Marzo 13th, 2019 Riccardo Fucile
“SE ORA LA GENTE SPARA INNEGGIANDO A SALVINI E’ GRAZIE ANCHE A CHI HA CRIMINALIZZATO PROFUGHI E ONG”
L’ex ministro degli Interni Marco Minniti all’uscita dalla London School of Economics è stato
contestato da decine di studenti dopo una conferenza su “situazione del Mediterraneo, migrazioni e sicurezza”.
In un comunicato dei giovani si legge: “Se ora la gente spara urlando ‘Salvini, Salvini!’ e l’odio è ufficialmente sdoganato, è anche perchè c’è una lunga storia di criminalizzazione delle migrazioni che affonda le sue radici nei governi di centro destra e centro sinistra, e assume infine il suo volto più feroce con le politiche di Minniti sotto il governo Gentiloni prima e Salvini e Toninelli ora”.
I contestatori imputano a Minniti di avere sollevato “il supposto rischio per la democrazia posto dai flussi migratori, il codice di condotta per le Ong che ha innescato la loro criminalizzazione, il diritto etnico che ora regola il diritto d’asilo, il Daspo urbano e i sindaci-sceriffi contro i senza tetto”.
Gli studenti hanno chiesto a Minniti “perchè morire in mare dovrebbe essere meno grave che essere torturati o violentati in Libia o morire nel deserto”. Lui ha risposto che “entrambe sono morti inaccettabili”.
All’uscita ha trovato fuori dall’istituto una cinquantina di attiviste ed attivisti con cartelli e mani tinte di rosso
(da agenzie)
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Marzo 13th, 2019 Riccardo Fucile
AL VIMINALE CI STA SOLO 5 GIORNI AL MESE… IN PARLAMENTO PRESENTE SOLO A 57 SEDUTE SU 3.286 PARI ALL’1,73%… UNA SERIE DI GITE DI PIACERE TRA VENEZIA, MOSCA E PARTITE DI CALCIO
Milena Gabanelli sul Corriere della Sera oggi riepiloga tutte le assenze di Matteo Salvini: il ministro sempre presente nei media non ha la stessa assiduità negli incarichi di governo.
Dal giorno del suo insediamento fino a fine febbraio 2019, è stato presente al Viminale sì e no una decina di giorni al mese (a luglio e ottobre), calando fino a cinque in dicembre.
Persino ad agosto, storicamente presidiato dal ministro dell’Interno non per una antica tradizione rituale tipo la cerimonia della consegna del Ventaglio a Montecitorio, ma perchè lo Stato vuole affermare la sua presenza sul territorio anche quando gli italiani sono in ferie, l’instancabile Matteo risulta essere stato sul ponte di comando non più di cinque giorni.
Quanto al Parlamento, il sito Openpolis.it, che compie un meritorio monitoraggio quotidiano sull’attività di deputati e senatori,dice che ci va ancor meno.
Alla voce Salvini Matteo, le presenze alle votazioni in Aula (57 su 3286) sono ridotte all’1,73%.
Produttività ? In 9 mesi di governo ha promosso come primo firmatario 2 leggi (il decreto Sicurezza e la cessione unità navali alla Libia), ha risposto a 4 question time, fatto una comunicazione al Parlamento ed è intervenuto in tre commissioni. E il resto? Uno sproposito di missioni: 97,75%.
Salvini quindi è sempre in missione. Per conto di chi?
In missione per conto sia dello Stato sia del personale diletto, come al Festival del cinema di Venezia con l’allora First Sciura Elisa Isoardi o in occasione del viaggio del 16 luglio a Mosca dove, già che era lì per colloqui con il ministro degli Interni russo Vladimir Kolokoltsev, ne approfittò per vedersi la finale della Coppa del mondo in programma (coincidenza!) la sera prima.
