Aprile 12th, 2019 Riccardo Fucile
CATANIA, ARRESTATO ITALIANO DI 36 ANNI
Un uomo di 36 anni di Catania è stato arrestato con le accuse di maltrattamenti contro familiari, lesioni personali aggravate e violenza sessuale aggravata.
A denunciarlo è stata la moglie, per due anni costretta ad avere rapporti sessuali con estranei davanti al marito, a toccare le parti intime di uno dei loro 3 figli, minacciata di morte e picchiata con calci e pugni.
Costringeva la moglie ad abusare di uno dei loro figli, tutti minorenni, e ad avere rapporti sessuali con estranei davanti a lui. È stato arrestato questa mattina Catania un uomo di 36 anni dai carabinieri di Ognina, a cui si era rivolta la donna, 40 anni, in lacrime, stanca delle violenze subite negli ultimi due anni di matrimonio dal marito e padre dei suoi 3 bambini.
Le accuse a suo carico sono maltrattamenti contro familiari, lesioni personali aggravate e violenza sessuale aggravata. Un vero e proprio dramma familiare e un calvario per la vittima che, alla presenza dei tre figli minori, veniva anche abitualmente picchiata con pugni e calci, minacciata di morte con un coltello, fino ad arrivare a cospargerle il capo con del liquido infiammabile.
“Ora ti do fuoco perchè devi morire”, si è sentita dire dall’uomo, che ha finalmente trovato il coraggio di denunciare
Ma sono state soprattutto le violenze subite a pesare maggiormente sulla vita della 40enne, costretta ad avere rapporti sessuali con estranei in luoghi appartati mentre il suo aguzzino la guardava, e soprattutto a toccare le parti intime del figlio.
Dopo quell’atto il bambino avrebbe detto: “Papà è scemo, è un pazzo”. Sarebbe stato proprio uno di questi episodi a convincerla a rivolgersi alle forze dell’ordine, che hanno dato il via alle indagini portando a galla una serie di prevaricazioni, umiliazioni e violenze psicofisiche, come emerge dagli atti della Procura.
Come ha scritto il gip nell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti del 36enne, dalle analisi degli inquirenti sono emerse le “azioni aberranti compiute nei confronti della moglie relegata ad una condizione di donna oggetto e privata della propria dignità di consorte e madre”. L’uomo si trova ora nel carcere di Catania Piazza Lanza, mentre la donna e i tre bambini sono stati sistemati in una struttura protetta.
(da agenzie)
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Aprile 12th, 2019 Riccardo Fucile
DATI OCSE: LA SPESA DEI 30 PAESI MEMBRI E’ SCESA DEL 2,7%….IL GOVERNO ITALIANO HA RIDOTTO GLI AIUTI DEL 20% E POI HA ANCORA LA FACCIA DI PARLARE
Aiutiamoli a casa loro? Quante volte si è sentita questa litania? Praticamente sempre. 
Eppure i dati dicono il contrario. Non li vogliamo a casa nostra, non li aiutiamo a casa loro, ma in compenso i paesi ricchi hanno messo lo zampino in tante guerre grandi o piccole (il business delle armi, come ha ricordato Papa Francesco) e lucrano sulle risorse.
Calano gli aiuti internazionali verso i paesi in via di sviluppo.
Gli ultimi dati Ocse mostrano come la spesa complessiva da parte dei 30 paesi membri nel 2018 sia scesa del 2,7% rispetto al 2017; una riduzione che solo in parte si giustifica con il taglio della spesa per l’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo e che colpisce i paesi più poveri.
Un triste scenario in cui l’anno scorso i paesi ricchi hanno destinato in media solo lo 0,31% del proprio reddito nazionale lordo agli aiuti allo sviluppo, ossia quanto stanziato già nel 2017, ma ben al di sotto dell’obiettivo dello 0,7% fissato ormai 50 anni fa e raggiunto a oggi solo da Svezia, Norvegia, Regno Unito, Lussemburgo e Danimarca.
“L’aiuto allo sviluppo proveniente dai paesi ricchi è solo di poco superiore alle fortune di Jeff Bezos, l’uomo più facoltoso del mondo – ha detto Francesco Petrelli, senior advisor su finanza per lo sviluppo di Oxfam Italia – Un dato semplice che descrive quanto l’attuale sistema economico funzioni bene solo per l’1% e male per il restante 99%. Il drastico calo degli aiuti ai più poveri e vulnerabili è desolante, perchè in fondo non si sta facendo altro che voltare le spalle a chi lotta per la sopravvivenza”.
