Aprile 16th, 2019 Riccardo Fucile
LE CIRCOLARI DEMENZIALI DI SALVINI SULLA LIBIA DETERMINANO LA FURIOSA REAZIONE: “SUPERATA LA LINEA ROSSA, NOI RISPONDIAMO SOLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA E AL MINISTRO DELLA DIFESA”
Scoppia un caso sull'”intimazione” inviata oggi dal ministro dell’Interno Matteo Salvini a proposito
di Mar Jonio.
La circolare, come si legge nella stessa nota diramata dal Viminale, sarebbe infatti stata inviata non solo ai vertici delle forze dell’ordine, su cui Salvini ha una diretta competenza, ma anche ai vertici militari, di competenza del ministero della Difesa.
Episodio che, riferiscono varie fonti all’agenzia di stampa Adnkronos, avrebbe suscitato l’ira dello Stato Maggiore.
Un atto, dunque, considerato ostile e che in queste ore in via XX Settembre rappresentano come “una vera e propria ingerenza senza precedenti nella recente storia della Repubblica”.
“Quel che è accaduto è gravissimo”, aggiungono le stesse fonti all’Adnkronos, perchè “viola ogni principio, ogni protocollo” e costituisce “una forma di pressione impropria” nei confronti del Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Enzo Vecciarelli.
“Non è che un ministro – proseguono – può alzarsi e ordinare qualcosa a un uomo dello Stato. Queste cose accadono nei regimi, non in democrazia. Noi rispondiamo al ministro della Difesa e al Capo dello Stato, che è il capo Supremo delle Forze Armate”.
Anche l’agenzia di stampa Ansa riporta che si sta alzando la tensione sulla direttiva Salvini sulla Mare Jonio che è stata inviata anche ai vertici della Difesa e della Marina.
Dal ministero della Difesa emerge irritazione per uno sconfinamento del Viminale e la questione è stata anche oggetto – confermano più fonti – dell’incontro di oggi al Quirinale tra il presidente Sergio Mattarella e il premier Giuseppe Conte.
È stata superata una linea rossa, osservano fonti della Difesa.
Il documento con il quale il Viminale chiede alle forze di polizia una nuova stretta contro le navi delle Ong, è stato inviato, come già detto, anche al capo di Stato maggiore della Difesa, il generale Enzo Vecciarelli.
L’ “intimazione”, così si chiama il documento inviato questa mattina dal Viminale e firmato da Matteo Salvini, ha come destinatari il capo della Polizia e direttore generale della pubblica sicurezza Franco Gabrielli, il comandante generale dei Carabinieri Giovanni Nistri, il comandante generale della Guardia di Finanza Giorgio Toschi, il capo di stato maggiore della Marina Valter Girardelli, il comandante generale della Guardia Costiera Giovanni Pettorino e, “per conoscenza”, il capo di Stato maggiore della Difesa.
Non solo una direttiva incostituzionale, ma pure inviata a organismi che non rientrano nella sua competenza.
Roba da manicomio o da accompagnamento alla porta (stavolta senza scorta, così “cuor di leone” potrebbe constatare davvero come lo amano gli italiani)
(da agenzie)
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Aprile 16th, 2019 Riccardo Fucile
DA MOLTI E’ VISTA COME UNA SCALATA AL PARTITO, TANTI LA APPOGGIANO PERCHE’ E’ L’UNICA CHE POTREBBE DARE UNA SVOLTA AL PARTITO… DALL’ALTRA PARTE I FILO-SOVRANISTI ATTACCATI ALLA POLTRONA
La rissa tra Carfagna e Toti, il “golpe” contro Berlusconi, i veleni azzurri, le accuse incrociate, le mani nei capelli, la spasmodica ricerca di uno strapuntino al sole.
Non c’è cosa migliore delle liste dei candidati alle europee quale cartina di tornasole del centrodestra ai tempi dei gialloverdi. In Forza Italia un lungo e magmatico tramonto da cupio dissolvi.
Nella Lega un clima da monarchia illuminata, in cui nessuno degli sparring partner può nè deve fare ombra al leader.
A poche ore dalla dead line, gli elenchi del Carroccio sono stati già depositati e resi pubblici. Per quelli degli azzurri si è ancora in alto mare. “C’è Antonio nel suo bunker a Roma con le mani nei capelli”, spiega un dirigente.
