Novembre 20th, 2018 Riccardo Fucile
ALLA VIGILIA DELLA BOCCIATURA IN EUROPA, DOMINA IL SILENZIO DELLE ISTITUZIONI, SERVIVA MAGGIORE PRESENZA DEL QUIRINALE
La cronaca di una bocciatura annunciata, ed esemplare, è, al tempo stesso, la cronaca di un
tentativo certo difficile, certo dai margini strettissimi, andato male.
Detta in modo un po’ brutale, il capo dello Stato, su tutta questa delicata partita della manovra, ha posto in essere, nelle condizioni date, una sorta di operazione di limitazione del danno: senza mai ricorrere al repertorio di moniti, reprimende e richiami allarmati, e senza mai fare da cassa di risonanza ai moniti, reprimende e richiami allarmati altrui, si chiamino Junker o Moscovici, ha tenuto un profilo collaborativo col governo, confidando che venisse aperto un negoziato serio con l’Europa.
La famosa “mediazione”, auspicata, sobriamente sollecitata come un aiuto perchè è importante “tenere i conti in conti in ordine”, ma mai come un rimprovero in nome del “ce lo chiede l’Europa”, vissuta, nell’era sovranista, come un arcigno vincolo esterno che mina la sovranità popolare.
Speranza affidata non solo a un’incrollabile fede, ma anche all’azione della cosiddetta ala dialogante del governo, da Moavero e Tria, sensibile alle preoccupazioni “istituzionali”.
È inutile girarci attorno. La storia sta andando nella direzione del danno illimitato: bocciatura annunciata, con lo spread che oggi tocca quota 335 punti base, e la grande fuga degli investitori dai nostri titoli di Stato.
Perfino le famiglie, chiamate dai dioscuri del sovranismo ad acquistare l’oro della patria hanno abbandonato i Btp, il che fa facilmente prevedere che i rendimenti sui titoli e lo spread sono destinati ad aumentare.
E i “dialoganti” sono spariti o precipitati nella beffa di un ministro dell’Economia che dopo aver promesso una linea del Piave sul deficit, pare Cadorna a Caporetto, che difende chi lo ha sconfitto.
Ecco: la “bestia” non è stata addomesticata, i presunti ragionevoli, nel governo sono al guinzaglio dei due leoni del sovranismo (è prevedibile che comanda chi ha i voti), nell’opinione pubblica la voce di una solida cultura repubblicana ed europeista non solo non è risvegliata, ma è soffocata nelle fanfare dei tweet e del nuovo pensiero dominante, al punto da non essere percepita.
Non stiamo parlando dell’invocazione di un contropotere, da insediare al Quirinale. Ma della vitalità del messaggio e del modo stesso con cui si interpreta il ruolo, perchè nell’epoca moderna è ineludibile il tema dell’opinione pubblica e l’interesse nazionale si difende anche spiegando cosa sia.
La presidenza della Repubblica sembra essere, essa stessa, parte della crisi.
Ma davvero non c’era niente che le massime istituzioni non potessero fare di più? Davvero era inevitabile essere stretti nell’alternativa tra non firmare la manovra e sperare che un’impennata dello spread faccia impaurire il governo e indurlo a miti consigli?
Da giorni, raccontano i frequentatori del Colle, l’umore di Sergio Mattarella è plumbeo, non mascherato neanche dai sorrisi di circostanza nel corso della cena al Quirinale con l’Emiro del Qatar.
Un vecchio europeista e un uomo delle istituzioni serio come Mattarella non può assistere senza sofferenza allo sgretolamento dell’edificio in cui ha creduto.
Senza alcuna retorica: la situazione è grave.
E non può non investire il tema del ruolo che intenderà agire nelle prossime settimane il capo dello Stato adesso che la crisi italiana è arrivata al dunque.
Ed è questo l’oggetto di ragionamenti, discussioni, confronti anche tra i collaboratori più stretti.
C’è chi sostiene che, di fronte a questo scenario, non si può non cambiare registro rispetto a questi mesi, perchè lo impongono il momento e l’opportunità di non essere accusato, un domani, di eccessiva prudenza o pilatismo.
E chi, invece, ritiene sbagliato di caricarsi di una responsabilità che, per intero, riguarda il governo e lo renderebbe il capro espiatorio di tutte le tensioni, il “grande Nemico” contro cui scaricare la narrazione perfetta del “noi volevamo fare, questo e quest’altro, ma ce lo hanno impedito i poteri forti, l’Europa e il capo dello Stato”.
È un dilemma estremo che, dopo la bocciatura e il gran falò dei mercati, diventerà ancora più bruciante.
Sabino Cassese, sul Foglio di oggi, ha argomentato come è assai complicato per un capo dello Stato, non firmare la legge di bilancio (non ci sono precedenti), una volta approvata dal Parlamento. E rimandarla alle Camere: “Ci penserà due volte — scrive Cassese — perchè in questo caso si dovrebbe ricorrere all’esercizio provvisorio (sempre benefico per l’equilibrio di bilanci, sempre pericoloso per le reazioni dei mercati”)”.