Diminuisce pericolosamente il volume dell’Aps italiano, passando dai 5.858,03 milioni di dollari nel 2017 ai 4.900,1 milioni di dollari nel 2018, pari allo 0,23% del reddito nazionale lordo e in netto calo rispetto allo 0,30% del 2017.
Si tratta di una riduzione drastica del 21,3% che fa guadagnare all’Italia la maglia nera tra tutti i paesi Ocse.
L’anno scorso con lo 0,30% di Aiuto Pubblico, avevamo raggiunto con tre anni di anticipo sulla tabella di marcia l’obiettivo intermedio fissato entro il 2020, in relazione al traguardo dello 0,70 fissato dall’Agenda 2030 per la realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile – aggiunge Petrelli – Oggi ogni traguardo appare lontano e, soprattutto, rimane puro slogan quell’incitamento ad aiutare i più poveri a casa loro”.
Dal 2012, per la prima volta quest’anno, si assiste a una riduzione degli aiuti internazionali in settori e paesi cruciali: meno 31,9% verso i paesi dell’Africa sub-sahariana (da 324, 8 milioni di dollari nel 2017 a 221,3 del 2018), meno 17,2% verso i paesi meno sviluppati (da 326,5 milioni di dollari nel 2017 a 270,5 nel 2018), meno 37,7% per i costi dei rifugiati, dovuto in gran parte alla diminuzione dei flussi migratori verso le coste italiane.
“Mentre il calo dei costi per i rifugiati trova una spiegazione nel blocco imposto ai flussi dei migranti dall’Africa, a destare maggiore preoccupazione sono proprio le riduzioni di stanziamenti verso paesi poverissimi o in via di sviluppo. – conclude Petrelli – Ai paesi a minore tasso di sviluppo (LDCs), l’Italia destina per esempio un misero 0,06%, rispetto allo 0,15% raccomandato dall’Onu, pur trattandosi della metà dei 22 paesi prioritari per la cooperazione italiana”.
(da Globalist)
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Aprile 12th, 2019 Riccardo Fucile
ALTRO CHE MACRON, IN REALTA’ HAFTAR E’ APPOGGIATO DALLA RUSSIA DEGLI AMICHETTI DI SALVINI… E UN’ONDATA DI PROFUGHI LIBICI FAREBBE CROLLARE LE PALLE DELLA LEGA
«Io ho il dubbio legittimo che sia in corso un tentativo di destabilizzare il governo italiano magari provocando un’ondata di profughi verso l’Italia», così l’eurodeputato leghista (ex M5S) Marco Zanni ha spiegato quello che sta succedendo in Libia.
Zanni è il responsabile Esteri della delegazione della Lega all’Europarlamento ma anche Salvini nutre gli stessi dubbi.
Unendo le dichiarazioni di Salvini e di Zanni viene così fuori che la posizione della Lega sulla guerra in Libia è che la Francia stia soffiando sul fuoco per difendere i suoi interessi economici e per destabilizzare il governo italiano.
Ma sia Zanni che Salvini dimenticano qualche dettaglio.
Perchè Haftar non è sostenuto solo dai francesi, ma anche da Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Egitto ma anche dalla Russia di Putin, ovvero uno dei principali alleati della Lega sullo scacchiere internazionale.
Sebbene infatti il Cremlino abbia ribadito di non dare sostegno ad Haftar gli analisti sono concordi nel ritenere il generale che da Bengasi comanda su tutta la Cirenaica l’uomo sul quale ha puntato Mosca. Non apertamente, ma sono già stati individuati in Cirenaica movimenti di mercenari russi.
In questi ultimi giorni una delegazione del governo di Bengasi s è recato prima a Parigi e poi a Roma, ed è di ieri pomeriggio la notizia che Haftar farà una visita “non ufficiale” a Mosca.
La Libia potrebbe essere una nuova Siria, solo che Putin non ha ancora mostrato le sue carte in attesa di poter assumere — anche con la complicità delle ambiguità europee e della “fuga” degli USA — il ruolo guida nell’eventuale transizione. Certo sarebbe imbarazzante per Salvini (e un po’ anche per Macron, ma per altre ragioni) dover avere a che fare con Putin a Sud del nostro confine.
Il timore della Lega non è la guerra, ma le conseguenze di una guerra in Libia.
