Novembre 21st, 2018 Riccardo Fucile
SI LAVORA SOTTOTRACCIA A UN GOVERNO DI CENTRODESTRA CON SALVINI PREMIER E CON L’APPOGGIO DI UNA CINQUANTINA DI ASCARI CHE TEMONO LE ELEZIONI
Più indizi non fanno una prova, però danno un’idea. 
E il primo è la sigaretta di Salvini, che ha ricominciato a fumare. In cortile gira su se stesso come un leone in gabbia, attaccato a telefono. Scontroso. Chiede di stare da solo. Esce, entra. Nervoso.
Perchè sull’Anticorruzione si gioca la tenuta della maggioranza.
E chissà se un altro indizio è ciò che Luigi Di Maio ripete ai suoi analizzando, per l’ennesima volta, la dinamica dell’incidente di martedì sera, quando una fronda nella Lega ha mandato sotto il governo sull’emendamento ribattezzato come “salva-corrotti”: “Io di Matteo mi fido, degli altri invece…”.
Quando si parla di trame, giochi d’aula, manovre sottotraccia i sospetti si addensano sempre su Giancarlo Giorgetti, il terminale dell’insofferenza del partito del Nord su questo governo gialloverde.
Quotidianamente riceve decine di telefonate in cui si sente ripetere che così non si va avanti. E, in fondo, non la pensa tanto diversamente.
Tutti quelli che parlano con lui, e non sono pochi nè a palazzo Grazioli nè dalle parti della Meloni gli attribuiscono una frase diventata un cult: “Dopo la manovra può succedere di tutto”.
Frase, così raccontano, sempre detta in modo scontroso, con l’aria sempre più pessimista. Perchè ormai non solo è finita la luna di miele, ma la questione è sdoganata nelle stanze che contano, in un clima di crisi strisciante: se e come andare avanti.
È una scena surreale, per un osservatore qualsiasi. La bocciatura europea della manovra è la grande rimozione, perchè “si sapeva”, annunciata come la “letterina di Natale”.
Invece c’è il problema dell’incidente da ricomporre, con tutto il governo che piomba a presidiare l’Aula, in un clima di reciproca diffidenza, attraverso una photo opportunity che immortala Conte, Di Maio e Salvini ai banchi del governo.
Uniti, ma gelidi, con i volti tirati.
Salvini, grande matador dell’Aula, si muove, parla coi relatori, va tra i banchi della maggioranza e dell’opposizione, si mostra collaborativo, leale sul provvedimento bandiera dei Cinque Stelle. Come a dire che tutto è stato un incidente di percorso, un gigantesco equivoco.
È impensabile, dicono i suoi, che “Giancarlo possa fare un’operazione senza che Salvini lo sappia”, troppo comodo, troppo facile.
Al limite i due giocano al poliziotto buono e poliziotto cattivo, ma il sodalizio non è in discussione. Però c’è un’aria strana, fatta di segnali e voci che ancora non fanno una trama.
I Mr Wolf dei vari partiti, si sa, si conoscono, si sentono. E Luca Lotti, il Mr Wolf del Pd, parlando con qualche deputato dei suoi, la vede così: “Guardate che non si vota, l’operazione è un’altra. Un governo di centrodestra, allargato ai responsabili, che porti Salvini a palazzo Chigi. Lo farà dopo le Europee. Giorgetti ha già gli elenchi, anche se non sono completi”.
La regola dei due mandati crea un ampio bacino di pesca tra chi non vuole andare a casa, dopo essersi coccolato nei velluti dei Palazzi.
A ben vedere, proprio sull’incidente, si è manifestata quest’altra maggioranza, con gli ex Cinque Stelle nel ruolo dei nuovi responsabili.
Ecco Salvatore Caiata, presidente del Potenza calcio, ex M5s, ora nel misto, che parla fitto con la Gelmini: “Le vie del Signore — dice — sono infinite”.
L’altro è Catello Vitiello, l’autore dell’emendamento, che si aggira in Transatlantico con l’aria di chi la sa lunga. Sorrisi, parlamentari che si prendono sottobraccio, abboccamenti più o meno discreti. Nei panni dell’osservatore, Ettore Rosato dice: “C’è già la fila — dice Ettore Rosato — e se Salvini dice ‘ragazzi, prendo solo i primi cinquanta, inizia la corsa…”.
E chissà se è un caso che proprio la parola “responsabili” è stata pronunciata da Antonio Tajani in un’intervista al Corriere: “Il centrodestra — ha spiegato — può governare con Salvini e i responsabili”.
Proprio a Tajani Salvini quale giorno fa aveva inviato un messaggio collaborazione, assai distensivo. Non è ancora un disegno compiuto. E forse nemmeno abbozzato, ma certo un’opzione sul tavolo che dà grandi margini di manovra a Salvini: due tavoli su cui giocare, alimentando sospetti, retropensieri e nervosismi.