Antonio sarebbe Tajani, unico capolista (nell’Italia centrale) diverso da Silvio Berlusconi. È lui che deve comporre l’elenco, ma fino all’ultimo la quadra non si trova. Chi ha potuto sbirciare gli elenchi le definisce “liste mediocrissime”, puntando il dito su evergreen come Lorenzo Cesa e Francesco Saverio Romano, candidati rispettivamente al Sud e nelle Isole.
Ma è proprio nella circoscrizione meridionale che sta esplodendo il caso dell’ultima ora: la candidatura di Mara Carfagna.
Nata apparentemente come casuale, è piombata come un sasso nel vespaio di una situazione già difficile.
Perchè gli azzurri sanno che il 26 maggio si giocherà un pezzo di futuro del partito. Al quale la vicepresidente della Camera vuole provare la scalata.
“Il suo è un tentativo creato ad arte”, spiegano. Prima un intervista alla Stampa in cui accusa il governatore della Liguria Giovanni Toti di aver già consumato una scissione nei fatti.
Poi, alla risposta dell’interessato che l’ha bollata come nominato, ecco l’uscita di Roberto Occhiuto e Paolo Russo, deputati vicini all’ex ministro, per lavare l’onta: “Si candidi alle europee”. E lei: “Sono a disposizione”. Apriti cielo.
Perchè il piano è chiaro: fare il pieno di preferenze al sud per rivendicare se non una successione piena a Berlusconi, per lo meno il posto da numero due al posto di Tajani.
Il tutto nella speranza che il fondatore convochi un congresso post-elezioni, cosa tutt’altro che certa. “Un golpe contro Silvio”, denunciano gli avversari interni. “Ma quale golpe, è normale dialettica”, respingono gli interessati.
Niccolò Ghedini, che la Carfagna non la vorrebbe in lista, ha proposto una mediazione spericolata: tutti i big in lista.
Da Toti alla Gelmini, dalla Bernini a Brunetta, si creerebbe un effetto caos tale, con le triple preferenze, da annacquare l’eventuale successo della vicepresidente di Montecitorio, ma anche da rendere quasi incontrollabile il manipolo di sei/otto deputati che spunterebbero un seggio a Bruxelles dopo le varie rinunce.
A una manciata di ore dalla consegna il caos è totale, la matassa difficile da sbrogliare.
Una fonte molto vicina all’ex Cavaliere è pronta a giurare: “Mara ci sarà “.
(da agenzie)
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Aprile 16th, 2019 Riccardo Fucile
“TOTI HA GIA’ FATTO LA SCISSIONE, AUGURI ALLA MELONI”… “ORA SERVONO ORGANISMI DIRIGENTI, IL PARTITO NON PUO’ PESARE SULLE SPALLE DI BERLUSCONI”
«Matteo Salvini leader? Lui è stato abile a portare la Lega dal 4 al 30%, ma il centrodestra è un’altra
cosa».
Ecco, se si chiede a Mara Carfagna come veda una leadership di Matteo Salvini per la coalizione tra Carroccio, azzurri e la Meloni, la risposta è una doccia fredda sulle eventuali ambizioni del vicepremier leghista.
Eventuali, perchè di questa coalizione, presente e pervasiva a livello locale, non v’è traccia a livello nazionale.
«E invece è interesse del Paese che vi sia, perchè dove governa, come Veneto e Lombardia, il centrodestra garantisce crescita, sviluppo e benessere, mentre va steso un velo pietoso sugli esperimenti grillini come il modello Roma, che è una vergogna internazionale».
Sono in molti a voler archiviare Berlusconi, Salvini in testa. È giunto il momento di un centrodestra con una leadership rinnovata?
«Le leadership non si costruiscono e nè si archiviano in laboratorio. Berlusconi è stato confermato leader da milioni di elettori. Noi non dobbiamo inventare piattaforme on line nè organizzare primarie. Berlusconi un anno fa ha preso il 14 per cento. Poi è vero che per noi non è una stagione facile per varie ragioni. Dobbiamo avere una linea chiara e definita: siamo il partito delle opere pubbliche e di un welfare non assistenziale. Certo, Berlusconi non può fare tutto da solo, il partito non può pesare sulle sue spalle: c’è bisogno di una struttura, organismi che si assumono responsabilità della linea politica, scelte sul territorio. E gli staff non li sostituiscono. Lo dicono in tanti in giro per l’Italia».
Come si nominano questi organismi?