Il problema è la presunta invasione. Invasione che — stando alle numerosissime dichiarazioni della Lega e di Salvini in materia — in realtà è già in atto o sarebbe avvenuta negli anni passati. Ma dal momento che si tratta di un argomento cui gli italiani hanno dimostrato di prestare orecchio e di gradire (almeno sotto l’aspetto dei consensi elettorali)
Con la guerra però cambia tutto, perchè le persone nei lager libici potrebbero riuscire a scappare, perchè le motovedette di Tripoli potrebbero non essere in grado di prendere il mare e di fare il “loro lavoro” riportando i migranti a terra. E perchè è del tutto evidente che la Libia non è più un porto sicuro.
Cosa succederà alla zona SAR libica? Lo spiega oggi sul Fatto Quotidiano il segretariato dell’IMO, l’Organizzazione marittima internazionale che si occupa di certificare le zone di ricerca e soccorso marittimo. Sono i singoli stati in realtà ad “autocertificare” le rispettive zone SAR quindi fintanto che
la Libia non comunicherà l’intenzione di non mantenere più la sua zona SAR (ad esempio perchè impossibilitata dal conflitto come è successo nel 2011) l’IMO non ha il potere di toglierla.
Finchè la Libia non rinuncia le cose rimarranno come sono ora, ovvero in base agli accordi presi durante il governo Gentiloni. «Il segretariato dell’Imo osserva con preoccupazione i recenti sviluppi sulle questioni umanitarie che riguardano la Libia. Ma non siamo nella posizione di verificare la situazione all’interno di tale paese» così l’IMO al Fatto.
Insomma la Libia potrebbe avere la zona SAR anche se non è un porto sicuro, ed è quello che succede tutt’ora.
Ma questo non preoccupa Salvini che si sta già preparando a respingere l’invasione. Ieri 90 migranti (74 secondo il cruscotto giornaliero del Ministero dell’Interno) sono sbarcati a Lampedusa. Subito Salvini ha fatto sapere che «il Viminale è al lavoro per espellere i 90 migranti a bordo del barcone intercettato dalla Guardia di Finanza e dalla Guardia Costiera al largo della Sicilia».
Ma Salvini sa che non è così, perchè per le verifiche delle identità dei migranti servono giorni, perchè le persone sbarcate potrebbero presentare richiesta d’asilo e serviranno mesi per istruire la pratica.
E soprattutto perchè i rimpatri non sono una cosa immediata, dipendono dagli accordi bilaterali con i paesi di provenienza. Salvini aveva promesso 600mila rimpatri, ma era una balla e lo scorso anno ne sono stati “rimandati a casa” poco più di seimila.
Se venisse fuori che anche la promessa dei porti chiusi era una balla Salvini rischierebbe davvero di perdere voti. E questo non può succedere. Ecco che ritorna l’invasione.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 12th, 2019 Riccardo Fucile
NEL MIRINO DELLE CRITICHE LA SCELTA DI CINQUE SCONOSCIUTE COME CAPOLISTA ALLE EUROPEE
Annalisa Cuzzocrea su Repubblica racconta oggi che deputati e senatori del MoVimento 5
Stelle hanno un diavolo per capello. Sono molto arrabbiati con un certo Luigi Di Maio
Così a sera, all’assemblea congiunta dei parlamentari chiamati a discutere le nuove regole, Di Maio arriva con le mani alzate.
Sa che la scelta di cinque sconosciute della società civile come capolista per le europee ha creato molti malumori. «Le europee non sono le nazionali. I capilista non hanno più probabilità di essere eletti perchè ci sono le preferenze», prova a spiegare. Ma i suoi, perfino i fedelissimi, continuano a non capire: «Se non ha trovato nomi di richiamo, che senso ha?».
La minoranza poi, con il presidente della commissione Cultura Luigi Gallo, attacca la nuova struttura in arrivo: «Vanno bene i referenti territoriali, se scelti dal basso, ma quelli tematici sono inutili. E sarebbe più urgente collegare il lavoro del governo a quello del Parlamento».
Bocciato quindi, su tutta la linea. Più d’uno alza la mano: contesta le restituzioni a un fondo gestito da Di Maio e pochi altri, anche se poi i soldi dovrebbero essere versati scegliendo la destinazione sul blog. Il deputato Riccardo Ricciardi chiede chi sia il misterioso staff che certifica le liste.
Un altro pretende che sia reso pubblico l’elenco degli iscritti.