Ci sono anche altre scuole di pensiero, sia come sia prima di tutto c’è il dilemma politico se fare o meno, della presidenza della Repubblica, anche in condizioni difficili, un soggetto attivo nella crisi prima che lo impongano, inevitabilmente, le circostanze.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 20th, 2018 Riccardo Fucile
PARADOSSALE: E’ STATO FATTO L’OPPOSTO DI QUELLO CHE ERA STATO ANNUNCIATO
Alla fine, l’unica pace fiscale che manca è proprio quella per chi ha dichiarato fedelmente al Fisco le imposte che doveva e poi non è riuscito a pagarle.
Sembra paradossale, ma è così.
Per mesi e mesi, sia prima che dopo le elezioni, i due leader politici e attuali vicepremier hanno ripetuto fino allo sfinimento che ci sarebbe stata la pace fiscale non per gli evasori che non avevano dichiarato al Fisco i loro debiti, ma per i contribuenti onesti che avevano dichiarato e poi non erano riusciti a pagare.
Il risultato è stato un DL Fiscale in cui c’è la pace fiscale per tutti, tranne che per quelli per cui era stato promesso che ci sarebbe stata.
Se non hai dichiarato e la Guardia di Finanza ti ha beccato con un processo verbale di constatazione, puoi definirlo con azzeramento di sanzioni e interessi (Articolo 1 del Decreto).
Se non hai dichiarato e l’Agenzia delle Entrate ti ha beccato con un avviso di accertamento, puoi definirlo in comode rate e con azzeramento di sanzioni e interessi (Articolo 2 del Decreto).
Se non hai dichiarato e, dopo essere stato beccato e accertato hai anche già ricevuto una cartella esattoriale dall’ex Equitalia, puoi definirlo in comode rate e con azzeramento di sanzioni e interessi (Articolo 3 del Decreto).
Se invece hai dichiarato e, non avendo pagato ciò che hai fedelmente dichiarato, ricevi l’avviso bonario a pagare con sanzione del 10%, non meriti alcuna pace fiscale e devi pagare anche la sanzione.
All’inizio, quando il Governo ha mandato in Gazzetta Ufficiale il Decreto, si era pensato a una clamorosa distrazione, tra manine galeotte e crisi di nervi tra alleati, posto che così avveniva l’esatto contrario di quanto era sempre stato detto, oltre che di quanto sarebbe stato ragionevole fare. Ieri è però emerso che in questo caso le manine e le distrazioni non c’entrano, perchè il Governo ha espressamente respinto gli emendamenti volti ad estendere la pace Fiscale agli avvisi bonari, sulla base della considerazione che “costa troppo”.
Bella scoperta: certo che costa ed è proprio per questo che rappresenta un (costoso) aiuto ai contribuenti che hanno fedelmente dichiarato i propri debiti e non sono poi riusciti a pagarli.
Se non costasse, non sarebbe un aiuto, ma un condono come quelli che producono anzi gettito, perchè spingono i contribuenti a definire e versare ciò che non avevano dichiarato.
Insomma, da ieri è ufficiale: pace fiscale per tutti coloro che non hanno dichiarato ciò che secondo Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate avrebbero dovuto dichiarare; nessuna pace fiscale per chi ha dichiarato e poi non ha pagato quanto da lui stesso onestamente dichiarato come suo debito verso l’Erario.
Dire una cosa, ripeterla mille volte, poi fare l’esatto opposto. Strabiliante.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 20th, 2018 Riccardo Fucile
LA SITUAZIONE SI STA FACENDO DRAMMATICA, GLI ITALIANI SE NE ACCORGERANNO PRESTO
“Ovviamente sono preoccupato”, per lo spread. Così continua a ripetere il ministro
dell’economia Giovanni Tria a chiunque gli chieda spiegazioni per il costante aumento del costo del denaro in Italia.
Lo ripete almeno da tre mesi e da quando ha presentato a fine settembre l’aggiornamento del Def (Documento di economia e finanza) continua a dire che lo spread dovrà scendere una volta che il mercato si sarà accorto che un rapporto Deficit/Pil del 2,4% non è la fine del mondo.
E invece sta succedendo l’esatto contrario, più il mercato percepisce che i conti dell’Italia non stanno in piedi, più escono dal paese, vendendo titoli di Stato o semplicemente non comprandoli più.
E così facendo spingono lo spread, cioè il differenziale di tasso di interesse tra titoli di Stato italiani e tedeschi, sempre più in alto.
Una spirale negativa che ormai si sta autoalimentando.
La reazione scomposta del sottosegretario Giorgetti di martedì sera fa capire lo sconcerto che serpeggia nella compagine di governo: “Lo spread a 326? Speriamo che si vieti finalmente la vendita allo scoperto anche in Italia”.
Martedì 20 novembre lo spread ha superato quota 330 punti, non succedeva dal 2013, e sembra incorporare la bocciatura della Ue alla manovra italiana, che arriverà nella giornata di mercoledì 21.
Se anche si mantenesse su questi livelli, senza crescere ulteriormente, la situazione italiana diventerebbe ben presto esplosiva.
