Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
“HA TRASFORMATO IL VIMINALE IN UN’AGENZIA DI PUBBLICITA’ E VIOLA I PRINCIPI DELLA COSTITUZIONE”
«Arrestate lui». Il titolo secco dell’editoriale di Michele Santoro non lascia spazio a
fraintendimenti.
Il giornalista interviene sul caso della nave Mare Jonio, posta sotto sequestro probatorio dalla guardia di Finanza, scagliandosi in particolare il giornalista contro le richieste di arresto avanzate da Matteo Salvini: «È il ministro della guerra civile».
Michele Santoro scrive sul suo sito che «di fronte al mondo civile mi vergogno di essere italiano, mi vergogno di avere un Ministro dell’Interno che si chiama Matteo Salvini».
Il giornalista ha pubblicato un editoriale breve ma molto preciso, in cui accusa il vicepremier di aver trasformato il Viminale «che dovrebbe essere la casa sicura di tutti, in un’agenzia di pubblicità al servizio di un partito».
Altro che ministro dell’Interno: il leader del Carroccio viene descritto da Santoro come«il ministro della guerra civile», che «trattiene impunemente gente inerme in ostaggio, si sostituisce ai magistrati nell’indicare reati, celebra processi sommari pronunciando a mezzo stampa sentenze che prevedono il carcere per chi non condivide la sua disumanità ».
Azioni che lo rendono «un pericolo per la nostra democrazia», e che Santoro non è più disposto a sopportare o sottovalutare.
Michele Santoro accusa Matteo Salvini di star violando i principi della Costituzione, la stessa che ha solennemente giurato di rispettare. «Se c’è uno che va processato è lui. Se c’è uno che ha invaso la nostra vita è lui. Se c’è uno che va arrestato è lui.»
(da agenzie)
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Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
“LE ONDE SONO ALTE TRE METRI QUANDO ARRIVA LA COMUNICAZIONE DELLA GUARDIA DI FINANZA DI FERMARE I MOTORI”
Ho visto persone strette in un gommoncino bianco e la paura che arriva in un attimo all’avanzare di una motovedetta libica. Ho ripreso giovani soccorritori tendere la mano ai migranti e portarli in salvo. Ho registrato un comandante testardo disubbidire un ordine di fermarsi in un mare in tempesta.
Lunedì mattina lo specchio d’acqua davanti alla Libia era calmo. Un leggero venticello spingeva da sud. La nave Mare Jonio apriva la strada, seguita dalla barca a vela di supporto Raj su cui ero io e parte del team di salvataggio, prima dell’intervento. Con i binocoli si scrutava l’orizzonte, senza successo.
La Mare Jonio riceve una segnalazione, probabilmente dall’areo di Sea Watch Moonbird, di un gruppo di migranti in difficoltà . Dopo le 12 arriva un segnale che molti a bordo interpretano come una conferma: un veivolo della missione Sophia ci passa sopra la testa e va a Sud.
Siamo in acque internazionali, in zona Sar libica. Sulla Raj seguiamo la nave del progetto Mediterranea. Alle 15 e 20, via radio, dall’imbarcazione principale, il capo missione Luca Casarini dice che la guardia costiera libica ha comunicato che si sta occupando di una barca in difficoltà e che la Jonio prosegue la rotta verso est senza raggiungere quell’imbarcazione. Intanto Moonbird passa sopra le nostre teste.
Siamo tra Zuara e Tripoli, 40 miglia circa dalla Libia. Alle 16 e 20 arriva il segnale di prepararsi: ci sono migranti in difficoltà a poca distanza. Indossiamo giubbotti di salvataggio e caschetti, sale l’adrenalina.
Intorno alle 17, dalla Jonio partono due gommoni verso la barca a vela: nel primo ci salgono 4 persone dalla Raj e si dirigono subito verso il gommone con i 49 migranti a bordo. Poco dopo arriva un altro gommone e ci salgo assieme ad altri membri di Mediterranea: andiamo sulla Jonio.
Dalla nave vedo bene l’imbarcazione dei migranti: sono molti in poco spazio, adesso indossano tutti i giubbetti di salvataggio. I gommoncini dei soccorritori fanno la spola e portano i migranti a bordo. Casarini comunica l’intervento e la posizione al centro di coordinamento di Roma, alle 17 e 23. Subito dopo chiama il centro di coordinamento libico: la prima chiamata va a vuoto, alla seconda qualcuno risponde e dice di mandare una mail.
Quando sono tutti in salvo si avvicina una motovedetta libica. Sale la tensione tra l’equipaggio, i volti dei migranti si tramutano: hanno paura, un ragazzo trema.
Ma non succede nulla: i militari non danno nessun ordine, si dirigono verso l’imbarcazione dei naufraghi ormai vuota, prendono il motore e gli danno fuoco. Si tira un sospiro di sollievo e si fa rotta verso nord per tentare di scappare a una perturbazione che arriva da ovest. Io resto sulla mare Jonio: l’equipaggio conta i migranti, dà le prime cure, distribuisce vestiti e coperte. È tutto tranquillo, ma ancora per poco.