Il tutto senza l’invito Fifa. In missione per conto sia dello delle battaglie di partito alla fiera internazionale delle armi in Qatar, dove postò orgoglioso una foto mentre imbraccia una mitraglietta.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 13th, 2019 Riccardo Fucile
UN UOMO SOLO AL MICROFONO: TRE VOLTE CONTE, QUATTRO VOLTE DI MAIO, CINQUE VOLTE MATTARELLA
Oggi Milena Gabanelli sul Corriere riepiloga tutte le assenze di Salvini come ministro e senatore;
il Fatto Quotidiano le fa idealmente il controcanto contando invece tutte le presenze del Capitano in televisione.
Nel suo articolo Carlo Tecce spiega che Salvini è il politico che parla di più nei tg, il più loquace, il più presente, batte il socio Luigi Di Maio e il premier Giuseppe Conte.
Genny Sangiuliano, prolifico saggista, gioventù missina, consacrato col Carroccio nazionale, è l’amplificatore del vangelo di Matteo: 20,5 per cento dello spazio concesso ai politici, quasi mezz’ora in trentuno giorni per gli interventi del ministro dell’Interno contro gli otto minuti di Conte e i sei di Di Maio.
Al quarto posto, ecco Sergio Mattarella, ma soltanto perchè gennaio parte col discorso di fine anno al Quirinale.
Nel gruppo di testa, però, troviamo Berlusconi e il fido Tajani, a testimonianza di una speranza (o un’illusione) di un centrodestra unito. Salvini ha lottizzato con successo, Sangiuliano non ha deluso. Il Tg1 di Giuseppe Carboni, direttore indicato dai Cinque Stelle, di formazione socialista e con una carriera di pochi acuti, non è immune al vento del Carroccio: Salvini svetta su alleati e rivali pure nel telegiornale istituzionale per eccellenza. Ex ridotta di sinistra, il Tg3 di Giuseppina Paterniti premia Salvini per un’inezia e dunque riafferma l’importanza perlomeno costituzionale dell’avvocato Conte. Equilibrio simile per Rainews di Antonio Di Bella.
Salvini vince anche su Sky, mentre è interessante che Zingaretti e Martina abbiano ricevuto dal Tg2 un totale di 4 minuti a gennaio. E c’erano anche le primarie.
(da “NextQuotidiano“)
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Marzo 13th, 2019 Riccardo Fucile
DECRETO INAPPLICABILE ALLE DOMANDE DI ASILO PRESENTATE PRIMA DEL 18 OTTOBRE 2018… LE DOMANDE PASSANO DA 150 DI GENNAIO A 1821 DI FEBBRAIO
Bentornata protezione umanitaria. Nonostante il decreto Salvini l’abbia cancellata, le commissioni per l’asilo riprendono a concederla.
Clamoroso il dato dell’ultimo mese: i rifugiati che ottengono un permesso umanitario passano dal 2% di gennaio al 28% di febbraio 2019.
Tradotto in numeri: erano solo 150 a gennaio sono schizzati a 1.821 il mese dopo. Tutto merito della recente pronuncia della Cassazione in base alla quale il decreto Salvini non ha efficacia retroattiva.
Decreto sicurezza. Un passo indietro. Il 5 ottobre 2018 è entrato in vigore il decreto sicurezza che tra l’altro abolisce il permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Da quel momento le commissioni per l’asilo hanno cominciato a stringere sulle concessioni, di fatto azzerandole. Due esempi: a dicembre solo il 3% dei richiedenti asilo ha ottenuto la protezione umanitaria, il 2% il mese dopo. Poi è successo qualcosa.
Sentenza della Cassazione. Il 19 febbraio è stata depositata la sentenza della Corte di Cassazione: i giudici hanno riconosciuto che l’abrogazione del permesso per motivi umanitari voluta dal governo riguarda solamente coloro che hanno fatto domanda di asilo dopo il 5 ottobre 2018, data di entrata in vigore del provvedimento.
Da qui l’immediata “capriola” delle commissioni territoriali.