Lo spread troppo alto impatta su due pilastri che tengono in piedi il sistema bancario: dal lato della raccolta di liquidità sul mercato, che diventa più cara, e sul fronte patrimoniale, poichè crea dei buchi di bilancio per la perdita di valore dei titoli di Stato che gli istituti di credito hanno in pancia.
Strette in questa tenaglia le banche non possono far altro che aumentare i tassi sui prestiti a famiglie (credito al consumo, mutui) e imprese, creando una sorta di credit crunch e rallentando l’economia, che infatti sta entrando in una fase di crescita minima se non recessione.
Si tratta di una spirale negativa che è stata innescata nel maggio scorso quando i due partiti usciti vincitori dalle elezioni, Lega e M5S, hanno cominciato a parlare di possibile uscita dall’euro creando preoccupazione tra gli investitori e incrinando la fiducia nella capacità di tenuta dei conti pubblici.
Con un debito arrivato al 132% del Pil l’Italia purtroppo non può permettersi manovra finanziarie espansive finanziate in deficit (quindi con ulteriore debito pubblico), ma Salvini e Di Maio per accontentare i loro elettori hanno sfidato le leggi che hanno governato l’economia finora.
Hanno spinto il ministro dell’Economia Giovanni Tria, che non ha saputo opporsi, a presentare una legge di bilancio con un deficit di 23 miliardi che porta il debito strutturale a salire dello 0,8% invece che scendere dello 0,1%.
Nella speranza che questi soldi, spesi nel reddito di cittadinanza, nel fare andare le persone in pensione prima e per estendere la flat tax a commercianti, professionisti e piccoli imprenditori, potessero portare in breve tempo a una crescita dell’economia capace di riequilibrare tutto.
Ma così non sta succedendo, la crescita dello spread e i suoi effetti devastanti hanno un effetto molto più rapido delle misure espansive o supposte tali.
In poche parole i nostri governanti hanno sbagliato i conti e a pagare il conto sono tutti gli italiani, già in questi giorni. Salvini e Di Maio speravano di arrivare indenni alle elezioni europee di maggio 2019 dicendo ai propri elettori che hanno mantenuto le promesse fatte in campagna elettorale e quindi sono degni di essere rivotati, al contrario dei politici dei precedenti governi.
Ma la situazione gli sta franando addosso molto più velocemente di quel che pensavano.
Il muro contro muro con la Ue non fa che peggiorare questa situazione di isolamento dell’Italia e riduce giorno dopo giorno la fiducia degli investitori nei confronti dell’Italia.
Inoltre, fatto ancora più grave, anche i risparmiatori italiani stanno voltando le spalle al governo italiano. Il dato degli ultimi due giorni, sull’asta dei Btp Italia, che è stato accolto con molta freddezza dagli investitori al dettaglio, è un segnale molto preoccupante.
L’operazione, segnalava Unicredit in una preview dell’emissione, “costituirà un importante test per l’appetito domestico interno al debito sovrano italiano ai rendimenti attuali”.
Una domanda scarsa potrebbe essere “presa come un segno che gli investitori al dettaglio non forniranno un grande sostegno ai Btp l’anno prossimo e ciò potrebbe esercitare ulteriori pressioni sui Btp”. Al contrario una domanda al di sopra delle attese potrebbe avere un effetto benefico sui titoli di stato italiani e sui Btp in particolare.
Purtroppo solo adesso qualcuno tra i 5Stelle comincia ad accorgersi che la situazione si sta facendo molto difficile.
“E’ un dato che fa riflettere e che credo sia in un quadro complessivo che richiede molta attenzione, perchè ci interessa il bene del paese”, ha commentato martedì il sottosegretario alle autonomie regionali Stefano Buffagni, esponente del Movimento 5 Stelle.
“Di certo non siamo degli scapestrati senza ratio” ha aggiunto. “Mi auguro che ci sia la possibilità di aprire un dialogo costruttivo con l’Unione europea che non sia solo uno scambio di lettere, ma che sia concreto”.
Peccato che il dialogo non c’è per colpa delle autorità italiane mentre lo spread continua a lievitare.
E cosa succederà nel 2019 quando il Tesoro dovrà andare a vendere titoli di Stato per oltre 250 miliardi di euro senza l’appoggio della Banca centrale europea che a fine anno terminerà il proprio programma di acquisti sul mercato?
Il ministro Tria al di là di esternare la sua preoccupazione non riesce a far niente per opporsi alla deriva in cui il governo sta trascinando l’Italia.
Non riesce a imporre la sua linea, il suo peso specifico è nullo in questo governo e la sua credibilità nei confronti dei mercati è vicina allo zero.
Dal canto suo il ministro Savona, considerato in Europa come l’economista che ha acceso la miccia dell’uscita dall’euro, in questi giorni si mostra stupefatto e preoccupato per come si sta mettendo la situazione dell’Italia.
Salvini e Di Maio non sanno far altro che ripetere che la manovra non cambia e che lo scontro con la Ue è inevitabile.
Avanti di questo passo questo governo passerà alla storia per aver portato l’Italia alla bancarotta, un governo del cambiamento, in peggio.
