Aprile 14th, 2019 Riccardo Fucile
A 89 ANNI IL SOCIOLOGO DEI SALOTTI BUONI SI CANDIDA CON FDI (QUELLI CHE A PAROLE SONO CONTRO I RADICALCHIC)
L’affermato sociologo di una volta chissà dove è. E chissà perchè la Meloni che parla sempre di
‘popolo’ abbia voluto candidare quello che è stato per definizione uno dei rappresentanti dei salotti buoni.
Ad ogni modo le idee sono poche ma confuse.
Perchè Alberoni si è lasciato andare ad affermazioni bizzarre: “Ho accettato l’invito di Giorgia Meloni perchè ho paura per la democrazia in Italia che e’ in pericolo e va difesa, e mi ribello al regime che c’è al governo. Inoltre ho accettato volentieri di candidarmi con Fdi perchè ha un leader giovane e donna”.
Quindi Francesco Alberoni, scrittore, sociologo e giornalista, candidato per Fdi alle elezioni europee nel collegio Nord-Ovest ha scelto Fdi per difendere la democrazia dall’attuale regime e – a tutti gli effetti – ha stabilito che l’altro sovranista Salvini è parte integrante del regime.
Complicato da gestire per la Meloni che lavora per un’alleanza degli estremisti di destra a partire da Salvini.
Senza contare che per difendere la democrazia dal ‘regime’ il sociologo ha scelto un partito che guarda con simpatia a Polonia e Ungheria, paesi nei quali i diritti democratici sono compressi. Del resto, nel massimo della confusione, Alberoni ha anche detto di aver scelto la Meloni perchè “moderata”.
(da Globalist)
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Aprile 14th, 2019 Riccardo Fucile
MARIANGELA DANZI’ E’ STATA APPENA SCELTA DA DI MAIO COME CAPOLISTA
Mariangela Danzì, appena scelta dal M5s come propria capolista nella circoscrizione Nord Ovest, sarebbe indagata in un’indagine della procura della Repubblica di Brindisi in merito a un intervento eseguito dall’Autorità di Sistema Portuale per delimitare il circuito doganale.
La notizia, data da Brindisi Time, può costituire un piccolo terremoto per il M5s di Di Maio, che nel regolamento oltre ad avere il divieto di candidatura per i condannati ha anche un passaggio che riguarda gli indagati, per i quali sono necessarie ulteriori valutazioni.
Certo, non si tratterebbe di un’accusa grave ma bensì molto tecnica per l’ex subcommissario del Comune di Brindisi Danzì, ma che comunque potrebbe creare qualche imbarazzo per la compagine pentastellata in vista del fondamentale voto delle Europee.
Secondo quanto scrive Brindisitime, è di queste ore la notizia relativa all’iscrizione nel registro dei vertici delle strutture tecniche di Autorità Portuale e Comune, così come del presidente dell’ente portuale Ugo Patroni Griffi e, appunto, dell’ex sub-commissario del Comune Mariangela Danzì che proprio nelle scorse ore è stata scelta come capolista nella circoscrizione Nord/Ovest del Movimento 5 Stelle per le elezioni europee.
Al momento non si conoscono gli addebiti che sono stati mossi a ciascuno degli indagati ma comunque tutto nasce dal lavoro del sostituto procuratore Raffaele Casto in merito all’intervento eseguito dall’Autorità di Sistema Portuale per delimitare il circuito doganale realizzato, secondo la tesi della procura, in difformità rispetto agli strumenti urbanistici vigenti. Inchiesta sfociata poi nel sequestro di molte opere dello stesso circuito doganale, spiega Brindisitime, che racconta, in particolare in merito a una recinzione in via del Mare: “L’Amministrazione a guida Angela Carluccio tentò di bloccare tutto, ma poi — soprattutto durante la successiva gestione commissariale — la partita è stata chiusa con un accordo tra Comune e ADSP che ha messo fine anche al contenzioso tra i due enti”.
(da agenzie)
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Aprile 14th, 2019 Riccardo Fucile
SONO 800.000 I PROFUGHI CHE DALLA LIBIA NEL CAOS VORREBBERO RAGGIUNGERE L’EUROPA
Centinaia di morti, oltre 16mila sfollati. In Libia è sempre più guerra civile tra le forze fedeli al
governo nazionale di Fayez al Sarraj e quelle del generale Khalifa Haftar.
Una guerra che si combatte ormai alle porte di Tripoli. E il bilancio delle vittime è salito a 121 morti e 561 i feriti. Lo riferisce l’Organizzazione mondiale della sanità nel Paese nordafricano. Attacchi e controffensive, avanzate e ritirate, morti, feriti e centinaia di civili intrappolati: si fa sempre più cruenta la battaglia alle porte di Tripoli.
