Ottobre 15th, 2019 Riccardo Fucile
CON I SOLDI RISPARMIATI SI POTREBBERO FINANZIARE UNA GRANDE RIDUZIONE DEL CUNEO FISCALE E GLI ASSEGNI ALLE FAMIGLIE… CHE SIA UN FALLIMENTO LO DIMOSTRANO I DATI: IN APPENA 180.000 HANNO FATTO RICHIESTA, MENO DELLA META’ DEL PREVISTO… PERCHE’ MAI UNO DOVREBBE ANDARE IN PENSIONE PRIMA A SPESE DEGLI ALTRI? CI VADA A SPESE SUE SE VUOLE
Matteo Renzi sta spingendo da diverse settimane sull’abolizione di Quota 100, una misura che l’ex
segretario del Pd e fondatore di Italia Viva ha dichiarato di ritenere «un furto alle nuove generazioni».
Anche altri esponenti di Italia Viva, come ad esempio il deputato Luigi Marattin, hanno chiesto di abolire la misura.
La ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova, in quota Renzi, mette il carico: “Quota 100 è una misura a tempo e per pochi, che non considera i lavori usuranti, discrimina i lavoratori e toglie risorse a migliaia di giovani e famiglie”.
Il M5s, si è detto contrario, come al solito per tenere in piedi un provvedimento voluto da Salvini: evidentemente il complesso dei servi non li ha ancora abbandonati.
Ma quanti sarebbero i risparmi possibili? Quanto è stato speso finora? Andiamo a vedere i dettagli.
Che cosa prevedeva Quota 100 quando è stata creata
ll decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri del 17 gennaio 2019 — convertito in legge (n.26) dal Parlamento con alcune modifiche il 28 marzo 2019 — ha introdotto, in via sperimentale dal 2019 al 2021, il diritto alla pensione anticipata, senza alcuna penalizzazione, al di un’età anagrafica di almeno 62 anni e di un’anzianità contributiva minima di 38 anni. Cioè la cosiddetta “pensione quota 100”.
Per finanziare questa misura è stato creato, con la legge di Bilancio per il 2019, un apposito Fondo — il “Fondo per la revisione del sistema pensionistico” — la cui dotazione è pari a 3,9 miliardi per il 2019, 8,3 miliardi per il 2020, 8,6 miliardi per il 2021, 8,1 miliardi per il 2022 e 7 miliardi di euro ogni anno a partire dal 2023.
Gli anni che però sono “sicuri”, vista la natura sperimentale della misura, sono solo 2019, 2020 e 2021.
Durante questo triennio, secondo la relazione tecnica al provvedimento, i beneficiari di Quota 100 “dovrebbero” essere circa un milione. La stessa cifra era stata riportata dal governo nel dossier su Quota 100 e Reddito di cittadinanza, di gennaio 2019. Dunque, nel triennio si prevede di stanziare 20,8 miliardi di euro per mandare in pensione anticipata un milione di persone.
Come sono andate le cose finora?
Ad oggi, come abbiamo scritto di recente, il numero di chi ha fatto richiesta per Quota 100 è inferiore alle aspettative, forse anche per via delle penalizzazioni di fatto che derivano dall’adesione alla misura.
Secondo i dati ufficiali dell’Inps, al 6 settembre 2019 sono state presentate 175.995 domande per poter beneficiare di “Quota 100”. Un dato ribadito anche dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, il 9 settembre.
Secondo Tridico “abbiamo avuto circa 170 mila domande di Quota 100 per pensionamento anticipato e questo vuol dire circa la metà rispetto a quanto previsto in sede di relazione tecnica, circa 290 mila”.
Possiamo quindi ipotizzare che, se si fosse mantenuta questa proporzione, la spesa effettiva per lo Stato alla fine del triennio sarebbe stata pari ai due terzi circa di quella prevista in origine (quindi 10,4 miliardi circa).
Questa ipotesi è tuttavia necessariamente tutta da dimostrare, visto che sarebbero teoricamente possibili dei cambiamenti negli ultimi mesi del 2019, e una percentuale di adesioni diversa nel 2020 e nel 2021.
Per il 2019 tuttavia la proporzione con i fondi stanziati sembra realistica, alla luce delle parole di Tridico di fine settembre.
Secondo il presidente dell’Inps, quest’anno si stimano “risparmi” pari a 1,5 miliardi di euro da Quota 100.
Cioè il 38,5 per cento dei 3,9 miliardi di euro stanziati in origine per il 2019: un terzo abbondante del totale. Secondo Tridico, tuttavia, “per il prossimo anno si prevede un risparmio più importante”.
Per semplicità guardiamo dunque a tre ipotesi teoriche: che i miliardi stanziati venissero spesi integralmente nel triennio, che ne venissero spesi i due terzi o che ne venisse spesa la metà (dunque con un risparmio significativamente “più importante”). Andiamo quindi a calcolare i possibili risparmi in caso di abolizione della misura.
I risparmi possibili con l’abolizione
Se guardiamo ai miliardi stanziati in origine per Quota 100, possiamo ipotizzare che — abolendo la misura con la legge di Bilancio per il 2020 — il risparmio generato dall’abolizione sarebbe pari a 16,9 miliardi di euro in due anni (8,3 miliardi nel 2020 e 8,6 miliardi nel 2021), e si sommerebbe al miliardo e mezzo risparmiato nel 2019 per via delle minori adesioni del previsto.