(da “Business Insider”)
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Novembre 20th, 2018 Riccardo Fucile
CON IL RIALZO DELLO SPREAD E’ CRESCIUTO IL COSTO DEI PRESTITI A FAMIGLIE E IMPRESE: COME LEGA E M5S METTONO LE MANI NELLE TASCHE DEGLI ITALIANI
Il conto del caro-spread inizia a farsi sentire anche sui nuovi finanziamenti chiesti in banca, sebbene i parametri europei a cui sono legati i mutui per l’acquisto di casa godano ancora della bonaccia garantita dalla Bce di Mario Draghi e dalla sua presenza sul mercato (Euribor a 3 mesi -0,32). Eppure qualcosa nei meccanismi delle banche inizia a muoversi.
A certificarlo è la stessa Abi, l’associazione delle banche italiane, che nel suo rapporto di novembre segnala come (nel mese di ottobre) “il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni è risultato pari a 1,87% (1,80% a settembre 2018, 5,72% a fine 2007)”, dopo aver annotato che “si registra un incremento dei tassi di interesse sulle nuove operazioni di finanziamento, risentendo dell’aumento dello spread nei rendimenti dei titoli sovrani”.
Iniziano ad accorgersene anche le aziende: “Il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è risultato pari a 1,60% (1,45% il mese precedente; 5,48% a fine 2007)”
Il peggioramento delle condizioni non deve allarmare tutti indistintamente: chi ha già un mutuo in essere a tasso fisso – come la maggior parte di quelli accesi negli ultimi tempi – è al riparo dalle oscillazioni. Quelli legati invece al tasso variabile si devono preoccupare dell’Euribor e non dello spread tra Btp e Bund, quindi scrutare nelle intenzioni della Bce (l’Euribor riflette le aspettative sui tassi d’interesse) più che il grafico dei titoli di Stato.
Ma il discorso è diverso per i nuovi finanziamenti, che vengono costruiti con una voce legata allo ‘spread’ applicato dalle banche sul costo del finanziamento stesso e che riflette il caro della raccolta che si accompagna all’aumento del differenziale tra titoli di Stato.
Anche sul fronte della raccolta si segnalano tensioni. “Il rendimento delle nuove emissioni di obbligazioni è risultato in sensibile aumento nel corso degli ultimi mesi, risentendo dell’aumento dello spread nei rendimenti dei titoli sovrani”, afferma l’Abi. A settembre 2018 si registra “un valore pari a 1,71% rispetto al valore minimo di 0,56% registrato a maggio 2018”.
Si tratta di rilevazioni su ammontari non molto rilevanti, spiega il vice direttore generale Gianfranco Torriero, ma “che danno il segnale di un cambiamento di rotta del mercato”.
Per quanto riguarda la dinamica dei prestiti, l’Abi ha censito ancora una crescita annua dell’1,9%, e – sulla base degli ultimi dati relativi a settembre 2018 – conferma la crescita del mercato dei mutui. L’ammontare totale dei mutui in essere delle famiglie registra una variazione positiva di +2,3% su base annua.
Per la qualità del credito in pancia alle banche, “le sofferenze nette (cioè al netto delle svalutazioni e accantonamenti già effettuati dalle banche con proprie risorse) a settembre 2018 si sono attestate a 39,8 miliardi di euro; un valore inferiore rispetto ai 40,5 miliardi del mese precedente e in forte calo, -47 miliardi, rispetto al dato di dicembre 2016 (86,8 miliardi). In 21 mesi si sono quindi ridotte di oltre il 54%. Rispetto al livello massimo delle sofferenze nette raggiunto a novembre 2015 (88,8 miliardi), la riduzione è di 49 miliardi, oltre il 55%”.
(da agenzie)
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Novembre 20th, 2018 Riccardo Fucile
BUFERA GIUDIZIARIA AL COMUNE DI VALTOURNENCHE, QUATTRO ARRESTI
C’è anche un candidato del Movimento 5 stelle alle scorse elezioni regionali in Valle d’Aosta
tra i 15 indagati dalla procura di Aosta per un giro di corruzione in appalti pubblici.
Si tratta dell’ingegnere Paolo Carotenuto, di 65 anni, che è accusato di ‘tentata corruzione elettorale’: secondo l’accusa avrebbe chiesto un sostegno elettorale in cambio di servizi.
Nella bufera giudiziaria è finito il comune di Valtournenche.
Il cardine delle indagini è Fabio Chiavazza, all’epoca dei fatti responsabile dell’ufficio tecnico del Comune.
Questa mattina è stato arrestato dai carabinieri di Aosta su ordine del gip. Altri tre imprenditori sono finiti ai domiciliari e altri quattro sono indagati con misure cautelari minori. Chiavazza è accusato di aver pilotato numerosi appalti contattando per le gare ditte amiche da cui riceveva offerte preventivamente concordate, un giro d’affari da 70mila euro, secondo l’accusa.
Sotto la lente della procura, indagato a piede libero, è finito anche Federico Maquignaz, presidente della Cervino Spa, la società che gestisce gli impianti sciistici di Cervinia. Maquignaz e Chiavazza, secondo l’accusa avrebbero concordato l’appalto per la ristrrutturazione di un immobile di proprietà della Cervino Spa.