La nave continua la sua rotta verso l’Europa. Il mare, ogni ora che passa, si increspa sempre di più: dormire è impossibile. Molti hanno nausea. La prua è puntata verso Lampedusa.
Le onde sono alte tre metri e il sole comincia a sorgere quando arriva una comunicazione radio del pattugliatore Paolini della Guardia di finanza: “Fermate i motori”. Il comandante non esita un minuto: “Non possiamo farlo, rischiamo la vita”. E prosegue per cercare riparo vicino Lampedusa. Subito dopo Casarini chiama la guardia costiera e gli comunica che la situazione è delicata: “Abbiamo una persona che sta molto male e 12 minori”.
Non si riesce a stare in piedi, i marinai imprecano e rimangono sbalorditi per l’ordine arrivato dalla finanza. Dopo poco arriva l’ok della guardia costiera a ripararsi in fonda a Lampedusa, ma le fiamme gialle fanno sapere che le loro disposizioni rimangono invariate. Tiro, assieme ai migranti e ai soccorritori, un sospiro di sollievo. L’isola è lì a due passi: ci si prepara al braccio di ferro col Governo.
Lo stallo c’è, ma per fortuna, dura poco: per due volte arriva la Finanza a bordo, controllano i documenti e firmano un verbale in cui non fanno nessun rilievo. Di sera arriva la notizia: si entra in porto. Negli occhi dei 50 migranti, rannicchiati a poppa, vedo la felicità di chi si è lasciato l’inferno alle spalle. In quelle dell’equipaggio, invece, c’è preoccupazione: non sanno cosa gli succederà . E non lo sanno neanche adesso, quando la mare Jonio ha gettato le cime al porto di Lampedusa.
(da “La Repubblica“)
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Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
INIZIANO GLI INTERROGATORI A CURA DELLA PROCURA DI AGRIGENTO, IL FASCICOLO E’ CONTRO IGNOTI
Il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, e l’aggiunto Salvatore Vella hanno convalidato il
fermo della nave mare Jonio che era stato disposto ieri dalla Guardia di Finanza che era stato notificato al comandante Pietro Marrone dopo lo sbarco dei migranti.
Oggi a Lampedusa è il giorno degli interrogatori e dell’analisi delle conversazioni radio tra i centri di coordinamento e soccorso di Roma e Tripoli e la plancia di comando della Mare Jonio. Atti istruttori fondamentali per capire come proseguirà l’inchiesta, al momento un fascicolo contro ignoti con l’ipotesi di reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, aperto ieri dalla Procura di Agrigento guidata da Luigi Patronaggio.
Vella è già sull’isola dove, negli uffici della capitaneria di porto, sentirà il comandante Pietro Marrone, l’uomo che ieri mattina ha ignorato l’alt intimato dalla Guardia di finanza al momento dell’ingresso della nave in acque territoriali italiane, ma anche il capomissione di Mediterranea Luca Casarini, l’armatore Beppe Caccia e gli altri componenti dell’equipaggio.
“Non abbiamo ancora fissato la cronologia degli interrogatori, attualmente quindi non è stato sentito nessuno. Stiamo preparando l’attività , abbiamo tre sedi a disposizione dove spostarci per gli interrogatori”, spiega Vella.
Interrogatori al termine dei quali i pm, che sono gli stessi che ad agosto iscrissero nel registro degli indagati il ministro Salvini per sequestro di persona per il caso Diciotti, dovranno decidere se convalidare il sequestro della nave, un sequestro probatorio disposto dalla Guardia di finanza su pressione del Viminale, ma che dovrà essere convalidato dall’autorità giudiziaria entro 48 ore.
L’inchiesta ha due obiettivi: accertare se – come sostiene il ministro Salvini – la Mare Jonio ha operato illegittimamente soccorrendo i 50 migranti in zona sar libica senza obbedire al coordinamento da parte della Guardia costiera di Tripoli e violando gli ordini della Guardia di Finanza ( cosa che secondo la nuova direttiva del Viminale rappresenta una minaccia per la sicurezza pubblica) ma anche se il Viminale ha agito entro i limiti previsti dalla legge, ovvero se c’erano i presupposti affinchè la Guardia di finanza impedisse l’ingresso in acque territoriali italiane di una nave italiana che, per di più, trasportava persone soccorse in mare.
Il comandante Marrone ha giustificato da subito il suo comportamento con motivi di sicurezza visto che, in presenza di onde alte tre metri, la nave rimanendo in alto mare sarebbe stata a rischio.
I 49 migranti, tutti sbarcati ieri sera subito dopo l’approdo della nave alla banchina del porto commerciale, hanno trascorso la loro prima notte nell’hot spot di Lampedusa: sono sono 35
uomini e 15 minori non accompagnati. Gli adulti provengono da Camerun (1), Gambia (5), Guinea (8), Nigeria (9) e Senegal (12). Tra questi è compreso il gambiano sceso a terra per primo per le precarie condizioni fisiche. Quanto alla nazionalità dei minori, uno ciascuno dal Benin e dal Camerun; 2 ciascuno da Gambia e Senegal e 9 dalla Guinea.
(da agenzie)
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