Anche Silvio Berlusconi si è risvegliato dal suo letargo se, negli ultimi giorni, ha invitato baldanzoso i suoi a “stare pronti”, perchè con la manovra, non con l’anticorruzione, può succedere di tutto.
Un po’ come dice Giorgetti. Indizi.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 21st, 2018 Riccardo Fucile
IL GOVERNO HA SBAGLIATO L’ANALISI POLITICA SULL’EUROPA… ALLA PRIMA VERIFICA DEI RAPPORTI DI FORZA IL SALDO E’ ALLA FINE UN PIETOSO ISOLAMENTO
Forse ha sbagliato I “numerini”. Ma più di tutto, giudicando oggi il percorso fatto fra Italia e Europa, a bocciatura avvenuta, è chiaro che il governo di Roma ha sbagliato soprattutto le previsioni politiche. Che non è poco per chi è alla guida di un paese.
Val la pena ricordare in questo momento che la coalizione gialloverde ha presentato la manovra ora bocciata rassicurando l’opinione pubblica contro i tanti allarmi (risultati veritieri), sostenendo con certezza che l’Italia non avrebbe subito nessuna conseguenza.
Le ragioni di questa supposta impunità del nostro paese, secondo la versione di governo, si sono rivelate quasi tutte fake news. Cioè tutti argomenti veri, se presi uno per uno, ma cuciti a disegnare un quadro che si è rivelato poi fantasioso.
Gli argomenti principali usati: 1) l’Italia non è affatto messa così male, perchè al suo debito pubblico alto corrisponde un altissimo risparmio privato; 2) l’Italia è uno dei paesi fondatori, dunque a differenza della Grecia “is too big to fail”; 3) l’Europa non potrà rifiutare un dialogo sulle conseguenze dell’austerità , visto che il problema esiste per tutti gli Stati Membri.
Tutti questi temi insieme formavano le ragioni che avrebbero poi dovuto favorire il nostro paese: l’Europa, si diceva, sarebbe entrata essa stessa, in una stagione di “cambiamento” durante la prossima campagna elettorale, segnata dalla rivolta sovranista di molti paese.
Tutti i suoi leader, sotto il peso delle pubbliche opinioni nazionali, non avrebbero osato fare qualcosa di così “feroce” come punire un grande socio dell’Unione qual è l’Italia e un governo votato dalla metà degli Italiani.
Il retropensiero di questa analisi è ancora oggi in voga – che le nuove elezioni europee daranno una maggioranza ai nuovi governi sovranisti, e che dunque in ogni caso, se non vinta nelle trattative, la battaglia con l’Europa sarà vinta nelle urne. Nuovi eletti, nuove maggioranze, nuove regole.
L’Italia in questo racconto fra pochi mesi, cioè dopo le Europee di maggio, sarà non solo vittoriosa, ma addirittura ispirazione, modello di come si cambia il mondo. Sarà così forse, a maggio, ma per ora, dopo la bocciatura, è chiaro che questo approccio politico si è rivelato sbagliato.
L’errore maggiore è stato ancora una volta nello “sguardo” sull’Europa.
Quell’Unione descritta come impotente, incapace di prendere decisioni gravi, ricattata dal suo elettorato, impegnata a compiacere i suoi nemici pur di esistere, si è rivelata nei nostri confronti una “belva”.
Inflessibile sulla difesa delle regole, sprezzante per molti versi, e soprattutto senza mai alcuna apertura a ragioni e ancor meno trattative.
Il fatto è che da quando, a giugno, il governo del cambiamento ha elaborato il suo contratto, il panorama intorno all’Italia è velocemente cambiato, per molti versi drasticamente deteriorato.
Nel lungo addio della Brexit si è formato un nucleo di disfacimento dell’ordine politico inglese; nelle elezioni della Germania il potere della Merkel, per la quale si prevedeva un lungo addio, si è invece quasi azzerato di colpo; la crisi del “nemico preferito” dei sovranisti italiani, il Presidente di Francia Macron, ha raggiunto un livello di quasi non ritorno.
L’ostilità anti Ue degli Usa di Trump e della Russia di Putin, hanno aggiunto una seria restrizione dello spazio dell’ordine continentale di cui facciamo parte.
Insomma, l’Europa attuale è molto più in crisi di quanto fosse solo nel giugno scorso. E, proprio per questo, oggi che lotta per la propria esistenza, ha messo da parte l’approccio magnanimo, burocratico, pasticcione, glorificante, che finora ha permesso alla Ue di inglobare o almeno di far convivere tutti i mal di pancia degli Stati membri. Oggi che ha paura di estinguersi, oggi che ha tutte le paure, di ogni tipo ragione e e razza, l’Europa ha estratto i coltelli.
Non sarà un caso che nemmeno gli stati ” amici” o “modello” del sovranismo gialloverde italiano, hanno aiutato gli Italiani nella loro battaglia per la finanziaria.