In particolare Chiavazza ha operato per “consentire un intervento che modificava strutturalmente in modo completo l’immobile preesistente per quanto riguarda volumetria, sagoma ed elementi tipologici”.
Nell’inchiesta dei carabinieri di Chatillon e Saint-Vincent, coordinata dal pm Luca Ceccanti, sono sei gli appalti finiti sotto indagine.
Tra questi anche quello per il completamento della variante di Etroubles e Saint-Oyen. La gara era stata indetta dall’Anas. Nei guai sono finiti tre ingegneri tra cui Andrea Benincasa di Caravacio, torinese, accusato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente.
Secondo gli investigatori avrebbe presentato una delle offerte per pilotare l’appalto per conto di una società di cui fa partr del consiglio di amministrazione. Per lui il gip ha disposto l’obbligo di dimora e di firma. I tre imprenditori edili finiti ai domiciliari sono Loreno Maurizio Osvaldo Vuillermin, di 68 anni, Renza Dondeynaz di 64 e Ivan Vuillermin, 44 anni, tutti di Challand Saint Victor.
(da agenzie)
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Novembre 20th, 2018 Riccardo Fucile
“SE AVESSIMO COMMESSO ANCHE UN SOLO REATO, PERCHE’ LA POLIZIA NON CI HA MAI FERMATO?”
“Rigettiamo le accuse e siamo indignati” A spiegarlo è Gabriele Eminente, direttore generale di Medici Senza Frontiere Italia, in una conferenza stampa oggi a Roma sul sequestro preventivo della nave Aquarius per presunte irregolarità nello smaltimento dei rifiuti di bordo.
“L’accusa di traffico illecito di rifiuti ci sembra francamente spropositata — dice Eminente -. Con 5 navi umanitarie abbiamo gestito 200 sbarchi in tre anni di operazioni in mare e soccorso 80.000 persone. E proprio lo sbarco è uno dei momenti più controllati dalle forze dell’ordine, tant’è vero che può durare ore. Abbiamo messo in piedi un traffico illegale di rifiuti sotto gli occhi della autorità più di 200 volte?”.
“Msf non si sente al di sopra di qualsivoglia giudizio tanto meno al di sopra della magistratura. La nostra storia è fatta di un rapporto proattivo con le istituzioni italiane e anche con la magistratura e tribunale di Catania”, dopo gli accertamenti avviati sulle ong e sulle operazioni di soccorso in mare all’inizio del 2017 avviati proprio da Catania.
E per questo “sono due anni – ha proseguito il direttore Msf Italia – che la nostra attività è scandagliata”.
In particolare l’accusa all’ong di traffico illecito di rifiuti “è singolare”
Il direttore generale ha fatto anche notare che il traffico avrebbe prodotto un “illecito profitto di poco più l’1 per cento di quanto Msf ha impegnato in tre anni per fare in mare un’attività di ricerca e soccorso. E avremmo messo in piedi un sistema così rischioso per un tale profitto?”.
(da agenzie)
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Novembre 20th, 2018 Riccardo Fucile
“ESSERE RAPPRESENTATI DA PERSONE COME TE E’ UN’OFFESA, SEI UN MENTITORE SERIALE”
Hanno scelto una data simbolica, quella della Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia, per
spedire simbolicamente al ministro Luigi Di Maio una lettera aperta. “Con riferimento al contratto tra lo Stato italiano e la multinazionale ArcelorMittal per la cessione dell’acciaieria Ilva, lei, a nostro parere, ha commesso errori, ritrattato, tradito sia la filosofia del suo movimento, sia quella parte del popolo italiano che ingenuamente aveva voluto credere alle dichiarazioni sue e dei candidati tarantini, questi ultimi da lei mai smentiti”, scrivono i Genitori tarantini al leader M5s richiamando le innumerevoli dichiarazioni di volontà di chiudere l’Ilva espresse durante le visite sul territorio da parte dell’allora vice-presidente della Camera e di altri rappresentanti pentastellati. Poi, la storia è cambiata e proprio nel ministero del vicepremier si è trovato l’accordo tra i sindacati e gli acquirenti del gruppo siderurgico che ha formalmente dato il via libera alla cessione degli impianti.
L’accusa: “Frasi da mentitore seriale”
Così approfittando del 20 novembre, data scelta dall’Unicef come giornata per sensibilizzare sul tema dei diritti violati nell’infanzia, l’associazione di Taranto ha scritto una durissima lettera al vicepremier, ripercorrendo tutte le tappe e gli incontri intercorsi dalla formazione del governo alla firma dell’intesa che ha consegnato lo stabilimento jonico nelle mani del gruppo ArcelorMittal: “Durante l’incontro da lei organizzato con le Associazioni tarantine — aggiunge il movimento — le ricordammo, tra le altre cose, che è principale dovere della Repubblica tutelare la salute come diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività , dandole un assist, con qualche mese di anticipo, per impugnare il contratto di cessione dell’Ilva”.