Ma questo calcolo, come anticipato, non tiene in considerazione il fatto che le adesioni a Quota 100 — almeno nel 2019 — saranno probabilmente al di sotto delle aspettative anche nei prossimi due anni.
Se consideriamo che anche con la misura in vigore, circa un terzo dei fondi stanziati non sarebbe stato speso (come avvenuto nel 2019) e che quindi circa 5,6 miliardi (un terzo dei 16,9 miliardi stanziati per i prossimi due anni) si sarebbero risparmiati in ogni caso, i risparmi che verrebbero realizzati specificamente con l’abolizione di Quota 100 nel biennio 2020-2021 si riducono ai due terzi restanti: 11,2 miliardi circa.
Se, infine, non venisse spesa la metà dei fondi — con la misura in vigore — il risparmio che deriverebbe da una sua abolizione sarebbe di circa 8,5 miliardi di euro in due anni.
Conclusione
L’abolizione di Quota 100 porterebbe a un risparmio teorico di quasi 17 miliardi di euro nel biennio 2020-2021.
Questa cifra però non tiene conto del fatto che le adesioni alla misura sono state finora al di sotto delle aspettative. Solo il 60 per cento circa della platea stimata ha aderito a questa possibilità .
Dunque, se consideriamo che un terzo circa dei fondi stanziati non verrebbe comunque speso, l’abolizione di Quota 100 comporterebbe un risparmio di poco più di 11 miliardi di euro in due anni.
Se poi le adesioni nei prossimi anni fossero tali da consentire allo Stato, anche con la misura in vigore, di non spendere la metà delle risorse stanziate, l’abolizione di Quota 100 consentirebbe un risparmio di circa 8,5 miliardi di euro in due anni.
(da Open)
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Ottobre 15th, 2019 Riccardo Fucile
LE “RISORSE SALVINIANE” SONO AUMENTATE GRAZIE AL DECRETO SICUREZZA: UN FAVORE ALLA CRIMINALITA’ E A CHI SFRUTTA IL LAVORO NERO, TUTTO SECONDO PROGRAMMA
Matteo Salvini oggi ce l’ha con Richard Gere e ci fa sapere che lui di «lezioncine dai miliardari che non vivono in Italia, generosi coi soldi e coi porti altrui» non ne prende. E chissà se l’ex ministro dell’Interno che a parole si è sempre battuto contro gli immigrati irregolari e l’invasione organizzata ci sa spiegare come mai, durante il suo mandato, il numero degli irregolari in Italia è aumentato.
Ve lo diciamo noi: la ragione non è dell’aumento degli sbarchi di queste ultime settimane e non riguarda nemmeno la difficoltà nei rimpatri del governo precedente.
Il motivo è il Decreto Sicurezza, quello voluto proprio da Salvini.
La Lega ripete sempre che grazie al Decreto Sicurezza ha fermato l’invasione, chiuso i porti (ma solo alle Ong) e fermato il business delle cooperative che lucravano sui 35 euro al giorno a migrante (quando c’era Maroni ne prendevano 46).
Ma il nostro eroico senatore da qualche tempo non parla più degli irregolari da espellere dal Paese.
Un tempo per Salvini erano almeno 600mila, poi nel contratto di governo sono diventati 500mila (chissà dove sono finiti gli altri) e alla fine non si è più saputo nulla. Perchè mentre Salvini agitava i divieti di sbarco contro le Ong quello che succedeva in Italia era che il numero degli irregolari continuava ad aumentare: grazie a lui.
No, Salvini non ha fatto entrare migliaia di immigrati di nascosto. O meglio: ha evitato accuratamente di parlare dei migranti che arrivavano con barchini, gommoni e pescherecci per far credere agli italiani che il vero problema fossero le Ong.
Ma gli altri irregolari li ha creati per decreto.
Si tratta di persone che erano già in Italia e che avevano ad esempio diritto alla protezione umanitaria.
Secondo Matteo Villa, ricercatore dell’ISPI, a settembre 2019 «il numero di stranieri irregolari in Italia sfiora i 640.000. Sono 87.000 in più da fine maggio 2018, cioè dall’entrata in carica del Governo Conte I». Sappiamo però che durante il mandato di Salvini sono sbarcati circa ottomila migranti, da dove arrivano tutti gli altri?
La risposta è semplice: il Decreto Sicurezza fortemente voluto da Salvini e dalla Lega ha abolito la protezione umanitaria, il permesso di soggiorno concesso per motivi umanitari che consentiva una temporanea regolarizzazione del cittadino straniero. Secondo Villa con il Decreto Salvini in Italia oggi ci sono almeno 24mila stranieri irregolari in più rispetto ad uno scenario in cui quella forma di protezione internazionale fosse stata mantenuta.
L’effetto del Decreto Sicurezza non è stato quello di chiudere i porti (che sono rimasti aperti) ma quello di far aumentare gli irregolari.
Con tutte le conseguenze del caso perchè uno straniero irregolare non ha la possibilità di lavorare e quindi è più probabile che finisca per essere assoldato dalla criminalità organizzata o diventi vittima del caporalato.
Il colmo se pensate che ad emanare il Decreto sono stati quelli che ci spiegano che l’invasione organizzata ha lo scopo di creare manodopera a buon mercato a discapito degli italiani.
Perchè cosa c’è di più a buon mercato del cittadino straniero senza diritti? Nulla.