Boom di permessi umanitari. Stando infatti agli ultimi dati pubblicati online dal Viminale, degli oltre seimila richiedenti asilo esaminati a febbraio, 425 hanno ottenuto lo status di rifugiati, 274 la protezione sussidiaria e ben 1.821 (il 28%) l’umanitaria. Un dato clamoroso.
“La partita sui diritti è ancora aperta”. «Se i dati sugli esiti delle domande d’asilo nel mese di febbraio, appena pubblicati dal Viminale, si confermano reali — commenta Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell’Arci — ancora una volta la magistratura con le sue sentenze si è incaricata di far rispettare la legge a un governo e a un ministro che in virtù dei sondaggi pensa di non essere soggetto alla legge. Sarebbe una buona notizia per il diritto d’asilo che rimane tutelato dall’articolo 10 della Costituzione e dalla convenzioni e trattati internazionali. Tenendo conto della condizione concreta dei richiedenti asilo presenti in Italia, quasi 90mila aspettano ancora di sapere che fine faranno (e molti aspettano da più di due anni), questo cambio avrà un effetto sul sistema d’accoglienza e sulla “produzione” di irregolari. Gran parte di quelli che aspettano di essere ascoltati dalle commissioni sono arrivati prima del 5 ottobre e questo dato confermerebbe che non quasi 9 su 10, ma poco più di 6 su 10 riceveranno un diniego.
Si alleggerisce il lavoro dei Tribunali. Si alleggerisce così il lavoro dei Tribunali e si evita a migliaia di persone, che magari hanno già fatto un percorso di integrazione, di diventare irregolari e quindi di gonfiare le fila di chi non può che lavorare in nero. A questo esito sui permessi di soggiorno si aggiunge la recente sentenza del Tar della Basilicata che dà ragione a chi dice che hanno ancora diritto all’accoglienza quelli arrivati prima del 5 ottobre e che quindi non possono essere allontanati dai centri dopo aver ottenuto l’umanitario. Insomma la partita sui diritti è ancora aperta e l’impronta del razzismo non è scontato che prevalga sullo stato di diritto».
(da agenzie)
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Marzo 13th, 2019 Riccardo Fucile
QUELLO CHE IL CANTANTE NON HA ANCORA COMPRESO: LIBERO DI ESSERE FANS DI PUTIN E DI SALVINI, LIBERI GLI ALTRI DI NON GRADIRE LA SUA PRESENZA, SI ACCOMPAGNI AI SUOI SIMILI E NON SI LAMENTI
“Sono disponibile sin da subito ad accogliere Al Bano Carrisi e spiegare meglio il motivo per cui è
pericoloso per gli artisti, soprattutto per quelli molto conosciuti, flirtare con i regimi dittatoriali sanguinari sia che si tratti del Cremlino, della Siria o di altri paesi”.
Lo ha affermato l’ambasciatore ucraino in Italia Yevhen Perelygin, dopo che il governo di Kiev ha inserito il cantante italiano nella lista degli individui che considera una minaccia alla sicurezza nazionale. Lo riferisce una nota dell’ambasciata.
“Vorrei fare un tentativo di convincerlo che la tesi propagandistica russa sul ‘ritorno della Crimea nella Russia’ di fatto legittima ed incoraggia l’invasione militare russa in Crimea ed in Donbass nonchè allontana la pace in Ucraina”, ha aggiunto il diplomatico in una nota, sottolineando che “gli artisti anno un potere di influenza sul pensiero altrui e devono saperlo usare con equilibrio”.
Perelygin ha ricordato che “tutto il mondo democratico, incluso il Governo italiano, nel 2014 ha riconosciuto l’aggressione armata della Russia contro il mio paese e il tentativo dell’annessione della parte del territorio dell’Ucraina, un paese sovrano e indipendente”.