Il decimo giorno della guerra proclamata dal maresciallo è stato segnato da violenti scontri lungo l’asse a sudovest della capitale.
Dopo una notte di combattimenti, i soldati dell’uomo forte della Cirenaica hanno sfondato le linee avversarie, avanzando a colpi di artiglieria, missili Grad e sostenuti dai raid aerei.
Due le zone conquistate per diverse ore: quella di Suani ben Adem, 25 km a sudovest di Tripoli, e quella di Aziziya, una trentina di chilometri più a sud, lungo la direttrice che conduce a Zintan e Gharyan.
Dopo ore di battaglia, lanci di razzi e vittime, soprattutto civili – almeno cinque gli uccisi, tra i quali una donna incinta – le milizie di Tripoli hanno lanciato il contrattacco e respinto i nemici a Suani ben Adem.
Nel primo pomeriggio dal centro della cittadina si levavano dense colonne di fumo nero. Le truppe di Haftar sono state costrette alla ritirata, lasciando diverse unità di fanteria lungo la linea di un fronte frastagliato, lontane dalle retrovie.
I soldati, a corto di munizioni, sparavano contro i tuwar nel tentativo di aprirsi una via di fuga.
I soldati che difendono la capitale sono poi avanzati anche su Aziziya, strappando parte della città agli avversari. Sul campo, hanno riferito fonti attendibili, sono arrivate anche le temibili milizie di Zintan, protagoniste della cacciata di Muammar Gheddafi da Tripoli nel corso della rivoluzione del 2011 e pronte ora a combattere per la difesa della capitale.
Decine e decine di famiglie sono bloccate tra due fuochi: moltissime le telefonate strazianti dalle zone di combattimento che arrivano ogni giorno al centro di emergenza di Tripoli. Soprattutto donne, che chiedono cibo, acqua oppure “qualcuno che ci venga a prendere”.
Ad Ain Zara, altro fronte caldo a soli 15 km a sudest della capitale, una scuola elementare deserta è stata centrata da un raid di Haftar. Non ci sono state vittime, ma le bombe piovute dal cielo hanno terrorizzato i tanti rifugiati presenti nell’area, che nei giorni scorsi hanno trovato riparo proprio in edifici pubblici attualmente chiusi.
I militari di Tripoli hanno l’ordine di limitare la potenza di fuoco, evitare vittime e distruzioni. Nel pomeriggio il generale Mohammed Al Manfur, comandante dell’Aeronautica di Tripoli, ha annunciato che le forze governative libiche hanno abbattuto un caccia delle forze di Haftar nell’area di Wadi Rabie, a sudest della capitale.
“Combattiamo per la nostra terra, per tutti i libici. Per questo sino ad oggi siamo ancora rimasti sulla difensiva: anche i soldati di Haftar sono nostri compatrioti”, ha detto all’Ansa il generale Abuseid
Shwashli, al comando della regione del distretto sudovest. “Quelli di Haftar hanno armi più moderne, ma non le sanno usare. Sono soprattutto reclute, meno del 20% delle loro forze ha esperienza, e combattono per lo stipendio oppure perchè sono costretti”, ha sottolineato Shwashli, mentre nel suo quartier generale pezzi di artiglieria pesante vengono tirati a lucido, pronti all’uso se da Tripoli partisse l’ordine di un attacco massiccio. “Se dovesse arrivare quell’ordine, saremmo costretti a fare terra bruciata”, ha detto ancora il comandante.
Nel centro di Tripoli, per il momento, arrivano solo gli echi delle battaglie che si combattono alle sue porte.
Il sole al tramonto illumina le lunghe code di auto ai distributori a caccia di benzina: l’unica vera immagine di guerra nella capitale in queste ore cruciali per il destino della città , e di tutta la Libia. La situazione è davvero drammatica. Il bilancio dei morti è salito a 120. Di questi 35 sono bambini.
Ci sono poi 750 feriti, di cui 200 in gravi condizioni”.
Così all’Adnkronos Foad Aodi, presidente dell’Associazione Medici Stranieri in Italia (Amsi). Il medico, che è anche consigliere dell’Ordine dei Medici di Roma, è in contatto con medici libici in vari ospedali: “Sappiamo anche di 30 donne violentate, 6 sono morte. Sono deceduti anche 6 medici e diverse ambulanze sono andate distrutte”.