E così quegli irregolari diventano a tutti gli effetti risorse salviniane, ovvero risorse creare proprio da Salvini.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 15th, 2019 Riccardo Fucile
PERO’ HA FATTO BENE A PRESENTARSI CON LA POLO DELLA POLIZIA PENITENZIARIA, COSI’ PRENDE FAMILIARITA’ CON IL LUOGO DOVE TRASCORRERA’ LUNGHE VACANZE
Ieri Matteo Salvini si è presentato negli studi di Quarta Repubblica con la polo della Polizia Penitenziaria.
L’ex ministro dell’Interno ha da qualche tempo intrapreso un tour elettorale nelle carceri umbre e la settimana scorsa ha raccontato la balla dell’agente della penitenziaria preso a morsi da un detenuto nordafricano.
Ma da Nicola Porro il capo della Lega non è andato per parlare solo di sicurezza nelle carceri. È andato a parlare di quella che considera un’emergenza nazionale e in Sicilia addirittura un’emergenza “totale”.
Salvini dimentica che i migranti arrivavano anche quando lui era ministro
Perchè, come aveva scritto su Facebook poco prima e come ripete da settimane, con il nuovo governo la situazione è diventata insostenibile: «porti aperti, braghe calate e promesse tradite, l’invasione riprende. I criminali ringraziano».
Questa volta però Salvini non può parlare di sbarchi triplicati come ha fatto a settembre, perchè per il momento i dati mostrano come il numero delle persone sbarcate in Italia ad ottobre 2019 sia in linea con quelle dello stesso periodo dello scorso anno.
In termini numerici stiamo parlando di circa un migliaio di persone, che non costituiscono nessuna forza d’invasione al contrario di quello che sostiene la Lega.
Ci sono due questioni che stanno a cuore a Salvini. Il primo è l’arrivo — in sbarchi distinti — di circa 300 persone nella giornata di ieri. Dal momento che sono migranti arrivati “autonomamente” a bordo di barchini e barconi nemmeno Salvini al governo avrebbe potuto fermarli.
Anzi sappiamo bene come i cosiddetti sbarchi “fantasma” (fantasma perchè non ne parlava nessuno, visto che tutti erano concentrati sulle Ong) avvenivano anche con la Lega al governo.
E che con Salvini al Viminale gli sbarchi non si fossero fermati lo dice anche il sindaco di Lampedusa.
Le fregnacce di Salvini a Quarta Repubblica sulle Ong che mandava in Francia o Norvegia
Il secondo problema di Salvini, che continua a denunciare il business delle cooperative (avete notato che quello delle cooperative è l’unico business sbagliato?), è il permesso di sbarco alla nave Ocean Viking di SOS Mediterranee e Medici Senza Frontiere.
La nave della Ong ha soccorso nei giorni scorsi 176 migranti al largo delle coste libiche. In un’occasione è stata addirittura — per ragioni non molto chiare — la guarda costiera libica ad indicare la presenza di persone in difficoltà . Come già accaduto in passato (ad esempio con il caso della Sea Watch 3) il centro di coordinamento libico aveva indicato la Libia come porto sicuro.
La Ocean Viking ha quindi chiesto all’Italia e a Malta di indicare un place of safety e le autorità italiane hanno assegnato il porto di Taranto.
Esattamente come dovrebbe accadere in base ai regolamenti internazionali. Ed è esattamente quello che succedeva con Salvini ministro dell’Interno.
Ieri sera il leader della Lega ha detto che quando c’era lui «firmavo i divieti d’ingresso e mi beccavo i processi» mentre oggi che c’è il ministro Lamorgese ne sono sbarcati .
Ovviamente quei divieti d’ingresso valevano solo per le imbarcazioni delle Ong, non per tutti i migranti. E riguardo ai “processi” che si sarebbe beccato Salvini non ne ha “beccato” nemmeno uno perchè è stato salvato dai suoi colleghi al Senato.
E non è nemmeno vero, come dice Porro commentando le risposte del senatore della Lega che i migranti «non arrivavano nei porti con le Ong e su questo dubbi non ne ha nessuno».
Perchè basta guardare i dati e i numeri. «Con le 24 “crisi in mare” della gestione Salvini — scriveva Matteo Villa qualche giorno fa — sono sbarcate 1.359 persone in Italia, di cui 598 (il 44%) sono state ricollocate».
Durante il periodo dei “porti chiusi” solo il 3,7% del totale dei migranti sbarcati è stato ricollocato.
La maggior parte delle “crisi” scatenate dai divieti di sbarco emanati da Salvini (prima via Twitter poi in base al Decreto Sicurezza) si sono risolte con lo sbarco in Italia dei migranti a bordo delle navi delle Ong.
I casi in cui il “porto chiuso” ha fatto cambiare rotta alle navi si contano sulle dita di una mano. E non è mai successo che Salvini mandasse in Olanda, Germania o Francia una nave umanitaria che batteva bandiera di uno di quei paesi.
Bisogna sempre tornare ai numeri: dal 1 gennaio al 1 settembre 2019 in Italia sono sbarcati 5.025 migranti (tutti mentre Salvini era al governo).
Di questi 472 sono arrivati a bordo delle imbarcazioni delle ONG. Gli altri 4.553 sono arrivati in un altro modo: lo stesso con cui sono sbarcati i trecento di ieri.
Ciliegina sulla torta: grazie ai Decreti Sicurezza è aumentato il numero degli stranieri irregolari, perchè Salvini ha tolto la protezione umanitaria a chi l’aveva ottenuta senza pensare ad un modo per “rimandarli a casa loro” (anzi il numero dei rimpatri si è sensibilmente ridotto rispetto al governo Gentiloni). Secondo Matteo Villa dell’ISPI grazie a Salvini «in Italia ci sono almeno 24.000 stranieri irregolari in più».
