URLANO ONESTA’ E SALVANO I LADRI, COLPO DI SPUGNA PER GLI IMPUTATI DI PECULATO
ALLA MAGGIORANZA MANCANO 106 VOTI, I LEGHISTI SONO 121… L’EMENDAMENTO SALVA 4 LEGHISTI CONDANNATI O SOTTO PROCESSO
“Onestà , onestà ”. Un grido che per una volta non arriva dai banchi del Movimento 5 stelle, ma da quelli di Forza Italia. Una provocazione quella dei berlusconiani visto che per la seconda volta in sette giorni il governo è stato battuto in Parlamento.
E questa volta non è successo in commissione al Senato, come successo per dl Genova.
Ma alla Camera dove l’aula di Montecitorio stava esaminando quello che è un provvedimento bandiera del M5s: il ddl Anticorruzione. Solo che la maggioranza è stata battuta con il voto segreto.
Una beffa doppia: perchè l’emendamento in questione è firmato da Catello Vitiello, ex M5S eletto quand’era già stato espulso per la sua appartenenza alla massoneria e ora nel gruppo misto.
Ma soprattutto introduce un colpo di spugna per chi è accusato di peculato: in pratica la stessa norma presentata dalla Lega in commissione, poi ritirata, è ricomparsa in Aula dove è stata approvata con 284 voti a favore e 239 contrari.
Alla maggioranza, quindi, mancano 106 voti: la Lega ha 121 deputati. Già quando c’erano da votare agli emendamenti precedenti — con il governo si era salvato con 15 preferenze di scarto — si notavano vistosi buchi sui banchi del Carroccio.
“Che dire: si è mandato un segnale al Movimento 5 stelle”, dice un deputato della Lega alle agenzie.
Dopo poco arriva il commento del leader: “Voto in aula assolutamente sbagliato. La posizione della Lega la stabilisce il segretario. Il provvedimento arriverà alla fine come concordato dalla maggioranza”, dice il ministro dell’Interno.
Come dire: il numero uno del Carroccio non era informato del voto dei suoi stessi deputati. Che curiosamente, però, hanno votato una legge molto simile all’emendamento salva ladri già depositata — e poi accantonata — in commissione. L’emendamento 1.272 di Vitiello, però, alleggerisce non solo il peculato, ma anche l’abuso d’ufficio.
La norma in pratica modifica l’articolo 314 e il 323 del codice penale.
Il primo disciplina il peculato e si trasformerebbe in questo modo: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la autonoma disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, salvo che tale distrazione si verifichi nell’ambito di procedimento normato da legge o regolamento e appartenga alla sua competenza, è punito con la reclusione da 4 anni a 10 anni e 6 mesi“.
Il secondo disciplina l’abuso d’ufficio e si trasformerebbe in questo modo: “La pena non può essere inferiore a due anni se il fatto del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio consiste nella appropriazione mediante distrazione di somme di denaro o di altra cosa mobile altrui delle quali ha il possesso o comunque la autonoma disponibilità per ragione del suo ufficio o servizio, nell’ambito di un procedimento disciplinato da legge o regolamento che appartenga alla sua competenza”.
Che cosa vuol dire? Semplice: attualmente è colpevole di peculato il pubblico ufficiale che utilizza denaro pubblico destinato al suo ufficio.
Con l’emendamento della Lega viene punito solo il pubblico ufficiale che maneggia denaro pubblico destinato al suo ufficio ma il cui uso non sia regolato da norme interne.
Un esempio? Il capogruppo di un partito in Regione o comune, che gestisce i fondi pubblici destinati al funzionamento del gruppo. Siccome si tratta di soldi il cui utilizzo è normatizzato da un regolamento interno, nel caso in cui dovesse usare quel denaro per scopi diversi da quelli previsti dalla legge non sarebbe colpevole di peculato. In pratica non sarebbe più possibile contestare il reato tipico di tutte le inchieste sulle “spese pazze” dei gruppi politici. Insomma quell’emendamento è un vero e proprio “salvaladri”.
E che farebbe comodo a molti amministratori locali nei guai della giustizia.
Compresi molti leghisti: come il viceministro ai Trasporti Edoardo Rixi, imputato per le “spese pazze” in Regione Liguria nel 2012: per lui l’accusa ha chiesto una condanna a tre anni e quattro mesi.
O il capogruppo a Montecitorio Riccardo Molinari, invece, ha addirittura una condanna in appello a undici mesi per la Rimborsopoli in Piemonte.
O ancora il collega deputato Paolo Tiramani (a un anno e 5 mesi) e l’ex governatore Cota ha una condanna in secondo grado a un anno e sette mesi.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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