«Si può fare un congresso o può essere lui stesso a nominarli. Ma bisogna superare lo status quo. Chi lo difende lavora per i nostri competitor».
Potrebbe essere l’ora di una destra moderata guidata da una donna come avviene in Germania e Regno Unito?
«Non ne faccio una questione di genere, ma di capacità di esercitare una leadership in grado di offrire una visione di paese non isolato, non ripiegato su se stesso e non lacerato su tutti i temi, come anche il 25 aprile. Con rigore, fermezza ma anche con umanità , c’è bisogno di restituire credibilità a livello internazionale».
Da quello che dice sembra non attribuire a Salvini le doti di leadership. Ma di solito i leader dei partiti più forti rappresentano anche le coalizioni, o no?
«Ora la priorità è ottenere un buon risultato alle Europee. Il Ppe deve capire che un’Europa fatta solo di vincoli e parametri non va bene, ma i voti ai partiti sovranisti sono voti persi politicamente. Sì, faccio un appello al voto utile, perchè i sovranisti europei negano solidarietà all’Italia sui migranti e sul bilancio».
Certo Salvini non vuole allearsi con voi, vi vede come emblema di una fase politica vecchia. Sbaglia?
«Se lui è felice di governare con i 5 stelle, aumentare le tasse, sostenere dittatori come Maduro e
bloccare i cantieri è un problema suo. Quando governa con noi la Lega garantisce crescita e benessere e opere pubbliche».
Possibile una scissione degli azzurri?
«La nostra discussione interna rientra nella fisiologia di un grande partito. E poi scissione da parte di chi? Toti mi pare averla già consumata e faccio gli auguri alla Meloni».
Vede la tentazione nel vostro mondo di una nuova forza costruita con Renzi per catturare i moderati?
«No, fantapolitica allo stato puro, noi siamo alternativi alla sinistra».
(da “La Stampa”)
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Aprile 16th, 2019 Riccardo Fucile
TUTTI VOGLIONO UNA POLTRONA, DECIDE CAPITAN NUTELLA, NOVELLO DITTATORE DELLE BANANE…. UN POSTO AL SOLE ANCHE PER L’EX MAGAZZINIERE DI VIA BELLERIO E PER IL GENERO DELLA REGINA DEI SALOTTI BENE DI MILANO… E L’EX MOGLIE E’ DIVENTATA CAPO DI GABINETTO DEL GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA
Tutti vogliono un posto al sole delle Alpi e una candidatura nella Lega per le elezioni europee. Il traguardo è un seggio a Bruxelles quasi sicuro, grazie al «capitano» Salvini che sarà candidato ovunque.
Il Carroccio nelle cinque circoscrizioni elettorali metterà in lista per il Nordovest (storico bacino del movimento) 20-22 nomi, mentre a Nordest come nell’Italia centrale saranno tra i 14 e i 16, al Sud 16-18 e nelle isole 8-9.
A decidere tutto è Matteo Salvini, che impone nomi e candidature senza tener conto dei desiderata dei capi locali del partito e delle istanze dei pretendenti sul territorio.
Tutti i membri del suo cerchio magico sono già approdati al Parlamento o al Ministero dell’Interno ma anche tra seconde e terze linee è tutto uno sgomitare.
Sollevando malumori e mal di pancia, come rivela un leghista della prima ora: «Siamo diventati un partito Trotskista dove a decidere è sempre e solo Salvini senza sentir ragione».
Tra gli interni del partito ci sarà Alessandro Panza, ex magazziniere di via Bellerio ai tempi di Bossi, ora responsabile organizzativo del Carroccio, uno dei pochi dipendenti che si è salvato dai licenziamenti e cassa integrazione. Del segretario è stato collaboratore all’europarlamento dove si era «specializzato» nel reperire il cibo coreano per lo staff.
Corre anche Mauro Zanni, europarlamentare eletto nel M5S nel 2014 e passato sul carro salviniano un anno fa: sarà ricandidato con il sogno di creare un polo dei «sovranisti-conservatori»: dal premier ungherese Viktor Orban, passando per i polacchi del partito Diritto e Giustizia fino agli austriaci di Sebastian Kurz
Ad affiancarlo Angelo Ciocca, il «bulldog» che ha calpestato con la sua scarpa la lettera inviata all’Italia sulla manovra economica del commissario Ue Moscovici. Vincenzo Sofo, fondatore del laboratorio di pensiero di estrema destra e antisistema «Il Talebano» e diventato famoso come fidanzato di Marion Le Pen, nipote della leader del Front National Marine, sarà candidato al Sud. In lista anche la compagna di Roberto Calderoli Gianna Gancia che da consigliere piemontese di opposizione prova il grande balzo.