Ma mi raccomando, queste cose non ditele all’ex ministro della sicurezza quando lo state intervistando.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 15th, 2019 Riccardo Fucile
“IN SIRIA, COME A ROMA, SPLENDIDE DONNE GUERRIERE COMBATTONO UNA SPORCA GUERRA CONTRO I CRIMINALI”: IL DELIRIO SOCIAL NON HA LIMITI
Virginia Raggi come le combattenti delle Unità di Protezione delle Donne (YPJ), le brigate femminili dell’Unità di Protezione Popolare dei curdi siriani?
Un paragone senza dubbio spericolato. Ma c’è qualcuno che, galvanizzato dall’esperienza mistica di Italia a 5 Stelle di Napoli ha pensato bene di metterlo nero su bianco, per i posteri. «In Siria, come a Roma, splendide donne guerriere combattono ogni giorno una sporca guerra contro i criminali». Così si legge in un tweet di un sostenitore pentastellato che sta facendo il giro dell’Internet.
Ora a nessuno in questo momento sfugge un concetto molto semplice: si può manifestare la propria solidarietà al popolo curdo senza mettere in mezzo la sindaca di Roma.
Così come si può legittimamente sostenere la sindaca di Roma evitando di tirare in ballo gente che lotta per la propria vita e per la propria sopravvivenza.
Ma forse è proprio questo il punto: da tre anni la Raggi combatte per le strade della Capitale. Ed infatti ecco il nostro eroe a 5 Stelle che ci spiega che sta parlando di donne che combattono: «in Siria contro il dittatore turco Erdogan e a Roma contro il sistema politico corrotto che rivuole Mafia Capitale»
Certo, direte voi, Mafia Capitale è stata sconfitta dalle indagini della magistratura e dal lavoro delle forze dell’ordine. Ma questi sono dettagli.
Come è un dettaglio il fatto che la Raggi abbia nominato Luca Lanzalone presidente di ACEA. Il litorale di Ostia come il Rojava? Il muretto che impedisce l’accesso al lungomare come il confine turco-siriano? Perchè no. In fondo dopo otto anni di guerra è lecito pensare che le strade siriane non siano messe meglio di quelle della Capitale costellate di buche e crateri. Certo, qualcuno potrebbe dire che a Roma non c’è stata la guerra mentre in Siria sì.
E allora perchè non parliamo dei rifiuti? Avete visto immondizia per le strade della Capitale? E non avete notato le macerie ai bordi delle strade in Siria? Che credete, la Raggi e le combattenti curde si stanno battendo contro lo stesso nemico.
E se i curdi lanciano operazioni per la riconquista di città occupate dall’ISIS la sindaca non è certo da meno. Lei con un blitz scattato all’alba ha conquistato le villette dei Casamonica. E lo dice lei stessa, senza falsa modestia, che quando va in Giappone la riconoscono e i giornalisti giapponesi le chiedono «è vero che lei è la sindaca della legalità che ha combattuto i Casamonica?».
Cosa volete che sia a questo punto aver sconfitto il Califfato di Al-Baghdadi e fermato l’avanzata dello Stato Islamico. Robetta.
E siamo sicuri che nessuna delle donne dell’YPJ va in Giappone e viene fermata dai giornalisti. Un altro punto per Virginia nostra.
Poi ci sarebbe qualche differenza, ma sono cose minime. La Raggi vive sotto scorta e non abita in una zona di guerra. Le donne curde invece ora stanno sotto le bombe turche e rischiano la vita ogni giorno.
Il nostro eroe spiega che il suo è «un inno alle donne, capaci di fare imprese straordinarie, anche a rischio della propria vita». E senza dubbio Virginia Raggi è una donna, come tante altre donne in Italia, in Siria o in Giappone.
Ma a differenza delle combattenti curde non ha fatto “imprese straordinarie”. A meno di non considerare il bando per Spelacchio e la sperimentazione del porta a porta nella zona del Ghetto di Roma una battaglia come la riconquista di Kobane.
In tre anni da sindaca della Capitale la Raggi viene ricordata per aver cambiato una decina di assessori e per non aver fatto sostanzialmente nulla.
E c’è di più: Virginia Raggi la sua battaglia l’ha scelta. Le donne curde invece ci si sono trovate in mezzo. Ma davvero bisogna fare politica con certi paragoni inutili?
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 15th, 2019 Riccardo Fucile
INVECE DI PREOCCUPARSI DELLE CORNA CHE HANNO IN TESTA, PASSANO IL TEMPO A FARSI GLI AFFARI DEGLI ALTRI
Una scritta con il pennarello blu sulla porta bianca del suo armadietto negli spogliatoi dell’ospedale di
Lecco, perchè tutti potessero vederla. “Fuori da qua lesbica”.
L’insulto è stato rivolto a Sabrina di Biase, 34 anni, originaria di Lecco e dipendente dell’ospedale Manzoni, in cui lavora da tre anni.
La storia è riportata dal Corriere della Sera. La dipendente, all’inizio, non voleva credere all’ennesimo episodio di intolleranza nei suoi confronti.