Gli ospedali in Libia, afferma ancora Foad Aodi, “sono al collasso. Il bilancio delle vittime, rispetto a ieri in cui si parlava di 100 morti, è aumentato così velocemente perchè “molti feriti gravi non hanno ricevuto cure adeguate. Purtroppo ormai manca tutto: l’elettricità , i medici, gli infermieri, i medicinali e il sangue. I più fortunati riescono ad arrivare in un ospedale ma c’è anche chi, a causa delle ferite, non sopravvive perchè nessun medico può raggiungerlo o non riesce a spostarsi”.
“Bisogna fermare questo massacro. Tra l’altro vengono reclutati come soldati anche minorenni — afferma Foad Aodi – Si tratta di oltre 1.000 ragazzini negli ultimi mesi, tra i 14 e i 17 anni, non tutti libici. Ci sono anche reduci dalla Siria. Alcuni sono giovani di famiglie povere che vengono ricattate”.
Il bilancio della guerra cresce di ora in ora non solo in termine di vittime, morti e feriti. E’ salito a circa 16.000 il numero degli sfollati dall’inizio degli scontri armati a Tripoli e dintorni. Lo scrive l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari (Ocha) in un “aggiornamento flash” sulla situazione nei dintorni della capitale, precisando che oltre duemila sono le persone che hanno lasciato le proprie case solo nelle ultime 24 ore.
Negli scontri – scrive l’Ocha, sono state danneggiate altre due ambulanze, portando ad otto il numero dei veicoli di soccorso danneggiati dall’inizio delle ostilità a Tripoli. La nuova guerra libica è sempre più una guerra per procura. Una procura sul campo.
Un mercenario egiziano ha confermato che la Francia sta aiutando Haftar nel suo tentativo di espugnare Tripoli, con propri specialisti dispiegati sul suolo libico. L’uomo racconta di essere salito su un volo per andare a combattere insieme a 14 libici, 30 egiziani e 6 consiglieri militari francesi.
Il mercenario, secondo quanto riferisce Libya Observer, avrebbe confessato che si era imbarcato su un volo in partenza da Benina, l’aeroporto di Bengasi e diretto a Jufra. “Lo stesso dove erano a bordo 14 libici, 30 egiziani e sei consiglieri militari francesi”.
La segnalazione trova supporto in alcune fonti informate libiche, che hanno confermato l’effettiva presenza di “esperti militari” francesi a Garian. Segnalazioni analoghe erano state fatte lunedì dalla tv Libya Al-Ahrar. Garian è la città presa dal generale Haftar circa cento chilometri a sud di Tripoli e da dove il suo Esercito nazionale avrebbe sparato razzi di tipo Grad
All’orizzonte c’è anche e soprattutto la “crisi umanitaria” che ha fatto scattare l’allarme rosso a Roma. In Libia – scriveva Gli Occhi della guerra – sono presenti circa 800 mila migranti intenzionati a raggiungere l’Europa via Italia.
Secondo i dossier degli 007 italiani, consegnati secondo il Corriere della Sera dall’intelligence in queste ore al presidente del Consiglio, la prima ondata potrebbe coinvolgere qualcosa come 6mila stranieri pronti a salire su gommoni guidati da trafficanti senza scrupoli. Sono quelli rinchiusi nei centri di detenzione o in quelli per i profughi.
Il pericolo è stato confermato anche dal direttore dell’Aise, Luciano Carta, nella sua audizione al Copasir.
Dal report dell’intelligence, riporta il quotidiano di Via Solferino, emerge che “i trafficanti di uomini stanno cercando di organizzarsi nel reperimento di barche e gommoni”, in modo da prepararsi al trasporto dei profughi in fuga. Grande incognita risulta essere la capacità della Guardia costiera libica di tenere sotto controllo quel tratto di mare, mentre è certo che ora Tripoli non possa essere considerato porto sicuro. Gli 007 evidenziano anche “la presenza tuttora massiccia di gruppi presenti nel Paese e direttamente collegati all’Isis, determinati a sfruttare la situazione di caos, pronti a trasformare la Libia nella nuova Siria”.
Ma a Roma non guarda con particolare attenzione, nonostante quanto sostenuto da Conte, l’uomo forte della Cirenaica. Gli sponsor del Generale sono altri e si trovano al Cairo, a Riyadh, a Mosca, più ancora che a Parigi.
Una conferma è venuta oggi: “Il presidente Abdel Fattah al-Sisi, nel suo incontro oggi al palazzo al-Ittihadeya con il maresciallo Khalifa Haftar, comandante dell’Esercito nazionale libico, ha esaminato novità e sviluppi della situazione in Libia”, scrive l’agenzia ufficiale egiziana Mena citando una dichiarazione del portavoce della Presidenza, Bassam Radi, senza aggiungere altro.