(da agenzie)
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Marzo 13th, 2019 Riccardo Fucile
E’ UN INGANNO CHE SI TRADUCE IN RIDUZIONE DEGLI ADDETTI, DELLE ORE DI LAVORO E DEI SALARI E IN UN AUMENTO DEI PREZZI
È notizia recente l’annuncio del M5S di promuovere una legge sul “salario minimo” per i lavoratori italiani. Bello, diranno in molti. E invece no, questo può essere il tipico esempio di una proposta che parte da “buone” intenzioni, ma può finire in tragedia.
Se chiedessimo a un cittadino per strada cosa pensa del salario minimo, probabilmente ci direbbe che si trova d’accordo. Dopotutto chi potrebbe essere contrario a una proposta che sembra andare nell’interesse del lavoratore? Ma è qui il vero inganno.
Il salario minimo è una proposta che non sostiene nè il lavoro, nè l’occupazione nè, tantomeno, il benessere dei lavoratori.
Proviamo a semplificare con un esempio, immaginando che, dal 1 aprile 2019, il salario minimo per i lavoratori italiani diventi 20 euro all’ora, per qualunque tipologia di mansione.
Le conseguenze sarebbero facili da individuare: lavoratori in piazza a festeggiare, in una prima fase, e in strada a protestare in una seconda perchè si accorgerebbero — ben presto — che il salario minimo riduce il lavoro.
Un costo imposto a un’azienda, in maniera artificiale, da un ente superiore (in questo caso, lo Stato), deve essere in qualche maniera armonizzato sulla produzione.
In una fase — per altro — di decrescita produttiva, di elevata pressione fiscale e di incertezza dei mercati.
Se aumentano i costi del personale, in maniera non regolata dal mercato della domanda/offerta di lavoro, le aziende avranno una sola possibilità : aumentare i prezzi dei prodotti o dei servizi, ridurre le ore di lavoro dei lavoratori, ridurre il numero dei lavoratori o, ancora, sostituire i lavoratori meno qualificati con macchine automatizzate (pensiamo alle casse robot).
Insomma, non uno scenario che possiamo considerare favorevole ai lavoratori. Questo è il tipico esempio di una proposta di politiche pubbliche basata più sull’emotività e sul facile ottenimento di un consenso nel breve periodo, che sul metodo scientifico di analisi costi/benefici sul medio-lungo periodo.
Un esempio di conseguenze post introduzione del salario minimo arriva dagli Stati Uniti. In questo caso, non è stata una legge, ma un’azienda privata a decidere liberamente di incrementare il salario minimo dei dipendenti, la famosa Whole Foods, catena di 479 supermercati orientati al consumo di alimenti particolarmente sostenibili e sani.
Whole Foods ha infatti deciso, spontaneamente, di aumentare il salario di tutti i dipendenti a 15 dollari l’ora. A poche settimane dall’introduzione, però, i dipendenti hanno visto i propri turni calare: meno ore di lavoro, meno soldi e più proteste.
In un contesto di forte automatizzazione dei processi, di ingente calo della produzione e di sostanziale irrigidimento del mondo del lavoro, una proposta come questa rischia quindi di rappresentare un autogol.
Per sostenere il mercato del lavoro, l’occupazione e il benessere dei cittadini, non può quindi essere il salario minimo la soluzione, o rischieremmo, ancora una volta, di far pagare agli stessi cittadini gli errori enormi della politica.
(da TPI)
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Marzo 13th, 2019 Riccardo Fucile
LA DONNA COSTRETTA ANCHE AD ABORTIRE, LE PERSECUZIONI INIZIATE QUANDO ERA APPENA MAGGIORENNE
Per costringerla a subire in silenzio ogni tipo di abuso e violenza, sessuale, fisica e psicologica, le
aveva fatto credere di essere un potentissimo massone e di avere per questo amicizie e coperture istituzionali, contatti e relazioni con le forze dell’ordine e il clero.
E le sue angherie, regolari, continuate, sono durate più di 20 anni. È per questo che R.R., 70 anni, di Cittanova, piccolo paese della Piana di Gioia Tauro, è stato arrestato questa mattina per riduzione in schiavitù.