Si legge sul Corriere:
“Sono rimasta impietrita davanti a quella scritta sul mio armadietto – racconta –. Lo ammetto, ho fatto fatica a trattenere le lacrime. Per due giorni non sono entrata negli spogliatoi. Poi ho deciso di reagire. Ho lasciato la frase sullo sportello. Non sono io a dovermi vergognare, ma chi l’ha scritta. E li è rimasta fino a quando le ragazze della cooperativa che si occupa delle pulizie dopo un paio di settimane l’hanno cancellata”.
Sono trascorsi venti giorni da quando Sabrina ha trovato la scritta. Venti giorni in cui ha riflettuto su cosa fare e alla fine ha deciso di denunciare l’accaduto alla polizia.
“Ho riflettuto a lungo su cosa fare, poi mi sono rivolta ai sindacati e ho presentato denuncia contro ignoti al posto di polizia che si trova all’interno dell’ospedale. Ho subito troppo nell’ultimo anno, le occhiate, i commenti, i giudizi. Non mi importava, ormai mi ero quasi abituata, ma questo proprio non me lo aspettavo”.
La vita di Sabrina non è stata semplice. Una relazione turbolenta alle spalle,con un marito che non ha mai accettato il fatto che lei lo abbia lasciato per una donna, con cui Sabrina si sta per sposare. E anche le offese in ospedale sono cominciate proprio da quando ha scelto di rendere pubblico il suo amore verso un donna. Si legge sul Corriere:
“Quando un anno fa ho abbracciato una donna e mi è venuta la pelle d’oca ho capito di aver sempre soffocato il mio vero orientamento sessuale – spiega Sabrina –. Poi ho conosciuto la mia fidanzata e le ho fatto la proposta di matrimonio. Quasi contemporaneamente sono iniziati i problemi sul lavoro. Le colleghe sono le più feroci. Già qualcuna mi aveva fatto capire che nello spogliatoio non ero la benvenuta, altre si alzavano se provavo a sedermi accanto a loro in mensa, quella che credevo un’amica mi ha detto candidamente che ero un’altra persona da quando mi ero ammalata. Ma io non sono malata, sono semplicemente innamorata”.
Del caso si stanno occupando anche i sindacati. Massimo Coppia, segretario sanità Uil del Lario, dichiara al Corriere che l’episodio che ha riguardato la signora Sabrina va condannato. Anche perchè, purtroppo, non è l’unico caso di intolleranza riscontrato negli ospedali della zona.
“Stiamo cercando di capire come dare assistenza alla nostra iscritta […]. Non è nemmeno un episodio isolato e per quanto possa sembrare incredibile all’ospedale di Merate siamo dovuti intervenire per una dipendente insultata da una collega perchè meridionale. Stiamo valutando nuove strategie per la lotta alla discriminazione sofferta da chi è più debole nei posti di lavoro”
(da agenzie)
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Ottobre 15th, 2019 Riccardo Fucile
LA UEFA APRE UN’INDAGINE, IL GOVERNO BULGARO CHIEDE LA CACCIATA DEL PRESIDENTE DELLA SUA FEDERCALCIO, UN TIFOSO INGLESE MUORE FUORI DALLO STADIO
L’Uefa ha aperto un fascicolo per ripetuti cori razzisti, il primo ministro della Bulgaria ha chiesto le immediate dimissioni del n.1 della Federcalcio bulgara, un tifoso inglese morto fuori dallo stadio in circostanze ancora da verificare e l’ampia polemica sulla stampa inglese.
Il giorno dopo la gara del “Vasi Levski” di Sofia dove la nazionale di Sua Maestà si è imposta con un tennistico 6-0 sui Luvovete col match interrotto due volte per i ripetuti “buu” razzisti nei confronti dell’inglese Sterling, le conseguenze appaiono inevitabili.
La Uefa ha avviato subito un dossier per quanto accaduto sugli spalti con i tifosi bulgari che dopo i cori razzisti hanno più volte fatto il saluto romano e mostrato maglie col motto Uefa “Respect” modificato in “No Respect”.
E’ stato lo stesso presidente della Federcalcio inglese, Greg Clarke, definendo quanto successo allo stadio Levski “vergognoso e orribile”, a confermare l’apertura di un fascicolo da parte del massimo organo del calcio europeo. “Ho parlato con delegati Uefa sia durante la partita che all’intervallo, e anche alla fine -le parole di Clarke. Mi è stato detto che saranno condotti accertamenti affinchè queste vergognose scene di terribile razzismo siano valutate adeguatamente”.
Richiesta appoggiata pienamente dal premier britannico Boris Johnson. Le sue parole affidate a un portavoce: “Il razzismo che abbiamo visto e sentito ieri sera è vile, ignobile e non deve avere posto nel calcio o dove che sia. La Uefa deve affrontare questi episodi, che sono una macchia sul calcio”, ha aggiunto, lodando la “dignità ” di giocatori e staff inglesi.
Ma le conseguenze arrivano anche in Patria per il calcio bulgaro col primo ministro che ha chiesto le immediate dimissioni del n.1 della Federcalcio dopo i cori razzisti.
Questa mattina il Ministro dello Sport di Sofia, Krasen Kralev, ha infatti confermato le intenzioni del governo, presieduto da Boyko Borissov. “Il Primo ministro mi ha appena chiamato con la massima urgenza. Il governo ha fatto tantissimo per far progredire il calcio bulgaro negli ultimi anni”, le parole del ministro Borissov, citate dalla Bbc.