Secondo Sky News Arabiya, emittente basata negli Emirati arabi uniti (che appoggiano Haftar), Al Sisi ha confermato “il sostegno dell’Egitto agli sforzi della lotta contro il terrorismo e le milizie estremiste per realizzare la sicurezza e la stabilità della Libia”.
L’appoggio del Cairo è anche “agli sforzi mirati a porre le basi di uno Stato civile stabile in Libia e ad avviare la ricostruzione”, si legge ancora. Lotta ai Fratelli Musulmani, migrazione economica e interessi nel settore estrattivo sono i tre fattori che uniscono il presidente egiziano e il leader della Libyan National Army.
Haftar in Libia è uno strenuo oppositore dei Fratelli Musulmani, al punto che la presenza dei rappresentati del Qatar — finanziatori di questi ultimi e del governo Sarraj — ha dato lo spunto al maresciallo per disertare l’assemblea principale della Conferenza sulla Libia organizzata dall’Italia a Palermo il 12 e il 13 novembre.
Last but not least, c’è la questione energetica. Nell’ottica di un rilancio economico del Paese, Al Sisi mira a partecipare a una redistribuzione delle risorse libiche nel caso in cui Haftar riesca a prendere il potere.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 14th, 2019 Riccardo Fucile
LE DRAMMATICHE CONSEGUENZE DELLA GUERRA CIVILE ESPLOSA NEL PAESE
È la denuncia a TPI di Giulia Tranchina, avvocato che, a Londra, si occupa di rifugiati per lo studio legale Wilson Solicitor. Tranchina è in contatto con i migranti rinchiusi nei centri di detenzione libici e, da tempo, denuncia abusi e torture perpetrate ai loro danni.
L’esplosione della guerra ha reso le condizioni di vita delle migliaia di rifugiati presenti nei centri governativi ancora più disumane.
La gestione dei centri è stata bocciata anche dagli organismi internazionali in diversi rapporti, ignorati dai governi europei e anche da quello italiano, rapporti dove si evidenzia la violazione sistematica delle convenzioni internazionali, le condizioni sanitarie agghiaccianti e continue torture.
“Stiamo ricevendo appelli disperati dal centro di detenzione di Qaser Bin Gashir in una zona dove gli scontri sono molto intensi, da venerdì le forze di Haftar hanno conquistato l’area e sono da giorni senza cibo nè acqua. La situazione è tragica e non riescono a ricevere aiuti. Ci sono bambini, donne in gravidanza, sono più di 600 persone, di questi i minori sono oltre un centinaio. Sono sotto minaccia di trasferimento in un altro centro, a Zintan, dove ogni settimana muoiono persone di tubercolosi”.
Nei giorni scorsi i ragazzi hanno supplicato i militari di Haftar di portare cibo e quando sono usciti, due giorni fa, sono stati pestati a sangue dai soldati e si trovano ora senza trattamento medico. Proprio da Zintan mi scrive un rifugiato, l’ultimo messaggio whatsapp che mi ha inviato è il seguente: “Stiamo soffrendo a causa della guerra. Le guardie sono scappate, e ci hanno lasciati in questa prigione. Non abbiamo cibo nè acqua, aiutateci, abbiamo bisogno dell’intervento dell’Unhcr”.
“L’area di Ain Zara è stata coinvolta dagli scontri. Sono stati evacuati — racconta Tranchina — un centinaio di rifugiati, altri 120 sono stati trasferiti in un centro a Tripoli dove non mangiano da giorni. Rifugiati stanno soffrendo conseguenze inenarrabili, sono ridotti alla fame, vittime di tortura. Una situazione vergognosa per l’Europa”. Proprio ad Ain Zara era ospitato Awet.
“È stato un anno nelle mani dei trafficanti, venduto, torturato, ora era — continua Tranchina — da qualche settimana a Ain Zara. Ora è stato trasferito a Sabaa, centro di detenzione a Tripoli, dove non ha ricevuto cibo fino a oggi, ma sono riuscita ad avvertire Medici senza Frontiere”.
Dopo diversi tentativi Msf è riuscita a portare cibo ed assistenza così come in altri centri dove riesce ad entrare, ma la situazione resta gravissima in molti luoghi di detenzione. Dalle grate dei centri si vedono le immagini della guerra e i migranti, detenuti senza motivo, ora vedono il conflitto imprigionati senza cure ed assistenza.
E pensare che pochi giorni fa il nostro ministro dell’Interno Matteo Salvini diceva della Libia: “È un porto sicuro”.