Il primo ad aver avuto sentore di questo cambio di paradigma è stato, non a caso, ancora una volta, il nume tutelare della coalizione gialloverde, il professor Savona, che domenica scorsa scriveva, sulla prima pagina del Sole24ore, che, salvo poche eccezioni, nessuno in Europa ha risposto alla richiesta italiana di dialogo: ” a cominciare da Junker si sono trincerati in un silenzio che voglio rifiutarmi di considerare mancanza di volontà di dialogo sui veri problemi dell’Unione”.
Quasi una supplica dell’undicesima ora, che però non ha cambiato il risultato finale.
Alla prima verifica dei rapporti di forza, il saldo dello scontro fra governo di Roma e Bruxelles, è alla fine un pietoso isolamento.
E un risultato infimo: la Eu ha dato alla coalizione giallo verde meno flessibilità di quanto ne abbiano avuto sia Renzi che Gentiloni.
La macchina della manovra di finanza è apparsa insomma in corsa a luci spente nella notte antieuropea. Speriamo almeno che ora che inizia una fase ancora più delicata, in fondo alla quale comincia a profilarsi una crisi dello stesso governo, Palazzo Chigi accenda almeno i fari.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 21st, 2018 Riccardo Fucile
L’INCERTEZZA SI INSINUA NEL GOVERNO… ANCHE SE NESSUNO VUOL TOCCARE LA MANOVRA (PER ORA)
Nel cortile della Camera dei deputati è scesa precocemente la notte. Piove sui palazzi del nuovo
potere gialloverde. Dal cielo, ma anche da Bruxelles, che con parole di inusitata durezza ha bocciato una volta per tutte la legge di bilancio e si avvia verso la procedura d’infrazione.
C’è un uomo, accanto all’antica vasca che ha visto crescere e morire l’impero romano, illuminato dalla luce dello smartphone che sta compulsando.
Matteo Salvini aziona il blocca schermo e si concede una lunga tirata dalla sigaretta accesa.
Aveva smesso di fumare, il “capitano”, aveva tenuto costantemente aggiornati i suoi fan dei progressi faticosamente fatti nelle settimane della crisi di governo. Un mozzicone, l’ennesimo di una giornata passata a Montecitorio, che è quasi il paradigma della tensione che si respira in casa gialloverde.
I due vicepremier (anche con Giuseppe Conte, la mattina) presidiano l’aula fino all’ultimo voto segreto dopo lo scivolone di mercoledì: c’è da portare il decreto su prescrizione e anticorruzione a casa, da dare plasticamente una dimostrazione muscolare per mettere la museruola ai propri peones, ma soprattutto ai reciproci sospetti che rendono mefitica l’aria.
C’è un unico punto di contatto, quasi sorprendente: il muro totale alzato contro l’Europa. Domani alle 17 il presidente del Consiglio Giuseppe Conte terrà una informativa urgente nell’Aula della Camera sulla bocciatura della Manovra da parte della Commissione Ue.
Ci sono riunioni tecniche che si susseguono durante la giornata, a livello di sottogoverno e di presidenti di Commissione.
Ma i tre leader non fanno una piega, non ne parlano se non incidentalmente, ripiegati su se stessi e sui propri problemi interni. “Cosa c’è da discutere, fino a questo punto i passaggi li conoscevamo”, ha commentato Luigi Di Maio con i suoi.
La forzatura italiana e il niet europeo erano stati messi in conto. È adesso che si inizia a camminare in terra incognita.
Chi è stato vicino ai tre leader in queste ore suona all’unisono uno spartito: il deficit non si tocca, il fondo da 16 miliardi che contiene la riforma delle pensioni e il reddito di cittadinanza è blindato.
Restano le briciole, spostamento di soldi laterali a saldi invariati che serviranno a poco per convincere la Commissione.
La traversata nel deserto ha un respiro di medio termine, e uno cortissimo.
Il primo è tentare in tutti i modi di disinnescare la procedura d’infrazione, su cui l’Europa ha un paio di mesi per decidere. “Vorrei evitare la procedura, ma non posso accettare nessun tipo di ricatto”, ha tuonato Pierre Moscovici.
Il secondo guarda alla cena di sabato sera tra il presidente del Consiglio e Jean Claude Juncker.
La giornata è sgonfia sul tema europeo, ma la tensione rimane alta. Perchè il sentiero è sconosciuto e i mercati imprevedibili. E in un clima di reciproco sospetto c’è già chi, sul versante 5 stelle, imputa a quota 100 il principale motivo del pollice verso. E chi, sul fronte Lega, addita viceversa il reddito di cittadinanza.
A sera due leghisti parlottano fra di loro. Il cambio totale di vita, la lontananza dalle famiglie. Meditano se farle trasferire a Roma. “Ma se poi fra due o tre anni cambia tutto che le fai venire a fare?”, dice uno. L’altro sorride, lo guarda e ammicca: “Due o tre anni? Molto prima amico mio, molto prima”.