Ma dopo i recenti episodi – ha aggiunto Kralev – tenuto in considerazione l’intero stato del movimento e gli incidenti capitati ieri sera, il Primo ministro mi ha ordinato di sospendere da oggi ogni relazione con la Federazione, anche a livello economico, fino a quando non arriveranno le dimissioni di Borislav Mihaylov”, che è appunto il presidente della Federcalcio bulgara.
Ad alimentare le polemiche le parole del ct bulgaro, Balakov, che a fine gara ha affermato di non aver sentito cori razzisti provando a giustificare gli episodi che hanno portato alla doppia sospensione del match e costretto il capitano Ivelin Popov a parlare con la curva nel corso dell’intervallo, con la brutta prestazione dei suoi in campo. “I tifosi non erano soddisfatti del gioco della squadra. Personalmente non ho sentito cori razzisti”
Parole che hanno scatenato la rabbia della stampa britannica. E’ duro il ‘Sun’che attacca: “L’Inghilterra chiede rispetto. Versi di scimmia, saluti nazisti e alla UEFA diciamo: cacciateli. Gli eroi mettono la palla nella rete dei razzisti sei volte”. Categorico il ‘Mirror Sport’: “Cacciateli”. Ma il coro di sdegno è unanime: di “Vergogna” parla il ‘The Guardian’, di “Disgusto” scrive il ‘Daily Telegraph’, “Perdenti” titola il ‘Daily Express”, “La Uefa agisca” ribadisce il ‘Daily Mirror’, cambia il tabellino del match il ‘Daily Mail’: “Inghilterra 6 Razzismo 0” e sulla stessa scia scrive anche il ‘Daily Star’: “Razzisti colpiti 6 volte”. Fondo del ‘The Indipendent’ esplicativo: “Il razzismo marchia la vittoria dell’Inghilterra”.
(da agenzie)
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Ottobre 15th, 2019 Riccardo Fucile
L’APPELLO IN TV: “MI DARETE MAI LA PACE? MI RESTITUIRETE LA MIA INFANZIA?
«Vi prego, vi supplico, fermate questa guerra». L’appello lanciato da Eva, una bambina curda intervistata
dal telegiornale Kurdistan24, sta facendo il giro del mondo.
La bambina si rivolge in inglese all’Unicef, alle Nazioni Unite e a Donald Trump chiedendogli di intervenire e portare finalmente la pace nella sua infanzia.
«Mi chiamo Eva, sono di Rojava, di Kobane, di Afrin, di Quamishli, di tutto il Kurdistan». Si presenta così la piccola bambina curda il cui appello sta scuotendo le coscienze.
In inglese si rivolge alla telecamera, spiegando di essere «figlia unica» e «una bambina dimenticata».
«Non ho mai imbracciato un’arma» continua Eva dicendo di avere «solo un grande cuore, rivolto verso tutto il mondo».
Proprio al mondo intero rivolge la sua supplica, anche se i destinatari espliciti sono Unicef, Nazioni Unite Donald Trump : «Mi darete mai la pace? — dice — Mi restituirete la mia infanzia?».
(da agenzie)
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Ottobre 15th, 2019 Riccardo Fucile
NEL 2018 ELETTO IN CONSIGLIO ANCHE IL FIGLIO DI UN BOSS: FU IL PIU’ VOTATO DELLA LEGA
L’accusa mette sul piatto il voto di scambio politico-mafioso.
Sarebbe questo il motivo dell’apertura di un’indagine a carico di Sabino Morano, candidato Lega Avellino per la carica di sindaco nel 2018, segretario provinciale della Lega in Irpinia.
La sua corsa, stando a quanto riportato dagli inquirenti, sarebbe stata supportata da un clan mafioso, quello dei Partenio, che avrebbe fatto pervenire una quota di voti ingenti.
Cosa avrebbe ottenuto in cambio? Secondo gli investigatori della Direzione distrettuale Antimafia di Napoli il candidato leghista — che adesso si è autosospeso dal partito — avrebbe effettuato una politica piuttosto permissiva in materia di concessioni edilizie.
Il quadro che emerge sarebbe a questo punto molto serio: ci sarebbero altri 12 indagati e, dal lato dei clan, si contano 23 arresti.
Il voto di scambio politico-mafioso che si staglia sullo sfondo di questa vicenda che ha segnato le sorti della vita amministrativa della città di Avellino. Il capoluogo di provincia campano, infatti, nel corso di quella tornata elettorale, portò alla guida del comune il Movimento 5 Stelle: una sindacatura piuttosto effimera, dal momento che — dopo poco tempo — perse la sua maggioranza.
Alle elezioni del 2019, dopo il commissariamento del comune, la lotta per la carica di sindaco — infatti — è stata tutta appannaggio delle forze del centrosinistra, con un candidato civico che ha avuto la meglio su quello appoggiato dal Partito Democratico.
A pesare è stato senz’altro il commissariamento del comune, ma anche la presenza — nel vecchio consiglio comunale, come rappresentante della minoranza — di Damiano Genovese, il più votato della lista della Lega.
Figlio di un boss, quando fu eletto andò in carcere a Voghera a trovarlo per comunicargli che «eravamo entrati in consiglio comunale».
E tra le cose da chiarire sulla Lega e la camorra ad Avellino ci sarà anche una pagina del decreto di perquisizione del segretario di Avellino della Lega in cui si riporta l’intercettazione ambientale di un colloquio in carcere a Voghera del 28 giugno 2018 tra l’ex consigliere comunale di Avellino della Lega, Damiano Genovese, indagato per lo stesso reato (ai domiciliari da qualche settimana perchè gli hanno trovato a casa una pistola), e il padre Amedeo Genovese, fondatore del clan Partenio, recluso con fine pena mai al 41 bis per omicidio e associazione camorristica.