“Chiedono aiuto — conclude Tranchina — per gli eritrei detenuti e torturati a fine febbraio. È il quartier generale del Dcim, autorità libica che si occupa di immigrazione illegale”.
Torture, sofferenze, assenza di cibo e difficoltà di accesso da parte delle autorità internazionale, come l’Unhcr. La Libia non è mai stato un porto sicuro e i respingimenti, voluti dall’Italia, nel silenzio dell’Europa, riporta in questo inferno migliaia di disperati, colpevoli solo di sognare un futuro.
(da TPI)
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Aprile 14th, 2019 Riccardo Fucile
GLI AMICI DI SALVINI PUNTAVANO A VINCERE, SONO FINITI QUARTI… SECONDO PARTITO I CONSERVATORI, TERZO I CENTRISTI… EXPLOIT DEI VERDI AL 10%
Il partito socialdemocratico dell’opposizione, guidato dall’ex leader sindacale Antti Rinne, è la
formazione più votata alle elezioni legislative in Finlandia. Finora è stato scrutinato il 35,5% dei voti.
I socialdemocratici, attualmente la quarta forza politica del Paese, ottengono per ora il 18,9% dei voti, 1,7 punti in più rispetto al partito conservatore Kokoomus del ministro delle Finanze in carica Petteri Orpo.
Il partito di centro del premier uscente, Juha Sipila, è al terzo posto con il 15,4% dei voti (5,7% in meno rispetto alle elezioni del 2015), mentre la formazione di estrema destra Veri finlandesi è al momento al quarto posto, con il 15,1%, ben sotto le aspettative.
Ottimo risultato dei Verdi che sfiorano il 10%
(da agenzie)
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Aprile 14th, 2019 Riccardo Fucile
LA VITTIMA ERA RITENUTO AI VERTICI DELLA MAFIA IN CITTA’… IN INTERE ZONE DEL SUD IMPAZZA LA CRIMINALITA’, SALVINI STA A GUARDARE
Cosimo Damiano Carbone, un ergastolano di 63 anni, è stato ucciso nei pressi della sua abitazione a Trinitapoli, nella provincia di Barletta-Andria- Trani, il giorno dopo l’omicidio del carabiniere a Cagnano Varano, a meno di 150 chilometri di distanza.
L’uomo era ritenuto dagli inquirenti al vertice della mafia di Trinitapoli. Era stato condannato all’ergastolo, ma beneficiava periodicamente della detenzione domiciliare per problemi di salute. E’ stato ucciso con colpi d’arma da fuoco mentre era in auto nelle vicinanze della sua abitazione.
Carbone era stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Savino Saracino, compiuto a Trinitapoli il 30 settembre 2004, ed era stato fermato dai carabinieri due giorni dopo l’uccisione di Saracino, che aveva 35 anni, e il tentativo di omicidio di Michele Miccoli, 32 anni, entrambi pregiudicati. L’agguato – secondo le indagini – era maturato nell’ambito di contrasti fra gruppi malavitosi rivali.
Anche il fratello più grande di Carbone, Antonio, di settant’anni, fu ucciso il 27 maggio del 2014 con tre colpi di fucile calibro 12 nel centro di Trinitapoli mentre era a bordo della sua auto. Si tratta del secondo omicidio compiuto a Trinitapoli dall’inizio dell’anno: il primo era avvenuto il 20 gennaio scorso, quando venne ucciso il pregiudicato Pietro De Rosa.
(da agenzie)
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Aprile 14th, 2019 Riccardo Fucile
I DEBITI SONO PRECEDENTI ALLA SUA DENUNCIA E LUI SI PRENDEVA 570.000 EURO DI COMPENSO… IN REALTA’ DOVEVA ALLO STATO UNA CIFRA DOPPIA RISPETTO AI CREDITI VANTATI
Sergio Bramini, imprenditore fallito “per colpa dello Stato” e poi diventato consulente (non
entusiasta) di Luigi Di Maio, oggi è protagonista di un articolo della Stampa che racconta la sua vera storia giudiziaria.
Il documento del Csm, istruito dalla prima commissione (relatore Stefano Spina) e approvato dal plenum, rileva nell’eco mediatica del caso Bramini «un reale e grave turbamento al regolare svolgimento della funzione giudiziaria».