A essere attaccato è il cuore del M5S: la cassaforte in mano a Davide Casaleggio. Il cui evento a Ivrea è stato disertato, non a caso, dalla maggioranza dei parlamentari.
Ma c’è chi sta sempre con lui:
Il capogruppo alla Camera D’Uva si affretta a dire: «L’alta partecipazione dell’assemblea dimostra la fiducia in Di Maio». La verità sembra un’altra, se perfino nel cerchio ristretto, qualcuno sospira: «Il Movimento gli sta sfuggendo di mano».
Il Messaggero apre anche un altro fronte:
Doriana Sarli, e non è l’unica, mette in discussione anche il comitato scelto dai vertici per gestire i rimborsi. Una perplessità espressa da molti, tanto che il leader M5S ha dovuto giocare in difesa: «Ci faremo dare tutti i pareri per rassicurare chi dona visto che so che qualcuno ha chiesto un parere legale sul comitato».
E intanto si lavora anche su un’altra questione
Al Sud, si potrebbe però assistere a un’eccezione: non una donna, ma un uomo, un giornalista. Circolano due piste: l’ex giornalista di Sky, Paolo Chiariello, o uno dei membri della squadra anti-camorra di FanPage. Mancano da sciogliere ancora inodi del Centro e del Nord-Est, dopo i rifiuti di Luisella Costamagna e Licia Colò.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 12th, 2019 Riccardo Fucile
E’ LA MAGGIORE SPESA NEL TRIENNIO CERTIFICATA NELLA MANOVRA PER QUOTA 100, REDDITO CITADINANZA E AMMMORTIZZATORI SOCIALI
Sono 133 miliardi di maggiori spese nel triennio: una bazzecola, anche considerando che novantaquattro sono a carico di tre voci: pensioni, reddito di cittadinanza, ammortizzatori sociali. Alessandro Barbera sulla Stampa oggi scrive che la versione definitiva del Documento di economia e finanza svela fino in fondo le conseguenze sui conti pubblici dell’ultima manovra voluta dal governo giallo-verde.
Nei prossimi tre anni la spesa per sussidi sale di quasi cento miliardi, solo in parte coperti — e solo dal 2020 — con gli aumenti Iva che il governo ha messo a bilancio e però promette di non introdurre. Questa enorme contraddizione verrà a galla a ottobre, quando occorrerà mettere a punto la Finanziaria per il 2020. Lo scrive esplicitamente il ministro Giovanni Tria nella prefazione al Documento: «Il profilo delineato per l’indebitamento netto richiederà l’individuazione di coperture di notevole entità ». Al Tesoro si parla già di quaranta miliardi, euro più, euro meno.
Tria conferma l’avvertimento fatto a voce ai due partiti della maggioranza: «La legislazione fiscale viene per ora confermata nell’attesa di definire le misure alternative di copertura e di riforma fiscale». Se il governo reggerà l’urto delle elezioni europee, per salvare i conti e coprire le nuove spese avrà tre strade: o aumentare l’Iva almeno su alcune fasce di prodotti, o abolire il bonus da 80 euro introdotto dal governo Renzi, o fare altro deficit andando allo scontro con la Commissione europea.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 12th, 2019 Riccardo Fucile
TIPICO ERRORE DELLA SINISTRA: I RAZZISTI DEVONO STARE IN GALERA, NON IN TV
«L’applauso sul fatto che un rom non è uguale a noi, anche se è cittadino italiano, mi fa
paura. Cosa sta succedendo? E quanto è pericoloso alimentare questo tipo di pensiero? Non si può applaudire qualcuno che certifica che due esseri umani non sono uguali».
Non usa mezzi termini Corrado Formigli per descrivere l’episodio andato in scena ieri sera a Piazza Pulita. Un ragazzo ha detto durante la sua trasmissione che i rom non sono italiani. Il pubblico di Piazza Pulita ha applaudito. Formigli dopo cinque minuti buoni ha preso le distanze.
E se fosse Formigli ad alimentare questo tipo di pensiero?
Formigli aveva invitato in studio Noemi Fasciano e il suo compagno Simone Vandalo, la famiglia con bambino di pochi mesi che aveva occupato con l’aiuto di CasaPound l’appartamento di Casal Bruciato assegnato ad una famiglia di Rom italiani.
I due hanno sempre ammesso di non aver mai fatto domanda per l’assegnazione di una casa popolare, eppure si sono resi protagonisti di un’occupazione abusiva che — se fosse andata avanti — avrebbe potuto compromettere una loro futura posizione in graduatoria.