(da “Huffingtonpost“)
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Novembre 21st, 2018 Riccardo Fucile
I GRILLINI: “LA LEGA CONTINUA A SOLLEVARE PROBLEMI SUL PECULATO”
Il clima non è affatto quello di reciproca alleanza, piuttosto è di reciproco sospetto. Lega e M5s si lanciano sguardi di fuoco, la distanza in Aula è siderale. “I deputati del Carroccio continuano a sollevare problemi sul peculato, ma per noi è imprescindibile”, racconta un deputato grillino mentre si dirige in buvette sbuffando un po’.
In pratica quella fronda leghista non controllata da Matteo Salvini resta convinta che questo provvedimento anti-corruzione debba contemplare la norma così detta salva-ladri approvata ieri quando il governo è stato battuto in Aula.
Eppure l’accordo tra i due vicepremier prevede che quell’emendamento venga cambiato in Senato per tornare al testo originale.
Anche se c’è chi ritiene che alla fine un altro tipo di soluzione si troverà . Intanto il governo si schiera in Aula, Salvini e Di Maio sono tra i banchi a vigilare fino all’ultimo voto segreto, nessuno si fida più di nessuno.
La comunicazione tra i due gruppi parlamentari è pari a zero.
Solo Francesco D’Uva il capogruppo M5s parla a lungo con il viceministro Edoardo Rixi da molti indicato tra coloro che si salverebbero grazie all’emendamento firmato dall’espulso M5s Catello Vitiello.
Nel day after lo smacco subito si sente ancora: “Ci hanno colpito sul tema a noi più caro e per di più su una proposta di modifica presentata da deputato che noi abbiamo espulso perchè massone”.
Mai tra i banchi si è respirata tanta rabbia. Anche il premier Giuseppe Conte è costretto ad esserci nonostante la manovra italiana sia stata appena stata bocciata dall’Ue. Da Bruxelles piombano parole come fendenti: “La legge di bilancio avrà un impatto negativo”.
Eppure il Movimento 5 Stelle e la Lega continuano a brigare l’uno contro l’altro sul disegno di legge Anti-corruzione. I grillini di prima mattina chiedono di sospendere la seduta perchè la maggioranza ha bisogno di tempo per capire cosa fare. I vertici e gli incontri sono senza soluzione di continuità . Partecipano anche i capogruppi sia della Camera sia del Senato.
Il segretario del Carroccio cammina nervosamente e fuma sigarette, eppure si dice che avesse smesso.
Luigi Di Maio di prima mattina inizia una serie di riunioni per venir fuori dall’impasse. Prima con i big 5Stelle, poi con i parlamentari: “L’unica cosa che so — dice – è che Salvini e Conte oggi saranno in Aula, e i voti saranno palesi. Non voglio scorciatoie per riparare al disastro”.
Nessuna parola sulla legge di bilancio, sul muro alzato nei confronti di Bruxelles. Il governo sembra concentrarsi solo sul disegno di legge anti-corruzione su cui il vicepremier grillino non vuole mettere la fiducia.
A questo punto i tempi si allungano. La Lega propone di approvarlo entro fine gennaio, ma il capo politico M5s non ci sta e rilancia: “Entro dicembre”. Il senso dello scontro con Salvini è questo: “La colpa è vostra che volete affossarlo”.
Quindi per gli M5s è necessaria una blindatura politica. Termina la riunione nella sala del governo e Conte dice: “Avevamo programmato di approvare il ddl anticorruzione per gennaio 2019 e lo approveremo entro dicembre 2018”. Ancora non una parola sulla manovra, anche gli staff in Transatlantico sono focalizzati solo sui lavori parlamentari e sul grande impasse.
Il disegno di legge sull’anticorruzione, caro ai grillini, doveva infatti essere approvato dalla Camera entro oggi. “Dobbiamo chiarirci al nostro interno per poter procedere nel migliore dei modi”.
Daniele Del Grosso del M5S che non nasconde la difficoltà del momento. Una proposta contro cui si sono schierate le opposizioni. Ecco Emanuele Fiano del Pd: “Non si possono prendere in giro l’opposizione e gli italiani”. Ed ancora: “Non si provi con un’altra norma a modificare quello che è stato espresso dalla Camera. Se ne avete la forza modificatelo in Senato”.
Roberto Fico fine nel mirino del capogruppo Pd Graziano Delrio: “Lei presidente accettando il rinvio chiesto dalla maggioranza per mettere in discussione il voto di ieri si assume una responsabilità molto forte, ricordo che la Costituzione difende la libertà dei deputati.
Il Movimento è in ambasce. I 5Stelle volevano incassare l’ok al loro provvedimento e solo dopo licenziare quello sulla sicurezza voluto Salvini che invece in Aula sarebbe dovuto arrivare venerdì.
