sera il Viminale aveva annunciato un’altra versione dei fatti sulla vicenda della madre e del bimbo trovati morti nel Mar Mediterraneo da Proactiva Open Arms, che ieri ha salvato una donna superstite (Josephine) e accusato la Guardia Costiera libica e il governo italiano di essere responsabili del naufragio e dei decessi.
Le fonti (anonime) del Viminale hanno parlato in serata di fake news da parte della ONG e annunciato che   “verrà  resa pubblica la versione di osservatori terzi”, ovvero un cronista europeo che ha seguito l’operazione dei libici, e quindi sarà  smentito che “i libici non avrebbero fornito assistenza”.
In serata, ma dopo i tg e non in tempo per essere pubblicata sui giornali, arriva la testimonianza di Nadja Kriewald, giornalista tedesca della tv RTL, esperta di esteri, che da alcuni giorni è inviata in Libia.
La sua testimonianza arriva non direttamente ma attraverso il collega di Rtl in Italia   Udo Gà¼mpel, che la pubblica su Facebook.
Ma si tratta di una testimonianza che non aggiunge nulla, in quanto lei stessa non è in grado di dire se l’operazione a cui assistito è quella “incriminata”, mentre conferma l’affondamento di un gommone (ma non si sa quale) e il rtrovamento di un piccolo cadavere morto da tempo (che non può essere quello delle foto di Opne Arm, morto da poche ore a giudizio dei medici
Lunedì sera, racconta Nadja, era a bordo di una nave della Guardia costiera libica da dieci ore.
«Era molto buio, e posso parlare dal mio punto di vista. Intorno alle 22/23 ora locale, fuori dalle acque territoriali libiche, la nave dei militari di Tripoli sulla quale mi trovavo ha raccolto un’imbarcazione in difficoltà : decine di migranti allo stremo. Almeno da quello che ho visto io, nessuno dei migranti, in tutto 165 – 119 uomini, 34 donne, 12 bambini, oltre a un altro bimbo già  morto, che poi ho preso in braccio – si è rifiutato di salire a bordo. Erano contenti di esser stati salvati ma allo stesso tempo delusi: speravano di essere in Italia. Ma ripeto, da quello che ho visto io, mi pare che nessuno si sia rifiutato di salire a bordo. Solo dopo», continua Kriewald, «la guardia costiera libica ha affondato l’imbarcazione. Non so se qualcuno fosse caduto precedentemente in mare, ma mi è parso che non ci fosse più nessuno a bordo».
La testimonianza di Nadja Kriewald con il suo nome e cognome viene pubblicata soltanto da Repubblica e dal Messaggero.
Il Corriere della Sera riporta la versione della Guardia Costiera libica:
«Era presente una troupe della tv tedesca Rtl che ha filmato tutto. Nella notte tra lunedì e martedì siamo intervenuti per un gommone in panne a largo di Garabulli. Aveva 165 persone a bordo, tra cui 34 donne e 12 bambini. Abbiamo recuperato anche il corpo di una bimba che aveva meno di un mese. Chiedete a i tedeschi, che hanno potuto vedere da vicino le difficoltà  in cui operiamo, con la scarsità  di mezzi, soprattutto per le operazioni di soccorso notturno…».
Intanto Repubblica racconta che nel pomeriggio l’ex senatore del Pd, Luigi Manconi, a dialogare con la guardia costiera italiana. «Solo per vicinanza e solidarietà  verso il lavoro della ong, ho fatto sapere ai massimi responsabili istituzionale che la ong avrebbe voluto fare trasbordare la donna su un loro mezzo. Insieme ai due poveri corpi, ovviamente», spiega. Ma dall’Italia arriva un nì: sì per le cure a Josefa, no per i due cadaveri. A quel punto, autonomamente, la Open Arms decide di puntare verso le coste spagnole.
Troppo pesante il clima in Italia, troppo alto il rischio di atteggiamenti non collaborativi.
Un clima incandescente su cui calano numeri avvilenti. “Nonostante dall’inizio del 2018 il numero di migranti arrivati in Spagna e in Italia sia uguale, nelle acque spagnole si contano 294 morti, in quelle della rotta italiana 1.108. Sono quasi quattro volte di più”, conclude il quotidiano.