Ad un certo punto Simone spiega che «quei rom sono cittadini italiani, però uguali a noi non è il termine più giusto» Primo applauso da parte del pubblico.
Formigli insiste, vuole indagare le ragioni del ragazzo che dice che i Rom non sono uguali e chiede «perchè non sono uguali secondo te?» Risposta: «per il semplice motivo che hanno un’altra tipologia di vita rispetto alla nostra. Insegnano ai figli a fare cose che noi non insegneremmo mai, non danno il buon esempio. La maggior parte è così. Non credo che chi assegna queste case li vorrebbe avere nella palazzina dove vive».
Formigli però non ci sta, critica l’applauso da parte del pubblico della sua trasmissione (Simone e Noemi erano in studio, non in collegamento da fuori) e parte con una filippica su quanto sia pericoloso alimentare un pensiero di stampo razzista secondo cui ci sono italiani e italiani. si quasi accorto di quello che era stato detto. Continuando ad “indagare” le motivazioni di Simone
La dissociazione non è stata immediata. Formigli ha criticato l’elemento che lo ha molto colpito dopo qualche minuto e dopo l’intervento della presidente del municipio Roberta della Casa e di Crepet. Evidentemente la cosa non gli ha fatto abbastanza paura subito. E come potrebbe, nel 2015 Formigli invitò in trasmissione il leghista Gianluca Buonanno, dandogli modo di dire che «i Rom sono la feccia della società ». Ma non sono solo questi episodi eclatanti.
A Piazza Pulita è stato invitato ad esempio il vicepresidente di CasaPound Simone Di Stefano che ha potuto spiegare che il razzismo e le violenze sono istigate da chi “fa venire i migranti” a casa nostra.
All’epoca Formigli spiegava che il compito dei giornalisti non era quello di dare “patenti di democrazia” . Il problema è — testualmente — «sottovalutare la ripresa ripresa della xenofobia e del razzismo che le loro idee contengono».
Ecco, ieri sera Formigli ha sottovalutato questo problema.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 12th, 2019 Riccardo Fucile
IL SENATORE MEDIEVALE SI AUTOINCORAGGIA DOPO LA CONDANNA
«Forza Simo!»: ieri, nelle more della condanna per diffamazione ricevuta dal nostro senatore medievale preferito, Simone Pillon, i Sentinelli di Milano hanno pubblicato la foto di un commento dello stesso Pillon in cui si autoincoraggiava.
Quel “Forza Simo!” faceva già abbastanza ridere così, ma in effetti, visto che la giornata del nostro senatore medievale preferito era andata come era andata, si è pensato che la foto fosse un fotomontaggio o lo scherzo di qualche burlone che aveva creato un account clone per sfotterlo. E invece no.
Ieri sera è stato lo stesso senatore a precisare che quel commento era farina del suo sacco: “Non l’hanno scritto i ragazzi dello staff dimenticando di cambiare account e nemmeno una delle mie 76 diverse identità di genere, me lo sono proprio scritto da solo: volevate l’autodeterminazione, no?”.
Che dire più di questo? Solo che l’internet è un posto meraviglioso.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 12th, 2019 Riccardo Fucile
L’EX PRESIDENTE DELLA CAMERA CORRERA’ DA INDIPENDENTE NELLE LISTE AZZURRE
Irene Pivetti, ex presidente della camera dei Deputati nel 1994 da deputata dell’allora
Lega Nord, correrà nelle liste di Forza Italia come candidata indipendente alle prossime elezioni europee.
“Sarà un bell’impegno, una bella trottata, mi fa molto piacere che il vicepresidente del partito, Antonio Tajani, me l’abbia chiesto”, ha dichiarato. E sul perchè non si sia candidata con la Lega, ha affermato: “Matteo Salvini pensa solo all’immigrazione e non alla politica economica”.
La Pivetti ne ha parlato a Un Giorno da Pecora, sottolineando che “se la Lega avesse mantenuto una posizione che aveva negli anni passati e avesse aderito al Partito popolare europeo, non ci sarebbero stati problemi a candidarmi con loro”
“Io sono molto impegnata nel rafforzare l’area moderata del centrodestra, in particolare, visto che parliamo di elezione europee, del Partito popolare europeo”, ha aggiunto.