Come fare per accelerare? Niente fiducia e niente maxiemendamento all’anticorruzione perchè tecnicamente non è possibile. Di Maio in primo momento esclude il triplo passaggio Camera-Senato-Camera, lo dice ai parlamentari quando parla di “porcata” compiuta dalla Lega. Sulla sua pagina facebook viene anche pubblicato il video ma poi sparisce per ragioni di opportunità .
L’iter parlamentare dovrà essere quello regolare anche perchè sono state apportate modifiche anche agli articoli che riguardano il finanziamento ai partiti. Resta la soglia minima di 500 euro (la Lega chiedeva che fosse di 2000) che non fa scattare l’obbligo di pubblicare il nome del donatore al partito o movimento politico, ma sono ‘salve’ le feste di partito, punto caro al Carroccio.
La sfida per tutto il giorno resta aperta: “Tutti si devono prendere la responsabilità . Chi vuole tornare casa lo deve dire in modo palese davanti ai cittadini italiani”, va dicendo Di Maio.
E intanto la commissione Affari costituzionali non si occuperà del decreto Sicurezza se prima non sarà licenziato il testo anti-corruzione.
Resta infatti aperto l’altro tavolo sui cui i grillini hanno depositato cinque emendamenti pur garantendo che saranno ritirati “siamo corretti”, dicono. Ma forse la Lega non ci crede fino in fondo e due deputati M5s, critici nei confronti del decreto, vengono sostituiti per evitare nuove cadute e tentare un quieto vivere.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 21st, 2018 Riccardo Fucile
BOCCIATA E ULTIMA IN CLASSIFICA, IN EUROPA NESSUN PAESE E’ PIU’ DISPOSTO A TOLLERARE LE FURBIZIE DEL GOVERNO LEGA-M5S
Nella testa dei leader europei, ormai l’Italia ha preso il posto della Grecia. Se tre anni fa era Atene
la pecora nera, oggi lo è Roma.
La prima è finalmente promossa, con un piano di bilancio per la prima volta “conforme al patto di stabilità e crescita”, scandisce Pierre Moscovici dando “l’ottima notizia per il popolo greco e per la zona euro”.
L’Italia invece è bocciata, si becca un rapporto sul suo debito alto, al 131 per cento del pil, in base all’articolo 126 del Trattato sul Funzionamento dell’Ue.
E’ avviata verso una “procedura di infrazione per deficit eccessivo basato sul debito”. Non conta che Grecia e Italia abbiano una situazione economica completamente diversa alle spalle. Il cambio all’ultimo posto in classifica è evidente nella conferenza stampa del Commissario europeo agli Affari Economici insieme al vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis.
Oggi con la Grecia i toni sono benevoli. E lo sono anche con i cinque paesi ritenuti a rischio di non ottemperanza con il patto di stabilità e crescita: Belgio, Portogallo, Francia, Slovenia e Spagna.
Ma con l’Italia bocciata, paese a guida populista, il primo che arrivi fino a questo punto nella zona euro con un corpo a corpo continuo con le autorità di Bruxelles, i toni sono più che severi. Niente sorrisi.
“In questa situazione il dialogo è indispensabile più che mai – si raccomanda Moscovici – la nostra porta è aperta”. Ma qui, da Bruxelles, sembra che la porta sia aperta innanzitutto verso la procedura di infrazione contro l’Italia. Dopo, se ne potrà parlare. “Se veramente procediamo verso un’apertura della procedura per deficit eccessivo, è più che mai importante che le autorità italiane diano prova di impegno costruttivo…”, dice Moscovici.
Cosa succederà ? Il D-day della Commissione qui a Bruxelles si consuma in una partecipata conferenza stampa, dove le domande sull’Italia sottolineano lo shock che la sfida di Roma sta riversando su tutta l’Ue.
Nel frattempo dall’Italia arrivano i primi commenti a caldo dal governo che sembrerebbe tirare dritto, senza rivedere le due spese maggiori: reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni. Se glielo si fa notare a Moscovici, lui allarga le braccia. I toni alti di Roma potrebbero anche accelerare i tempi delle decisioni europee.
Per ora, alla fine di una giornata intensa ma in linea con le aspettative, ci sono altre “due settimane di tempo”.
Sembra che il Comitato economico e finanziario dell’Ecofin, cui spetta dare un parere sulla procedura contro Roma, formato dai direttori del Tesoro dei paesi della zona euro, le sfrutterà tutte. Insomma non anticiperà la decisione sull’Italia alla riunione prevista per domani o a quella di lunedì. Ma alla fine dirà sì. “Spetta agli Stati membri presentare una risposta entro due settimane – dice Moscovici – e se fossero d’accordo con la Commissione, cosa che sarebbe logica, allora la Commissione lavorerà ad una procedura per deficit eccessivo nonchè a una nuova raccomandazione per l’Italia, affinchè vengano corretti il deficit e la traiettoria del debito”.