A Milano scalpitano Pietro Marrapodi, consigliere leghista del municipio 3 (i parlamentini in cui è diviso il Comune ) e genero di Letizia Javarone, madrina degli amici della Lirica, influente salottiera e organizzatrice del compleanno del vicepremier leghista con 250 invitati all’Hotel Principe di Savoia. La Javarone ha riunito in quella occasione il console russo Alexander Nurizade, la leggenda rossonera Franco Baresi e l’imprenditore Franco Artom. Anche la consigliera di Palazzo Marino Laura Molteni diventata «famosa» per lo sciopero dopo che non è stata eletta in Parlamento, ora vorrebbe un posto in Europa.
Da Varese, culla del movimento, i nomi proposti sono l’ex assessore lombardo Francesca Brianza e
Isabella Tovaglieri, vicesindaco di Busto Arsizio che già fa campagna elettorale con l’appoggio dal parlamentare dei giovani padani Andrea Crippa.
La ex azzurra Silvia Sardone (moglie del sindaco di Sesto San Giovanni) grazie all’amicizia con la ex compagna di Salvini, Giulia Martinelli ora capo di gabinetto del governatore lombardo, ha strappato un posto in lista mentre tutti gli altri cancellati (come l’ex direttore di TelePadania Max Ferrari) per non togliere spazio ai nomi più cari a Salvini.
Come Susanna Ceccardi, sindaco del comune toscano di Cascina, commissario regionale della Lega, consulente della Presidenza del Consiglio «per il programma di governo» (60mila euro all’anno), e volto noto della tv. Altro habituè dei programmi televisivi e candidato è Antonio Maria Rinaldi, che difende a spada tratta le posizioni No Euro.
Il pasdaran leghista Mario Borghezio, dopo 4 legislature filate e 18 anni all’europarlamento non è stato ricandidato. Ed è una battaglia aperta per prendere il suo posto in lista al Centro dove il brand Salvini è in ascesa.
(da “La Stampa”)
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Aprile 16th, 2019 Riccardo Fucile
ANCHE PERCHE’ CHIUDERLI SIGNIFICHEREBBE FINIRE IN GALERA… LA MANIPOLAZIONE DELLE IDEE PASSA ATTRAVERSO L’ARTIMETICA DEGLI IMBECILLI
Ormai da mesi, il ministro dell’Interno afferma: “I porti italiani erano e restano chiusi”. Si tratta,
inequivocabilmente, di una menzogna.
Non esiste un solo atto formale, un provvedimento legale, una misura del Consiglio dei ministri — insomma un atto di governo — che stabilisca la chiusura dei porti. E, infatti, il traffico marittimo è ininterrotto.
Navi mercantili, turistiche, militari e imbarcazioni di tutti i tipi e di tutte le stazze approdano sulle nostre coste (e anche natanti che trasportano merci di contrabbando, droga, armi ed esseri umani). Insomma, i porti italiani sono, fortunatamente, aperti — meglio: spalancati — ed ermeticamente serrati solo a una categoria: i fuggiaschi dalle guerre e dalle miserie, dai disastri umanitari e da quelli climatici.
E nemmeno questo è vero fino in fondo: appena cinque giorni fa, 73 migranti sono stati sbarcati nell’isola di Lampedusa da due motovedette italiane, una della guardia costiera e una della guardia di finanza.
E, poi, vanno considerate le centinaia di persone arrivate non più sui barconi, bensì sui barchini (termine diminutivo-vezzeggiativo che sembra voler attenuare la fatica di una traversata forse ancora più travagliata).
Dunque, l’affermazione “i porti italiani sono chiusi” è semplicemente una bugia grande come una casa.
D’altra parte, se ciò davvero avvenisse, si tratterebbe di una violazione della Costituzione italiana e di tutte le convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia: insomma, un atto fuorilegge.
La falsità delle parole del ministro dell’Interno, suona ancora più stridente perchè è altamente probabile che il governo italiano, entro pochi giorni o, al più, alcune settimane, sarà costretto a modificare drasticamente la propria posizione.
Se le condizioni di instabilità del territorio libico resteranno quali sono oggi o, com’è prevedibile, tenderanno a peggiorare precipitosamente, la chiusura dei porti non sarà solo un inganno ma si rivelerà anche una decisione totalmente velleitaria.