Damiano Genovese: “…Ho vinto, stiamo al Comune”.
Amedeo Genovese: “…ma con i 5 Stelle? No?”;
Damiano: “eh… andiamo insieme a loro! Dobbiamo stare, però io sto con la Lega … a me Di Maio non mi piaceva! Di Maio…eh… a parte che tutti e due stanno contro i detenuti! Però non fa niente!”.
Damiano: “…ora ci serviamo noi per fare la maggioranza! Hai capito?”.
(da agenzie)
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Ottobre 15th, 2019 Riccardo Fucile
IL LINCIAGGIO DI 11 ITALIANI A NEW ORLEANS IL 14 MARZO 1891… QUANDO GLI IMMIGRATI ERAVAMO NOI E I RAZZISTI GLI AMERICANI “BIANCHI”… C’E’ SEMPRE QUALCHE MISERABILE SOVRANISTA IN OGNI EPOCA
Nel 1790, durante la presidenza di George Washington, si svolse il primo censimento degli Usa,
all’interno del quale si era divisi in tre categorie: «Free White Females and Males», «All Other Free Persons» e «Slaves» (schiavi), all’epoca soprattutto africani.
Come spiega Brent Staples in un lungo articolo sul New York Times, l’idea del Congresso era quella di dare vita a un’America bianca, protestante e culturalmente omogenea (come ricorda l’acronimo «Wasp» usato per «White Anglo-Saxon Protestants»), immaginando che solamente «i bianchi liberi, emigrati negli Stati Uniti» potessero diventare cittadini naturalizzati.
L’ondata di immigrati che stava arrivando da tutta Europa aveva generato il panico. Bisognava porre un argine, anche se questo poteva portare ad adottare politiche più restrittive per identificare cosa significasse essere «bianco» e quindi degno di cittadinanza.
Come ricorda l’articolo, già nel Belpaese «i settentrionali avevano a lungo sostenuto che i meridionali – in particolare i siciliani, di pelle più scura – fossero un popolo “incivile” e di razza inferiore, troppo africani per far parte dell’Europa» (tematiche affrontate anche da Gian Antonio Stella in «L’orda. Quando gli albanesi eravamo noi». L’editorialista del Corriere ricorda come agli italiani emigrati negli States venisse, ad esempio, rinfacciato di aver esportato la mafia, ndr).
Questa logica trovò terreno fertile negli Stati Uniti: qui agli italiani venne impedito ad esempio di entrare in alcune scuole o sale cinematografiche; di essere parte di un’organizzazione sindacale; o
ancora, vennero relegati in banchi separati delle chiese, vicino ai neri.
Un ruolo importante ebbe anche la stampa che descrisse gli italiani come «swarthy» («bruni di carnagione»), «dai capelli crespi» e «Guinea», termine con il quale erano derisi per le strade –. Arrivati come «bianchi liberi» negli Stati Uniti per cercare riscatto, presto vennero paragonati ai «neri» (anche perchè accettavano lavori «in nero» nei campi di zucchero della Louisiana, come manodopera a basso costo sulle banchine di New Orleans o perchè sceglievano di vivere tra gli afroamericani).
I linciaggi degli italiani
Al centro dell’articolo di Staples, il linciaggio di New Orleans del 14 marzo 1891 quando una folla di cittadini assalì la prigione locale e uccise 11 immigrati italiani, in particolare siciliani (un episodio simile, il linciaggio di cinque immigrati italiani a Tallulah, in Louisiana, nel 1899, è ricordato da Enrico Deaglio in «Storia vera e terribile tra Sicilia e America», ndr).
L’episodio diede vita a uno dei periodi di massima tensione tra gli Usa e Italia e a una crisi diplomatica che portò al richiamo in Italia dell’ambasciatore Francesco Saverio Fava da parte dell’allora presidente del Consiglio Antonio Starabba.
La stampa italiana chiese con forza di fare giustizia sull’accaduto e di garantire alle famiglie delle vittime un adeguato risarcimento: i colpevoli non vennero mai puniti, ma l’allora presidente Benjamin Harrison decise di risarcire le famiglie con un’indennità .
Grazie a quella storia, gli italiani sarebbero diventati «bianchi» di diritto, e meritevoli di rispetto (una storia che richiama alla memoria la vicenda di Sacco e Vanzetti, arrestati, processati e condannati a morte nel 1927 con l’accusa di aver ucciso un contabile e di una guardia del calzaturificio «Slater and Morrill» di South Braintree).
«Siciliani, serpenti a sonagli»
Facendo un passo indietro, il giornalista ricorda come la carneficina a New Orleans fu messa in moto nell’autunno del 1890 quando il capo della polizia David Hennessy fu assassinato mentre stava tornando a casa.
I nemici, certo, non gli mancavano come scrive lo storico John V. Baiamonte Jr.: Hennessy venne accusato dell’omicidio di un professionista, rivale, e «si dice anche che fu coinvolto in una faida tra due uomini d’affari italiani».
Il suo assassinio, nel 1890, lo abbiamo ricordato sopra, portò a un processo clamoroso a seguito del quale alcuni cittadini si radunarono fuori dalla prigione, riuscendo ad entrarvi, e linciando brutalmente 11 dei 19 uomini che erano stati incriminati.