(da “NextQuotidiano“)

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“PERDONACI FRATELLO MIGRANTE”

Luglio 18th, 2018 Riccardo Fucile

LA LETTERA DEI FRATI DI ASSISI: “SIAMO DIVENTATI CINICI E CREDULONI A PRESUNTE MINACCE DI INVASIONE. RESTIAMO UMANI, RESTIAMO APERTI”

Fratello migrante, brucia l’acqua salata sulla tua ferita. La ferita che è stata lasciata aperta dalla carneficina del Mediterraneo, inghiottiti per sempre dall’acqua, la stessa che la fa bruciare. Anche io mi sento responsabile.
Un cortocircuito d’umanità  aggravato — come ha dichiarato papa Francesco nel suo primo viaggio a Lampedusa — dalla “globalizzazione dell’indifferenza che ci ha tolto la capacità  di piangere”. Vorrei piangere con te, ma non basterebbe a rimarginare la ferita.
Siamo assuefatti, siamo diventati cinici e creduloni a presunte minacce di invasione, dimenticando che l’intera storia dell’uomo è stata (e lo sarà  sempre) segnata da flussi migratori. Quello attuale verso l’Italia non è tra i più numerosi, ma sembra sufficiente a provocare il panico che serve da pilastro a una ininterrotta campagna elettorale. Perdonaci fratello migrante se troviamo mille scuse che ci portano a dire “prima gli italiani e poi gli altri”. Se penso che i nostri nonni ci hanno reso grandi migrando sulle coste statunitensi
Una nave carica di persone è stata tenuta in ostaggio in mezzo al mare, impedendone l’approdo a un porto sicuro.
Scatenando un tifo da stadio, esultando perchè abbiamo avuto la capacità  di “alzare la voce e farci sentire dall’Europa”.
Non è così. Un gesto del genere è stato dimostrazione di crudeltà : abbandonare uomini, donne e bambini in balia dei flutti, in un braccio di ferro che ha stremato queste persone, non è “alzare la voce”.
Perdonaci se non riusciamo più a leggere la realtà  con obiettività : il rapporto fra italiani e profughi è di 2,4 stranieri ogni 100 abitanti, il più basso in tutta Europa.
Ecco perchè perdiamo la nostra umanità  quando non siamo più in grado di capire che i migranti, prima di essere tali, sono persone fatte “a Sua immagine”, proprio come ognuno di noi.
Noi che rimbalziamo il nostro pensiero nell’etere regolato dalla comunicazione social, leggiamo quello degli altri, affidandoci a poche parole, senza andare in profondità . Perdiamo la nostra umanità  quando siamo complici di questo scempio dei diritti umani che imprigiona persone in una sorta di limbo, che contribuisce a far considerare l’altro come scarto dell’umanità .
Sulle navi, in mezzo al mare, ci sono individui che si portano dietro una sequenza ininterrotta di perdite, fino a vivere il dramma di essere naufraghi. Hanno perso la patria, l’ambiente e il tessuto sociale in cui sono nati e dove si erano guadagnati il loro posto nel mondo; non riescono a ritrovarne una nuova. Sono apolidi.
Vivono in una dimensione di vuoto in cui è impossibile essere classificati. Non hanno più un posto nel mondo e tra gli uomini. Descrizione che Hannah Arendt ha delineato in “Noi profughi”, testo in cui racconta la sua condizione: senza una casa, senza un lavoro, una lingua, senza parenti, ma decisa a rifarsi una vita altrove.
Quando scegliamo di chiudere i porti stiamo negando a chi già  ha perso molto, quasi tutto. Quando esultiamo perchè qualcuno decide di chiudere i porti stiamo negando un futuro.
La sbandierata “svolta del cambiamento” si pone ora come una soglia, un margine sottile che ci divide da una tragica perdita di umanità , in cui si potrebbe perdere di vista il valore della vita, a prescindere dal colore della pelle. Non siamo poi così diversi da quelle donne e quegli uomini che lasciamo in mezzo al mare.
Non sono numeri da gestire e condividere con gli Stati membri dell’Unione Europea, ma uomini, donne e bambini da accogliere come fratelli e sorelle insieme agli altri governi. “E chiunque verrà  da loro, – san Francesco diceva ai suoi frati – amico o avversario, ladro o brigante, sia ricevuto con bontà ” (Fonti Francescane). Oggi Francesco direbbe fratello migrante.
Restiamo umani, restiamo “aperti”. È questo il percorso che abbiamo indicato nell’ultimo numero della rivista San Francesco.

Ufficio stampa Frati francescani Assisi
(da “Huffingtonpost”)

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