Poi ricordano come Di Maio abbia spiegato il via libera ad Arcelor (‘Abbiamo ottenuto il miglior risultato possibile nelle peggiori condizioni possibili’) bollando quell’espressione come una frase “che passerà alla storia come affermazione di un mentitore seriale”.
“Avete rotto il giocattolo”
Il miglior “risultato possibile — proseguono i Genitori Tarantini — sarebbe stato, per un ‘governo del cambiamento’, rispettare il dettato costituzionale in ogni suo articolo”. E invece, insistono nella lettera, “ci arrivano, ora, notizie riguardanti un aumento della produzione, in barba a quella valutazione preventiva del danno sanitario ed ambientale pretesa dalle Associazioni e dai cittadini di Taranto e mai presa in considerazione”. Per questo, attaccano, “riteniamo un’offesa inaccettabile per l’intera nazione essere rappresentati da persone come lei, signor Di Maio”.
E ricordando anche quanto avvenuto con il Tap, i Genitori tarantini insistono: “Siete fatti così, purtroppo: come bambini che hanno chiesto a Babbo Natale un ministero e sono stati accontentati, siete riusciti a rompere il giocattolo già prima che arrivasse Santo Stefano”
“Fai un Vergogna-day”
“Noi continueremo a difendere i diritti dei nostri figli avvalendoci di tutti gli articoli della Carta costituzionale contro chi alla salute e alla salubrità dell’ambiente antepone la logica dei “poteri forti”.
Anche contro questo governo”, scrivono invitando il vicepremier dopo i ‘Vaffa-day’ ad organizzare “’Vergogna-day’, da riproporre ogni giorno della vostra vita” perchè “quando un bambino si ammala, soffre ed infine muore — concludono i Genitori tarantini — l’intera Repubblica democratica italiana dovrebbe abbassare gli occhi ed interrogarsi per capire se davvero tutto quello che si poteva fare è stato fatto”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 20th, 2018 Riccardo Fucile
ALLA MAGGIORANZA MANCANO 106 VOTI, I LEGHISTI SONO 121… L’EMENDAMENTO SALVA 4 LEGHISTI CONDANNATI O SOTTO PROCESSO
“Onestà , onestà ”. Un grido che per una volta non arriva dai banchi del Movimento 5 stelle, ma da quelli di Forza Italia. Una provocazione quella dei berlusconiani visto che per la seconda volta in sette giorni il governo è stato battuto in Parlamento.
E questa volta non è successo in commissione al Senato, come successo per dl Genova.
Ma alla Camera dove l’aula di Montecitorio stava esaminando quello che è un provvedimento bandiera del M5s: il ddl Anticorruzione. Solo che la maggioranza è stata battuta con il voto segreto.
Una beffa doppia: perchè l’emendamento in questione è firmato da Catello Vitiello, ex M5S eletto quand’era già stato espulso per la sua appartenenza alla massoneria e ora nel gruppo misto.
Ma soprattutto introduce un colpo di spugna per chi è accusato di peculato: in pratica la stessa norma presentata dalla Lega in commissione, poi ritirata, è ricomparsa in Aula dove è stata approvata con 284 voti a favore e 239 contrari.
Alla maggioranza, quindi, mancano 106 voti: la Lega ha 121 deputati. Già quando c’erano da votare agli emendamenti precedenti — con il governo si era salvato con 15 preferenze di scarto — si notavano vistosi buchi sui banchi del Carroccio.
“Che dire: si è mandato un segnale al Movimento 5 stelle”, dice un deputato della Lega alle agenzie.
Dopo poco arriva il commento del leader: “Voto in aula assolutamente sbagliato. La posizione della Lega la stabilisce il segretario. Il provvedimento arriverà alla fine come concordato dalla maggioranza”, dice il ministro dell’Interno.
Come dire: il numero uno del Carroccio non era informato del voto dei suoi stessi deputati. Che curiosamente, però, hanno votato una legge molto simile all’emendamento salva ladri già depositata — e poi accantonata — in commissione. L’emendamento 1.272 di Vitiello, però, alleggerisce non solo il peculato, ma anche l’abuso d’ufficio.
La norma in pratica modifica l’articolo 314 e il 323 del codice penale.
Il primo disciplina il peculato e si trasformerebbe in questo modo: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la autonoma disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, salvo che tale distrazione si verifichi nell’ambito di procedimento normato da legge o regolamento e appartenga alla sua competenza, è punito con la reclusione da 4 anni a 10 anni e 6 mesi“.
Il secondo disciplina l’abuso d’ufficio e si trasformerebbe in questo modo: “La pena non può essere inferiore a due anni se il fatto del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio consiste nella appropriazione mediante distrazione di somme di denaro o di altra cosa mobile altrui delle quali ha il possesso o comunque la autonoma disponibilità per ragione del suo ufficio o servizio, nell’ambito di un procedimento disciplinato da legge o regolamento che appartenga alla sua competenza”.
Che cosa vuol dire? Semplice: attualmente è colpevole di peculato il pubblico ufficiale che utilizza denaro pubblico destinato al suo ufficio.