E alla domanda se consideri Matteo Salvini più “estremista” di Umberto Bossi, l’ex presidente della Camera ha risposto: “Credo che Salvini abbia ristretto a questo unico tema il ventaglio delle questioni messe in campo dalla Lega. Il tema delle politiche economica, che io sento molto, è assente da questo governo, non ci sono politiche per lo sviluppo nè per le imprese”.
Parlando poi del leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, la Pivetti ha detto: “E’ un pezzo della nostra storia. Il futuro sono il Ppe e una politica moderata positiva per lo sviluppo economico”.
(da agenzie)
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Aprile 12th, 2019 Riccardo Fucile
IL GOVERNATORE DELLA BANCA D’ITALIA PREOCCUPATO PER IL DEBITO ITALIANO
La prima uscita post-Def del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, qui a Washington per la sessione primaverile dell’Fmi, guarda all’Italia con preoccupazione.
Sottoposto al fuoco di fila delle domande, in una sorta di intervista collettiva al Council on Foreign Relations, lancia un nuovo allarme sul debito italiano e va in rotta di collisione con la compagine gialloverde spiegando che i due “totem”, reddito di cittadinanza e quota 100, possono frenare la crescita della produttività e dunque del Pil
L’operazione-verità del Tesoro mette a nudo cifre che destano preoccupazione: “Il debito pubblico va tenuto sotto controllo”, ha osservato Ignazio Visco che è a Washington a fianco del ministro dell’Economia Tria, anch’egli giunto nelle ultime ore nella capitale Usa per il primo test di fronte ai partner internazionali, con contorno di incontri bilaterali a partire da quello con il collega del Tesoro Usa Steven Mnuchin.
E la crescita del debito è il vero fianco scoperto del Def: in soli quattro mesi, dall'”aggiornamento” del dicembre scorso ad oggi, le stime del governo sono salite di due punti, dal 130,7 al 132,6 per cento: un obiettivo che dà per scontato anche 1 punto di Pil di privatizzazioni, ad oggi ancora in alto mare.
Senza considerare i problemi di classificazione dell’Eurostat che potrebbe allargare il perimetro dei soggetti all’interno della pubblica amministrazione (addirittura c’è chi dice che nel mirino ci sia anche la Cassa Depositi e Prestiti) facendo salire ancora di più il conto.
Il governatore di Bankitalia non scende nei dettagli e invia ai partecipanti al tavolo Usa anche messaggi rassicuranti: “L’export italiano tiene” e l’Europa “non è vicina alla recessione”. Sulla crescita del Belpaese, ormai al lumicino e le politiche del governo traspare scarsa fiducia. Visco premette con cautela che il problema della crescita “anemica” italiana è un “problema strutturale” tanto che “negli ultimi vent’anni siamo cresciuti di 1 punto in meno rispetto agli altri paesi europei”.
Ma certo le misure del governo, come reddito di cittadinanza e quota 100, non contribuiscono a risolvere il problema: sebbene “aiutino la domanda aggregata”, in fin dei conti freneranno lo sviluppo: infatti, spiega Visco, “potrebbero non aiutare la crescita della produttività “, che del Pil è componente cruciale. Ci vogliono invece “capitale umano e tecnologie”.
Il caso-Italia resta così in primo piano.
Del resto non c’è documento dell’Fmi che non tiri in ballo la Penisola per bassa crescita, debito, legame tra banche e titoli di Stato, rischio spread e incertezza politica. Ieri nella conferenza stampa plenaria della direttrice dell’Fmi, Christine Lagarde, il tema è tornato a galla con un invito esplicito all’Italia di passare dalle parole ai fatti: “Apprezziamo le intenzioni, ma è necessario tradurle in provvedimenti identificabili, misurabili e credibili”, ha avvertito la Lagarde che ha comunque apprezzato la “riduzione” delle sofferenze nel sistema bancario italiano.
Certo in vista dei test delle prossime settimane il governo dovrà spiegare obiettivi di bilancio, costi di misure come quelli del progetto di flat tax che ha trovato spazio nel Def e come opererà sul fronte delle spese. Il clima che troverà a Bruxelles in giugno non è dei migliori e proprio qui negli Usa il vice presidente della Commissione europea Dombrovskis non ha usato mezzi termini sul govern
gialloverde: ha annotato come l’economia italiana oggi cresca “meno degli altri partner europei per colpa della decisione nel dicembre scorso di aumentare il deficit contro l’opinione di tutti”. Ed ha aggiunto: “Se avessero ascoltato prima i consigli della Commissione avrebbero evitato molti danni”.
(da agenzie)
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