Sia chiaro: “gli 800mila migranti e libici pronti a partire per l’Europa”, come strumentalmente si dice in queste ore, rappresentano una ulteriore versione della retorica dell’invasione così frequentemente utilizzata per creare allarme sociale e ostilità di massa verso gli stranieri.
E, tuttavia, non c’è dubbio che ai tradizionali flussi migratori, favoriti dal bel tempo e dallo sfaldamento delle misure di sicurezza sulle coste libiche, si aggiungeranno i movimenti di fuga dalla guerra civile in corso in quel Paese. Dunque, le menzogne sono destinate a rivelarsi come tali: ed è necessario che questo avvenga.
Un paio di settimane fa, ed è solo un esempio, un assessore leghista della Regione Lombardia, con modi cortesi e sovrumano sprezzo del pericolo, ha affermato: “Quest’anno nel Mediterraneo è morto un solo migrante”. Ma non è vero. Anzi, è totalmente falso.
Dal primo gennaio al 18 marzo 2019, secondo i dati dell’ Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, 153 persone sono morte tentando di raggiungere il nostro Paese. Secondo l’UNHCR nello
stesso periodo i morti in tutto il Mediterraneo sono stati 274, se si comprendono anche quelli della rotta spagnola e greca.
E quelli che mancano rispetto al “solo migrante” indicato dall’assessore leghista e imperiosamente ribadito da Matteo Salvini a Porta a Porta?
E quelli che sfuggono a una tale miserabile contabilità ? Quelle centinaia sottratte alla somma complessiva?
La manipolazione delle idee — diceva un grande poeta — passa attraverso l’aritmetica degli imbecilli.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 16th, 2019 Riccardo Fucile
CONTRORDINE GRILLINI, DI MAIO AMMETTE IL FLOP: I TUTOR DECLASSATI AD “ASSISTENTI TECNICI”
I tutor dei beneficiari del reddito di cittadinanza declassati a “assistenti tecnici”.
Il “case management” rimpiazzato dalla consolidata presa in carico.
La “working alliance” e l’“empowerment” sostituiti dalla personalizzazione delle politiche attive.
Il Navigator per il reddito di cittadinanza, figura mitologica inventata dal professor Mimmo Parisi dell’Università del Mississippi, ora presidente di Anpal, non servirà per l’occupazione come era nei piani di Luigi Di Maio.
Spiega oggi Valentina Conte su Repubblica:
Nei prossimi mesi non vedremo i ragazzi con auricolari e tablet ad accogliere i cittadini nei centri per l’impiego. Nè a collaborare con gli assessori regionali o trattare con le aziende. Nè tanto meno a incrociare via App domanda e offerta di lavoro (App non pervenuta, al momento). Tutto questo è saltato. Le Regioni hanno riportato la barra delle politiche di attivazione dei disoccupati là dove la Costituzione le colloca: sul territorio.
E allora cosa ne sarà della seconda fase del reddito di cittadinanza? La super piattaforma informatica, il patto per il lavoro e quello per l’inclusione sociale, le tre offerte congrue, gli incentivi per le imprese che assumono chi prende il sussidio, i controlli su requisiti e lavoro nero? Zero.
Per ora nulla del complesso meccanismo di attuazione del reddito è in campo.
Si sa solo che tre quarti delle domande è stata accettata, il 75%. Per il Rei fu solo la metà .
Ma qui manca una parte delle verifiche, quelle a carico dei Comuni: stato di famiglia, convivenze, divorzi, cittadinanza, residenza.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 16th, 2019 Riccardo Fucile
VOTANTI RIDOTTI AL LUMICINO, C’E’ DISAMORE NEL NORD-EST
Il voto che ieri ha ratificato su Rousseau le capilista di Di Maio ha visto partecipare 20mila persone,
in luogo delle 37mila che hanno partecipato al “primo turno”.
Ma soprattutto, ha visto suonare un campanaccio d’allarme per il bisministro e vicepremier, oggi raccontato da Emanuele Buzzi sul Corriere della Sera:
I 2822 voti nel Nord-Est segnano il punto più basso nelle circoscrizioni del Movimento, indicando la zona a trazione leghista come il possibile tallone d’Achille dei pentastellati alle prossime Europee.