Secondo la storia, Bramini è un imprenditore nel settore rifiuti: la Icom, società che ha fondato nel 1980, lavora per enti pubblici. Fatturato intorno a 3 milioni di euro, una dozzina di dipendenti. Racconta Bramini che dal 2005 cominciano a non pagarlo. Per mandare avanti l’azienda, pagare le tasse e non lasciare gli operai senza stipendio, s’indebita con le banche per 1 milione di euro e mette a garanzia anche la sua casa. Nel 2011, con 4,2 milioni di crediti da enti pubblici non riscossi, si arrende e porta i libri in tribunale. La banca aggredisce la casa e il giudice lo manda «in mezzo a una strada». Giuseppe Salvaggiulo ci fornisce invece la versione del CSM sui fatti:
I mutui bancari risalgono al 2001, prima del 2005: quindi non seguono il blocco dei pagamenti degli enti pubblici, ma lo precedono.
Dopo il 2011, il curatore fallimentare avvia un’azione di responsabilità contro Bramini «per gravi condotte di aggravamento del dissesto»: gli imputa di «essersi attribuito quale amministratore, nell’ultimo periodo di vita della Icom, un compenso di 570 mila euro».
La contestazione si chiude con una conciliazione: Bramini s’impegna a restituire 200 mila euro (mai versati).
Il curatore aziona anche una revocatoria perchè Bramini «circa un mese prima del fallimento aveva ceduto alla moglie, in sede di separazione consensuale», la casa ora pignorata (dopo lo sloggio forzato i due abitano insieme in affitto, «per risparmiare»).
Anche i crediti vantati dalla Icom verso gli enti pubblici sono controversi.
Secondo il tribunale fallimentare di Milano «non erano certi, liquidi ed esigibili, bensì tutti contestati e in buona parte insussistenti».
In soldoni: tra cause perse e cessioni già effettuate, la Icom ha incassato solo 500 mila euro e nella migliore delle ipotesi vanterebbe circa 1,6 milioni di crediti, non 4,2 milioni.
Quello che tv e ministri mai hanno detto è che ben maggiori sono i debiti della Icom: 3,8 milioni di euro: 1,7 con il fisco; 1,1 con i fornitori, il resto con le banche.
Dunque il principale creditore di Bramini (che non pagava Iva, Irpef, Irap, Tfr contributi previdenziali) è lo stesso Stato da lui additato come aguzzino. E per una cifra quasi doppia rispetto a quella, pur cospicua e ingiusta, che la Icom non ha mai incassato dalle pubbliche amministrazioni.
Conclude il Csm: «È falso che la Icom sarebbe stata fatta fallire per le inadempienze di enti pubblici, che pure ci sono state e non si vuole trascurare».
Bramini ha avuto «atteggiamenti ostruzionistici»: mandava diffide e intimazioni «di vario genere», ha minacciato di morte il custode giudiziario. Il giudice Romito di Monza «aggredito, denigrato, offeso, diffamato», è stato stretto in una tenaglia politico-mediatica alimentata da una campagna costruita su fake news.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 14th, 2019 Riccardo Fucile
VISITE A CHI SOSTIENE IL BLOG DELLA SUA PRIMOGENITA E ONOREFICENZE A CHI FA ESIBIRE IL FIGLIO DIRETTORE D’ORCHESTRA
Una lunga scia di “coincidenze” tra il ruolo del presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati e le carriere professionali dei suoi due figli, Alvise e Ludovica.
Vengono messe in fila da un articolo del Fatto Quotidiano che racconta come la carriera dei due figli, uno ex avvocato d’affari a New York oggi direttore d’orchestra, l’altra ex dipendente di Publitalia, la concessionaria pubblicitaria di Mediaset, oggi “appassionata di cicloturismo” creatrice della società , Green Life, che edita il blog Viaggi in bici.
“Oggi Casellati rientra da un viaggio in Colombia con una doppia tappa, la capitale Bogotà e poi Cartagena”, racconta il Fatto, e ha “consegnato l’onorificenza di commendatore della Stella d’Italia a Julia Salvi, fondatrice e direttrice del Festival musicale di Cartagena”.
Secondo il Fatto, “Salvi ha meritato la Stella d’Italia anche perchè ha manifestato lungimiranza artistica con l’invito al Festival del maestro Alvise Casellati, che s’è esibito lo scorso gennaio in plaza de San Pedro Claver a Cartagena”. Non è l’unica “coincidenza”:
Un lasso di tempo più esiguo ha diviso il concerto di Alvise a Baku, in Azerbaigian, e la visita di Casellati. Alvise era in cartellone il 5 ottobre 2018, la presidente è sbarcata il 18, tre mesi dopo Sergio Mattarella, per una forma di diplomazia pleonastica: la prima e la seconda carica dello Stato che omaggiano la Repubblica azera a stretto giro.