Tale episodio di violenza sarebbe passato alla storia come «linciaggio di New Orleans». «Il capo Hennessy vendicato: undici dei suoi assassini italiani linciati da una folla», titolò il Times, giustificando la brutalità di quanto successo e descrivendo le vittime come «siciliani furtivi e codardi, discendenti di banditi e assassini, che hanno trasportato in questo Paese le passioni senza controllo, pratiche spietate … Sono per noi un parassita, serpenti a sonagli… I nostri assassini sono uomini di sentimento e nobiltà rispetto a loro».
Il ruolo di Cristoforo Colombo
Solo qualche mese dopo, il 13 marzo 1891, un secondo processo stabilì l’innocenza di quasi tutti gli imputati (per tre di loro la giuria non riuscì a stabilire un verdetto), anche se la sentenza venne accolta con rabbia dalla popolazione Usa.
Per mettere un punto alla vicenda, Harrison fece appello al Congresso perchè operasse per proteggere i
cittadini stranieri – non i neri americani – dalla violenza della folla. Un tentativo di placare l’indignazione: da quel momento, di fatto, gli italiani avrebbero goduto di pari dignità .
Nel 1892 una statua dedicata a Colombo – lo scopritore dell’America – venne eretta all’ingresso principale di Central Park a New York: il Columbus Day – come già aveva spiegato qui Massimo Gaggi – sarebbe diventato festa federale nel 1937 con il presidente Franklin Delano Roosevelt.
Nel 2019, a 128 anni di distanza dall’accaduto, grazie al sindaco di origine italiana, LaToya Cantrell, l’amministrazione comunale di New Orleans ha reso scuse pubbliche e ufficiali alla comunità italiana che vive negli Usa.
Come spiega Danielle Battisti in «Whom We Shall Welcome», gli Usa «hanno riscritto la storia dichiarando Colombo il “primo immigrato”, anche se non ha mai messo piede in Nord America e non è mai immigrato (tranne forse in Spagna).
L’averne fatto un mito, ha garantito agli italo-americani un ruolo nella costruzione della nazione e li ha legati all’asserzione paternalistica, ancora oggi sentita, che Colombo “scoprì” un continente già abitato da nativi americani».
Le credenze che ormai si erano diffuse sugli immigrati italiani – sostenne il senatore Henry Cabot Lodge – «erano di per sè sufficienti a giustificare barriere più elevate all’immigrazione. Il Congresso nel 1920 limitò l’immigrazione italiana per motivi razziali, anche se gli italiani erano legalmente bianchi, con tutti i diritti che ne derivavano».
I linciaggi ai danni degli italiani – chiarisce Staples – si inserivano in un contesto nel quale i giornali americani del Sud giustificavano gli omicidi degli afro-africani – spesso accusati con false prove di violenza sessuale –, etichettando le vittime come «bruti», «diavoli», «rapitori», «criminali dalla nascita».
Insomma, la stampa era «quasi complice» nel giustificare le violenze compiute dalla folla. Da parte sua, The Times ha fatto un uso ripetuto del titolo «A Brutal Negro Lynched», marchiando le vittime come «criminali congeniti» (come tra l’altro racconta il libro «Corda e Sapone» di Patrizia Salvetti).
Una «storia d’amore» con la Louisiana
L’excursus di Staples prosegue ricordando come gli immigrati italiani furono vittime anche di altre accusi, ad esempio quando arrivarono in Louisiana dopo la Guerra Civile, per soddisfare il bisogno di manodopera a basso costo.
I nuovi arrivati sceglievano di vivere insieme nei quartieri italiani, dove parlavano la lingua madre (o il dialetto), preservavano le tradizioni, fraternizzavano e in alcuni casi anche si sposavano con gli afro-americani.
Una vicinanza che avrebbe portato alcuni tra i nostri connazionali a considerare i siciliani come «non completamente bianchi e ad ammettere nei loro confronti la persecuzione – linciaggio incluso –, normalmente imposta agli afro-americani».
«Assassini per natura»
Gli italiani, infine, conclude l’articolo sul Nyt, erano accusati di essere «criminali e assassini per natura», come si riscontra in una storia del 1874 che racconta di un immigrato come di «un uomo corpulento, il cui aspetto era simile a quello del tradizionale brigantino abruzzese».
Queste caratterizzazioni raggiunsero un crescendo diffamatorio in un editoriale del 1882 che apparve sotto il titolo «I nostri futuri cittadini»: «Non c’è mai stata da quando New York è stata fondata una classe così bassa e ignorante tra gli immigrati che si sono riversati qui come gli italiani del sud chhanno affollato le nostre banchine durante l’anno scorso».
E ancora, «i bambini immigrati italiani sono assolutamente inadatti e sporchi da collocare nelle scuole elementari pubbliche, a fianco di quelli americani».
Il mito razzista secondo cui afro-americani e siciliani erano entrambi criminali innati si ritrova, poi, anche in una storia del Times del 1887 riferita alla storia del linciaggio di quello che all’epoca venne soprannominato «Dago Joe» («dago» è un insulto diretto agli immigrati italiani, spagnoli e portoghesi, usato ancora oggi, come si legge sulla Treccani, ndr): «Una mezza razza, figlio di un padre siciliano e di una madre mulatta, che aveva le peggiori caratteristiche di entrambe le razze… Astuto, infido e crudele, era considerato nella comunità in cui viveva un assassino per natura».
(da “il Corriere della Sera”)
argomento: Razzismo | Commenta »