A quel punto, spetta all’Ecofin, il consiglio dei ministri economici dell’Ue, esprimersi: dovrà farlo entro il primo febbraio.
Ecco perchè viene comunemente considerata utile la riunione del 22 gennaio per l’apertura formale della procedura contro Roma. Da quel momento in poi, Commissione e Consiglio possono chiedere a Roma un aggiustamento del bilancio: possono farlo nel giro di tre mesi oppure sei.
Ma per l’Italia i pronostici parlano del percorso più breve: forse una manovra correttiva da 20 miliardi l’anno prossimo, ma potrebbero essere anche 60 miliardi di euro. Ufficialmente in Commissione non si sbilanciano. Il punto è che, al più tardi, la ‘bomba’ scoppierà proprio alla vigilia delle europee di maggio, in piena campagna elettorale.
Sempre che l’Ecofin non decida prima. Moscovici insiste sull’importanza dei toni. Ma da Roma continuano a essere alti. E questo potrebbe accelerare la macchina europea: magari una procedura potrebbe arrivare già entro la fine dell’anno, dicono fonti europee della Commissione.
Sabato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte vedrà a cena Jean Claude Juncker a Bruxelles. Ma i tempi di negoziato si allungano di certo oltre la fine della settimana, la cena non si annuncia affatto risolutiva, anzi. E poi a Bruxelles ormai chiedono un’inversione netta.
Non stanno nemmeno ad aspettare l’iter della manovra in Parlamento: “Da lì possono arrivare correzioni minime che non cambiano i saldi finali…”, dice una fonte Ue a Palazzo Berlaymont. E poi non si fidano, ormai.
“Negli ultimi mesi, sia Dombrovkis che io abbiamo incontrato Tria più di quanto possa ricordare – dice Moscovici – io sono stato due giorni a Roma il mese scorso, ma purtroppo le nostre domande, i nostri dubbi sulla crescita e sulle proiezioni del debito italiano permangono: non abbiamo ricevuto alcuna risposta”.
E via con le domande: “Da dove proviene questa crescita aggiuntiva? Le previsioni autunnali della Commissione spiegano i nostri dubbi. Chi pagherà il costo della maggiore spesa? Questo bilancio presenta rischi per l’economia italiana, le aziende, i risparmiatori e i contribuenti. Oggi la Commissione europea si sta prendendo le responsabilità legali e politiche nell’interesse dell’Italia e della zona euro per le dimensioni del debito pubblico italiano: non vediamo questo declino nei prossimi anni e questa resta la nostra maggiore preoccupazione. L’Italia non sta rispettando il criterio del debito ed è giustificata una procedura per deficit eccessiva basata sul debito…”.
Roma ‘supera’ Atene conquistando l’ultimo posto in classifica per “inadempienza grave”.
“Il debito italiano è previsto rimanere a circa il 131% nei prossimi due anni – dice Dombrovskis – Si tratta di un indebitamento medio di 37mila euro e di mille euro per ogni singolo abitante all’anno. Non crediamo che questo possa contribuire alla stabilità economica, anzi può determinare un’austerità aggravata e il rischio di scivolare nella instabilità . Spero che questo rischio venga evitato, perchè, in fin dei conti, quello che è in gioco sono il benessere e la prosperità futura del popolo italiano. Il nostro lavoro è di segnalare i rischi… prima che sia troppo tardi”.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 21st, 2018 Riccardo Fucile
I FONDI PER GESTIRE 1700 RICHIEDENTI ASILO SONO STATI TAGLIATI DEL 60%, IL PERSONALE DA 350 A 190, LA CROCE ROSSA NON GARANTISCE PIU’ L’ASSISTENZA SANITARIA, IL DIRETTORE SE N’E’ ANDATO, A PRANZO 80 GRAMMI DI PASTA… L’OBIETTIVO E’ CHIUDERLO, COSI 1700 DISPERATI GIRERANNO PER L’ITALIA E SALVINI POTRA’ SPECULARE SU CHI RUBERA’ UN PEZZO DI PANE
Il clima è tesissimo. Centinaia di migranti ospiti nel Cara di Mineo oggi hanno occupato le strade che costeggiano la struttura.
Protestano contro i tagli. Dentro il centro di accoglienza per richiedenti asilo ci sono attualmente 1700 persone. Tra di queste, si apprende da fonti investigative, ci sarebbero una ottantina di migranti che hanno ottenuto il permesso di soggiorno e che dovrebbero lasciare il Cara, ma si rifiutano perchè non avrebbero i soldi per affrontare il viaggio. Fino a poco tempo fa ricevevano un biglietto per lasciare Mineo.
Gli ospiti stanno assistendo a una rivoluzione all’interno della struttura, con un consistente taglio dei servizi rispetto alla precedente gestione.