Agende più clementi negli Stati Uniti. In missione tra Washington e New York, il 3 luglio 2018, dopo un pranzo da Eataly, Casellati si è ritrovata un pomeriggio libero e così l’ha riempito con una gita a Central Park per assistere a Opera italiana is in the air del maestro Alvise, un evento gratuito per allietare la comunità italiana con Verdi, Rossini, Puccini, finanziato da Eni, Eataly, Banca Intesa, alimenti Cremonini, costruzioni Pizzarotti, Banca Intesa.
Il Fatto riporta come sul mensile delle Frecce delle Ferrovie dello Stato, nel numero di dicembre, la Freccia dia spazio a una intervista di tre pagine sempre ad Alvise.
Il giornale diretto da Marco Travaglio ricorda quindi il “buon legame” tra la Casellati e l’ad di FS Gianfranco Battisti, ricevuto a Palazzo Madama in ottobre. Alvise, “per rendere edotti i colleghi, spiega che compra il frac da Brooks Brothers, però non cede alla volgarità di precisare che Brooks Brothers ha pagato Opera italiana is in the air”.
Le “coincidenze” riguardano però anche la figlia di Casellati, Ludovica: “La Freccia di aprile propone un testo di una scrittrice emergente, Ludovica Casellati: Compagna di viaggio, la bicicletta. L’occasione è buona per promuovere il libro di Ludovica e per segnalare i “bike hotel” più suggestivi. Per questioni di eleganza, la Freccia non avvisa il lettore che tra le strutture menzionate ci sono pure quelle del circuito “Luxury Bike Hotel” di Ludovica”.
Riporta sempre il Fatto:
Viaggi in bici, dal 2017, organizza il premio “Urban Award” per la “mobilità dolce” in città , patrocinato dal ministero dell’Ambiente. [..] Viaggi in bici fa parte di Green Life, una società che fattura 55.606 euro (bilancio 2017), eppure è riuscita a suscitare l’interesse di sponsor facoltosi, come Acea Energia e Fondazione Iseni Y Nervi.
Come ammette con sincerità Ludovica, “Urban Award” esiste perchè la Fondazione Iseni del gruppo sanitario Iseni lo sostiene con affetto. Un affetto reciproco.
Il 24 maggio 2018, Casellati ha benedetto la riforma grafica del portale Malpensa 24 di Iseni Editore e incontrato, accompagnata da Ludovica, il patron Fabrizio Iseni, giurato di “Urban Award”. Il 2 ottobre, la Fondazione ha presentato in Senato il settimo congresso nazionale, che si è tenuto a Saint Vincent, delle “giornate cardiologiche”
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 14th, 2019 Riccardo Fucile
“NON DA OGGI LA PAURA SERVE PER FARE BOTTINI ELETTORALI”
La manomissione comincia dalla lingua: “Sono stanco di sentir parlare di popolo. È una parola
importante, che bisogna pronunciare con rispetto e, arrivo a dire, un po’ di reverenza. Invece, è tra le più abusate e manipolate di questo tempo. I populisti, lungi dall’amare il popolo, di puntare al suo progresso sociale, civile, culturale, economico, l’hanno strumentalizzato per biechi fini di potere, spacciando illusioni, menzogne e creando, se necessario, nemici immaginari, come faceva la dittatura fascista con l’Inghilterra, e come si sta facendo oggi con i migranti”.
Secondo Don Luigi Ciotti — prete, fondatore del gruppo Abele e presidente dell’associazione antimafia, Libera —, la cosa più urgente da fare oggi non è lanciare allarmi, salire sulle barricate insieme alla propria tribù, non è nemmeno attaccare Luigi Di Maio e Matteo Salvini: “Non mi interessano le polemiche personali”.
La cosa più importante da fare per Don Ciotti è parlare con i razzisti: “Non solo si può parlare loro: si deve. La parola, quando scaturisce dalla conoscenza ed è animata da passione e onestà , può aprire spiragli in menti che ignorano la realtà o la tengono a distanza con le barriere dei giudizi e dei pregiudizi”.
Per farlo, ha scritto “Lettera a un razzista del terzo millennio” (Edizioni Gruppo Abele), un breve libro nel quale si rivolge al suo interlocutore immaginario senza condannarlo moralisticamente, nè liquidandolo con la scomunica di un’etichetta — “fascista” — che interrompe qualsiasi discorso, tracciando una divisione irremovibile tra chi sta da una parte e chi sta dall’altra. Al contrario, riconosce l’ingiustizia, l’impoverimento economico, l’esclusione sociale che al falò del razzismo forniscono legna da bruciare in quantità : “Bisogna sempre cercare di capire, tanto più se si tratta di questioni così delicate. Non per indulgenza, ma perchè per dare a un problema grave risposte efficaci bisogna comprenderlo in tutte le sue sfaccettature, nei suoi risvolti politici, etici, esistenziali. Altrimenti, da una parte e dall’altra, ci si limita agli slogan e alla propaganda”.