Con l’emendamento della Lega viene punito solo il pubblico ufficiale che maneggia denaro pubblico destinato al suo ufficio ma il cui uso non sia regolato da norme interne.
Un esempio? Il capogruppo di un partito in Regione o comune, che gestisce i fondi pubblici destinati al funzionamento del gruppo. Siccome si tratta di soldi il cui utilizzo è normatizzato da un regolamento interno, nel caso in cui dovesse usare quel denaro per scopi diversi da quelli previsti dalla legge non sarebbe colpevole di peculato. In pratica non sarebbe più possibile contestare il reato tipico di tutte le inchieste sulle “spese pazze” dei gruppi politici. Insomma quell’emendamento è un vero e proprio “salvaladri”.
E che farebbe comodo a molti amministratori locali nei guai della giustizia.
Compresi molti leghisti: come il viceministro ai Trasporti Edoardo Rixi, imputato per le “spese pazze” in Regione Liguria nel 2012: per lui l’accusa ha chiesto una condanna a tre anni e quattro mesi.
O il capogruppo a Montecitorio Riccardo Molinari, invece, ha addirittura una condanna in appello a undici mesi per la Rimborsopoli in Piemonte.
O ancora il collega deputato Paolo Tiramani (a un anno e 5 mesi) e l’ex governatore Cota ha una condanna in secondo grado a un anno e sette mesi.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 20th, 2018 Riccardo Fucile
IN DUE GIORNI RACCOLTI APPENA 722 MILIONI, CONTRO I 9 MILIARDI PREVISTI… TROPPO COMODO: LI AVETE VOTATI, ORA SONO CAZZI VOSTRI, PRECIPITATE CON LORO
“Sono convinto che gli italiani siano pronti a darci una mano”. Era il 9 ottobre e Matteo Salvini
manifestava così tutto il suo ottimismo nonostante uno spread a 299 punti.
Poco più di un mese dopo, il differenziale tra i Btp italiani e i Bund tedeschi ha sfondato quota 335.
E gli italiani? Hanno lasciato cadere nel vuoto l’appello del vicepremier leghista. Basta guardare l’esito funesto dei primi due giorni dell’asta dei Btp Italia – quelli destinati ai piccoli risparmiatori – per capire quanto profonda sia la crepa che si è aperta con il governo gialloverde. È una crepa di fiducia.
Parlano i numeri e sono numeri eloquenti, negativi perchè l’asta dei Btp Italia sta registrando un andamento drammatico.
In due giorni sono stati raccolti appena 722 milioni: 241 oggi, 481 milioni ieri.
Solo per dare un riferimento dell’entità del crollo basta pensare che il Tesoro si aspetta di incassare tra i 7 e i 9 miliardi alla fine dell’operazione: mancano due giorni e i primi due si sono conclusi con un flop.
Chi ha paura del rischio Italia, ora, sono i cassettisti. Sono i piccoli risparmiatori che comprano titoli di Stato a lunga scadenza e senza obiettivi speculativi.
È il nocciolo duro della fiducia nei confronti della solidità economica del Paese. È o meglio era perchè questa fiducia si sta frantumando sotto i colpi dello spread e di uno scontro cieco sulla manovra tra Roma e Bruxelles, alla vigilia di un sempre più probabile avvio della procedura d’infrazione.
È un doppio cambio di passo quello che hanno registrato i mercati oggi nei confronti dell’Italia. Perchè lo spread – che da tre settimane si era attestato sulla pur sempre critica soglia dei 300 punti – ha registrato un nuovo sobbalzo, toccando quota 336 punti per ripiegare leggermente, alla fine, a 327 punti.
I tassi dei titoli decennali sono arrivati a toccare il 3,86 per cento: sono soldi pubblici in più che vanno in fumo, quelli che il ministero dell’Economia deve sborsare per finanziare il debito. Piazza Affari in rosso (-1,87%), titoli bancari a picco.
È in questa cornice che i piccoli risparmiatori hanno alzato le mani di fronte alla possibilità di acquistare i titoli del Tesoro offerti a condizioni vantaggiose. L’appetibilità non è bastata.
Perchè? Francesco Pratesi, capo analista di Martingale Risk, spiega a Huffpost: “Il Btp Italia tende a risentire, più degli altri Btp, dei problemi della credibilità dell’Italia sui mercati”.
Il punto è il rischio che non vuole correre chi si trova a sottoscrivere questa tipologia di titoli di Stato. E non è un rischio legato alle condizioni di offerta o ai vantaggi. Tutt’altro.
Ancora Pratesi: “I Btp Italia non sono fatti per il trading, per giocare cioè con lo spread e la curva. Sono titoli per i cassettisti, cioè quelli che si mettono gli investimenti nel cassetto e contano di godere presto delle cedole, cioè dell’incasso. Sono risparmiatori che comprano questi titoli aspettando la scadenza o comunque li tengono per qualche anno”.