Con lui in manette è finito anche F.R.D., 55 anni, del vicino centro di Polistena, il “compare” che lo ha aiutato a perseguitare la donna quando lei, stanca di abusi, aveva deciso di dire basta. Una storia sordida, di degrado, violenza e solitudine.
L’uomo — è emerso dalle indagini del commissariato di Gioia Tauro, guidato da Diego Trotta — si era avvicinato alla ragazza quando lei aveva poco più di 20 anni.
Si sono conosciuti casualmente nel 1998 in un centro anziani ed è lì che lui l’ha puntata. Giovane, proveniente da una famiglia semplice, costretta a barcamenarsi fra mille difficoltà anche economiche ed affetta da anoressia. Per lui, era la preda perfetta.
Si è presentato come sociologo, in grado di curarla e aiutarla. Ha iniziato a supportarla, anche con piccole somme di denaro, finendo per farsi benvolere anche dai genitori e dalla sorella della ragazza.
Poi sono iniziati abusi e violenze. Per anni, l’uomo l’ha costretta a soddisfare tutti i suoi desideri, voglie, ordini. Quando a causa delle violenze è rimasta incinta, l’ha costretta ad un rischiosissimo aborto clandestino. E lei ha subito. In silenzio. Perchè in paese si parla e sarebbe stata lei la “disonorata”.
Perchè tutti sapevano quanto lui avesse aiutato la famiglia della giovane e anche quei pochi spiccioli erano fondamentali. Perchè grazie ai millantati contatti con istituzioni e forze dell’ordine — le diceva — nessuno le avrebbe creduto. Così lei per più di 20 anni ha sopportato in silenzio.
Nel 2017 ha deciso di dire basta, a tenerlo lontano, a negarsi quando lui la cercava. Ed è iniziata una vera e propria persecuzione. L’uomo la pedinava, si appostava sotto casa sua, la tempestava di messaggi e chiamate, con l’aiuto di un complice le faceva intendere di essere perennemente seguita e controllata.
Pur di continuare a disporre di lei in ogni modo, le aveva fatto pensare che tutti fossero contro di lei. La svolta è arrivata qualche mese fa. Alla procura di Palmi e al commissariato di Gioia Tauro erano arrivati diversi esposti anonimi contro di lei, accusata di custodire droga e svolgere tutta una serie di attività illecite all’interno della propria casa. Troppi e troppo dettagliati per non verificare secondo gli uomini del commissariato di Gioia Tauro, che sono andati a bussare a casa sua con un decreto di perquisizione. È lì che la donna ha rotto la diga.
Convinta di un “complotto istituzionale” ordito dal suo aguzzino grazie ai suoi contatti massonici, ha iniziato a parlare. Alle sue indicazioni, le indagini hanno puntualmente trovato riscontri. E lei, poco a poco, quando ha capito di non essere sola, ha iniziato a fornire dettagli, fare nomi e indicazioni precise.
Ha ripercorso passo passo una vita da schiava, sopportata per decenni in silenzio, per vergogna, bisogno e paura. Un racconto dettagliato, lucido, che ha permesso agli investigatori del commissariato di raccogliere elementi sufficienti per accusare il suo aguzzino di “riduzione in schiavitù”. Un’impostazione condivisa dal giudice distrettuale, che ha ordinato l’arresto dell’aguzzino della donna e del suo complice.
(da agenzie)
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Marzo 13th, 2019 Riccardo Fucile
IL PADRE COMMENTA: “VALE DI PIU’ UNA BUONA REPUTAZIONE”
Alessandro Di Battista non vuole candidarsi alle elezioni europee con il MoVimento 5 Stelle. E ha lasciato cadere nel vuoto l’offerta di Luigi Di Maio per guidare la lista in Italia centrale e andare a battagliare sulle preferenze con Matteo Salvini.