Il nuovo bando per la gestione è per circa 40 milioni per tre anni, rispetto ai 100 milioni del passato. I gestori che sono subentrati alla gestione commissariale prendono 15,60 a migrante per garantire alloggio, vitto, assistenza sanitaria e psicologica, pulizie, e ancora attività fondamentali per l’integrazione dei richiedenti asilo, dalle lezioni di italiano allo sport ai corsi di formazione. La riduzione drastica delle risorse ha aperto anche una vertenza sindacale.
Il Viminale parla di 22 per migrante al giorno, ma in realtà la quota è di 15,60 euro, e già ci sarebbe da chiedersi perchè raccontare balle.
Di recente, il sindaco di Mineo Giuseppe Mistretta ha lanciato l’allarme della sospensione sanitaria ai migranti all’interno del centro.
Altra decurtazione è quella che riguarda il servizio del trasporto con bus-navetta: c’è un solo pullman settimanale (di 50 posti) che va a Mineo e uno a Catania.
Secondo il nuovo direttore si rispetta il piano dettato dall’Ordine dei medici e dall’istituto superiore della Sanità : 120 grammi di pasta al giorno e 150 grammi di carne, ma oggi i media hanno verificato che sono stati ridotti a 80 grammi al giorno.
Lo stesso direttore non nasconde cvhe lo scopo è quello di far allontanare i richiedenti asilo e chiudere il centro.
Lo scopo politico è evidente: cacciare i migranti in mezzo a una strada per poi poter speculare se qualcuno ruba un panino al supermercato perchè ha fame e così fare un bel post sul ladro immigrato e ricevere tanti like della fogna razzista.
Ma capita anche che i poveri si incazzino, la storia insegna: e non sempre finisce come qualcuno vorrebbe.
(da agenzie)
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Novembre 21st, 2018 Riccardo Fucile
NOVE MILIARDI AL REDDITO AVRA’ UN IMPATTO TEMPORANEO DELLO 0,2% DEL PIL, UN SOLO MILIARDO NELLA RICERCA AVREBBE LO STESSO EFFETTO IN MODO PERMANENTE
Aumentare di 1 miliardo gli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo farebbe aumentare il pil
dello 0,1% il primo anno e dello 0,2% in quelli successivi.
E l’impatto sarebbe stabile.
Al contrario, destinare circa 9 miliardi al reddito di cittadinanza come previsto dalla legge di Bilancio spingerà la crescita dello 0,2% nei primi anni ma nel medio periodo periodo gli effetti si annulleranno progressivamente.
La valutazione arriva dall’Istat, che mercoledì ha diffuso un report sulle Prospettive per l’economia italiana nel 2018-2019.
Il capitolo finale è dedicato alle analisi basate sui moltiplicatori, che consentono di quantificare l’effetto di cambiamenti permanenti di alcuni valori su una variabile endogena come il pil.
L’istituto ha recentemente aggiornato il suo modello in modo da poter valutare la reattività a choc legati all’aumento degli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo.
E nel documento utilizza la nuova potenzialità per valutare e comparare gli effetti di “misure specifiche di politica economica“: una “manovra di sostegno ai redditi delle famiglie” e “una misura che mira al rilancio degli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo”.
Nel primo caso, ipotizzando che l’intervento corrisponda a un aumento dei trasferimenti pubblici pari a circa mezzo punto di pil cioè 9 miliardi (la cifra prevista dalla manovra), “si registrerebbe nei primi anni un aumento medio di 2 decimi di punto del Pil rispetto allo scenario base”.
L’impatto potrebbe arrivare a 3 decimi di punto nel caso in cui si consideri l’impatto “direttamente come uno shock positivo sui consumi delle famiglie”.
L’aumento dei trasferimenti non comporta un incremento del pil di pari misura perchè il moltiplicatore fiscale è “inferiore all’unità ” e perchè una parte dei maggiori acquisti si tradurrà in un aumento delle importazioni.
In più “nel medio periodo si assocerebbe anche un aumento del deflatore dei consumi”, una misura dell’aumento dei prezzi, “che annullerebbe progressivamente gli effetti reali della misura”.
Peraltro “questo scenario è legato all’ipotesi di una politica monetaria accomodante in grado di neutralizzare possibili tensioni sul mercato del credito”.
Al contrario incrementando gli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo “i canali di trasmissione del modello agirebbero non solo dal lato della domanda ma anche da quello dell’offerta, aumentando di fatto lo stock di capitale“.
Inoltre “gli investimenti privati in beni della proprietà intellettuale (software e ricerca e sviluppo) sono modellati in funzione di quelli pubblici”.
Quindi “ipotizzando un aumento degli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo pari a 1 miliardo di euro, il modello MeMo-it evidenzia un effetto permanente” sia sul totale degli investimenti sia sul pil: +0,1% nel primo anno e +0,2% negli anni successivi rispetto allo scenario di base.