Qual è la differenza tra un razzista del terzo millennio e gli altri razzisti?
Credo che a fare la differenza siano soprattutto i mezzi d’informazione e di comunicazione, che negli ultimi decenni, grazie a Internet, hanno conosciuto un potenziamento mai visto prima. Oggi i giudizi sommari e i pregiudizi del razzismo viaggiano a velocità impressionante e possono diffondersi in modo capillare, cosa che è stata sfruttata dai demagoghi e impresari della paura per alimentare l’ostilità contro il “diverso” e lo straniero, additati come i colpevoli dei nostri mali mentre ne sono le principali vittime.
Vittime di cosa?
Di un “sistema ingiusto alla radice” e di una “economia di rapina”, come dice Papa Francesco. Le definiamo migrazioni ma sarebbe più giusto definirle “migrazioni indotte”. L’Occidente ha colonizzato prima politicamente e poi economicamente interi continenti, ne ha razziato le risorse, violentato la natura, ucciso le culture. Ha fatto insomma terra bruciata attorno a chi abitava quei luoghi da millenni. E ora si lamenta se quelle persone vengono da noi disperate a chiedere una mano. Andiamo allora a costruire, non a demolire e rubare: di colpo si fermeranno gli esodi forzati e le tante tragedie a loro connesse, perchè il migrare sarà di nuovo una scelta libera, non un destino terribile su cui lucrano mafie e bande criminali.
Dunque, dobbiamo aiutarli a casa loro?
Questa frase è il culmine dell’ipocrisia, un’affermazione con cui il razzismo nasconde la propria cattiva coscienza e cerca di darsi rispettabilità e credibilità . È una copertura suggestiva per nascondere l’indisponibilità all’accoglienza.
Lei è cristiano, e per lei accogliere è un dovere. Ma per chi non lo è?
Accogliere non è un dovere. È un imperativo etico, una legge di coscienza. Che io sento in quanto essere umano, prima ancora che cristiano.
Ma un governante deve mettere al primo posto la protezione dell’umanità in generale, o dei cittadini della propria nazione?
Io credo che un politico che voglia davvero proteggere la propria nazione deve costruire giustizia sociale, fare in modo che a tutte le persone sia riconosciuto il diritto a una vita libera e dignitosa e adoperarsi affinchè tale diritto non resti un’enunciazione, un proposito, un articolo di legge. Questo diritto, in Italia e in Europa, si è andato via via sfaldando. Tanto è vero che i Paesi dell’Occidente ricco sono quelli in cui si sono verificati i massimi picchi di disuguaglianza sociale. Altro che protezione.
Perchè i razzisti sono anche tra i poveri?
Perchè le fasce sociali più fragili e disagiate sono diventate — con la crescita esponenziale di povertà e disoccupazione — un grande bacino di consenso e dunque di potere per gli spacciatori di menzogne e illusioni. È innanzitutto a loro che si rivolge la propaganda razzista.
Il governo alimenta questo messaggio?
Non m’interessa polemizzare con chi governa. Nel nostro Paese è prevalsa — non da oggi e salvo rare eccezioni — la tentazione di fare delle paure un terreno di conquista per futuri bottini elettorali.
A cosa può portare il desiderio dell’uomo forte di cui lei parla?
È la storia a dirci a che cosa ha condotto nei momenti di crisi sociale e economica il “desiderio dell’uomo forte”: a regimi autoritari che hanno aggravato e moltiplicato i mali di cui si proclamavano il rimedio. E questo perchè da sempre la principale preoccupazione del cosiddetto “uomo forte” è il proprio ego, il riconoscimento, il tributo e l’ovazione delle masse, non il loro progresso e benessere. Masse abbagliate dalle messinscene del potere, dalle sue parole roboanti e dalle sue dichiarazioni di guerra, dunque masse docili, obbedienti, conformi.
Come se ne può uscire?
Occorre che ciascuno di noi apra gli occhi e si assuma con convinzione la sua parte di responsabilità in quanto custode e artefice del bene comune. Occorre insomma essere cittadini fino in fondo e sempre, come ci esortò a essere 71 anni fa il più radicale e coraggioso degli scritti politici: la nostra Costituzione.
(da “Huffingtonpost”)
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