Il profilo di chi sottoscrive il Btp Italia si lega, quindi, a una maggiore attenzione al rischio. “Un conto – sottolinea ancora l’analista di mercato – è il rischio legato a un titolo che puoi dismettere in qualsiasi momento, un altro è quello legato a un titolo che ti tieni fino a scadenza. Magari a fine scadenza possono succedere mille cose o, anche prima, ci potrebbe essere per l’Italia il rischio di dovere ristrutturare il proprio debito”.
A influire in questo clima di incertezza e di paura sono lo spread e la manovra. Quanto l’andamento della curva del differenziale tra i titoli italiani e quelli tedeschi sia legato anche ai Btp Italia lo spiega Alessandro Tarello, gestore obbligazionario di Columbia Threadneedle Investments: “L’allargamento di circa 20 punti di base dello spread negli ultimi due giorni è spiegato dal risultato dell’asta ma è consistente con la valutazione della sostenibilità del debito italiano”.
*La legge di bilancio, arrivata al nodo cruciale del giudizio della Commissione europea, ha un peso altrettanto importante: “Nel braccio di ferro che si è innestato tra Roma e Bruxelles – spiega Pratesi – non sembra esserci spazio per una soluzione: nella sostanza non c’è un millimetro di disponibilità a variare il contenuto della manovra, nè l’entità nè la sua composizione. Così i mercati si spaventano perchè a loro piacciono situazioni di accordo, soluzioni, compromesso, non l’incertezza e la modalità inedita di rigidità con cui l’Italia si sta rivolgendo all’Europa”.
Torniamo ai numeri perchè con la lente d’ingrandimento posizionata sui grafici delle sottoscrizioni odierne si capisce bene la grande ritirata dei piccoli risparmiatori. Il Btp Italia ha una finestra di collocamento aperta ieri, lunedì 19 novembre, e che si chiuderà giovedì 22: i primi tre giorni destinati al retail, cioè ai risparmiatori, e il quarto agli investitori istituzionali.
Nel giorno dell’esordio di questa che è la 14esima emissione il risultato è stato più che deludente: sono stati raccolti, infatti, 481,35 milioni, meno della metà dell’obiettivo potenziale. Ancora peggio oggi: appena 241,e milioni.
Per rispettare le aspettative del Tesoro, che punta a incassare tra i 7 e i 9 miliardi, bisognava arrivare già ieri a oltre 1 miliardo. Si è arrivati a meno della metà : mai successo prima.
È andata così male che solo nel 2012 si fece peggio nella prima giornata, quando l’incasso fu di 218 milioni.
Se si guarda all’andamento di tutte le altre collocazioni, però, è ben evidente il flop di quest’ultima. Alcuni esempi: a ottobre 2012 si incassarono 18,01 miliardi, a novembre 2013 si arrivò a 22,27 miliardi.
Più vicino ad oggi e se si vuole prendere come riferimento un periodo delicato dal punto di vista politico-governativo: maggio 2018, Italia ancora senza un nuovo esecutivo dopo l’esito del voto del 4 marzo.
Nella prima giornata si arrivò a incassare 2,3 miliardi, cioè quasi cinque volte di più rispetto alla prima giornata dell’emissione attuale.
Buoni del Tesoro con scadenza a quattro anni, i Btp Italia sono titoli “indicizzati all’inflazione italiana” e pensati soprattutto per le esigenze del mercato dei piccoli risparmiatori. Forniscono all’investitore una protezione contro l’aumento dei livelli dei prezzi italiani. Le cedole – cioè quanto si guadagna – offrono un tasso reale annuo minimo garantito, che è pari all’1,45 per cento, eventualmente ritoccabile al rialzo al termine del collocamento. Vantaggiosi sono anche i tempi di pagamento delle cedole: sei mesi.
Fonti in ambiente finanziario parlano di un rischio Btp che “si mantiene su livelli elevati”.
Ancora lo spread e la manovra: “L’allargamento dello spread di questi giorni – spiegano le stesse fonti – si inserisce all’interno di un movimento ribassista dei mercati finanziari che tradizionalmente penalizza i titoli più fragili e quindi anche il Btp. Anche la diserzione unilaterale dalle regole europee sulla sostenibilità della finanza pubblica contribuiscono a tenere i titoli italiani sotto pressione assieme al merito di credito del Paese e delle banche Italiane”.
Quali sono i rischi? Le stesse fonti mettono in guardia: “il collocamento difficile del Tesoro potrebbe suonare come un campanello d’allarme per il fabbisogno futuro che da inizio 2019 non potrà più contare sugli acquisti della Bce. La speranza di aumentare la quota domestica di investitori nel Btp non sembra al momento sortire l’effetto sperato. Viene spontanea una domanda: o chi continua ad essere favorevole al governo nei sondaggi è nullatenente oppure, pur apprezzandolo, non gli fa credito neppure a tassi più vicini a quelli greci che a quelli portoghesi”.
L’impatto del flop dei Btp Italia è anche – come si diceva – una questione politica. Perchè quella che si sta svolgendo in questi giorni è la prima emissione di un titolo da parte del governo gialloverde. E i risultati rendono evidente quale è il grado di fiducia che lega i piccoli risparmiatori all’offerta messa in campo. La crepa rischia di diventare una voragine.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: economia | Commenta »