Non a caso in cima alle liste in quella circoscrizione ci sarà la giornalista Sabrina Pignedoli, che viene dall’Emilia Romagna, territorio in cui Il Movimento ha radici più profonde (anche storicamente) che nel resto della circoscrizione.
Poi c’è il caso di Mariangela Danzì, indagata per un reato che non rientra nella «black list» dei reati M5S e i pentastellati definiscono il coinvolgimento della capolista come «irrilevante».
I fatti si riferiscono a quando Danzì era sub commissario prefettizio di Brindisi. La candidata al momento non avrebbe ricevuto informazioni di garanzia, ma il suo nome è contenuto in un invito a comparire destinato a un altro indagato, il dirigente comunale Fabio Lacinio.
Per questo, spiega il Corriere, l’esito gli dà ragione,ma apre nuovi fronti, che probabilmente sfoceranno nel dibattito sulla scelta della nuova struttura dei Cinque Stelle.
C’è chi dice: «Dobbiamo comprendere quali siano gli equilibri e i meccanismi che possono giovare di più al Movimento». I risultati delle elezioni europee saranno lo spartiacque. Anche per Di Maio.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 16th, 2019 Riccardo Fucile
QUANDO SALVINI STRAPARLAVA DI UN FIUME DI MILIARDI IN ENTRATA
Le nove sanatorie della Pace Fiscale del governo Lega-M5S porteranno nelle casse dello Stato nel 2019 poco più di un miliardo di euro.
Spiega Italia Oggi che il Documento di economia e ï¬nanza (Def) pubblicato dal Ministero dell’Economia dettaglia l’extra gettito per gli anni 2019, 2020 e 2021 dei condoni introdotti con il decreto ï¬scale (dl 119/2018) e con legge di Bilancio 2019 (legge 145/2018): il combinato di rottamazione-ter, deï¬nizione liti e pvc (processi verbali di constatazione), saldo e stralcio e sanatoria irregolarità formali, incrementerà le entrate dell’erario nello speciï¬co di 4.129 miliardi di euro nel 2021 e di solo un miliardo quest’anno.
Dalla vera e propria pace fiscale ovvero il saldo e stralcio, nei calcoli del Mef vengono previsti 43 milioni nel 2019 di maggiori entrate, 103 totali nel triennio; per la deï¬nizione delle liti pendenti invece si stimano invece 286 milioni di euro per gli anni 2019-2021 mentre per la sanatoria dei pvc l’extra gettito considerato è al di sotto dei 200 milioni di euro, 187 milioni per la precisione.
In pratica un flop mostruoso targato Lega
(da agenzie)
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Aprile 16th, 2019 Riccardo Fucile
ORA LA GIUSTIZIA FARA’ IL SUO CORSO E VALUTERA’ LE EVENTUALI RESPONSABILITA’
Quando sta per fare buio arriva la resa. 
Per tutto il giorno Catiuscia Marini è rimasta asserragliata dentro il Palazzo della Regione. Un via vai di consiglieri e avvocati. Una consultazione dopo l’altra.
Anche il commissario dem Walter Verini è stato qui con lei recapitandole il messaggio, invitato da Roma, sull’opportunità di un passo indietro.
Con una lettera, che è stata scritta e riscritta, quasi inviata e poi strappata, alla fine sono state comunicate le dimissioni.
La missiva viene mandata alla presidente dell’assemblea: “Ti comunico la decisione di rassegnare le dimissioni”. Quindici righe in tutto e nulla più. L’inchiesta sui concorsi truccati nella sanità si è allargata a tal punto che ormai restare presidente della Regione per Marini era diventato impossibile. E per il Pd insostenibile.
«Voglio ringraziare Catiuscia Marini, che con le sue dimissioni ha scelto di mettere al primo posto il bene della sua Regione. Catiuscia, in questi anni è stata al servizio delle istituzioni e dell’interesse generale e ha garantito all’Umbria sviluppo e qualità della vita e dei servizi. E’ stata una guida apprezzata per i suoi territori e benvoluta dalla sua comunità . Ora, sebbene in presenza di un’indagine che è ancora allo stato preliminare, ha scelto con responsabilità di fare un passo indietro proprio allo scopo di evitare imbarazzi e strumentalizzazioni per la sua Umbria. Da garantisti, aspetteremo che la giustizia faccia il suo corso prima di emettere giudizi definitivi. Spero lo facciano tutti». Lo dichiara in una nota il segretario del Pd, Nicola Zingaretti.
(da agenzie)
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