(da agenzie)
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Novembre 21st, 2018 Riccardo Fucile
A MAGGIO AVEVA RACCOLTO 4 MILIARDI… DOMANI TOCCA AGLI INVESTITORI ISTITUZIONALI
La bocciatura della manovra italiana ribadita dalla Commissione europea, che apre la strada all’apertura di una procedura di infrazione legata al debito pubblico si è riflessa nella scarsa domanda per il Btp Italia, il bond governativo destinato ai risparmiatori. Alla fine della terza giornata di collocamento le sottoscrizioni ammontano in totale a 863 milioni: è il risultato peggiore tra quelli delle 14 emissioni fatte dal Tesoro dal 2012 ad oggi.
I 5.598 contratti stipulati nella terza giornata valgono 140,6 milioni di euro e portano appunto il totale a 860 milioni, un dato molto distante dai 4 miliardi di euro abbondanti dell’emissione precedente, quella di maggio.
La seconda fase di collocamento, destinata agli investitori istituzionali, avrà luogo domani dalle 9 alle 11.
Al termine di questa finestra. il Tesoro fisserà il tasso cedolare (reale) annuo definitivo, che non potrà comunque essere inferiore al minimo garantito già fissato all’1,45%. Per quanto riguarda la precedente tranche, questa fase aveva visto il collocamento di 3,65 miliardi di euro.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 21st, 2018 Riccardo Fucile
ALTRE BRUTTE NOTIZIE PER IL GOVERNO CHE AVEVA PREVISTO L’ 1,4%
Brutte notizie per il governo gialloverde dopo la bocciatura di Bruxelles alla manovra italiana che
potrebbe portare al primo passo formale verso l’apertura di una procedura per debito eccessivo nei confronti del nostro paese
L’Istat ha infatti rivisto al ribasso le previsioni di crescita del 2018 e si attende una crescita del Pil dell’1,1%, “in rallentamento” rispetto al 2017 quando il Pil era aumentato dell’1,6%.
La previsione precedente, diffusa a maggio, era di un incremento dell’1,4%. La crescita del Pil risulterebbe invece “in lieve accelerazione” nel 2019 (+1,3%)
L’Istat prevede un calo del tasso di disoccupazione fino al 10,5% nel 2018 e al 10,2% nel 2019 rispetto al 11,2% del 2017.
“Il proseguimento della dinamica positiva del mercato del lavoro – si legge nel report sulle Prospettive per l’economia italiana nel 2018-2019 – determinerebbe un aumento dell’occupazione nell’anno corrente (+0,9% in termini di unità di lavoro), contribuendo a una progressiva diminuzione del tasso di disoccupazione”. Nel 2019, la crescita delle unità di lavoro è “attesa proseguire allo stesso ritmo”
Nel 2018, la spesa delle famiglie e delle istituzioni sociali private in termini reali è stimata in “deciso rallentamento” rispetto agli anni precedenti (+0,9%), con un recupero nel 2019 (+1,2%), “quando beneficerebbe degli effetti positivi delle politiche fiscali indicate nella Legge di Bilancio”. Nel 2017 si era attestata all’ 1,5%.
“L’attuale scenario di previsione – secondo l’Istat – è caratterizzato da alcuni rischi al ribasso rappresentati da una più moderata evoluzione del commercio internazionale, da un aumento del livello di incertezza degli operatori e dalle decisioni di politica monetaria della Banca Centrale Europea”.
Gli investimenti fissi lordi sono previsti crescere del 3,9% nel 2018 per poi decelerare nel 2019 (+3,2), secondo l’Istat. “Nell’anno in corso, il processo di ricostituzione dello stock di capitale è atteso proseguire a ritmi sostenuti influenzato sia dal proseguimento del ciclo espansivo dei mezzi di trasporto sia dalle condizioni favorevoli sul mercato del credito
“Un eventuale aumento dei tassi di interesse pari a 100 punti base determinerebbe un peggioramento del Pil dello 0,7% rispetto allo scenario base. E’ la simulazione dell’Istat sull’impatto di un peggioramento delle condizioni del mercato del credito, determinato da un aumento dei tassi di interesse sul quadro macroeconomico.
L’introduzione del reddito di cittadinanza potrebbe portare a un aumento del Pil fino a 0,3 punti percentuali.
E’ la previsione dell’Istat, sotto l’ipotesi che l’intervento corrisponda a “un aumento dei trasferimenti pubblici pari a circa mezzo punto di Pil”.
Nei primi anni questa misura porterebbe un aumento medio di 2 decimi di punto del Pil rispetto allo scenario base e l’aumento potrebbe raggiungere i 3 decimi nel caso in cui si consideri l’impatto del reddito direttamente come uno shock positivo sui consumi delle famiglie.
(da agenzie)
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