Lo racconta oggi Annalisa Cuzzocrea su Repubblica:
Luigi Di Maio – secondo fonti di governo – ha proposto all’ex deputato non solo di essere il volto delle europee. Non solo di candidarsi in Italia centrale e cercare di portar su preferenze che si prevedono scarse in confronto a quelle della Lega, almeno stando ai sondaggi.
Il vicepremier ha chiesto al frontman in disarmo di tornare in campo con una strategia completamente nuova.
Presentandosi alle elezioni del prossimo 26 maggio come capolista in tutte le circoscrizioni. Facendo di lui l’anti-Berlusconi, l’anti-Salvini, l’anti-Calenda o Pisapia che sia.
Secondo gli amici, Di Battista è stato tentato. Il fuoco della campagna elettorale gli manca, nonostante il disastro dell’Abruzzo e del tentato accordo con i gilet gialli in Francia.
Gli manca la politica e a un certo punto, alla fine del viaggio in America, fremeva per tornare. Troppe cose, però, non sono andate per il verso giusto.
Ovvero il tour elettorale che doveva partire ma alla fine si è fermato dopo la mancata tappa a Melendugno, dove la TAP ancora brucia, e le comparsate televisive come l’ultima a DiMartedì con lo show sugli applausi.
L’inner circle di Di Maio fa ragionamenti diversi: se questo governo durasse, sarebbe difficile restare “Dibba” a lungo. Il viaggio in America è già stato un errore, secondo gli strateghi della comunicazione. E tale rischia di rivelarsi il prossimo in India: troppo lontano dall’Italia, dai problemi che gli elettori affrontano ogni giorno.
Meglio passare subito all’incasso con una candidatura importante, con la possibilità di fare il miracolo. Mettendosi di nuovo alla prova.
L’ex deputato però — finora — ha detto no. Nonostante la settimana scorsa il capo politico desse la cosa quasi per fatta. Il padre Vittorio, su Facebook, senza una spiegazione, ieri proponeva un proverbio romanesco: «Vale ppiù la bbona riputazione».
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 13th, 2019 Riccardo Fucile
IL MINISTRO DELLA CULTURA CHE OLTRAGGIA IL MAESTRO MUTI: “HA UNA CERTA ETA'”… IN UN PAESE CIVILE SAREBBE GIA’ STATO COSTRETTO A DIMETTERSI
«Il maestro ha una certa età , gli voglio bene ed è una grande figura della musica italiana»: Alberto
Bonisoli, ministro della Cultura del governo gialloverde, ha risposto così a chi gli chiedeva conto della polemica sul divieto di spostamento di «Sette opere della Misericordia» dal Pio Monte alla reggia borbonica, dove il dipinto avrebbe dovuto fare parte della mostra «Caravaggio a Napoli» voluta dal direttore Sylvain Bellenger.
Riccardo Muti aveva difeso il direttore e criticato la scelta del ministero.
Bonisoli ha risposto insultando uno degli esponenti più importanti della cultura italiana, che si è già guadagnato da vivo l’immortalità per chi apprezza la musica.
Il ministro ieri è stato protagonista di una riunione privata nella cappella dove è custodito il quadro e ha spiegato che il veto è stato emanato dal direttore generale Gino Famiglietti: «Una decisione della direzione generale che non si può ignorare. A volte si può spostare un’opera, altre no. Se il rischio c’è tanto meglio essere cautelativi, dare retta alla valutazione tecnica».
Ma la soprintendenza locale si era espressa in modo diverso, ricorda il Mattino: «Non è un’anomalia: i bracci locali e centrali sono esposti a una dialettica non scontata, che il ministero ha il compito di armonizzare. Il concetto di rischio non prevede algoritmi ma buonsenso». Insomma, quello tra il «signor no» Famiglietti e il sovrintendente a Napoli Garella non sarebbe stato uno strappo, ma normale dialettica interna.
(da agenzie)
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